Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Vai al Menu di navigazione principale

Stemma della Repubblica Italiana
Repubblica Italiana
Bandiera Italia Bandiera Europa

Inizio contenuto

Tabacci


PRESIDENTE. Passiamo adesso al settore dell'energia. Ha la parola l'on. Bruno Tabacci, Presidente della Commissione attività produttive della Camera.

BRUNO TABACCI, Presidente della Commissione attività produttive della Camera. Con la riforma del Titolo V alle Regioni è stata attribuita la competenza concorrente in materia di produzione, trasporto, distribuzione di energia. Tuttavia con la materia energetica interferiscono materie di competenza esclusiva dello Stato di natura trasversale, quali la tutela della concorrenza, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e la tutela dell'ambiente. Ciò rende assai complessa la ricostruzione del quadro istituzionale delle competenze. Le Regioni, per quanto attiene l'energia sono salite su un treno in corsa. La corsa è iniziata con le due direttive europee adottate nella seconda metà degli anni '90 che hanno avviato la liberalizzazione del settore dell'energia elettrica e del gas, con l'obiettivo della creazione di un mercato unico dell'energia.
Le normative europee hanno precise conseguenze per quanto riguarda la struttura del sistema elettrico e del gas. Due soli esempi: la rete elettrica nazionale, al fine di assicurare parità di trattamento ai produttori e ai distributori di energia, richiede di essere gestita e disciplinata in modo unitario. Inoltre la nuova direttiva europea, in corso di definizione, riconosce espressamente il ruolo delle autorità indipendenti di settore nel garantire un assetto concorrenziale del mercato attraverso l'attività di regolazione.
I processi avviati in sede comunitaria, oltre ad influire sugli assetti normativi determinano la necessità di riforme strutturali del nostro sistema energetico. Non possiamo più ignorare come il costo dell'energia in Italia risulti di circa il 40% superiore alla media europea, gravando in modo eccessivo sui bilanci familiari e danneggiando la competitività delle imprese. Questo avviene perché le centrali elettriche di cui disponiamo sono spesso scarsamente efficienti o necessitano di interventi di ambientalizzazione, in assenza dei quali sono tenute a limitare la produzione, ma soprattutto perché esse utilizzano quasi esclusivamente petrolio e gas, cioè le fonti di energia dal costo più elevato.
L'individuazione di un nuovo metodo della legislazione in materia di energia secondo la nuova ripartizione delle competenze delineate dalla riforma del titolo V non può quindi che prendere le mosse da questi due dati di realtà: la disciplina comunitaria e i problemi strutturali del settore.
Il tema dell'energia riguarda l'interesse generale della collettività e va affrontato sulla base di una visione comune e condivisa. Questo non vuol dire che non vi sia spazio per una maggiore responsabilizzazione delle Regioni e degli enti locali, al contrario il rafforzamento del ruolo degli enti territoriali può rappresentare la via per affrontare in modo più efficace i problemi che abbiamo di fronte, a patto però di assumere di operare in base a una logica di sistema. Quindi, innanzitutto è necessario optare per un modello di regionalismo collaborativo e cooperativo, che individui sedi e procedure di corresponsabilizzazione e di co-decisione dello Stato e degli altri enti territoriali. Sono invece convinto che un modello federalista di stampo competitivo, incentrato sulla rivendicazione e sulla delimitazione delle competenze, orientato ad assicurare un'autonoma gestione delle rispettive attribuzioni, non ci porterebbe molto lontano, una sorta di sindacalismo istituzionale.
Mi sembra che per alcuni aspetti sia emersa la consapevolezza di dover procedere lungo la prima delle strade che ho indicato: quella di un regionalismo cooperativo. Ad esempio, nel disegno di legge di riforma del settore energetico, volto in particolare a individuare i principi fondamentali delle materie ai sensi del terzo comma del 117 che la Commissione attività produttive della Camera sta esaminando in questi giorni, su richiesta delle stesse Regioni sono stati individuati gli obiettivi generali della politica energetica del Paese che impegnano allo stesso modo Stato, Regioni ed enti locali. Il medesimo provvedimento prevede che lo Stato individui gli obiettivi e le linee della politica energetica nazionale avvalendosi del meccanismo di raccordo e di cooperazione con autonomie regionali. Vi sono tuttavia dei segnali che ci dicono come non vi siano anche orientamenti divergenti rispetto a quello che ho indicato. Tali segnali sono in modo contraddittorio presenti nello stesso disegno di legge ricordato. La tendenza che talvolta emerge, volendo sinteticamente riassumerla, è quella di finalizzare i piani energetici regionali a far quadrare i conti solo in casa propria. L'obiettivo di realizzare l'equilibrio tra domanda e offerta di energia con esclusivo riferimento a livello regionale, tuttavia, è innanzitutto irrealistico, oltre che del tutto imprudente. Non si può infatti prescindere da alcuni dati strutturali del nostro sistema energetico, la quota rilevante e crescente di energie importante, la concentrazione territoriale delle centrali in virtù delle caratteristiche fisiche, geografiche ed economiche - pensiamo ad esempio alla dislocazione delle infrastrutture - dei diversi territori che non sono facilmente modificabili, soprattutto nel breve periodo. Perseguire un altro obiettivo, oltre a rischiare di compromettere la soddisfazione del fabbisogno energetico in diverse aree del paese, finirebbe con l'alimentare un'accesa conflittualità tra le stesse regioni: si pensi solo al caso delle centrali poste su porzioni del territorio di una regione confinanti con quelle di un'altra.
Più in generale va sottolineato come i costi di un simile frazionamento della politica energetica, impedendo l'efficiente allocazione delle risorse in ambito nazionale non potrebbe che scaricarsi sul livello della tariffa unica, principio al quale nessuno dichiara di voler rinunciare e che evidenzia come i problemi connessi all'energia non possano trovare autonoma soluzione nell'ambito delle singole regioni. La tendenza a privilegiare un simile approccio ai problemi energetici ha avuto modo di manifestarsi in questi giorni in Parlamento in occasione dell'esame di un decreto legge volto ad assicurare che tre centrali termoelettriche - una in Sicilia, una in Puglia e una nel Veneto - fondamentali ai fini della soddisfazione del fabbisogno energetico nazionale, potessero continuare a operare per un biennio e non oltre, nell'attesa del completamento degli interventi di ambientalizzazione da tutti ritenuti necessari. Il provvedimento è stato affossato da un emendamento di iniziativa parlamentare che ha ottenuto consensi bipartisan su base regionale. Nel mirino è apparsa, per ragioni in sé probabilmente condivisibili, anche se bisognerebbe farsi domande su quel che accade negli altri siti, soprattutto la centrale di Porto Tolle che sorge in provincia di Rovigo, su un'area destinata a parco naturale, che tutte le forze politiche regionali ritengono debba essere smantellata. A procedere nell'immediato in tal senso osta tuttavia una non marginale questione di interesse generale: Porto Tolle produce circa l'8% dell'energia elettrica nazionale, a beneficio di un'area che va da Venezia ad Ancona. Traducendolo, se si dovesse bloccare questa attività, bisognerebbe spegnere la luce da Venezia ad Ancona. Se si dicesse "chiudiamo Porto Tolle perché siamo in grado di utilizzare una o due nuove centrali di capacità equivalente", questo vorrebbe dire rispondere a politiche energetiche; affermare "chiudiamo Porto Tolle, poi si vede", è demagogia energetica, non politica energetica.
Perché prevalga la politica energetica occorre in primo luogo che le Regioni assumano l'onore e l'onere di concorrere a determinare la programmazione energetica nazionale, facendo valere in tale sede le istanze di carattere locale. Il caso del decreto legge che ho appena ricordato e che poi è decaduto, conferma a mio avviso l'opportunità di optare per un modello di regionalismo cooperativo e solidale che consenta alle Regioni di assumere il punto di vista dell'interesse generale del paese. Ciò comporta, naturalmente, che lo Stato accetti di condividere effettivamente con le Regioni il potere di decisione che ad esso compete in materia di scelte strategiche relative al settore energetiche, scelte estremamente delicate perché dovranno riguardare la redazione di nuovi impianti e il ricorso a nuove fonti di approvvigionamento. Una volta individuati gli obiettivi e le modalità per perseguirli, le Regioni dovranno essere poste in grado di esercitare pienamente le competenze relative alla programmazione energetica nazionale, al governo del territorio e alla tutela dell'ambiente. E' infatti indubbio che all'interno di una programmazione unitaria vi siano comunque margini per l'autonoma iniziativa degli enti territoriali e che, per quanto concerne la localizzazione delle infrastrutture energetiche, le Regioni e gli enti locali, anche d'intesa tra di loro, devono poter individuare le soluzioni ottimali, ferma restando la necessità di decidere fornendo risposte alle esigenze della collettività. La conflittualità istituzionale e gli ostacoli incontrati nell'attuazione del nuovo quadro costituzionale segnalano la difficoltà di procedere nel senso che ho indicato.
Una simile impostazione delle problematiche energetiche, dovrebbe essere in ogni caso affermata a partire dalle scelte di carattere legislativo che il Parlamento è chiamato a compiere in materia di attuazione del nuovo articolo 117 della Costituzione, sempre che questo basti.
L'interlocuzione con le Regioni non sembra in tal senso poter avvenire solo a livello del Governo e occorre individuare anche idonee sedi parlamentari. Sarebbe in proposito estremamente opportuna una sollecita attuazione dell'articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001, che consentirebbe di acquisire al procedimento parlamentare anche l'avviso delle Regioni.

Fine contenuto

Vai al menu di navigazione principale