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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale del signor Marco Zaganelli, con le forme della testimonianza e quindi con l'obbligo per il teste di dire la verità e di rispondere alle domande del presidente e dei commissari. Le chiedo, intanto, di dirci le sue generalità.
MARCO ZAGANELLI. Sono Marco Zaganelli e sono nato a Montevarchi il 15 novembre 1947, di professione medico veterinario.
MARCO ZAGANELLI. A San Giovanni Val d'Arno (provincia di Arezzo), in via Siena n. 11.
PRESIDENTE. Attualmente, che cosa fa?
MARCO ZAGANELLI. Attualmente conduco un allevamento di mia proprietà di galline ovaiole e ho un interesse, una piccola partecipazione, in un allevamento di pesci in Sardegna. Casualmente ed occasionalmente, faccio qualche missione: mi è capitato di fare una missione in Albania, per esempio, due o tre anni fa, per conto del Ministero delle attività produttive.
PRESIDENTE. In Somalia ha avuto interessi?
MARCO ZAGANELLI. In Somalia ho avuto una permanenza di circa sedici anni. Sono andato in Somalia per la prima volta nel 1974, come coordinatore della nascente facoltà di medicina veterinaria ed animal husbandry dell'università di Mogadiscio. Il mio maestro era il presidente del comitato della nascente facoltà, professor Gobetto, che alternava i suoi assistenti sul campo per assistere la facoltà. Andai la prima volta nel luglio 1974 e sono restato in ambito universitario per circa sette, otto anni, con diverse missioni del tipo «vai e torna».
Nella prima metà degli anni ottanta ho dato le dimissioni dall'università e sono rimasto a lavorare per l'industria privata, nell'ambito della quale ha avuto particolare interesse la Giza di Reggio Emilia, che in quegli anni stava promuovendo il suo lavoro in diversi paesi africani. Avevo conosciuto il presidente della Giza attraverso un professore universitario che veniva dall'università di Parma. Questi aveva fatto la conoscenza del presidente della Giza, lo aveva fatto venire in Somalia e me lo aveva presentato. Quando la Giza cominciò a sviluppare i suoi progetti, mi fece l'offerta di rimanere come coordinatore delle sue attività, cosa che ho fatto...
MARCO ZAGANELLI. Sì, in Somalia, fino alla fine degli anni novanta, quando c'è stata la guerra civile che ha distrutto tutto; allora, siamo rimpatriati.
PRESIDENTE. Alla fine degli anni novanta o degli anni ottanta?
MARCO ZAGANELLI. Pardon, alla fine degli anni ottanta.
PRESIDENTE. Precisamente, quando è rimpatriato dalla Somalia?
MARCO ZAGANELLI. Sono rimpatriato nel dicembre 1990, poi ho fatto ancora due viaggi in Somalia: il primo, quindici giorni dopo lo scoppio della guerra civile, per vedere quel che c'era rimasto della mia casa e delle mie cose; un altro, agli inizi del 1992, assieme a Silvano Fantoni, il quale gestiva il settore banane e frutta, su invito dell'allora autoproclamato presidente Ali Mahdi, che ci aveva invitato a vedere se si poteva rimettere in piedi le cose: c'era Fantoni per la parte frutta, e noi per la parte carne.
PRESIDENTE. Praticamente, si tratta di una presenza pressoché ininterrotta fino agli inizi del 1991, epoca in cui Siad Barre cade; successivamente, vi è una presenza quasi insignificante...
MARCO ZAGANELLI. Assolutamente sporadica.
PRESIDENTE. ... dopo la caduta di Siad Barre. Quando è stato in Somalia per l'ultima volta?
MARCO ZAGANELLI. Agli inizi del 1992.
PRESIDENTE. Quanto tempo vi è rimasto?
MARCO ZAGANELLI. Una settimana.
PRESIDENTE. Poi, non ha più avuto contatti con nessuno?
MARCO ZAGANELLI. No, ho tagliato decisamente i ponti, anche perché i contatti che c'erano stati in quegli anni, dal 1990 al 1992, erano solo per cercare di avere qualcosa, e basta.
PRESIDENTE. Lei è stato sul posto all'epoca in cui il nostro paese era in forte rapporto di cooperazione con la Somalia, sotto l'egida di Siad Barre. Fu quello il periodo in cui lei conobbe Marocchino?
MARCO ZAGANELLI. La conoscenza con Marocchino avviene in questi termini. Circa alla fine del 1987 o ai primi del 1988, cominciano contemporaneamente i quattro cantieri della Giza in Somalia: il primo è il progetto agrozootecnico integrato «Afgoi», su finanziamenti della cooperazione (del dipartimento cooperazione allo sviluppo); gli altri tre («Johar», «Macello» e «Conceria»), realizzati con i fondi FAI gestiti dal professor Forte, cominciano contemporaneamente, quindi c'è un grosso movimento di merci, di container, prefabbricati, eccetera, da Reggio Emilia. Io ero il coordinatore in Somalia, in rappresentanza della Giza, ma non per i lavori tecnici di cantiere. Quindi, dalla sede centrale decisero di mandare un uomo di porto - che credo distaccarono dai progetti in Algeria - proprio per gestire gli sdoganamenti dei container che arrivavano, una decina alla volta.
PRESIDENTE. Container della cooperazione?
PRESIDENTE. E quest'uomo era Marocchino?
MARCO ZAGANELLI. No, quest'uomo era Miragliotta, il quale conobbe lì Giancarlo Marocchino, per avvalersi dei suoi camion per il trasporto dei container e...
PRESIDENTE. Da dove veniva Miragliotta?
MARCO ZAGANELLI. Miragliotta era un dipendente della Giza e proveniva dai cantieri dell'Algeria. Fu distaccato in Somalia proprio per gestire quei mesi molto frenetici di arrivi di container.
PRESIDENTE. Lei già conosceva Miragliotta?
PRESIDENTE. Lo ha conosciuto in Somalia, in quell'occasione?
MARCO ZAGANELLI. Sì, mi telefonarono dalla ditta e mi dissero: arriva il nostro uomo di porto, vai a prenderlo.
PRESIDENTE. Chi glielo disse? I vertici della ditta?
MARCO ZAGANELLI. Tarabusi, che gestiva...
PRESIDENTE. Ho capito, glielo disse Tarabusi. Miragliotta che ruolo aveva in Somalia? Quello di rappresentante della ditta?
MARCO ZAGANELLI. No, non di rappresentante. Era «uomo di porto», cioè era colui che riceveva dalla ditta la segnalazione che erano in arrivo cinque, dieci container...
PRESIDENTE. Insomma, curava il carico e lo scarico.
MARCO ZAGANELLI. Sì, carico e scarico, con una certa libertà - anche amministrativa - di gestire all'interno del porto anche delle regalie per favorire, ovviamente, la facilità di uscita. I mezzi che lui recuperò sul posto, per poter fare i trasporti di questa roba fino ai cantieri, erano di Giancarlo Marocchino.
PRESIDENTE. Quindi, Miragliotta la porta a Marocchino.
MARCO ZAGANELLI. Sì, mi porta a Marocchino, che mi presenta successivamente.
PRESIDENTE. Miragliotta già conosceva Marocchino?
MARCO ZAGANELLI. No, lo ha conosciuto in Somalia.
PRESIDENTE. E si fece riferimento a Marocchino in quanto quest'ultimo aveva i mezzi di trasporto?
PRESIDENTE. Lei sa - essendo uomo di mondo - che, pur nel rispetto assoluto della legalità e della correttezza, dobbiamo farle delle domande.
PRESIDENTE. E sa anche che intorno alla cooperazione, come dire, è fiorita una letteratura molto pesante e che vi è stato un intervento ancor più pesante della magistratura, che ha accertato responsabilità di ogni genere, dalle corruzioni alle appropriazioni indebite, alle truffe, e via dicendo. Ciò è accaduto certamente nel periodo sul quale lei può dire qualcosa di più, ovvero fino a quando Siad Barre è stato al potere; ma la situazione si è protratta in un contesto ancor più complicato, in quanto mancando uno Stato ed
essendo Ali Mahdi in deficit di potere, certamente non era possibile controllare la situazione.
Rispetto ad attività che possiamo definire illecite, che andavano in parallelo o in concomitanza con le vere attività di cooperazione, lei ha mai avuto consapevolezze intorno alla possibilità che Miragliotta fosse legato a questo tipo di possibili anomalie, al di là delle mazzette per caricare o scaricare merci? Lei capisce che dentro ai container bisogna vedere che cosa ci sia: se c'è il riso è una cosa, se ci stanno le armi è un'altra cosa. E se ci sono i rifiuti tossici è un'altra cosa ancora.
Lasciamo perdere per ora Marocchino. Di Miragliotta mi sa dire qualcosa?
MARCO ZAGANELLI. Su Miragliotta le so dire un fatto specifico. Mi riferisco a quando il vice direttore dei lavori, Renato Marai, durante un'ispezione contestò il contenuto di uno dei container, in quanto vi erano delle mattonelle e materiali da bagno che erano destinati alla casa, alla proprietà privata...
MARCO ZAGANELLI. No, di Abdurahman Jama Barre, ministro degli esteri. Questa è l'unica contestazione reale che posso dire di aver visto.
PRESIDENTE. In che anno siamo?
MARCO ZAGANELLI. Siamo nel 1987.
PRESIDENTE. A noi interessano due aspetti: quello della possibile dissipazione o appropriazione di ciò che proveniva dalla cooperazione e quello dell'utilizzazione del percorso, per così dire, della cooperazione a fini di traffici diversi, strumentalizzando appunto la macchina della cooperazione italiana.
MARCO ZAGANELLI. Finché ci sono stato io, si sono gestiti i cantieri e si sono svolti i primi nove mesi di attività nel complesso di Afgoi messo in funzione; oltre al fatto che ho detto, posso solo riferire di una richiesta - ma solo una richiesta - da parte di Giancarlo Marocchino a me perché mi rivolgessi all'ingegner Mugne, che era presidente della società di pesca. Miragliotta mi disse appunto: Giancarlo ti deve chiedere se puoi inoltrare a Mugne una richiesta di colloquio, perché ci sarebbero delle persone, dei gruppi che si sono rivolti a lui per sapere se è possibile realizzare un contratto in Somalia, avere a disposizione un'area dove fare smaltimento di rifiuti.
PRESIDENTE. Ripeta questa frase, inserendo bene i soggetti, altrimenti non si capisce.
MARCO ZAGANELLI. Miragliotta mi presenta Giancarlo Marocchino nei mesi precedenti, si stabilisce un rapporto di lavoro quotidiano, ed anche di amicizia.
PRESIDENTE. Lei andava a casa di Marocchino? Lei e Miragliotta frequentavate la casa di Marocchino?
MARCO ZAGANELLI. Casualmente, come tutti: loro a casa mia, noi a casa loro. Quando faceva le cene, una volta al mese, c'erano queste persone, insieme a tante altre.
Quindi, Giancarlo Marocchino mi telefona e mi dice: Marco, puoi chiedere all'ingegner Mugne...
PRESIDENTE. L'ingegner Mugne, che lui non conosceva e che lei invece conosceva.
MARCO ZAGANELLI. Mugne era il presidente della società di pesca e della società di carne. Io ero il responsabile della produzione della carne e, quindi, ovviamente lo conoscevo e collaboravo con lui.
PRESIDENTE. Lei conosceva Mugne da tempo?
MARCO ZAGANELLI. Dall'inizio dei cantieri, nel 1986-1987, quando il Ministero degli esteri somalo indicò in Mugne il proprio referente per l'esecuzione dei cantieri e poi per la formazione della società mista di gestione. Voglio ricordare che il più grosso dei complessi, quello di Afgoi, fu regalato dal Governo italiano al Governo somalo, con la condizione che poi per la gestione fosse costituita una società mista, nella quale dei cinque membri del consiglio di amministrazione tre erano italiani e due somali, per garantire che non fossero soldi buttati al vento, ma ci fosse l'effettiva messa in funzione del complesso, cosa che è avvenuta.
Quindi, con Mugne io collaboravo in quanto lui era presidente onorario della società ed io responsabile tecnico dell'andamento. Giancarlo Marocchino mi telefona e dice: per cortesia, puoi domandare a Mugne se è interessato...
PRESIDENTE. Quindi, lui non conosceva Mugne?
MARCO ZAGANELLI. Lo conosceva come figura e di nome, ma non aveva la possibilità di parlarci direttamente.
MARCO ZAGANELLI. Onestamente, le devo dire tra il 1987 e il 1990, alla fine degli anni ottanta. Siccome Mugne riferiva direttamente ad Abdurahman Jama Barre, che era il ministro degli esteri ed era il cugino del Presidente della Repubblica somala, Marocchino mi chiese: per cortesia puoi domandare a Mugne se ha interesse, se mi fissa un appuntamento, mi costituisce un canale? Ho delle persone che vogliono domandare e trattare per la Somalia l'acquisizione di un'area per lo smaltimento dei rifiuti - non qualifica i rifiuti - in maniera ufficiale, vogliono fare un contratto, un intervento ufficiale.
PRESIDENTE. Non ha detto che persone fossero? Italiane o straniere?
MARCO ZAGANELLI. Si riferiva chiaramente a persone italiane.
PRESIDENTE. Quindi, c'erano degli italiani che volevano avere la possibilità di smaltire rifiuti italiani in un terreno di cui volevano l'assegnazione?
MARCO ZAGANELLI. Se le persone fossero italiane o meno, lui non lo disse. L'origine certamente sarebbe stata l'Italia.
PRESIDENTE. Ma parlavano del tipo di rifiuti?
MARCO ZAGANELLI. No, assolutamente.
PRESIDENTE. Non si parlò di rifiuti tossici o radioattivi?
MARCO ZAGANELLI. Né tossici, né radioattivi, ma di rifiuti.
PRESIDENTE. Lei rimase sorpreso di questa richiesta di Marocchino?
MARCO ZAGANELLI. Nemmeno più di tanto, perché si sentiva di tutto.
PRESIDENTE. Era normale fare queste cose?
MARCO ZAGANELLI. Era normale sentirsi offrire un progetto per un orfanotrofio per il leone stanco, così come per i rifiuti. Non era il mio campo, a me non interessava più di tanto ed io non feci altro che riferire a Mugne dicendogli che mi aveva telefonato Giancarlo.
PRESIDENTE. Perché doveva essere interpellato Mugne? Per il suo rapporto con il ministro o perché lui gestiva già i rifiuti tossici?
MARCO ZAGANELLI. Assolutamente no, per il suo rapporto con il ministro. La richiesta di Giancarlo era perché lui aveva
il canale per poter avere le approvazioni. D'altra parte, era anche vero che Mugne si muoveva in molti ambiti, su mandato del ministro degli esteri. Viaggiava molto, era un uomo molto attivo.
PRESIDENTE. Mugne che cosa disse?
MARCO ZAGANELLI. Io gli riferii la cosa e non mi rispose neppure. Giancarlo Marocchino, dopo quindici o venti giorni, mi chiese di nuovo se avevo avuto cenni di risposta. Domandai: «Mugne, hai mica sentito Giancarlo per quella cosa?». Non mi rispose ancora, io non gli chiesi più niente e non ho più parlato della cosa.
PRESIDENTE. La questione è morta così?
PRESIDENTE. Lei è stato interrogato su questa stessa circostanza in data 7 agosto 1997 dai carabinieri di Vico Equense: «Tra il 1987 ed il 1989 ricordo che Giancarlo Marocchino mi chiamò prospettandomi un grosso affare perché era stato contattato da alcuni italiani, dei quali mi disse anche il nome, ma al momento non mi sovviene...
MARCO ZAGANELLI. Ora men che mai!
PRESIDENTE. Lei poco fa ha detto che le fu rappresentato che Marocchino voleva sapere da Mugne se era possibile avere un terreno per smaltire rifiuti, punto e basta.
MARCO ZAGANELLI. Lui lo considerava un grosso affare.
PRESIDENTE. «Mi chiamò prospettandomi un grosso affare»: qui l'affare lo prospetta a lei.
PRESIDENTE. Ma qui è scritto così: »Mi chiamò prospettandomi un grosso affare, perché era stato contattato da alcuni italiani», mentre lei ha detto che di italiani non se ne parlò.
MARCO ZAGANELLI. Di origine italiana, lui mi disse.
PRESIDENTE. Allora ha detto male prima, quando mi ha risposto. Io le ho chiesto se le avesse parlato di italiani che volevano questo appezzamento di terreno e lei ha risposto di no, che le parlò genericamente di persone interessate, non le parlò né di italiani né di origine italiana dei rifiuti, ma che lei ha ritenuto che così dovesse essere.
MARCO ZAGANELLI. Lui mi disse che i rifiuti partivano dall'Italia.
PRESIDENTE. Quindi, adesso precisa. Cerchi di essere preciso, perché fino a questo momento mi ha detto una cosa diversa da quella che aveva detto ai carabinieri di Vico Equense, poiché mi ha detto che non era stato precisato né che si trattasse di rifiuti provenienti dall'Italia né che si trattasse di cittadini italiani interessati. Alla contestazione che le viene fatta dall'ufficio, cioè che nel verbale che le ho ricordato lei invece dice una cosa diversa, cioè che si parla di italiani e che le viene prospettato un grande affare, lei precisa, quanto all'affare, che lo era per Marocchino e che di italiani in effetti parlò. «Dei quali mi disse anche il nome, ma al momento non mi sovviene»: vediamo se adesso, leggendo questo verbale, ricorda il nome di queste persone italiane.
PRESIDENTE. Però conferma che le era stato detto anche il nome? Conferma di aver detto ai carabinieri di Vico Equense che le era stato fatto anche il nome degli italiani interessati?
MARCO ZAGANELLI. Confermo che può avermi fatto il nome, che non ricordavo allora e non ricordo adesso.
PRESIDENTE. Però conferma che questo non è un verbale falso?
MARCO ZAGANELLI. No, certamente.
PRESIDENTE. «I quali dovevano sbarazzarsi di un carico di container, fermi al porto di Castellammare di Stabia o a quello di Gioia Tauro, contenenti rifiuti tossici o radioattivi e volevano un referente capace di riceverli e sotterrarli in un'area desertica della Somalia. Mi disse che c'era da guadagnare molti soldi, se fossi stato in grado di trovare la strada per fare questa operazione. Io riferii la cosa a Mugne, il quale non mi rispose né in senso negativo né in senso positivo».
Quindi, non è che Marocchino le disse di andare a chiedere a Mugne come stessero le cose, ma è lei che va da Mugne: «Mi disse che c'era da guadagnare molti soldi se fossi stato in grado di trovare la strada per fare questa operazione». Non le chiede di andare da Mugne, è lei che dice: «Io riferii la cosa a Mugne, il quale non mi rispose né in senso negativo né in senso positivo», come ha detto anche adesso. «Dissi però a Mugne che la cosa mi era stata richiesta da Marocchino. Più volte Marocchino mi domandò se avevo trovato il canale per fare questa operazione ed io gli risposi che, pur avendo parlato a Mugne, non avevo ricevuto risposta né avevo cercato altri canali. Mi risulta che successivamente - questo lo seppi quando ero in Italia - un carico di materiale radioattivo era stato portato in Somalia ed i contenitori sotterrati in un'area desertica del nord della Somalia». Conferma?
MARCO ZAGANELLI. Confermo quest'ultima frase, perché la conferma che era stato fatto un carico me la dette il maresciallo ...
PRESIDENTE. Che significa che la conferma gliela dette il maresciallo?
MARCO ZAGANELLI. Alla fine di queste dichiarazioni, che sono esattamente quelle riferite, salvo la sfumatura di contesto, io domandai al maresciallo «io non ci sono più stato, ma questo carico c'è stato o non c'è stato?», e lui mi disse «sì, c'è stato».
PRESIDENTE. Allora lei ha deciso di inserirlo.
MARCO ZAGANELLI. Ne ho preso atto, giuro che è così. Si può domandare al maresciallo.
PRESIDENTE. Voglio capire bene com'è andata questa vicenda. «Marocchino faceva riferimento non al solo carico specifico, ma, se avessi trovato il canale, si poteva realizzare un vero e proprio business duraturo nel tempo. Si sarebbe poi trattato di operazioni regolari, se il Governo somalo avesse accettato di destinare un'area per lo smaltimento di tali rifiuti». Conferma questa dichiarazione?
MARCO ZAGANELLI. Confermo, l'ho appena detto anche prima.
PRESIDENTE. Quindi, conferma che Marocchino non faceva riferimento solo al carico specifico di rifiuti, ma, se avesse trovato il canale, Marocchino le disse che si poteva realizzare un vero e proprio business duraturo nel tempo? È vero?
PRESIDENTE. Conferma che glielo ha detto Marocchino?
PRESIDENTE. Non glielo ha detto il maresciallo Vacchiano?
MARCO ZAGANELLI. No, questo me lo ha detto Marocchino.
PRESIDENTE. «Si sarebbe poi trattato di operazioni regolari, se il Governo somalo avesse accettato di destinare un'area per lo smaltimento di tali rifiuti». Conferma di aver fatto questa dichiarazione?
PRESIDENTE. È sua questa dichiarazione?
PRESIDENTE. Non è di Vacchiano questa dichiarazione?
MARCO ZAGANELLI. No, è mia, ed è esattamente quello che le ho detto all'inizio.
PRESIDENTE. «Giancarlo Marocchino mi chiamò prospettandomi un grosso affare». Questo non è esatto?
MARCO ZAGANELLI. Non nel senso di prospettarlo a me, che non avevo potere decisionale in Somalia, ma perché io rappresentassi a Mugne, che era un canale accanto, che si poteva fare un grosso affare, se il Governo somalo avesse messo a disposizione un'area per lo smaltimento.
PRESIDENTE. «Perché era stato contattato da alcuni italiani». È vero che lui le fece riferimento agli italiani, così come è vero che le fece i nomi, ma non se li ricorda? È esatto?
PRESIDENTE. «I quali dovevano sbarazzarsi di un carico di container fermi al porto di Castellammare di Stabia e Gioia Tauro». Ricorda che le disse queste due cose?
MARCO ZAGANELLI. Il nome degli italiani e il nome del porto rientravano nel discorso che c'era questa cosa da fare, fatto a mezze parole. Quindi, nell'ambito dell'interesse che io davo a quella telefonata, che era soltanto quello di passare un'informazione a Mugne per un eventuale affare possibile, i nomi dei porti e delle persone per me non avevano significato.
PRESIDENTE. Ma questi nomi lui glieli ha detti o no?
MARCO ZAGANELLI. Lui disse sicuramente i nomi di porti italiani.
PRESIDENTE. Ma le fece riferimento a Castellammare o a Gioia Tauro?
MARCO ZAGANELLI. Sì, l'uno o l'altro.
PRESIDENTE. Parlò di rifiuti tossici o radioattivi e che volevano un referente capace di riceverli e sotterrarli in un'area desertica della Somalia? Conferma?
MARCO ZAGANELLI. Confermo, anche come deduzione mia, perché se si chiede un interramento certamente non lo si chiede per fare lo smaltimento della pollina. Si cercava sicuramente un'area specifica.
PRESIDENTE. «Mi disse che c'era da guadagnare molti soldi, se fossi stato in grado di trovare la strada per fare questa operazione». Conferma?
PRESIDENTE. Soldi anche per lei?
MARCO ZAGANELLI. No, mai chiesti e mai prospettati.
PRESIDENTE. Opere di bene. «Io riferii la cosa a Mugne, il quale non mi rispose», e mi pare che per il resto tutto sia a posto, salvo l'ultima parte in cui praticamente lei si appropria, per così dire, di una consapevolezza del maresciallo Vacchiano e la fa diventare una sua dichiarazione.
MARCO ZAGANELLI. Gli chiesi esplicitamente se poi c'erano state vicende in tal senso.
PRESIDENTE. Da quanto tempo non vede Vacchiano?
MARCO ZAGANELLI. Da quella volta non l'ho visto più, tranne che in televisione.
Vorrei precisare, in relazione al discorso di lavorare gratis ed alle percentuali, che io ero molto ben pagato per stare laggiù a fare il rappresentante. Se fossi uscito dal ruolo tecnico per prendere percentuali sugli affari che si potevano prospettare a quel tempo, probabilmente sarei rimasto in Somalia un mese e non di più. Io ho sempre fatto il tecnico e non ho mai preso una percentuale, e sfido a dimostrare il contrario.
PRESIDENTE. «Mi risulta che successivamente - questo lo seppi quando ero in Italia - un carico di materiale radioattivo era stato portato in Somalia ed i contenitori sotterrati in un'area desertica del nord della Somalia». Sa chi aveva fatto questa operazione?
PRESIDENTE. Da chi lo ha saputo?
MARCO ZAGANELLI. Da Vacchiano.
PRESIDENTE. Le risulta che Mugne ebbe a proporre un traffico di armi a Miragliotta?
PRESIDENTE. Che cosa le risulta a proposito del traffico di armi?
MARCO ZAGANELLI. Mi risulta - l'ho detto alla dottoressa Gualdi la prima volta che sono stato chiamato come persona informata sui fatti da Milano - che le navi da noi utilizzate per il trasporto di bestiame contenevano solo ed esclusivamente bestiame, e portai anche la documentazione dei carichi. Quindi, non era vero che su quelle navi, almeno su quelle che sono partite da Mogadiscio per andare nello Yemen a trasportare bovini e ovocaprini, ci fossero armi. Su altre navi o su altre cose non posso sapere e non posso dire; so che sono state più volte indicate le navi da pesca - del pesce - della flotta Shifco per possibili trasmissioni di questo genere, però io non mi occupavo di pesce.
PRESIDENTE. Dichiara Miragliotta: »In una conversazione avuta con Marco Zaganelli mi ricordo che Zaganelli adirato mi confidò che Mugne gli aveva proposto di fare un traffico di armi aggiungendo di non spiegarsi come Mugne avesse esordito in quel modo. Io lasciai cadere la cosa senza chiedere nulla a Zaganelli conoscendo Mugne. Quello che invece posso dire, perché l'ho constatato personalmente, è che Mugne una sera portandomi in un grossissimo deposito, sito al quinto o al quindicesimo chilometro della strada che costeggia l'aeroporto, mi ci portò dentro, rimproverando gli uomini di guardia, e mi mostrò il contenuto, che era una cosa allucinante. Si trattava di automezzi militari, marca Iveco, per movimento terra e trasporti, furgoni adibiti ad officine, compresi di tornio e fresa contrassegnati con il tricolore italiano e, se non sbaglio, c'era anche la scritta FAI. Ovviamente vi erano numerose casse chiuse nelle quali poteva esserci di tutto, pezzi di ricambio, armi o qualunque altra cosa».
MARCO ZAGANELLI. A quando si riferirebbe?
MARCO ZAGANELLI. Se il riferimento temporale è alla visita a questo cantiere dove c'è tutta questa roba, siamo già nel dopo Siad Barre, quando Giancarlo Marocchino torna giù ...
PRESIDENTE. Ma questo che cambia?
MARCO ZAGANELLI. Io non ci sono più e lui non mi può chiedere una cosa del genere.
PRESIDENTE. Quindi, lei smentisce questa dichiarazione?
MARCO ZAGANELLI. Che Mugne mi abbia fatto richiesta di trasportare armi? Assolutamente.
PRESIDENTE. «Mugne gli aveva proposto di fare un traffico di armi aggiungendo di non spiegarsi come Mugne avesse esordito in quel modo. Io lasciai cadere il discorso».
MARCO ZAGANELLI. Mai Mugne mi ha proposto una cosa del genere.
PRESIDENTE. Lei ha conosciuto Scaglione, oltre ad averlo visto qui?
MARCO ZAGANELLI. Sì, l'ho conosciuto a casa di Giancarlo Marocchino alla fine degli anni ottanta, nel 1987-1988, qualcosa del genere.
PRESIDENTE. Chi glielo ha presentato?
MARCO ZAGANELLI. Giancarlo Marocchino durante una cena a casa sua. L'ho poi rivisto quando, quindici giorni o un mese dopo la caduta di Siad Barre, con l'organizzazione di Giancarlo Marocchino andammo a Gibuti e lì appunto ritrovai anche Ezio Scaglione, oltre a Giancarlo Marocchino, che ci vennero a prendere con un aereo per andare a Mogadiscio a vedere quello che era successo, per le rispettive cose. Ci ospitò appunto Giancarlo Marocchino a casa sua - era una delle poche case ancora indenni e mantenute - e, quindi, sia io che Scaglione eravamo ospiti suoi.
PRESIDENTE. Lei che rapporti ha avuto con Scaglione?
MARCO ZAGANELLI. Di conoscenza superficiale. Sono andato a trovarlo successivamente ad Alessandria perché mi aveva parlato della sua fabbrica di cioccolato o che doveva fare una fabbrica di cioccolatini, qualcosa del genere. Sono stato a trovarlo una volta e basta.
PRESIDENTE. Lei sa di che cosa si interessava Scaglione in Somalia?
MARCO ZAGANELLI. Giancarlo Marocchino mi disse che si poteva interessare come finanziatore per attività relative a pezzi di ricambio, officine, cose del genere.
PRESIDENTE. Di concreto lei non sa nulla del tipo di rapporti intercorsi tra Marocchino e Scaglione?
PRESIDENTE. Lei ha mai avuto rapporti di affari di qualche genere con Scaglione?
MARCO ZAGANELLI. Assolutamente no.
PRESIDENTE. Lei ha mai saputo che tipo di affari precisamente trattasse con Marocchino?
MARCO ZAGANELLI. Parlavano di pezzi di ricambio, di officine di pezzi di ricambio.
PRESIDENTE. Di rifiuti tossici radioattivi o di altro genere ha mai sentito parlare come oggetto dei loro rapporti?
MARCO ZAGANELLI. No, non ne ho mai sentito parlare, anche perché in casa di Giancarlo Marocchino io l'ho visto la volta che ci presentammo ad una cena - buongiorno e buonasera - e la settimana in cui siamo tornati successivamente, quando ognuno si occupava di vedere un po' come erano andati i suoi affari e comunque in quell'occasione non parlarono mai di questo.
PRESIDENTE. Lei ha conosciuto Ahmed Duale?
MARCO ZAGANELLI. Era il socio di Giancarlo Marocchino. È lui che ci venne a prendere a Gibuti con l'aereo.
PRESIDENTE. Che faceva? In che senso era suo socio? Era soltanto un finanziatore oppure si interessava in concreto delle attività di Marocchino?
MARCO ZAGANELLI. Giancarlo mi disse che era un po' il suo braccio secolare in quel momento, perché essendo parente stretto di Aidid, uno dei due signori della guerra, aveva l'opportunità di garantire il compound di Marocchino con quanto c'era dentro.
PRESIDENTE. Quindi, che cosa faceva concretamente Duale? Faceva il custode?
MARCO ZAGANELLI. Concretamente reclutava il personale di guardia.
PRESIDENTE. Quindi, amministrava?
MARCO ZAGANELLI. Sì, certamente, era socio d'affari.
PRESIDENTE. Fisicamente com'era, alto o basso? Lei ha conosciuto Duale?
MARCO ZAGANELLI. Sì, l'ho conosciuto. Era un uomo di circa trentacinque anni, alto, prestante.
PRESIDENTE. Ha mai viaggiato con queste persone, con Scaglione, con Duale, con Marocchino?
MARCO ZAGANELLI. Sì, nel volo che le ho detto: Gibuti-Hargeisa-Mogadiscio.
PRESIDENTE. Le risulta che in questo volo di cui lei ha parlato siano state caricate armi?
MARCO ZAGANELLI. Il volo fu molto strano. Aspettammo una settimana che ci venissero a prendere a Gibuti; alla fine per radio annunciarono che c'era l'aereo - mi sembra fosse un Foer - e partimmo da Gibuti caricando le persone normalmente. Durante il volo ci fecero fare un sorvolo a bassa quota ad Hargeisa, facendocela vedere distrutta e incolpando di questo le nefandezze del vecchio Presidente Siad Barre. Quindi, atterrammo ad Hargeisa e vi fu un conciliabolo piuttosto acceso perché chi era a bordo ovviamente la prese piuttosto male. Comunque, fecero scendere le persone, tranne i tre bianchi, cioè Giancarlo Marocchino, Ezio Scaglione ed il sottoscritto, insieme a Duale, e da un hangar dell'aeroporto vennero una decina di portatori che portavano cassette di proiettili, dissero; erano tutte cassette relativamente piccole, perché le misero poi nel centro dell'aereo, e ripartimmo con quelle. Atterrati a Mogadiscio ci fu una serie di persone che vennero a prenderle e le caricarono, nelle rispettive tecniche, e noi scendemmo tranquillamente.
PRESIDENTE. Quindi, questo è vero?
PRESIDENTE. C'era anche un coinvolgimento di Marocchino in questa operazione?
MARCO ZAGANELLI. No, assolutamente, anche lui rimase sorpreso.
PRESIDENTE. Chi riguardava l'operazione?
MARCO ZAGANELLI. Fu Duale che disse «portiamo delle cose ai fratelli di Mogadiscio».
PRESIDENTE. Ma Duale era il socio di Marocchino. Chi erano i fratelli di Mogadiscio? Che si intende per fratelli di Mogadiscio?
MARCO ZAGANELLI. Eravamo nei giorni immediatamente successivi alla cacciata di Siad Barre.
PRESIDENTE. Quindi, chi erano i fratelli di Mogadiscio?
MARCO ZAGANELLI. I combattenti che avevano cacciato Siad Barre. Non so a chi si riferisse in particolare.
ELETTRA DEIANA. Che provenienza avevano queste munizioni?
MARCO ZAGANELLI. Non glielo so dire. Erano cassette anche piuttosto vecchie all'apparenza. Se intende dire se avevano scritte in inglese o in cirillico, non glielo so dire.
PRESIDENTE. C'era la bandiera italiana?
MARCO ZAGANELLI. No, assolutamente, quella non l'ho vista mai. Quelle che ho visto io, che saranno state una decina di cassette, passate davanti ai miei occhi...
PRESIDENTE. La domanda dell'onorevole Deiana è anche un'altra. Lei vede le cassette che vengono caricate sull'aereo. Quelli che caricano queste cassette sono bianchi?
MARCO ZAGANELLI. No, tutti somali.
PRESIDENTE. Da dove prendono queste cassette?
MARCO ZAGANELLI. Da un hangar li vicino.
PRESIDENTE. Voi siete rimasti dentro?
MARCO ZAGANELLI. No, siamo scesi a terra.
PRESIDENTE. Lei ha conosciuto Ilaria Alpi?
PRESIDENTE. Ha saputo della morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin ?
PRESIDENTE. In quell'epoca lei non stava in Somalia perché già dal 1992 se n'era andato.
MARCO ZAGANELLI. Praticamente dal 1990.
PRESIDENTE. Ha avuto modo di parlare con qualcuno della vicenda che interessa i nostri due connazionali, delle persone che possono averli uccisi?
MARCO ZAGANELLI. A parte il maresciallo ...
PRESIDENTE. Lasciamo perdere Vacchiano.
MARCO ZAGANELLI. Vi sono stati commenti dei professori dell'università che erano stati giù con me, del tipo: come è possibile che sia successo questo nella nostra Somalia?
PRESIDENTE. Non è che la cosa abbia riguardato solo Ilaria Alpi, ci sono stati anche tanti altri morti. Ma sulla vicenda di Ilaria Alpi lei ha raccolto notizie, informazioni, le è capitato di raccogliere delle convinzioni da parte di responsabili o di Marocchino, ad esempio? Lei ha più visto Marocchino?
MARCO ZAGANELLI. Non l'ho più visto, l'ho sentito per telefono.
PRESIDENTE. Da quanto tempo non vede Marocchino?
MARCO ZAGANELLI. Da quando ci siamo lasciati quella volta.
MARCO ZAGANELLI. Quando siamo tornati, nel 1992.
PRESIDENTE. Da allora non ha più visto Marocchino?
MARCO ZAGANELLI. Quando sono stato giù nel 1992 e poi non l'ho più visto.
PRESIDENTE. Non lo ha mai più sentito?
MARCO ZAGANELLI. L'ho sentito per telefono cinque o sei mesi fa, qualcosa del genere.
PRESIDENTE. A che titolo gli ha telefonato?
MARCO ZAGANELLI. A titolo di amicizia, perché Miragliotta mi avvertì: c'e Giancarlo Marocchino in Italia, mi ha lasciato il suo numero perché sta organizzando un trasporto con una nave, ha comprato una nave, qualcosa del genere, e magari ci ritroviamo per fare una cena. Gli telefonai e poi non ci siamo più visti ne sentiti.
PRESIDENTE. «Sono stato in Somalia dal 1986 al 1990» - Miragliotta, 12 agosto 1997, stazione di Vico Equense - «ero incaricato dello sdoganamento dei materiali inerenti ai cantieri della Giza per le opere di esecuzione dei fondi FAI e della cooperazione. Nel periodo in cui sono stato in Somalia mi sono capitate diverse vicissitudini, non di meno quella di essere stato sparato da alcuni somali sulla via il 21 ottobre, nei pressi della mia abitazione, alle ore 23 circa, nel 1990. Se dovessi dire il motivo per il quale mi hanno sparato non potrei farlo per mancanza di elementi. In una conversazione avuta con Marco Zaganelli mi ricordo che Zaganelli adirato mi confidò che Mugne gli aveva proposto» - quindi il periodo è 1986-1990 - «di fare un traffico di armi aggiungendo di non spiegarsi come Mugne avesse esordito in quel modo. Io lasciai cadere la cosa senza chiedergli nulla conoscendo Mugne». Quindi, il periodo è 1986-1990.
MARCO ZAGANELLI. Non so che cosa volesse dire Miragliotta sul fatto che io avrei risposto adirato e che conosceva Mugne. Certamente Mugne a me non ha mai proposto una cosa del genere.
PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Motta.
CARMEN MOTTA. Dottor Zaganelli, come mai lei conosce il maresciallo Vacchiano?
MARCO ZAGANELLI. Perché sono stato convocato dai carabinieri di Vico Equense per rispondere come persona informata sui fatti.
CARMEN MOTTA. La sua interlocuzione con i carabinieri di Vico Equense è stata più o meno relativa alle domande che le ha fatto stasera il presidente, nel senso che si è limitata a quello oppure la sua collaborazione è stata anche più estesa?
MARCO ZAGANELLI. Ha riguardato due punti. Innanzitutto, se riconoscevo, anche in fotografia, alcune persone che erano state messe in contatto con la consegna delle navi da pesca. In particolare, la fotografia era di spalle e non conoscevo nessuno, mentre una di faccia non mi diceva niente. La seconda parte era riferita alla conoscenza di questa conversazione sui rifiuti, a come nasceva questo discorso.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Schmidt.
GIULIO SCHMIDT. Quando ha rivisto Ezio Scaglione?
MARCO ZAGANELLI. Ho rivisto Ezio Scaglione più o meno nella prima metà degli anni novanta, quando sono stato a trovarlo a casa sua ad Alessandria.
GIULIO SCHMIDT. Quindi, nel 1995-1996?
MARCO ZAGANELLI. Sì, grosso modo.
GIULIO SCHMIDT. Quanto tempo siete stati insieme? Siete stati a pranzo, avete parlato?
MARCO ZAGANELLI. Sono stato suo ospite, ho dormito una notte da lui. Probabilmente sarà stato anche il 1997. Abbiamo parlato delle sue attività, perché dall'officina meccanica voleva passare alla fabbrica di cioccolato. Erano i primi tempi che io mi stavo occupando come cooperante dell'Albania e, quindi, mi domandava
«ma lì che fanno, l'Albania si sta aprendo, che succede?». Io dissi «non lo so, ho cominciato a conoscerla anch'io, vieni a vedere». Poi non ho avuto più contatti.
GIULIO SCHMIDT. Avete ricordato i tempi passati in Somalia?
MARCO ZAGANELLI. Abbiamo ricordato ovviamente i vecchi tempi, Giancarlo Marocchino, la visita con l'aereo con il carico delle cassette di munizioni ad Hargeisa, che fu comunque una cosa strana.
GIULIO SCHMIDT. Non si lamentò un po' di alcuni affari che erano svaniti, che aveva ricevuto molte promesse che poi non erano state mantenute? Era un po' disilluso, secondo lei?
MARCO ZAGANELLI. Non parlò di singoli affari. Mi disse che dall'epoca della Somalia in poi aveva parlato di molte cose anche con Giancarlo Marocchino senza mai riuscire però a concludere niente ed anzi si era trovato anche in difficoltà perché gli avevano perquisito la casa, non so alla ricerca di che cosa.
GIULIO SCHMIDT. Parlò precisamente e le disse che era stato coinvolto in progetti che avevano a che fare con i rifiuti?
MARCO ZAGANELLI. No, non mi parlò di questo. Di rifiuti non mi parlò. Mi parlò di tutti i suoi tentativi di farsi accreditare come console onorario.
GIULIO SCHMIDT. Poi fu nominato console onorario nel 1992.
MARCO ZAGANELLI. Ma aveva valore quella cosa? Lui aveva dubbi che fosse valida.
GIULIO SCHMIDT. Quando si fermò a dormire da lui il padre era ancora vivo?
MARCO ZAGANELLI. Sì, il padre e la madre.
GIULIO SCHMIDT. Che età ha il padre?
MARCO ZAGANELLI. Allora avrà avuto tra i cinquantacinque e i sessant'anni.
GIULIO SCHMIDT. Quindi, era abbastanza giovane. Che rapporto c'era tra il figlio e il padre? Avevano affari insieme?
MARCO ZAGANELLI. Sì, il padre chiaramente considerava il figlio in affari con lui, anche se l'impressione - ma è l'impressione di una sera, di un giorno di ospitalità - era che il padre fosse quello con le maniche rimboccate che lavorava e il figlio fosse il professore di musica che aveva qualche fantasia.
GIULIO SCHMIDT. Quindi, sostanzialmente tutte le iniziative che prendeva il figlio, secondo lei, avevano come guida il padre?
MARCO ZAGANELLI. Il padre ci metteva la parte tecnica, i disegni.
PRESIDENTE. Insomma, quello che contava era il padre?
MARCO ZAGANELLI. Sì, quello che contava era sicuramente il padre.
PRESIDENTE. Però in Somalia ci andava il figlio.
GIULIO SCHMIDT. Lei sapeva che il padre era maestro di una loggia massonica?
GIULIO SCHMIDT. Non lo ha mai saputo?
MARCO ZAGANELLI. Lo sento dire adesso per la prima volta.
GIULIO SCHMIDT. Sostanzialmente lei mi sta dicendo che il figlio non aveva una sua autonomia?
MARCO ZAGANELLI. In Somalia certamente quando l'ho conosciuto io, durante il viaggio e via dicendo, parlava come se lui decidesse. La mia impressione, a casa, era che fosse il padre a decidere. Però, come ripeto, parlo dell'impressione avuta durante una cena assieme, con la mamma, il babbo e lui.
GIULIO SCHMIDT. Comunque era un ragazzo di grande inventiva perché pensava di fare una fabbrica di cioccolato.
MARCO ZAGANELLI. Sì, di inventiva sicuramente.
GIULIO SCHMIDT. In che settore operavano?
MARCO ZAGANELLI. Pezzi di ricambio, officina meccanica, mi dissero.
GIULIO SCHMIDT. Le disse perché voleva aprire una fabbrica di cioccolato? Aveva già fatto dei progetti?
MARCO ZAGANELLI. Mi disse che riteneva interessante riuscire ad entrare nelle progettazioni di fattibilità finanziate dal nostro Ministero degli esteri, dalla cooperazione, eccetera. Riteneva che fosse un settore importante come ufficio studi, su cui pensava di potersi sviluppare come azienda di famiglia.
GIULIO SCHMIDT. Le parlò di Ilaria Alpi, nel 1996?
GIULIO SCHMIDT. Non le disse nulla, del tipo «l'ho conosciuta» o «mi ha offerto la cena»...
MARCO ZAGANELLI. Assolutamente nessun riferimento a una sua conoscenza diretta, tranne - sfogliando l'album dei ricordi - dire frasi tipo «guarda che cosa è successo, anche l'omicidio di quella giornalista e del suo operatore!».
GIULIO SCHMIDT. Si è vantato di particolari conoscenze politiche?
MARCO ZAGANELLI. Sì, diceva di sentirsi molto affine all'organizzazione di Alessandria dell'onorevole Boniver, la quale però non era stata rieletta, negli ultimi tempi, in quel collegio. Ma lo diceva più come riferimento di conoscenza personale tra giovani. Anche in questo, però, mi diceva di essere rimasto deluso, perché dai giovani industriali - tra i quali pensava di essere qualcosa e qualcuno - si è sentito dire «grazie», «ciao» e basta. Insomma, a suo dire non ne ha ricavato niente.
GIULIO SCHMIDT. Sa se il padre fosse un pezzo grosso dell'associazione industriali?
MARCO ZAGANELLI. Non lo so. Non me ne ha parlato e non l'ho potuto verificare.
PRESIDENTE. Un'ultima domanda.
Leggo ancora dalle sue dichiarazioni al colonnello Vacchiano: «Che lui facesse riparazioni di armi» - si riferisce a Marocchino - «e che sostenesse la parte armata di Aidid è una cosa che lui stesso mi riferì, lamentandosene peraltro perché non ne traeva guadagni»...
MARCO ZAGANELLI. È vero, confermo.
PRESIDENTE. Ma come, non stava con Ali Mahdi?
MARCO ZAGANELLI. No, con Ali Mahdi è andato dopo, per quel che ne so io. Quando per socio aveva Duale, questi gli aveva difeso casa e tutto quanto, appartenendo ad Aidid. E quindi gli imponeva, in pratica...
PRESIDENTE. Duale apparteneva ad Aidid? Non apparteneva ad Ali Mahdi?
MARCO ZAGANELLI. No, ad Aidid. E appunto Marocchino si lamentava in quanto gli toccava subire la presenza di armi, le riparazioni, eccetera, perché gliele portava Duale. Peraltro, Duale gli assicurava la protezione di tutti i suoi beni.
PRESIDENTE. Va bene. Nessun altro chiede di porre delle domande. Pertanto, ringrazio il signor Marco Zaganelli e dichiaro concluso l'esame testimoniale.
MARCO ZAGANELLI. Grazie a lei. Vi auguro buon lavoro.
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