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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale del commissario capo Antonio Evangelista, attualmente dirigente della Digos di Asti, che viene sentito dalla Commissione come testimone e quindi con l'obbligo di dire la verità e di rispondere alle nostre domande; naturalmente, questa è una menzione superflua, tenuto conto della caratura morale ed istituzionale del testimone.
Dottor Evangelista, le chiedo intanto di darci le sue generalità.
ANTONIO EVANGELISTA. Sono Antonio Evangelista, nato a Catania il 1o aprile 1962. Risiedo ad Asti, in via Maggiora Vergano numero 10.
PRESIDENTE. Attualmente in servizio?
ANTONIO EVANGELISTA. In servizio alla questura di Asti e dirigente Digos.
PRESIDENTE. Da quanto tempo è ad Asti con questa qualifica?
ANTONIO EVANGELISTA. Da due mesi.
PRESIDENTE. In precedenza, dove si trovava?
ANTONIO EVANGELISTA. In precedenza sono stato ad Alessandria, nell'ufficio stranieri. Prima ancora sono stato nei Balcani per un anno e mezzo, a lavorare con l'intelligence. Andando indietro nel tempo, sono stato con la polizia stradale e prima ancora sono stato un anno nei Balcani, poi di nuovo con la polizia stradale, fino ad arrivare all'incarico che avevo presso la sezione di polizia giudiziaria, come coordinatore. Andiamo indietro di otto anni, però.
PRESIDENTE. Sì, andiamo pure indietro di otto anni, visto che stiamo discutendo di un procedimento penale che viene rubricato nel 1997 presso la procura di Asti. Per quel che ci risulta, lei ha partecipato allo svolgimento delle indagini che hanno riguardato un processo nell'ambito del quale hanno assunto la qualità di indagati i signori Scaglione, Marocchino, Nesi ed altri.
Ci può dire com'è nata questa inchiesta? Nasce con lei?
ANTONIO EVANGELISTA. No, l'inchiesta non nasce con me. Io lavoravo come coordinatore alla sezione di polizia giudiziaria. E già in un'occasione avevo collaborato, su richiesta del procuratore dottor Tarditi, con la forestale di Brescia in un'inchiesta sui rifiuti che aveva riguardato La Spezia e Pitelli, ancor prima. Quando è capitata questa occasione, c'era un discorso di pianificazione e di gestione delle risorse ed una prospettiva di indagine che richiedeva il controllo di diverse utenze telefoniche. Avevamo già lavorato con la forestale e, in buona sostanza, ci siamo divisi le utenze; ci siamo detti: partiamo, lavoriamo insieme, tu fai quei controlli, io faccio questi controlli e vediamo cosa viene fuori...
PRESIDENTE. Quindi, nasce a La Spezia.
ANTONIO EVANGELISTA. No, a La Spezia c'era proprio un'altra inchiesta, sempre però in materia di rifiuti. Lì ho conosciuto la forestale di Brescia. Forse,
anche in virtù di quell'esperimento, che era andato bene, quando si sono ritrovati a lavorare su quest'altro caso di rifiuti, l'ispettore De Podestà ci ha sottoposto...
PRESIDENTE. Mi scusi, siccome sono abituato con le categorie giuridiche della competenza, non riesco a seguire. A La Spezia c'era un processo sui rifiuti...
PRESIDENTE. ... che non c'entra niente con Asti.
ANTONIO EVANGELISTA. Non c'entrava niente con l'altro processo sui rifiuti che nasce ad Asti. È quello che aveva radicato la competenza ad Asti.
ANTONIO EVANGELISTA. Quello che aveva interessato La Spezia.
PRESIDENTE. Quindi, il procedimento era nato a La Spezia o era nato ad Asti?
ANTONIO EVANGELISTA. Nasceva ad Asti: si trattava di rifiuti che passavano da Torino e da Asti e finivano a La Spezia.
PRESIDENTE. Però, non ho ancora capito come si arriva a Brescia. Ricapitoliamo. Un'inchiesta sui rifiuti nasce ad Asti e va a La Spezia. Quando il procedimento arriva a La Spezia, non è più ad Asti, esatto?
ANTONIO EVANGELISTA. Sì, è passato a La Spezia.
PRESIDENTE. E invece, che mi può dire sul procedimento numero 395/97?
ANTONIO EVANGELISTA. È un altro procedimento, che nasce ad Asti.
PRESIDENTE. Dunque, il procedimento che era nato ad Asti era poi passato a La Spezia ma l'uno e l'altro erano assolutamente indipendenti.
ANTONIO EVANGELISTA. Volevo solo giustificare come mai Evangelista collabora con la forestale di Brescia. C'era stato un precedente esperimento.
PRESIDENTE. A questo punto, come esce fuori la competenza di Brescia?
ANTONIO EVANGELISTA. La forestale di Brescia aveva una competenza specifica in materia di rifiuti, in quanto vi erano già state precedenti investigazioni - sempre relativamente ai rifiuti e al traffico di rifiuti - fatte dalla procura di Asti con l'organo investigativo rappresentato dalla forestale di Brescia...
PRESIDENTE. Mi par dunque di capire che la procura di Asti, dovendo dare delega per le indagini, scelse la forestale di Brescia. È così?
ANTONIO EVANGELISTA. Esattamente, una delega a questo gruppo di lavoro.
PRESIDENTE. Ho capito. Fino a quel momento la forestale di Brescia aveva fatto indagini di altro genere e viene identificata come il corpo più attrezzato e professionalmente più adeguato alle indagini sul traffico dei rifiuti. È esatto?
PRESIDENTE. Per tale ragione si fa un gemellaggio - per così dire - tra procura di Asti e forestale di Brescia?
PRESIDENTE. Andiamo avanti. Ad Asti, come nasce questo processo? Da quale informativa, da quale rilevazione?
ANTONIO EVANGELISTA. Per quel che ricordo, si radica ad Asti perché viene contattato il centro - non uso termini tecnici e, non essendo della forestale, posso sbagliare qualcosa - di smaltimento e stoccaggio rifiuti di Gambaruto, il quale viene...
ANTONIO EVANGELISTA. Gambaruto era il titolare di una attività di stoccaggio rifiuti e viene contattato da Scaglione.
PRESIDENTE. Il processo era già nato? Mi scusi, ma vorrei sapere come nasce il processo.
ANTONIO EVANGELISTA. L'attività investigativa nasce su questo incontro. In pratica, c'è un colloquio che viene registrato, perché il signor Gambaruto è microfonato: va a colloquio con Scaglione e i due discutono di questa attività...
PRESIDENTE. Si fermi qui, per cortesia. Perché Gambaruto è microfonato? Siete voi a microfonarlo?
ANTONIO EVANGELISTA. Sì, col suo consenso. Lui ci rappresenta che era stato contattato per questa...
PRESIDENTE. Quindi, la delega della procura era attribuita a lei, con subdelega alla forestale di Brescia?
ANTONIO EVANGELISTA. Eravamo insieme.
PRESIDENTE. Eravate in codelega?
ANTONIO EVANGELISTA. Esatto. L'organo principe era la forestale, per la sua competenza specifica. Però, il dottor Tarditi mi diceva: «Cooperate con la forestale di Brescia su questa inchiesta, perché hanno bisogno di essere aiutati».
PRESIDENTE. Perfetto, era una codelega tra forestale di Brescia e questura di Asti.
ANTONIO EVANGELISTA. No, non con la questura; io ero coordinatore della sezione di polizia giudiziaria quindi la codelega era tra la sezione di polizia giudiziaria presso la procura e la forestale di Brescia.
PRESIDENTE. Vorrei capire, adesso, come esce fuori il Gambaruto, che va ad un incontro ed è microfonato. Per essere microfonato, credo, doveva aver già assunto una qualche qualifica, una qualche qualità, un qualche accreditamento.
ANTONIO EVANGELISTA. Non le so dire se si era rivolto prima alla forestale o prima a me.
PRESIDENTE. Insomma, si è rivolto a voi.
ANTONIO EVANGELISTA. Alle forze dell'ordine. E si era deciso di fare questo incontro.
PRESIDENTE. Il Gambaruto si rivolge alle forze dell'ordine per lamentare che cosa?
ANTONIO EVANGELISTA. Che era stato contattato da Scaglione per una verosimile attività di esportazione di rifiuti all'estero.
PRESIDENTE. Aveva qualificato il tipo di rifiuti? Aveva fatto riferimento a quale fosse la nazione estera in cui i rifiuti avrebbero dovuto essere esitati?
ANTONIO EVANGELISTA. A distanza di tempo non le saprei dire se ha parlato di Somalia. Sicuramente, mi ricordo, si è parlato di estero e forse si è parlato anche di Africa. Però, ovviamente, questi dati si sono concretizzati poi.
PRESIDENTE. E voi avete preso la palla al balzo, decidendo di far fare questo colloquio.
ANTONIO EVANGELISTA. Ci siamo detti: vediamo cosa succede, se questa attività è lecita, se viene svolta regolarmente oppure no.
PRESIDENTE. Dunque, il Gambaruto viene contattato per fare questi lavori ma è renitente rispetto a tale proposta. È così?
ANTONIO EVANGELISTA. Non era d'accordo, non era convinto dell'affare che gli era stato proposto.
PRESIDENTE. Con il Gambaruto avevate avuto dei rapporti in precedenza? O era la prima volta?
ANTONIO EVANGELISTA. Con me personalmente, no. Per me era la prima volta.
PRESIDENTE. Da quel che le risulta, con la forestale aveva avuto altri rapporti?
ANTONIO EVANGELISTA. Non glielo so dire.
PRESIDENTE. Era un rapporto di confidenza già in essere?
ANTONIO EVANGELISTA. Intuitivamente le direi di sì, con la forestale di Brescia, però...
PRESIDENTE. Non più di questo, ho capito. Insomma, la forestale di Brescia sta diventando una cosa...
ANTONIO EVANGELISTA. Era l'organo comunque più qualificato.
PRESIDENTE. Va bene, andiamo avanti. Cosa succede, poi?
ANTONIO EVANGELISTA. Viene fatta questa microfonatura. Il colloquio viene registrato e trascritto. Effettivamente, prende corpo una verosimile attività di esportazione all'estero - in Africa - di rifiuti. In sostanza, a distanza di tanti anni penso che fosse sicuramente una esportazione di rifiuti. Dovevano andare in Africa, direi, e forse si era già parlato anche di Somalia. Le problematiche erano rappresentate dai tempi di attesa, ad esempio per le autorizzazioni che dovevano arrivare in capo allo Scaglione, eccetera.
Dunque, sulla base della trascrizione, abbiamo realizzato che la cosa era verosimile e abbiamo cominciato a fare delle verifiche sulla verosimiglianza di questo sedicente console somalo.
PRESIDENTE. Scaglione già lo conoscevate, come forze di polizia ad Asti?
ANTONIO EVANGELISTA. Ad Asti, assolutamente no.
PRESIDENTE. Ad Alessandria aveva dato luogo a qualche rilievo?
ANTONIO EVANGELISTA. Ad Alessandria non saprei dire. Avevamo chiesto, poi, delle informazioni...
PRESIDENTE. Quando si riferisce a Scaglione, parla del padre o del figlio?
ANTONIO EVANGELISTA. Del figlio. Quando l'incontro è stato microfonato, c'era Scaglione figlio.
PRESIDENTE. Quando parla di forestale di Brescia, si riferisce ad una persona o ad un gruppo di persone?
ANTONIO EVANGELISTA. Il mio punto di riferimento, quello con cui lavoravo quotidianamente, era l'ispettore Gianni De Podestà. Pianificavamo i numeri di telefoni da controllare, chi si prendeva questi, chi si prendeva quelli, eccetera.
ANTONIO EVANGELISTA. Il nome non mi è nuovo, però...
PRESIDENTE. Lei non è preparato, allora (Si ride).
ANTONIO EVANGELISTA. Ho studiato un po' di carte, ma non tutto.
PRESIDENTE. Pensavo che si fosse letto gli atti, prima di venire qui.
ANTONIO EVANGELISTA. Ho fatto due grossi rapporti, all'epoca.
PRESIDENTE. Li abbiamo qui, li consulti pure; la autorizzo a consultarli, non c'è problema.
ANTONIO EVANGELISTA. Nella documentazione che ho qui con me non vi sono cenni riferiti a Brambilla. Siccome sapevo di dover venire a testimoniare davanti alla Commissione d'inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi, ho portato con me l'annotazione che riguarda la chiusura dell'intercettazione della zia...
PRESIDENTE. Guardi (Mostra un documento), questo è il suo rapporto del 16 novembre 1998.
ANTONIO EVANGELISTA. Sì, non ho dubbi che l'abbia fatto io. Qui ho portato la documentazione sulle cose più rilevanti.
PRESIDENTE. Se vuole, ne può prendere visione. Brambilla - così mi sembra - è un personaggio che dovrebbe essere abbastanza fissato nella sua mente.
ANTONIO EVANGELISTA. Brambilla potrebbe essere - ripeto, le circostanze erano parecchie - l'imprenditore che aveva contattato il Gambaruto. Praticamente, il Gambaruto è stato indirizzato o messo in contatto con Scaglione da un altro imprenditore ancora, che mi sembra fosse della Lombardia. Però, se si chiamasse Brambilla o Rossi sinceramente non lo ricordo, anche perché il grosso dell'inchiesta scatta dopo.
PRESIDENTE. Sa chi sia Bellotto?
ANTONIO EVANGELISTA. Bellotto è un nominativo che ricordo, ma non saprei dirle il ruolo che ha avuto in quella vicenda.
PRESIDENTE. A noi risultano tre persone che in successione hanno prestato - lo dico tra virgolette - collaborazione: Gambaruto, Bellotto e, appunto, Brambilla.
ANTONIO EVANGELISTA. C'è da fare una premessa: sull'Astigiano avevo Gambaruto ed è quello che ho fissato di più in quanto era - diciamo così - nella mia giurisdizione.
I nostri erano due gruppi di lavoro che cooperavano, però io gravitavo su Asti e Gianni su Brescia, quindi è verosimile - anche se lui mi ha passato le note e, sulla base di quelle note, in informazione avrò citato Brambilla e Bellotto - che i contatti veri e propri, i contatti operativi ed informativi con alcuni soggetti li abbia gestiti lui, mentre io ne ho gestiti altri. Lo stesso dicasi per le telefonate: ci sono telefonate e trascrizioni che nascono e muoiono nella sezione di polizia giudiziaria, altre che nascono e muoiono nel corpo forestale di Brescia. Poi, ovviamente, all'atto di coordinare ci si scambiava tutto. Però, consideri che abbiamo fatto qualche decina di migliaia di telefonate e i nomi...
PRESIDENTE. D'accordo, ma vi sono delle cose che vanno chiarite; è evidente che vi siete avvalsi - era nel vostro diritto, anzi dovere - di una serie di fonti confidenziali sulle quali dobbiamo fare un poco di chiarezza. Certamente non considero fonti confidenziali né Gambaruto né Brambilla né Bellotto, perché sono soggetti esplicitati e si capisce che si tratta di agenti provocatori da voi utilizzati.
ANTONIO EVANGELISTA. In un certo senso, diciamo che hanno collaborato.
PRESIDENTE. Certo, la legge lo prevede e dunque non vi è da muovere alcuna critica al riguardo. Tuttavia, siccome i contributi di Brambilla, Bellotto e Gambaruto convergono, mi sembra strano che abbiate lavorato a compartimenti stagni, per cui lei non sapeva quel che facesse De Podestà e viceversa.
ANTONIO EVANGELISTA. No, non è che non lo sapessi, ci mancherebbe.
PRESIDENTE. Però, lei ha trattato solo Gambaruto, da quello che ho capito. Bellotto e Brambilla non li conosce?
ANTONIO EVANGELISTA. No. Il mio primo intervento è stato quando abbiamo microfonato Gambaruto ed io ero proprio lì, fisicamente; e ho cominciato con Gambaruto. Prima c'erano stati dei colloqui, che sono intervenuti tra la forestale di Brescia, questo Brambilla - me lo ricordo - e sicuramente anche questo Bellotto. Mi ricordo benissimo il fatto che si è cercato di orientare le attività perché il primo contatto era in Lombardia e non nell'Astigiano, per cui si è arrivati poi a Gambaruto e con Gambaruto l'indagine è andata avanti.
PRESIDENTE. Va bene, seguiamo Gambaruto. Questo signore tira fuori notizie attorno a traffici verso l'Africa e probabilmente verso la Somalia. Che altro viene fuori dall'utilizzazione di Gambaruto nel colloquio con Scaglione?
ANTONIO EVANGELISTA. Il colloquio era stato abbastanza ampio e diffuso. Si era parlato di rifiuti, forse c'erano state anche...
PRESIDENTE. Delle intercettazioni ambientali?
ANTONIO EVANGELISTA. Sì, con il consenso del Gambaruto - che, ripeto, era stato microfonato -, il colloquio era stato registrato e trascritto. Se non vado errato, c'era stata anche una concomitanza (questo è un particolare che ricordo, proprio per la peculiarità dell'inchiesta): qualche giorno prima c'era stata una trasmissione proprio sul traffico internazionale di rifiuti e si era parlato della vicenda Alpi.
PRESIDENTE. In che anno siamo?
ANTONIO EVANGELISTA. Nel 1997. Il procedimento nasce, anzi viene iscritto nel 1997; è il procedimento numero 395/97, se non sbaglio.
PRESIDENTE. È questa, l'epoca?
ANTONIO EVANGELISTA. Assolutamente. Diciamo che il primo atto della sezione di polizia giudiziaria compiuto con la forestale di Brescia è la microfonatura di Gambaruto, per vedere se il traffico è vero o non è vero, se è una truffa o se vogliono veramente portare i rifiuti all'estero.
Effettivamente, a partire dal colloquio, dopo aver parlato con Gambaruto e dopo il punto di vista della forestale di Brescia - che era la polizia di settore, trattandosi di rifiuti - ci siamo detti: «Questi vogliono portare i rifiuti veramente, si stanno organizzando per questo!». Uno di questi era console, c'erano delle carte in base alle quali egli aveva una mezza concessione che si doveva concretizzare e costoro stavano aspettando, forse, la stabilizzazione della situazione politica in Somalia; c'era una grossa problematica di carattere politico in Somalia e non si capiva se fosse Ali Mahdi a dover dare questa autorizzazione, quando e come. Lo Scaglione faceva riferimento - credo già anche in questa intercettazione ambientale - a suoi partner assolutamente fidati e a imprenditori, che nello specifico si sono rivelati essere, in prima istanza, Marocchino Giancarlo.
PRESIDENTE. Avete avuto rapporti con i giornalisti?
ANTONIO EVANGELISTA. Rapporti a quale fine?
PRESIDENTE. Rapporti. Ne avete avuti?
PRESIDENTE. Quando cominciano questi rapporti? Prima della microfonatura di Gambaruto?
ANTONIO EVANGELISTA. No. Per quanto mi riguarda, dopo.
ANTONIO EVANGELISTA. Per quanto riguarda il sottoscritto, dopo.
PRESIDENTE. E per quanto riguarda i soprascritti, invece?
ANTONIO EVANGELISTA. Non saprei. Bisognerebbe chiederlo a loro. C'era stata sicuramente un'attività di collaborazione. Per esempio, ricordo i giornalisti di Famiglia Cristiana...
PRESIDENTE. Aspetti, ci arriviamo un po' per volta. Già sappiamo tutto, non si preoccupi.
Vorrei capire. Le ho fatto una domanda precisa e lei mi ha risposto che, per quanto la riguarda, il rapporto con i giornalisti è avvenuto soltanto dopo che si è verificata...
ANTONIO EVANGELISTA. La microfonatura del Gambaruto.
PRESIDENTE. ...sì, quell'intercettazione ambientale.
Per quanto riguarda la gestione da lei condotta (o riferita alla sezione di polizia giudiziaria), i rapporti con i giornalisti avvengono sicuramente dopo: questa ricostruzione è esatta?
ANTONIO EVANGELISTA. Non escludo che ci siano stati altri rapporti prima, ma l'intensificazione dei rapporti, anche al fine di trovare delle collaborazioni - atteso che il fenomeno era stato trattato «cronachisticamente» -, c'è stata dopo.
PRESIDENTE. Per carità, l'osmosi tra investigazione e giornalismo è doverosa, secondo me. Comunque, ci sono stati dei rapporti anche prima?
ANTONIO EVANGELISTA. Anche prima, mi ricordo.
PRESIDENTE. E questi rapporti che si sono tenuti prima, con chi li avete intrattenuti? Le preciso che mi riferisco sempre al traffico di rifiuti.
ANTONIO EVANGELISTA. Per quanto riguarda il traffico di rifiuti, se lei si riferisce al «prima», mi ricordo bene Roberto Di Nunzio.
PRESIDENTE. Avete trattato con lui prima di microfonare il Gambaruto?
ANTONIO EVANGELISTA. È venuto lui, addirittura. Aveva telefonato ed è voluto venire in procura e il GIP - all'epoca il dottor Lari - aveva avvisato la procura, che aveva interessato noi, per contattarlo ed acquisire materiale, che poi era tutto materiale fondamentalmente giornalistico...
PRESIDENTE. Cioè, era lui che vi portava il materiale, in pratica?
ANTONIO EVANGELISTA. Sì, lui ci aveva portato...
PRESIDENTE. E perché scelse Asti?
ANTONIO EVANGELISTA. Perché ad Asti - però qui torniamo indietro...
PRESIDENTE. Sì, torniamo pure indietro.
ANTONIO EVANGELISTA. Era dopo l'inchiesta di Pitelli. Il giornalista Di Nunzio si inserisce all'indomani degli arresti compiuti a seguito dell'inchiesta sul traffico di rifiuti che porterà a Pitelli (e quindi sarà passata a La Spezia). La cosa va sui giornali, lui la legge, si interessa (erano diversi anni che seguiva il traffico di rifiuti) e ci sono stati dei colloqui - più di uno - prima di questa inchiesta.
PRESIDENTE. Con voi o con la procura?
PRESIDENTE. Con lei come sezione di polizia?
ANTONIO EVANGELISTA. Con me è stato proprio sentito, il Di Nunzio.
ANTONIO EVANGELISTA. Da me e credo anche da Gianni, in alcune occasioni.
ANTONIO EVANGELISTA. Gianni De Podestà. Lo abbiamo sentito insieme.
PRESIDENTE. Come polizia, diciamo.
ANTONIO EVANGELISTA. Sì, come polizia.
PRESIDENTE. Questa firma (Mostra un documento) è la sua?
ANTONIO EVANGELISTA. No, quest'altra firma è la mia.
PRESIDENTE. Dunque, lei sente Di Nunzio, esattamente il 10 gennaio 1997, il quale dichiara quanto segue: «Confermo quanto riferito in data 9 novembre 1996». Ripeto, il verbale è del 10 gennaio 1997 ma - sarà forse una coincidenza, comunque adesso lei ce la spiegherà - sappiamo che l'incontro tra Scaglione e Brambilla si verifica il 7 novembre 1996, prima della microfonatura di Gambaruto.
Dunque, abbiamo prima l'incontro tra Scaglione e Brambilla, poi la microfonatura e nell'intermezzo (il 9 novembre) abbiamo le dichiarazioni.
ANTONIO EVANGELISTA. Non è una coincidenza.
PRESIDENTE. Appunto. Lo so che non è una coincidenza.
PRESIDENTE. Vuole che chiudiamo il collegamento con il circuito stampa?
ANTONIO EVANGELISTA. No, vorrei semplicemente bere.
PRESIDENTE. Prego, faccia pure.
ANTONIO EVANGELISTA. Non è che glielo dico a memoria, glielo dico per deduzione logica: il Di Nunzio lo avevo già trattato...
PRESIDENTE. Di Nunzio è stato la scintilla, praticamente. È così?
ANTONIO EVANGELISTA. Io sapevo che Di Nunzio aveva documentato un'attività sul traffico di rifiuti, che era stata considerevole e notevole. E aveva fatto delle dichiarazioni che - a suo dire -si intersecavano sulla vicenda Alpi. Quindi, quando abbiamo avuto questo input, che passando da Milano è venuto ad Asti, ci siamo detti «sentiamo subito Di Nunzio e vediamo se le due cose possono riscontrarsi l'una con l'altra»...
PRESIDENTE. Come sarebbe a dire «passando da Milano è venuto ad Asti»? Mi spieghi, non ho capito.
ANTONIO EVANGELISTA. Ho detto che c'erano Brambilla e Bellotto, che poi indirizzano a Gambaruto.
PRESIDENTE. Adesso si ricorda, allora! Quindi, Gambaruto è il terzo, diciamo.
ANTONIO EVANGELISTA. Sì, direi che è il terzo. O è il terzo o è il secondo. Bellotto non mi ricordo che ruolo avesse. Brambilla era un imprenditore.
PRESIDENTE. Quindi, a Gambaruto ci si arriva attraverso l'uno o l'altro, o attraverso entrambi.
ANTONIO EVANGELISTA. Quando microfoniamo Gambaruto, avevo già la memoria del materiale - me l'ero letto, me l'ero studiato - che mi aveva portato Di Nunzio. Quindi, quando facciamo la trascrizione e cominciamo a vedere di nuovo la Somalia, di nuovo i traffici, di nuovo i
rifiuti, ci diciamo: «Le cose si riscontrano l'una con l'altra, chiamiamo quest'uomo (il Di Nunzio), facciamo un verbale come si deve, stavolta, e acquisiamolo agli atti». Quindi, non è una coincidenza ma c'è stata una strategia investigativa.
PRESIDENTE. Ricapitolando, i passaggi sono questi: c'è un procedimento, che poi andrà a La Spezia; in esito alle consapevolezze pubbliche di tale procedimento, si presenta il giornalista Di Nunzio, che vi scarica un'ira di Dio di carte.
ANTONIO EVANGELISTA. Sì, aveva portato un sacco di carte, aveva portato delle cassette registrate...
ANTONIO EVANGELISTA. Forse una cassetta, proprio, della Alpi.
PRESIDENTE. La cassetta della Alpi: non poteva mancare!
ANTONIO EVANGELISTA. Una cassetta registrata con Rizzuto.
PRESIDENTE. Insomma, porta tutte queste cose e ve le lascia lì?
PRESIDENTE. E voi non fate un verbale?
ANTONIO EVANGELISTA. In prima battuta, no, anche perché dovevamo leggere la documentazione: erano due-trecento fogli di carta.
PRESIDENTE. Benissimo. Fatto questo, viene fuori Brambilla?
ANTONIO EVANGELISTA. Sì, diciamo che abbiamo messo agli atti tutta la vicenda Di Nunzio, poi succede la vicenda Brambilla.
PRESIDENTE. E quando viene fuori la vicenda Brambilla, vi rendete conto che si tratta delle stesse cose che vengono fuori dal Di Nunzio. Allora, a quel punto, vi dite: dobbiamo formalizzare la situazione. Esatto?
PRESIDENTE. Ed ecco perché c'è il verbale, che lei ha firmato...
ANTONIO EVANGELISTA. Assolutamente.
PRESIDENTE. ... ed è del 10 gennaio 1997, in cui è scritto «Confermo quanto riferito. In realtà, significa «riferito informalmente».
ANTONIO EVANGELISTA. Esattamente. Si riferisce a quando lui aveva depositato quei documenti. Anche perché, in prima battuta, era venuto a descrivere un panorama che era così ampio che non si capiva se fosse più fantascientifico o fantapolitico, per cui ci siamo detti «cominciamo a prendere queste carte, ce le leggiamo, ce le studiamo, poi valutiamo». Intanto, però, ci capita la vicenda...
PRESIDENTE. Ma guarda un po'! Arriva Brambilla e Brambilla porta a Gambaruto.
E questo Rizzuto chi sarebbe?
ANTONIO EVANGELISTA. Rizzuto è - o era; all'epoca era già anzianotto - un avvocato esperto in diritto marittimo, che era stato più volte sentito (le dico quello che ricordo, sulla base della lettura delle carte che mi aveva portato Di Nunzio); credo che siamo anche andati a sentire Rizzuto a La Spezia, anzi a Genova. Comunque, era un avvocato specializzato in diritto marittimo ed era addentro a queste vicende di rifiuti, tanto da essere salito alla ribalta della cronaca per le navi dei veleni (e qui andiamo indietro negli anni ottanta). Dunque, abbiamo voluto sentire anche il Rizzuto, a riscontro sia della documentazione sia delle dichiarazioni del Di Nunzio. Anche lì, abbiamo preso questo
pezzetto di carta, questo verbale e abbiamo cominciato a mettere foglietto su foglietto.
PRESIDENTE. Cosa c'entrava Rizzuto con le navi dei veleni?
ANTONIO EVANGELISTA. Rizzuto era il difensore del capitano di una di queste navi, che era stata fermata...
PRESIDENTE. Già veniva fuori la Jolly Rosso?
ANTONIO EVANGELISTA. Non saprei dire quale fosse il nome, tante erano le navi dei veleni. La Jolly Rosso sicuramente era una di quelle, però non saprei dirle se fosse quella della difesa di Rizzuto.
In buona sostanza, in quel periodo tali navi giravano il Mediterraneo e altrove e nessuno le voleva. Questa nave attracca, il capitano non vuole scendere e chiama Rizzuto; e questi fa il suo lavoro, cioè fa l'avvocato...
PRESIDENTE. Insomma, a far scoccare la scintilla della vicenda è, praticamente, il materiale giornalistico del Di Nunzio.
Prima che venisse fuori il procedimento nato dal colloquio tra Gambaruto e Scaglione, con quali altri giornalisti avete avuto contatti, come investigatori, sempre con riferimento al tema dei rifiuti?
ANTONIO EVANGELISTA. Il Di Nunzio le dico per certo che era prima di quella vicenda. Adesso, non saprei dirle se questi che vado a nominare erano prima o dopo. Sicuramente abbiamo avuto contatti con Torrealta, abbiamo avuto contatti con Chiara, con Scalettari, però questi li collocherei dopo la microfonatura di Gambaruto.
PRESIDENTE. Di Stefano l'ha mai conosciuto?
ANTONIO EVANGELISTA. Sì, anche Di Stefano.
PRESIDENTE. Lo colloca prima o dopo?
ANTONIO EVANGELISTA. Prima, in quanto questo gruppo di collaboratori esterni - i due giornalisti di Famiglia Cristiana e Torrealta - li fisso, a livello di memoria, nella seconda inchiesta.
PRESIDENTE. Quindi, lei collocherebbe dopo Maurizio Torrealta?
ANTONIO EVANGELISTA. Maurizio Torrealta, Chiara e Scalettari.
PRESIDENTE. Ha mai conosciuto Barbara Carazzolo?
ANTONIO EVANGELISTA. Sì, l'ho conosciuta, ma l'ho incontrata forse una volta ed ero già uscito dall'inchiesta, perché ero a Roma alla scuola ufficiali.
PRESIDENTE. Ha mai conosciuto Luigi Grimaldi, un giornalista di Udine, uno grassoccio, basso?
ANTONIO EVANGELISTA. No, conosco un Grimaldi, ma è tutt'altra persona.
PRESIDENTE. Che tipo di rapporto ha intrattenuto con questi giornalisti? Torrealta è un giornalista della televisione, non della carta stampata.
ANTONIO EVANGELISTA. A quel punto abbiamo cercato di acquisire tutto il materiale che, direttamente o indirettamente, potesse riscontrare o avvalorare questa ipotesi di traffico di rifiuti, che a quel punto sapevamo essere destinati in Somalia.
PRESIDENTE. Materiale giornalistico che avvalora un'inchiesta?
ANTONIO EVANGELISTA. Il termine «avvalorare» è improprio; spiegava un po', perché questi giornalisti in passato avevano trattato il caso di Ilaria Alpi, dei traffici. All'epoca forse non si parlava ancora di traffici di rifiuti, perché all'inizio
erano altre le tesi; il traffico dei rifiuti forse viene fuori come tesi proprio dalla nostra inchiesta.
PRESIDENTE. Noi abbiamo notato un distacco temporale tra il momento in cui svolgete le prime attività investigative su questi filoni ed il momento in cui iniziate le intercettazioni telefoniche sull'utenza di Scaglione. In particolare, risulta che le investigazioni cominciano tra il 1996 ed il 1997, mentre le intercettazioni vengono installate tra la primavera e l'estate del 1997. Siccome credo sia regola elementare che l'intercettazione telefonica prima si faccia meglio è, le chiedo come mai sia passato tutto questo tempo. Che avete fatto nel frattempo?
ANTONIO EVANGELISTA. L'ipotesi investigativa, come le dicevo prima, per me era assolutamente nuova. Lo scenario non era ampio, ma di più, perché era un'investigazione che come ipotesi di partenza doveva essere per disastro ambientale, perché all'epoca c'era ancora la vecchia normativa. Quindi, o riuscivamo ad argomentare l'ipotesi di un disastro ambientale o non potevamo chiedere intercettazioni di sorta, perché sarebbe stata un'ipotesi contravvenzionale.
Quindi, abbiamo detto: prima di arrivare a fare un richiesta cerchiamo di fare in modo che questa richiesta di intercettazioni sia solida, cerchiamo di sapere cosa dobbiamo intercettare, chi, come, quando, dove e perché. Pertanto, sulla vicenda di questi incontri abbiamo cominciato a raccogliere informazioni, a richiedere riscontri alla questura di Alessandria e quant'altro, tant'è che, ad esempio, ricordo che uno dei telefoni che sono stati intercettati per primi era il telefono dell'AICI, un'associazione in cui lavorava Scaglione. Questa AICI viene da richieste di informazioni che io nel frattempo avevo fatto alla questura di Alessandria.
Abbiamo cercato di mettere insieme - tra virgolette - del materiale spendibile per la richiesta di intercettazione alla quale noi guardavamo e c'è voluto del tempo. Abbiamo individuato i soggetti che potenzialmente dovevano essere investigati, abbiamo chiesto le informazioni, abbiamo messo su un'ipotesi investigativa che doveva per forza essere quella del disastro ambientale o di un'associazione a delinquere, e questo secondo me spiega il lasso di tempo che è intercorso.
PRESIDENTE. Ci sono registrazioni che riguardano conversazioni tra somali: se ne dà conto nell'informativa, firmata da lei, del 3 marzo 1998. Questo aspetto delle conversazioni tra somali è molto interessante, anche perché forse - mi dica se sbaglio - ci porta nel bel mezzo del problema delle fonti.
PRESIDENTE. Adesso lei però ci deve svelare le fonti. Come nasce questa inchiesta?
ANTONIO EVANGELISTA. Vuole sapere come finiamo sui telefoni somali?
PRESIDENTE. Vogliamo sapere come finite sui telefoni somali e chi vi ci porta: presumibilmente una fonte confidenziale, e noi vorremmo sapere chi è.
ANTONIO EVANGELISTA. No, almeno non necessariamente da parte mia.
PRESIDENTE. Prima di tutto le domando: voi avevate rapporti con la questura di Udine?
PRESIDENTE. Mai avuto rapporti con la questura di Udine?
ANTONIO EVANGELISTA. Io no. Quando dico «io», intendo la sezione di PG.
PRESIDENTE. Lei sa se alla questura di Asti ci fosse qualche fascicolo aperto su queste vicende di cui stavate trattando?
PRESIDENTE. Andiamo avanti. Se ha bisogno di parlare riservatamente, possiamo chiudere il circuito.
ANTONIO EVANGELISTA. No, non ho problemi di sorta. Ricordo bene questo particolare, perché ad un certo punto, mi sembra su uno dei telefoni assegnati alla forestale di Brescia, venne fuori un colloquio in cui interviene una Faduma di Milano. C'è una telefonata, credo che fosse con Nesi, che era a Livorno, su uno dei telefoni che forse erano già stati messi sotto, della Mib Project di Nesi a Livorno, che è uno dei primi telefoni che vengono messi sotto. Su questo telefono viene fuori un colloquio con questa Faduma a Milano.
Noi andiamo a Milano, cerchiamo di individuare chi è questa Faduma, la localizziamo e la individuiamo come la figlia di Aidid. Sulla base di questo, atteso il tenore della telefonata, mettiamo sotto il telefono. Il primo telefono che viene messo sotto e che si evidenzia per questa particolarità dei colloqui fra somali diventa il telefono della zia di Faduma, Awa, che sta a Roma. È sposata con un certo Zangali e mi sembra che dall'esito finale delle indagini fosse emerso che Zangali era un nostro ufficiale in pensione, che si era sposato con questa Awa, la zia di Faduma.
Questa è l'utenza telefonica di Roma che viene intercettata. Su questa utenza intervengono un numero considerevole di telefonate in italiano e in somalo, perché ovviamente quando Faduma e Awa si parlano lo fanno nella loro lingua. In quel momento acquisiamo, tramite richieste che io ho fatto ai colleghi della Digos di Torino, la figura di Ahmed, che è un somalo che ci ha fatto da interprete, in sostanza. Mi era stato indicato dal dirigente della Digos di Torino; all'epoca io lo contattai dicendo che mi serviva qualcuno che parlasse somalo e che fosse affidabile.
Cominciano, quindi, a venire fuori tutte queste telefonate in cui c'è di tutto e di più. Siccome poi, come le dicevo, verso la fine del 1999 io stavo andando via, ho fatto un'annotazione finale sulle intercettazioni che sono intervenute su questa utenza, l'annotazione del 3 marzo 1998, perché vi era una notevole messe di telefoni, di intercettazioni in italiano e in somalo.
Vi è inoltre un particolare che forse qui è il caso di ricordare: in quel periodo vi era la commissione Gallo che indagava sulla questione delle torture ai somali e si finisce a parlare anche di problematiche che riguardano la commissione Gallo. Si parla di rifiuti, di omicidi, di responsabilità, prevalentemente sempre per bocca di Faduma: Awa era l'altro interlocutore, ma era Faduma che orientava e portava la conversazione.
L'ultimo particolare, ma non meno importante, è che su questa utenza intervengono telefonate di un tale Fortunato, ufficiale dei Servizi, che lavorava con il generale Rajola, all'epoca colonnello. Ricordo che una delle prime vicende era stato il ricovero di un militare somalo presso il Celio; Awa e Faduma avevano chiesto aiuto ed i nostri Servizi di intelligence militare si erano prestati dal punto di vista logistico per accelerare la pratica di quest'uomo che poi, se non sbaglio, è deceduto presso l'ospedale.
PRESIDENTE. Sostanzialmente quali sono state le informazioni, le notizie che avete appreso attraverso queste intercettazioni che riguardavano conversazioni tra somali?
ANTONIO EVANGELISTA. Da queste intercettazioni risulta che sia Faduma che Awa sono al corrente - è detto da loro, perché parliamo di telefonate e non potevamo andare a cercare ulteriori riscontri in Africa - che Marocchino traffica con le sue navi in rifiuti tossici, che il padre di Faduma, nonché la giornalista, sarebbero stati uccisi dai nostri Servizi e, nella fattispecie, in una telefonata viene indicato il generale Rajola, unitamente ad altri generali somali. Quello che si percepisce come sfondo in tutti questi colloqui investigativi è che in Somalia la situazione continua ad essere sempre più instabile, in patria abbiamo la commissione Gallo che sta affrontando la problematica delle torture ed uno dei temi di fondo di queste
conversazioni, soprattutto tra Faduma e Fortunato, è che Faduma cerca di accreditarsi come rappresentante dei somali in Roma ed è molto arrabbiata perché altri invece si spendono come rappresentanti. Non vi è telefonata in cui non ricordi questo al nostro ufficiale dei Servizi, Fortunato, dicendo: questi devono parlare con me, non devono parlare con Tizio o con Caio.
Un'altra telefonata importante che viene fatta su questa utenza riguarda un somalo che credo si fosse presentato alla commissione Gallo o forse era stato intervistato, tale Omar Dirà di Perugia, che aveva fatto delle affermazioni gravi.
PRESIDENTE. Come siete arrivati al telefono di Faduma?
ANTONIO EVANGELISTA. Da una telefonata intercettata sul telefono di Nesi, della Mib project a Livorno, risultava questa Faduma che poi è stata individuata a Milano. Questo è uno dei telefoni che, a livello di intercettazioni, ha dato i maggiori risultati.
Come dicevo, ad un certo punto questo Dirà di Perugia si presenta alla commissione Gallo e fa queste affermazioni gravi, che vengono sconfessate da Faduma, la quale addirittura disconosce la parentela in maniera pubblica, mentre al telefono con la zia dirà poi che lo ha fatto apposta. Infatti, in relazione alla situazione politica in Somalia ed alle varie fazioni, il fratello di Faduma doveva essere spinto politicamente per prendere il Governo del paese. Quindi, in sostanza, quello che si percepisce dalle intercettazioni è: io cerco di dare una mano a loro, ma loro devono dare una mano a me a far salire al governo mio fratello in Somalia. Pertanto, decide pubblicamente di sconfessare e addirittura di disconoscere il grado di parentela che ha con Dirà per poi ammettere non solo la conoscenza e il grado di parentela, ma gli stessi fatti che erano stati riferiti da Dirà, al telefono, in via confidenziale, con Ahada, che io pensavo fosse sempre la zia Awa, invece era un'altra persona, comunque sempre della famiglia. Awa era la moglie di Zangali ed era la zia, mentre questa avrebbe potuto essere magari un'amica, una cugina.
PRESIDENTE. Che tipo di riscontro avete fatto a tutte queste dichiarazioni, ai contenuti di queste intercettazioni?
ANTONIO EVANGELISTA. Sul piano oggettivo i riscontri che si sarebbero dovuti fare, per il luogo in cui si sarebbero dovuti fare o per le persone nei confronti delle quali si sarebbero dovuti fare, erano tali che era quasi impossibile farli. Poi le strategie sono state decise di comune accordo e l'ultima parola ovviamente l'ha detta il procuratore. Abbiamo deciso di continuare a raccogliere più materiale possibile, più intercettazioni possibili, perché tanto in Somalia non ci potevamo andare. Altri riscontri, come operare sui telefoni dell'intelligence militare, erano fuori discussione, per ragioni di segreto.
PRESIDENTE. Quindi, sostanzialmente si è preso atto di queste affermazioni senza fare nessuna ulteriore attività investigativa?
ANTONIO EVANGELISTA. Sostanzialmente sì.
PRESIDENTE. Avete preso contatto con un somalo residente a Padova? Avete mai avuto conoscenza, consapevolezza o contatti in tal senso?
ANTONIO EVANGELISTA. A Padova non lo ricordo. Ricordo che abbiamo organizzato delle intercettazioni ambientali, sul tipo di quelle fatte a Gambaruto, con il nostro interprete e traduttore in Roma, in due o forse tre occasioni, atteso che la comunità somala gravita attorno alla stazione Termini. Questo signore, che in patria aveva rivestito una posizione di rilievo...
PRESIDENTE. Questo vostro traduttore?
PRESIDENTE. Come si chiamava questo traduttore?
ANTONIO EVANGELISTA. Io ricordo che si chiamava Ahmed, ma non ricordo il cognome. Praticamente noi lo microfonavamo - comunque è tutto agli atti e basta acquisirli, perché ha lavorato con noi per un bel po' - e lo portavamo in stazione. Questo è stato l'unico tentativo di riscontro che abbiamo fatto.
PRESIDENTE. Per caso si chiamava Ahmed Mahad?
ANTONIO EVANGELISTA. Non saprei dirlo. Ricordo il nome Ahmed, perché era Ahmed per tutti, anche perché con i loro nomi non avevo molta familiarità.
PRESIDENTE. Dove abitava? A Roma?
ANTONIO EVANGELISTA. No, a Torino. Veniva da Torino e faceva le nostre traduzioni. Quando abbiamo cominciato ad avere indicazioni di questo tipo ci siamo messi attorno ad un tavolo, abbiamo parlato con il procuratore ed abbiamo detto: noi abbiamo questa idea, lo mandiamo a Roma dove c'è questa comunità, lo microfoniamo, lui va, parla e noi registriamo. Sicuramente sono state intercettazioni, sia pure solo ambientali, di riscontro a quello che già veniva fuori da quelle altre intercettazioni.
PRESIDENTE. Che è venuto fuori da queste intercettazioni?
ANTONIO EVANGELISTA. È venuto fuori di nuovo il discorso dei rifiuti, quello delle armi, dell'instabilità politica, dello scarico dei rifiuti in Somalia. Ho cercato di inventarmi dei riscontri, nel senso che abbiamo cercato informazioni ed indicazioni su Internet ed abbiamo trovato siti che però lasciano il tempo che trovano, perché sappiamo che su Internet va di tutto e di più, però in ogni caso, sempre in materia di traffico e di deposito di questi rifiuti, erano indicativi di questa tesi di partenza. Non abbiamo mai trovato strada facendo un indicatore - non chiamiamolo né riscontro né prova - che andasse in senso contrario, neanche su Internet.
PRESIDENTE. Lei ha conosciuto Omar Diini?
PRESIDENTE. Mohamed Ahmed Mohamud, detto Gargallo?
ANTONIO EVANGELISTA. Gargallo era un soprannome che loro usavano per dire uno che mangia... Ricordo che forse era qualcosa di spregevole. C'è un soggetto che era indicato così e credo fosse uno di quelli che erano stati intercettati alla stazione da Ahmed.
PRESIDENTE. A noi risulta che questo Mohamed Ahmed Mohamud, detto Gargallo, è un somalo, che noi abbiamo conosciuto ed abbiamo anche sentito, che viveva a Padova. Era una vostra fonte?
ANTONIO EVANGELISTA. Mia no di sicuro. La nostra attività era questa: sulla base di quello che emergeva, ci siamo inventati questo accertamento perché c'era la disponibilità del somalo che si prestava. Quindi, abbiamo fatto queste due o forse tre ambientali, che comunque sono andate sempre in questa direzione.
PRESIDENTE. Avevate una fonte confidenziale a Genova?
ANTONIO EVANGELISTA. Su questa inchiesta?
PRESIDENTE. O sull'inchiesta parallela.
ANTONIO EVANGELISTA. O precedente. Non ce l'avevo io, ce l'aveva la forestale e poi io l'ho conosciuta.
PRESIDENTE. Ai nostri atti risulta un riscontro ottenuto attraverso una fonte confidenziale della DIA di Genova.
ANTONIO EVANGELISTA. C'era una fonte che noi avevamo soprannominato «Pinocchio», e forse è stato anche verbalizzato come tale. Poi c'erano delle fonti confidenziali, tramite le quali erano stati acquisiti dei documenti, però della DIA di Genova, come ha detto lei.
La DIA di Genova ci trasmette ad un certo punto un documento, con tanto di cartina della Somalia, in cui venivano indicati i siti dello Juba e dello Shebeli, due fiumi. Però quella era una fonte della DIA di Genova e non saprei dire se anche della forestale di Brescia; tendenzialmente direi di sì, era una fonte che forse hanno gestito insieme.
PRESIDENTE. Chi era questa fonte?
ANTONIO EVANGELISTA. Non lo so.
PRESIDENTE. Lei non l'ha mai gestita per conto suo?
PRESIDENTE. Non ha avuto mai nessun contatto?
ANTONIO EVANGELISTA. No, io ho letto quelle carte quando sono arrivate e le ho rilette insieme a Gianni che mi ha spiegato qualcosa, però era un documento che arrivava dalla DIA di Genova.
PRESIDENTE. Nella sua informativa del 16 novembre 1998 risulta: «Un accertamento in questo senso è ulteriormente auspicabile in considerazione della coincidenza, almeno parziale, dei siti di scarico dei rifiuti in Somalia indicati nella nota trasmessa alla signoria vostra» - si riferisce alla procura in sede - «dalla DIA di Genova, Juba e Shebeli».
ANTONIO EVANGELISTA. Juba e Shebeli sono due grossi fiumi che scorrono in Somalia, in cui venivano indicati, credo nella stessa cartina, i siti, i luoghi in cui vi sarebbe stato l'interramento.
PRESIDENTE. Voi avevate questa cartina? Vi era stata mandata?
ANTONIO EVANGELISTA. Sì, dovrei averla con me. Ricordo che era un foglio doppio, questa è una riduzione (Mostra un documento).
PRESIDENTE. Dobbiamo fare le fotocopie.
ANTONIO EVANGELISTA. Se la chiedete ad Asti, ve la daranno in formato doppio.
PRESIDENTE. Intanto ci dia questa.
ANTONIO EVANGELISTA. Il Juba e lo Shebeli sono questi due, mentre questi cerchi indicano i siti. Non so se li abbiano interrati o li abbiano tirati giù dagli aerei.
PRESIDENTE. Questa cos'è invece?
ANTONIO EVANGELISTA. Questa era una cartina geografica che mi ero fatto per cercare di orientarmi, anche per sapere dove erano le città, perché si parlava anche della strada Garoe-Bosaso, dove sarebbero stati interrati.
PRESIDENTE. Prego gli uffici di fare una fotocopia.
CARMEN MOTTA. Presidente quella cartina che cosa indica?
PRESIDENTE. Questa cartina viene trasmessa ad Asti dalla DIA di Genova ed indica i siti nei quali sarebbero stati interrati i rifiuti in Somalia. La DIA di Genova l'avrebbe avuta da una fonte confidenziale che lui non conosce. Noi abbiamo già chiesto stamattina, prima di sentire il commissario, al procuratore Tarditi di mandarci il documento nel formato originale, però non riusciva a trovarla. Quindi, intanto prendiamo questa.
ANTONIO EVANGELISTA. Quella che abbiamo ricevuto era in formato A3, quindi esattamente il doppio.
PRESIDENTE. Come è possibile che Genova mandi questo riscontro?
ANTONIO EVANGELISTA. Perché quando noi eravamo andati a sentire Rizzuto, l'avvocato delle navi dei veleni, per la vicenda dei rifiuti che finivano a La Spezia, avevamo avuto un dialogo investigativo, una piccola cooperazione, un riscontro con la DIA di Genova. Abbiamo continuato a mantenere dei rapporti perché era ragionevole ritenere che dietro al traffico dei rifiuti ci fosse la criminalità organizzata. Quindi, atteso che avevamo questo valido collaboratore, che in più di una occasione ci ha fornito consulenza ed aiuto, li tenevamo aggiornati di quello che facevamo, se stavamo andando avanti sui rifiuti.
ELETTRA DEIANA. Chi era questo valido collaboratore?
ANTONIO EVANGELISTA. Quando dico «valido» intendo che l'organismo della DIA di Genova è qualificato per lavorare sulla criminalità organizzata. Come persone fisiche, all'epoca vi erano il commissario Borrè e il dottor Fascia.
PRESIDENTE. Quindi, avevate raggiunto un obiettivo, perché la cartina con l'indicazione dei tre siti mi pare sia una cosa importante.
ANTONIO EVANGELISTA. Sì, assolutamente.
PRESIDENTE. Avete fatto approfondimenti per capire quali erano le località dove si trovavano con precisione, se ci fosse la possibilità di riscontrare l'effettività di questo interramento e, soprattutto, circa le possibili società con le quali si sarebbe potuto prendere contatto per capire se avessero avuto parte nello svolgimento di questa attività di interramento, che non è poi semplice? Avete svolto accertamenti e approfondimenti?
ANTONIO EVANGELISTA. La cosa ideale sarebbe stata andare lì e scavare per tirare fuori i fusti: quello sarebbe stato il riscontro migliore. Ad un certo punto, noi abbiamo cominciato a vedere quali erano le ditte che avevano operato; avevamo l'indicazione di questa Garoe-Bosaso sulla quale aveva lavorato la ditta Salini.
PRESIDENTE. Avete sentito i dipendenti della Salini, per esempio?
ANTONIO EVANGELISTA. Eccome se li abbiamo sentiti, però ne abbiamo trovato uno solo, perché gli altri un po' erano sparsi e un po' erano morti.
ANTONIO EVANGELISTA. Il risultato è stato per l'ennesima volta positivo ed è il verbale di sommarie informazioni rese da Nichini Piero, il quale non è stato nello specifico a lavorare in Somalia, però indirettamente ha riferito che questa ditta aveva lavorato in Somalia ed ha riferito di questi interramenti di rifiuti, nonché della tacitazione delle famiglie dei locali con cinquanta o centomila lire, perché i rifiuti più pericolosi, a detta di Nichini Piero, venivano fatti interrare direttamente dai locali, che in alcuni casi, a distanza di pochi giorni, decedevano.
PRESIDENTE. Nichini da chi aveva saputo queste cose?
ANTONIO EVANGELISTA. Da un altro operaio come lui. Il nostro gap era che Nichini non aveva lavorato in Somalia. Aveva lavorato in un'altra area africana, però aveva conosciuto operai che avevano lavorato in Somalia.
PRESIDENTE. Tra questi operai c'era un certo Salvatore Oi. Lo avete sentito?
ANTONIO EVANGELISTA. Non siamo riusciti a rintracciarlo. Nichini è stato l'unico operaio che siamo riusciti a rintracciare, finché io sono stato lì.
PRESIDENTE. Quindi è un dichiarante de relato, ma la fonte non l'avete trovata?
ANTONIO EVANGELISTA. L'abbiamo trovata nel senso che abbiamo individuato dove stavano questi operai, ma per lo più erano quasi tutti all'estero, in altre parti del mondo.
ELETTRA DEIANA. Avete sentito il titolare dell'azienda?
ELETTRA DEIANA. Perché non avete sentito il titolare?
ANTONIO EVANGELISTA. Perché gli avrei dovuto chiedere se era andato a scaricare dei bidoni in Africa.
PRESIDENTE. Infatti, proprio questo gli dovevate chiedere.
ELETTRA DEIANA. No, non dico una domanda così brutale.
ANTONIO EVANGELISTA. Il discorso era di tenere l'investigazione sotto terra il più possibile per cercare di avere il miglior ritorno investigativo.
ELETTRA DEIANA. Ma dal momento che il ritorno era un po' ristretto...
PRESIDENTE. Quindi, Salini non è stato sentito. Oi era la fonte delle dichiarazioni di Nichini, che non è mai stato in Somalia. Potevate cercarlo.
ANTONIO EVANGELISTA. Ricordo di aver cercato Oi, ma era fuori dall'Italia, in un altro paese.
PRESIDENTE. Noi abbiamo trovato gente in Finlandia e la portiamo qua.
ANTONIO EVANGELISTA. Ci siamo messi intorno ad un tavolo...
PRESIDENTE. Ma era un tavolo degli spiriti, perché poi non avete fatto niente!
ANTONIO EVANGELISTA. ...e ci siamo chiesti se uscire con questa inchiesta, perché nel frattempo...
PRESIDENTE. Lei aveva elementi di una certa consistenza, perché erano state raccolte dichiarazioni, sia pure in maniera un po' rabberciata, per fonti confidenziali, ma che comunque davano un quadro. Avevate la mappa dei posti in cui erano stati interrati i fusti che, come lei ha detto, proveniva da un organo autorevole come la DIA di Genova, avevate la possibilità di sapere quali erano le società che ci lavoravano e non avete sentito il capo e vi siete fermati.
ANTONIO EVANGELISTA. Il capo lo abbiamo sentito.
ANTONIO EVANGELISTA. No, intendevo il procuratore.
PRESIDENTE. Avevate la possibilità di sentire la fonte principale del dichiarante, che non è stato mai in Somalia. Mi pare che la cosa sia un po' tronca.
ANTONIO EVANGELISTA. Io ho fatto una richiesta. Siccome stavo lasciando l'ufficio, ho raccolto tutto il materiale ed ho indicato al procuratore gli accertamenti ulteriori che secondo me andavano eseguiti. Adesso non ricordo se fossero di questa annotazione.
ELETTRA DEIANA. Vorrei capire perché non è stato sentito il responsabile dei lavori in Somalia.
PRESIDENTE. Perché lui stava andando via.
ELETTRA DEIANA. È scoraggiante.
ANTONIO EVANGELISTA. Se mi è consentito, vorrei fare chiarezza su questo punto.
PRESIDENTE. Lei non c'entra niente, per carità, però in questa inchiesta vi sono intercettazioni consistenti e reiterate, confermate da quelle altre notizie che prendete alla stazione ferroviaria Termini di Roma, avete la mappa, avete una fonte che, sia pure de relato, vi dice che effettivamente l'interramento c'è stato, e vi fermate là?
ANTONIO EVANGELISTA. «Si chiede alla signoria vostra di delegare le seguenti attività di indagine», e faccio un elenco dei riscontri che, secondo me, era opportuno fare.
ANTONIO EVANGELISTA. «Escussione del dottor Mario Lugli, medico di Médecins sans frontièrse, per acquisire eventuali nuovi elementi circa gli studi fatti dal laboratorio di Atlanta sul cosiddetto rift valley fever», perché nel frattempo in Somalia si era diffuso anche questo rumor, che questo virus potesse essere ricollegabile a questo smaltimento; »escussione di Idid Beder Mohamed, dipendente dell'ambasciata di Etiopia «: questo è un soggetto che noi avevamo individuato tramite Internet, che dialogava su un newsgroup riferendo di quello che succedeva in Somalia, che gli animali morivano, le piante cambiavano colore e chiedeva riscontri. Inoltre: «escussione di Giorgi Franco circa una telefonata intervenuta con Roghi, di cui sub 6, escussione di Omar Jahid Dirà circa i cosiddetti altri materiali di cui riferisce nell'intervista al giornalista Torrealta, escussione del carabiniere maresciallo Aloi circa lo scarico in Somalia e il seppellimento di rifiuti e scorie ad opera di Marocchino Giancarlo, escussione di Faduma Aidid circa il contenuto delle dichiarazioni in merito allo scarico di rifiuti in Somalia, come ricavate dalle telefonate intercettate, identificazione di Omar Ado e Mohamed Salad ed escussione degli stessi in merito allo scarico di rifiuti in Somalia, come ricavate dalle registrazioni ambientali eseguite, escussione di Mancino Rosario circa i fatti oggetto dell'articolo giornalistico di cui sub 11», che è un articolo che riferiva di una nave arrivata con l'intero equipaggio morto in Somalia, perquisizione domiciliare presso gli uffici della Salini costruzioni di Roma e sequestro della documentazione relativa ai lavori eseguiti in Somalia, escussione dei dipendenti Nardo Ezio, contabile per la Salini, e Bertoncini Carlo Alberto, operaio specializzato...
PRESIDENTE. E soprattutto di Oi Salvatore.
ANTONIO EVANGELISTA. Non mi posso ricordare tutto, però volevo lasciare la scrivania pulita ed ho cercato di mettere tutto a posto.
PRESIDENTE. Quindi, questo è un testamento che non è stato eseguito. Questa è l'Italia! Tra l'altro, tutto ciò non riguarda soltanto la questione di cui noi ci interessiamo, ma riguardava proprio la vostra inchiesta, anzi la vicenda di Ilaria Alpi poteva essere interessata di striscio.
ANTONIO EVANGELISTA. Era tutto quello che si poteva fare, escluso andare in Somalia e scavare. Secondo me, ci sarebbe stato da fare tutto questo.
PRESIDENTE. Ora lo faremo noi. Invece, sull'omicidio di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin che cosa avete accertato? Quali sono stati gli elementi e le fonti di prova e che cosa avete fatto?
ANTONIO EVANGELISTA. Sull'omicidio dei due giornalisti - lo dico a memoria, perché era un fatto così rilevante - i riscontri vengono dalle intercettazioni che vengono fatte su colloqui tra Marocchino e Roghi e sulle intercettazioni fatte sui colloqui tra Faduma e Fortunato, tra Faduma ed Awa, la zia o altri parenti. Questi sono i telefoni su cui intervengono telefonate che fanno riferimento, in modo più o meno chiaro, all'omicidio dei due giornalisti.
PRESIDENTE. Come arrivate a fare intercettazioni a Marocchino e agli altri?
ANTONIO EVANGELISTA. Perché tramite l'ascolto di un telefono individuavamo gli altri telefoni.
PRESIDENTE. Quindi, viene fuori il riferimento a Marocchino.
ANTONIO EVANGELISTA. Marocchino era già venuto fuori con Scaglione dall'AICI. Ci sono state tre telefonate che ci avevano proprio messo di buon umore, poi zero. Le prime tre telefonate erano state magnifiche.
PRESIDENTE. Certo, voi le mandate a Roma.
ANTONIO EVANGELISTA. Voleva caricare due o tremila fusti.
PRESIDENTE. Però una di queste telefonate l'avete mandata a Roma?
ANTONIO EVANGELISTA. Quelle dell'AICI nell'immediatezza no.
PRESIDENTE. L'intercettazione su Marocchino e su Ilaria Alpi l'avete mandata a Roma.
ANTONIO EVANGELISTA. C'è stata una lettera del procuratore. Adesso non so quale fosse il contenuto, però c'era stata una comunicazione della procura di Asti alla procura di Roma.
Queste intercettazioni si distinguono sostanzialmente, pur riferendosi allo stesso episodio: quelle tra Roghi e Marocchino sono esternazioni di Marocchino che commenta le investigazioni e il processo all'autista della giornalista. Il tenore della conversazione è il seguente: «guarda questi, non capiscono ancora niente, gliel'ho detto dove devono andare a cercare, a trovare i responsabili». Quindi, dal tenore della conversazione la mia considerazione investigativa è che, quantomeno, lui sappia chi sono. Marocchino parla con Roghi e commenta senza eufemismi, in modo dispregiativo, l'attività investigativa.
Invece, per quanto riguarda le intercettazioni tra Faduma e Fortunato, in merito alla situazione politica esistente in Somalia ed alla situazione corrente - la commissione Gallo di cui vi dicevo prima -, c'è una telefonata in cui commenta e si riferisce a Duale, l'avvocato somalo che diceva che Rajola aveva ucciso la Alpi, e Fortunato commenta dicendo: possono dire quello che vogliono, ma non ci sono prove. Vi è poi l'altra telefonata, quella che viene fuori all'indomani delle dichiarazioni, o dell'intervista, di Omar Dirà di Perugia, che sortiscono una smentita ed un disconoscimento pubblico da parte di Faduma nei confronti di Dirà, sia con riferimento alle dichiarazioni che al rapporto di parentela, per essere però poi confermate nell'immediatezza, in un'altra telefonata - a microfoni spenti, per così dire - con una parente quando dice: ho dovuto fare queste dichiarazioni perché mi devono aiutare a fare andare su mio fratello in Somalia, perché c'è questa situazione politica ballerina e, se non mi aiutano, vado io alla commissione Gallo e rendo conto a tutti. Queste sono le intercettazioni più pregnanti con riferimento all'omicidio.
PRESIDENTE. Naturalmente sono rimaste intercettazioni, perché poi non sono stati fatti approfondimenti sulla base dei contenuti.
Con quali autorità di polizia o giudiziarie vi siete interfacciati nello svolgimento di queste indagini? Come organi di polizia con chi avete trattato in Italia?
ANTONIO EVANGELISTA. Abbiamo dialogato con ...
ANTONIO EVANGELISTA. Con Udine io personalmente no. Forse lo ha fatto De Podestà con la forestale. Io come sezione avevo dialogato con Vacchiano, a Vico Equense, ed il procuratore e con la DIA di Genova.
ANTONIO EVANGELISTA. Con Roma intendendo la forestale, perché a quel punto abbiamo cominciato a dialogare anche con la forestale. Questi sono stati gli interlocutori.
PRESIDENTE. Sul ruolo di Marocchino avete fatto qualche proiezione su tutte queste attività illecite che venivano riferite a lui, tra le quali, tutto sommato, anche l'omicidio di Ilaria Alpi, perché alla fine dallo spezzone di intercettazione che lei ha ricordato, viene fuori anche questo? Avete fatto approfondimenti oppure avete ritenuto che non fossero di vostra competenza?
ANTONIO EVANGELISTA. Più che ritenere che non fossero di nostra competenza il problema era che andavano fatti sul posto, tant'è che Marocchino in una delle telefonate - in quel caso l'annotazione la feci di nuovo io - fa riferimento al trafugamento di una cassa di documenti del Ministero degli esteri e, dopo che io avevo messo insieme le telefonate e avevo fatto i riscontri, lo abbiamo indagato.
ANTONIO EVANGELISTA. Forse era addirittura un reato contro la personalità dello Stato, perché era una sottrazione di documenti sensibili. Quello è l'accertamento che io ho ritenuto di fare, alla luce di determinate telefonate e forse anche fax intercettati nei confronti di Marocchino. Infatti, in quel caso viene denunciato solo lui; è una vicenda che nasce anche dalla sua intenzione di pubblicare un libro. Anche queste intercettazioni riguardano discorsi che intercorrono tra Roghi e Marocchino.
PRESIDENTE. Ci risulta la sua presenza ad un verbale di sommarie informazioni rese al pubblico ministero Romanelli di Milano da Giampiero Sebri. Come mai lei fu presente a questo interrogatorio?
ANTONIO EVANGELISTA. Perché avevo parlato con l'ispettore De Podestà ed era verosimile che da queste dichiarazioni, che lui mi aveva indicato a livello intuitivo, potessero venire riscontri per l'inchiesta che era radicata su Asti, tant'è che poi io ho mandato le annotazioni anche a Milano, perché anche sul procedimento successivo instaurato a Milano, a parte Sebri, vi sono altri riscontri che riguardano la vicenda dell'omicidio dei giornalisti.
Romanelli forse l'ho visto solo in quell'occasione, però Gianni mi diceva come andavano avanti le cose perché nel contempo faceva anche l'inchiesta su Milano con Romanelli. Quando mi aggiornava dicendo che anche di là si andava avanti, io ad un certo punto ho cominciato a fare le annotazioni, d'intesa e su autorizzazione del procuratore, che venivano mandate anche a Milano.
PRESIDENTE. Che riscontro avete avuto o che corrispondenze avete avuto tra la vostra indagine e le dichiarazioni che Sebri rendeva?
ANTONIO EVANGELISTA. C'erano stati alcuni riscontri. Io ricordo alcuni verbali resi da Sebri che Gianni mi aveva fatto leggere, in cui si parlava di incontri fatti su Roma con ambienti che credo fossero sempre dei Servizi. Anche lì veniva fuori la vicenda della giornalista che doveva essere allontanata, eliminata, c'erano indicazioni di questo tipo.
PRESIDENTE. Avete fatto una comparazione tra le vostre dichiarazioni e quelle che ha reso Sebri?
ANTONIO EVANGELISTA. No, io mi sono preoccupato di trasmettere le mie annotazioni.
PRESIDENTE. Però si è fermato lì. Con un altro magistrato, il dottor Neri di Reggio Calabria, avete avuto rapporti?
PRESIDENTE. Con il dottor Paci?
ANTONIO EVANGELISTA. Con il dottor Paci ho avuto solo rapporti telefonici, ma che non hanno niente a che vedere con questa inchiesta. Ho cercato di organizzare delle conferenze, ma non c'entrano nulla.
PRESIDENTE. Non essendovi altre domande da parte dei colleghi, ringraziamo Antonio Evangelista. Dichiaro concluso l'esame testimoniale.
La seduta termina all'1 di giovedì 14 luglio 2005.
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