XIV LEGISLATURA
RELAZIONE - N. 3089 - 1407-A
Onorevoli Colleghi! - Il disegno di legge C. 3089,
d'iniziativa governativa, approvato in prima lettura dalla
Commissione agricoltura del Senato in sede deliberante, reca
misure urgenti a tutela della bufala mediterranea italiana. Al
disegno di legge è stata abbinata la proposta di legge C.
1407, recante disposizioni in materia di riconoscimento e
tutela della carne bufalina italiana.
Ricordo anzitutto che una disciplina pressoché identica a
quella dettata dall'articolo 1, commi 1-3, del disegno di
legge era contenuta nell'articolo 3-ter del disegno di
legge di conversione del decreto-legge n. 4 del 2002
("Disposizioni urgenti finalizzate a superare lo stato di
crisi per il settore zootecnico, per la pesca e per
l'agricoltura"), come approvato dai due rami del Parlamento
(C. 2516), oggetto del rinvio da parte del Presidente della
Repubblica (doc. I, n. 1).
L'articolo 1, comma 1, definisce la bufala mediterranea
italiana patrimonio zootecnico nazionale; in quanto tale essa
deve essere tutelata dall'immissione fuori controllo di capi
stranieri, in modo da salvaguardare le caratteristiche
genetiche della razza. In proposito, ricordo che il Ministero
delle politiche agricole e forestali ha approvato, a marzo
2002, il bilancio di previsione dell'Associazione nazionale
allevatori della specie bufalina, nel quale è previsto un
impegno di spesa per oltre 492 mila euro, di cui 107 mila e
700 da destinarsi alla attività di ricerca nel campo delle
valutazioni genetiche. Dal 1999 al 2001 l'Associazione ha già
investito 61 mila e 200 euro per attività connesse alla
selezione dalla razza bufalina mediterranea. Nel 2002 il
bilancio dell'Associazione è cresciuto nel complesso del 35
per cento e vede, rispetto al 2001, il sostanziale raddoppio
della voce di spesa dedicata alle valutazioni genetiche.
L'obiettivo sembra quello di selezionare i capi in base alla
maggiore resa in termini di mozzarella prodotta dal latte dei
capi in lattazione; la selezione del bestiame avviene
utilizzando un modello matematico che tiene conto delle
principali caratteristiche del latte bufalino: tenore di
grassi e proteine, resa in mozzarella.
Il comma 1 prosegue affermando che il patrimonio bufalino
italiano deve essere tutelato nei confronti di tutte le
patologie infettive ed infestive, attraverso la
predisposizione di piani di profilassi per la prevenzione e
l'eradicazione delle malattie a carattere diffusivo.
Il comma 2 consente alla regioni, per un periodo di sei
anni, di elaborare, d'intesa con il Ministero della salute, ed
anche in deroga alle normative sanitarie vigenti, piani
straordinari di intervento per il risanamento delle malattie
infettive del patrimonio bufalino. Detti piani possono
includere le vaccinazioni come metodo profilattico. Al
riguardo, ricordo che, in passato, una disciplina derogatoria
temporanea alla normativa di risanamento obbligatorio dalla
brucellosi degli allevamenti bovini e bufalini è stata
adottata con il decreto interministeriale (Ministeri sanità e
agricoltura) 5 febbraio 1991, n. 84. Con tale provvedimento
era infatti stato predisposto uno specifico e distinto piano
di risanamento per gli allevamenti bufalini, in virtù del
quale la macellazione obbligatoria degli animali riconosciuti
sierologicamente positivi poteva essere eseguita gradualmente,
secondo piani aziendali concordati con l'autorità sanitaria
locale. In ogni caso, la macellazione degli animali infetti si
doveva concludere entro i sei anni dal primo controllo
sierologico. Ulteriori disposizioni prevedevano la
possibilità, per le sole vitelle tra i quattro e i sei mesi di
età, di fare ricorso alla vaccinazione, da eseguirsi sotto
controllo ufficiale ed a completamento di altre misure
profilattiche.
Il piano sopra ricordato ha esaurito i suoi effetti nel
1997 e da quella data gli allevamenti bufalini sono
assoggettati alla disciplina recata dal regolamento di cui al
decreto interministeriale 27 agosto 1994, n. 651, concernente
il piano nazionale per la eradicazione della brucellosi negli
allevamenti bovini, in base al quale i bovini in cui la
brucellosi è stata ufficialmente constatata devono essere
immediatamente isolati, e macellati sotto controllo ufficiale
non oltre trenta giorni dalla notifica ufficiale al
proprietario o al detentore (articolo 8). Il piano, inoltre,
vieta (articolo 25) in via generale la vaccinazione,
consentendola, tuttavia, in particolari situazioni
epidemiologiche, e in questo caso assoggettandola a specifiche
autorizzazioni rilasciate dall'autorità regionale, previo
parere conforme della Direzione generale dei servizi
veterinari del Ministero della sanità. Segnalo inoltre che
alcune Regioni hanno adottato programmi regionali per far
fronte a specifiche esigenze del territorio. Ricordo infine
che la Commissione europea delibera il cofinanziamento dei
programmi presentati dai singoli Stati per l'eradicazione e la
sorveglianza delle malattie animali che risultino conformi
agli obiettivi di sanità pubblica e di salute degli animali
stabiliti a livello comunitario.
Il comma 3 specifica che la selezione genetica deve essere
garantita a tutti gli allevamenti bufalini che ne fanno
richiesta, anche nel caso in cui gli stessi siano interessati
dall'applicazione di piani di intervento straordinari per
l'eradicazione delle malattie infettive ed infestive.
Il comma 4 prevede un contributo dello Stato per
l'attuazione dei piani straordinari di intervento da parte
delle regioni, pari ad 1 milione di euro per l'anno 2002, da
ripartire tra le regioni interessate, secondo i criteri
stabiliti dalla Conferenza Stato-regioni.
Il comma 5 reca la copertura finanziaria degli oneri
recati dal provvedimento, stabilendo che le disponibilità,
pari ad 1 milione di euro, saranno rinvenute nel Fondo
speciale, di parte corrente, per l'anno 2002, allo scopo
utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero
dell'economia e delle finanze.
La proposta di legge n. 1407, abbinata al disegno di legge
governativo, persegue la finalità di incentivare il consumo di
carne bufalina, ottenuta dalla macellazione dei capi della
razza mediterranea e nati in Italia, provvedendo nel contempo
a definire il quadro normativo per l'attribuzione della
denominazione di "carne bufalina italiana".
Più precisamente, gli articoli 1-3 sembrano volti ad
approvare un riconoscimento di denominazione d'origine di
portata nazionale, che attribuirebbe la denominazione carne
bufalina italiana alle carni che provengano da capi, maschi o
femmine, appartenenti alla razza mediterranea, siano nati sul
territorio italiano, macellati in una età compresa fra uno e
dodici anni. I capi devono essere allevati allo stato
selvatico, brado, semibrado, in aree recintate (paddok),
o anche in stalle da ingrasso e nell'alimentazione dei capi
stessi non devono essere utilizzati in nessun caso prodotti di
origine animale, né sostanze ormoniche, antibiotici auxinici e
sostanze assimilabili.
Disposizioni particolari, volte ad assicurare il benessere
animale, sono dettate con l'articolo 4 che regola il trasporto
dei capi. Ribadito che il trasporto deve avvenire nel pieno
rispetto delle disposizioni attualmente in vigore in materia,
la proposta di legge richiede anche il rispetto dei seguenti
ulteriori requisiti:
gli automezzi utilizzati debbono ottenere
l'autorizzazione del consorzio volontario dei produttori della
carne, costituito sulla base delle disposizioni recate dal
successivo articolo 12 della proposta;
nel caso di trasporto di animali vivi è fatto divieto di
coprire una distanza che superi i 300 chilometri
giornalieri;
è stabilito il limite massimo di 10 ore tra il carico e
lo scarico degli animali vivi sui mezzi di trasporto.
Con l'articolo 5 viene ribadito che per le operazioni di
macellazione ci si deve avvalere esclusivamente di impianti
muniti dell'autorizzazione veterinaria, ai sensi delle
disposizioni comunitarie.
La proposta di legge richiede con l'articolo 6 che vengano
soddisfatti i seguenti adempimenti da parte dell'azienda di
macellazione:
identificazione dei capi con trascrizione in un apposito
registro, di carico e scarico, del numero della marca
auricolare, nonché della stalla di provenienza;
redazione di una carta di identificazione delle
carni.
Con i successivi articoli 7 e 8 sono definite ulteriori
condizioni tendenti a garantire ai consumatori condizioni di
particolare qualità del prodotto carneo. In tale ottica è
richiesto che:
il processo di frollatura avvenga in celle condizionate
quanto a temperatura, umidità e velocità di circolazione
dell'aria;
il tempo di frollatura delle carni non sia inferiore ai
20 giorni per i soggetti anziani e per quelli giovani ma
allevati allo stato selvatico e brado, e a 10 giorni per tutti
gli altri;
il trasporto del prodotto fresco, sia verso i punti
vendita che verso i centri di trasformazione, avvenga
necessariamente in automezzi frigoriferi.
Gli articoli 9-11 sono fondamentalmente volti ad
attribuire il riconoscimento comunitario di una denominazione
protetta al prodotto "carne bufalina italiana". L'articolo 9
richiede l'attivazione dello Stato e delle regioni per il
riconoscimento di cui ai regolamenti n. 2081 e 2082 del 1992;
l'avvio delle procedure per il riconoscimento è posto in
relazione con l'inerzia da parte dei soggetti a ciò
legittimati. Il successivo articolo 10 impone inoltre, allo
stesso dicastero agricolo, entro il termine di quarantacinque
giorni dalla entrata in vigore della legge, di promuovere le
procedure necessarie affinché la denominazione "carne bufalina
italiana" sia registrata come attestazione comunitaria di
specificità.
L'articolo 11 attribuisce infine al Ministero per le
politiche agricole, in collaborazione con le regioni
interessate (vedi nota 4) la vigilanza sull'applicazione delle
disposizioni della legge. Il medesimo disposto precisa che le
norme dalla stessa recate vanno intese come disciplinare ai
sensi dell'articolo 4 del Regolamento n. 2081.
L'articolo 12 stabilisce che il Ministero delle politiche
agricole e forestali, in collaborazione con le regioni
Campania, Puglia, Lazio, Toscana e Friuli-Venezia Giulia,
possono avvalersi, nell'esercitare i controlli sulla
trasformazione e sulla commercializzazione della carne
bufalina, dell'attività svolta da un consorzio volontario di
produttori. Si richiede che tale consorzio volontario:
abbia come soci almeno un numero di produttori pari a
venti, che svolgano attività di allevamento della bufala
italiana da un periodo di tempo non inferiore a 10 anni;
sia regolato da uno statuto, che, tra le disposizioni,
consenta a qualsiasi produttore di carne bufalina italiana
l'accesso al Consorzio;
abbia i requisiti strutturali e finanziari che
consentano un efficace svolgimento dei compiti di vigilanza
affidategli.
Secondo l'articolo 13, il Consorzio può avvalersi di un
proprio contrassegno che contraddistingua la
commercializzazione della carne bufalina italiana; tale
contrassegno dovrà essere approvato preventivamente dal
Ministero delle politiche agricole e forestale, previo parere
obbligatorio e vincolante delle regioni Campania, Puglia,
Lazio, Toscana e Friuli-Venezia Giulia. Il contrassegno dovrà
servire a provare che sul prodotto commercializzato è stata
svolta la prescritta attività di vigilanza.
Ai sensi dell'articolo 14, il Consorzio è ente senza fini
di lucro, sottoposto alla vigilanza del Ministero delle
politiche agricole e forestali, e con la collaborazione delle
regioni prima richiamate; l'incarico di vigilanza potrà essere
revocato nel caso in cui si verifichi un irregolare
funzionamento del consorzio.
Infine, l'articolo 15 attribuisce ai funzionari del
consorzio incaricati dell'attività di vigilanza, la qualifica
di agenti di polizia giudiziaria.
La Commissione, dopo aver adottato come testo base quello
del disegno di legge governativo, già approvato dal Senato,
ha, in un primo momento, lasciato inalterato tale testo,
inviandolo al parere delle Commissioni cui esso è stato
assegnato in sede consultiva.
Hanno espresso i relativi pareri:
la I Commissione (affari costituzionali), che ha
espresso parere favorevole con un'osservazione, nella quale,
con invita a "precisare in modo più puntuale le norme
sottoposte a deroga, nel rispetto della normativa
comunitaria";
la II Commissione (giustizia), che ha espresso il
proprio nulla osta;
la V Commissione (bilancio), che ha espresso parere
favorevole, "nel presupposto che il provvedimento entri
definitivamente in vigore entro il 31 dicembre 2002";
la X Commissione (attività produttive), che ha espresso
il proprio nulla osta;
la XII Commissione (affari sociali), che ha espresso
parere favorevole con una condizione, nella quale chiede che
all'articolo 1, comma 2, siano soppresse le parole: "anche in
deroga, fino ad un massimo di sei anni, alle normative vigenti
di riferimento, utilizzando anche le vaccinazioni come metodo
profilattico";
infine, la XIV Commissione (politiche dell'Unione
europea), che ha espresso parere favorevole con due
osservazioni, relative una all'esigenza di evitare che sia
pregiudicato il principio di libera circolazione all'interno
dell'Unione europea, e l'altra all'opportunità di prevedere
che i piani straordinari di intervento, previsti dall'articolo
1, comma 2, siano previamente comunicati alla Commissione
delle Comunità europee.
Allo scopo di recepire le indicazioni, relative
dall'articolo 1, comma 2, formulate nella condizione contenuta
nel parere della XII Commissione - vincolante per la
Commissione, ove questa avesse proseguito l'esame chiedendo il
trasferimento in sede legislativa - e evidenziate anche nelle
osservazioni contenute nei pareri delle Commissioni I e XIV,
la Commissione, nella seduta dell'11 dicembre 2002, ha
modificato il testo del provvedimento esattamente nel senso
suggerito dalla XII Commissione, licenziandolo quindi per
l'Assemblea. E ciò anche in considerazione della necessità -
sottolineata nel parere espresso dalla V Commissione - di
assicurare l'approvazione del provvedimento entro il 31
dicembre 2002, allo scopo di consentire l'utilizzo del Fondo
speciale di parte corrente iscritto nel bilancio di
quest'anno.
RICCIUTI, Relatore.