XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 2033




        Onorevoli Deputati! - L'articolo 1 è relativo all'armonizzazione del trattamento economico dei dipendenti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, in quanto gli stessi, provenendo da amministrazioni diverse, hanno un trattamento economico caratterizzato da un notevole divario, a parità di qualifica e di anzianità.
        La somma prevista è destinata ad integrare lo stanziamento già iscritto in bilancio ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della legge 23 marzo 2001, n. 93, per l'anno 2002.
        Con l'articolo 2 si provvede a potenziare di 229 unità, in posizione soprannumeraria rispetto alla forza organica dell'Arma, l'organico del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente.
        Infatti, le crescenti emergenze nella tutela dell'ambiente e del territorio, correlate al traffico internazionale di rifiuti ed alle condotte illecite poste in essere dalle organizzazioni criminali, postulano l'aumento della capacità operativa del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente.
        L'articolo 3, in vista della ratifica del Protocollo di Kyoto che dovrebbe completarsi nel 2002, prevede che venga rafforzato il ruolo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio nell'azione già svolta di raccordo e di sollecitazione per l'adozione di adeguate politiche di contenimento delle emissioni di gas climalteranti.
        A tal fine viene autorizzata la spesa di 1.033.000 euro per l'anno 2002 e di 1.953.000 euro annui a decorrere dall'esercizio finanziario 2003, che consentirà di attivare le competenze tecniche indispensabili per poter svolgere il necessario ruolo di supporto.
        L'articolo 4 trova le sue motivazioni nel fatto che le procedure di valutazione dell'impatto ambientale (VIA), operanti tuttora in un quadro normativo incompleto dal punto di vista del recepimento delle direttive comunitarie, pur avendo raggiunto nel tempo un grado notevole di sistematicità ed efficienza, necessitano di risolvere compiutamente la funzione di vigilanza (articolo 6, comma 6, della legge n. 349 del 1986). Tutto ciò ai fini dell'ottemperanza alle prescrizioni previste dai decreti di compatibilità ambientale durante le fasi di realizzazione delle opere e di monitoraggio ambientale dei loro effetti di breve-medio periodo. La questione si pone con particolare rilevanza per talune categorie di opere infrastrutturali (tipicamente strade e ferrovie, ma anche taluni bacini idrici, taluni elettrodotti, talune opere portuali, eccetera) per le quali la fase di cantiere risulta particolarmente esposta al rischio di impatti ambientali di vario genere, difficilmente prevedibili in sede di progettazione. La previsione circa la sottoposizione o meno all'osservatorio ambientale deve essere prevista, in relazione alla complessità dell'opera e alla delicatezza del contesto ambientale, nell'apparato prescrittivo del relativo decreto interministeriale di compatibilità ambientale.
        Lo strumento per esercitare tale funzione, sperimentato sulla base di accordi procedimentali nella realizzazione di talune tratte di linee ferroviarie è, appunto, l'osservatorio ambientale, al quale è affidata la verifica del rispetto delle prescrizioni VIA, nonché la soluzione, in senso ambientalmente compatibile, dei problemi ambientali imprevisti e il monitoraggio degli effetti ambientali nella delicata fase della realizzazione delle opere.
        La lettera a) del comma 1 dell'articolo 4, prevede l'istituzione di osservatori ambientali, le cui modalità di organizzazione e funzionamento saranno stabilite da un apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e finanze. Gli osservatori ambientali saranno supportati per le funzioni operative e di verifica, nonché per le attività di raccolta e diffusione delle informazioni dal sistema delle agenzie ambientali (ANPA e ARPA) e da soggetti pubblici e privati di idonea qualificazione (università, istituti scientifici ed enti di ricerca, eccetera).
        La lettera b) del medesimo comma 1 dell'articolo 4 prevede il finanziamento per il complesso di attività previste dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, che recepisce parzialmente la direttiva 96/61/CE, denominata "IPPC" relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento. La legge 23 marzo 2001, n. 93, ha previsto, infatti, l'autorizzazione alla spesa di lire 2.000 milioni per l'anno 2001, ma la complessità dei compiti nazionali e di coordinamento delle attività richiede di rendere permanente a decorrere dal 2002 il finanziamento già previsto.
        Accanto all'applicazione della direttiva IPPC, anche le procedure di VIA richiedono, allo stato delle cose, approfondimenti teorici e studi metodologici. Il collegamento sistemico delle procedure VIA alla valutazione ambientale dei piani e programmi (VAS) e alla certificazione ambientale (EMAS-Ecolabel), che rappresentano gli altri due strumenti fondamentali del processo di valutazione, dovrà consentire il superamento delle formule comando-controllo a favore di più moderne formule basate sull'adesione volontaria agli obiettivi di miglioramento ambientale. Anche in questo caso occorre sviluppare approfondimenti teorici e sperimentazioni pratiche.
        Infine, l'articolo 4 prevede il finanziamento per la valutazione dei rischi ambientali di sostanze chimiche pericolose, fitofarmaci e biocidi e organismi geneticamente modificati (OGM).
        Le norme comunitarie che regolamentano l'immissione sul mercato di prodotti chimici pericolosi e OGM prevedono, infatti, specifiche attività di valutazione dei rischi ambientali, oltre che sanitari, dei prodotti destinati ad essere immessi in commercio.
        Le direttive attualmente in vigore, già recepite nell'ordinamento legislativo nazionale, pongono a carico delle imprese l'obbligo di documentare per ciascun prodotto, mediante la presentazione di dati sperimentali, l'assenza di rischi ambientali significativi e, analogamente a quanto previsto in altri settori (ad esempio, nel campo dei farmaci per uso umano), le stesse norme comunitarie assegnano alle autorità nazionali il compito di valutare i dati forniti ed assumere le conseguenti decisioni (autorizzazione dei prodotti, restrizioni, divieti).
        La crescente mole di attività assegnate alle autorità nazionali non è stata però accompagnata, nel nostro Paese, dal potenziamento o dalla creazione di strutture adeguate ai nuovi compiti di natura tecnico-scientifica connessi alle attività di valutazione del rischio.
        Poiché il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio partecipa direttamente alle attività di valutazione dell'autorità competente e condivide con altre amministrazioni la responsabilità delle decisioni in materia di autorizzazione dei prodotti, è necessario disporre di un adeguato supporto tecnico-scientifico che garantisca una incisiva ed equilibrata presenza del Ministero nelle sedi istituzionali di carattere nazionale e comunitario.
        L'articolo 5 prevede il trasferimento dei compiti e delle risorse dell'Istituto centrale per la ricerca applicata al mare (ICRAM) all'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT).
        L'articolo 6 autorizza la spesa di 3.437.000 euro per l'esercizio finanziario 2002 e di 4.208.000 euro a decorrere dall'esercizio finanziario 2003 per l'attuazione di un programma di comunicazione ambientale. Il programma ha lo scopo di conseguire come obiettivi la informazione e la promozione di programmi diretti a valorizzare l'educazione ambientale, il coordinamento con altri programmi ed iniziative provenienti da altri enti ed istituzioni, sempre nel settore ambientale ed il rilancio della tutela dell'ambiente attraverso la formazione, la qualificazione e l'aggiornamento. Per l'attuazione del programma, nonché per provvedere al controllo delle emissioni inquinanti di cui all'articolo 3, è prevista l'istituzione di un comitato di esperti.
        L'articolo 7 dispone una deroga a quanto disposto dagli articoli 6, 15 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203. La deroga è finalizzata ad applicare, relativamente alle emissioni in atmosfera degli impianti di produzione di vetro artistico situati nell'isola di Murano, i termini previsti per l'adeguamento delle suddette emissioni anche ai nuovi impianti ed a quelli conseguenti a modifica sostanziale o a trasferimento di impianti esistenti, di cui all'articolo 1 del decreto del Ministro dell'ambiente 18 aprile 2000. L'applicazione dei termini viene condizionata alla adesione all'accordo di programma previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera a), del citato decreto del Ministro dell'ambiente e alla comprovata esistenza dell'impianto alla data del 15 novembre 1999. L'articolo prevede, inoltre, che l'esercizio dei predetti impianti è consentito fino al rilascio dell'autorizzazione da parte dell'autorità competente relativamente alla continuazione delle emissioni di cui all'articolo 2, comma 2, del citato decreto del Ministro dell'ambiente.
        L'articolo 8 detta disposizioni relative al funzionamento delle aree marine protette. In particolare vengono stabiliti: i termini entro i quali i soggetti gestori di ciascuna area marina protetta devono individuare la dotazione minima delle risorse umane necessarie al funzionamento della stessa; l'individuazione del soggetto gestore delle aree marine protette da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio; l'individuazione del gestore come unico soggetto su cui gravano le spese relative alle risorse umane e l'individuazione delle risorse stesse.
        L'articolo 9 dispone una modifica al secondo periodo del comma 10 dell'articolo 114 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, relativa ai parchi sommersi di Baia e Gaiola. La modifica consiste nell'affidare, con un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, la gestione dei parchi sommersi di Baia e Gaiola ad enti pubblici, istituzioni scientifiche o associazioni ambientaliste riconosciute, anche consorziati tra loro, sentiti la regione e gli enti locali territorialmente interessati.
        L'articolo 10 introduce modifiche ad alcuni articoli del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. In particolare: il comma 1 introduce all'articolo 7, comma 3, la lettera l-bis), disponendo inequivocabilmente l'appartenenza del combustibile derivato dai rifiuti alla categoria dei rifiuti speciali. Tale integrazione si è resa necessaria sia per la mutata natura giuridica di tale combustibile a seguito dell'approvazione in sede comunitaria della modifica del Catalogo europeo dei rifiuti e sia perché l'utilizzo di tale combustibile in sostituzione dei combustibili fossili ha oggi un accresciuto interesse per il nostro Paese che dipende sostanzialmente dall'estero per il fabbisogno energetico; conseguentemente, con il comma 2 della presente disposizione, vengono soppressi i riferimenti al combustibile da rifiuti in quelle parti del testo del citato decreto legislativo n. 22 del 1997 ove il combustibile viene considerato rifiuto urbano; infine, al comma 3, viene riformulato l'articolo 19, comma 4, relativo alle competenze delle regioni in materia di rifiuti. Il nuovo comma prevede che le regioni adottino norme affinché gli uffici ed enti pubblici, le società a prevalente capitale pubblico, anche di gestione dei servizi, coprano il fabbisogno annuale di manufatti e beni con una quota, non inferiore al 30 per cento del fabbisogno stesso, di prodotti ottenuti da materiale riciclato. Viene disposto, inoltre, che tali norme siano adottate entro il 31 marzo 2002. Le disposizioni regionali saranno emanate sulla base delle metodologie di calcolo e della definizione di materiale riciclato che saranno stabilite da un apposito decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute.
        L'articolo 11 riformula il comma 1 dell'articolo 50 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), relativo alla circolazione stradale. Il nuovo articolo amplia la nozione di "velocipede" introducendo anche i veicoli dotati di un motore ausiliario elettrico, avente potenza nominale continua massima di 0,25 Kw, il cui intervento è comandato dall'azionamento dei pedali o da analoghi dispositivi con funzione di ausilio alla propulsione muscolare e la cui propulsione è progressivamente ridotta ed infine interrotta quando il veicolo raggiunge i 25 Km/h. La nuova nozione di "velocipede", consentendo la circolazione del mezzo senza le prescrizioni previste per i ciclomotori (immatricolazione, patente, assicurazione obbligatoria, uso del casco), darà un significativo impulso alla diffusione dei velocipedi con caratteristiche non inquinanti cui è particolarmente sensibile il Ministero. Inoltre la diffusione dei velocipedi elettrici potrà essere altresì agevolata dalla erogazione dei contributi per l'acquisto da parte dei comuni cui sono trasferite apposite risorse finanziarie dal Ministero.
        L'articolo 12, infine, contiene la disposizione relativa alla copertura finanziaria dell'onere complessivo recato dall'attuazione degli articoli 1, 2, 3, 4 e 6, che trova allocazione negli accantonamenti in tabella A allegata alla legge finanziaria 2002. I restanti articoli non comportano alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio dello Stato.




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