Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 382 del 3/11/2003
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Discussione delle mozioni Buemi ed altri n. 1-00276, Ronchi ed altri n. 1-00278 e Calzolaio ed altri n. 1-00280 sulla moratoria universale delle esecuzioni capitali (ore 19,53).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Buemi ed altri n. 1-00276, Ronchi ed altri n. 1-00278 e Calzolaio ed altri n. 1-00280, riguardanti la moratoria universale delle esecuzioni capitali (vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Avverto che è stata altresì presentata la mozione Naro ed altri n. 1-00282 che verte sullo stesso argomento delle mozioni all'ordine del giorno (vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1). La discussione pertanto si svolgerà anche su tale mozione.
La ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicata nel vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).


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(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Buemi, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00276. Ne ha facoltà.

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, dall'inizio del 2003, l'organizzazione Nessuno tocchi Caino ha messo a disposizione del Governo italiano e del Governo greco, Presidente di turno dell'Unione europea, un «piano» dettagliato delle cose da fare per vincere la battaglia all'Onu a favore di una moratoria universale delle esecuzioni capitali, piano comprensivo anche delle informazioni, delle stime e delle valutazioni su un voto all'Assemblea generale.
Nel corso dei dieci mesi passati e a seguito anche di numerose missioni compiute in Africa, in Centro-Asia e in Asia del Sud, volte a rafforzare lo schieramento a favore dell'adozione della risoluzione all'Assemblea generale, Nessuno tocchi Caino ha continuato ad aggiornare il suddetto piano, giunto nel frattempo alla quarta edizione, e a metterlo a disposizione, oltre che del Governo italiano, divenuto, il 1o luglio 2003, Presidente dell'Unione europea, anche di tutti i Governi dei paesi membri dell'UE. In base ai dati di Nessuno tocchi Caino, una risoluzione «per la moratoria, in vista dell'abolizione» avrebbe in Assemblea generale il seguente esito: voti a favore tra i 95 e i 101, astensioni tra le 22 e le 31; voti contrari tra i 60 e i 65, mentre un eventuale emendamento sulla «sovranità nazionale», avanzato da paesi mantenitori della pena di morte, potrà contare su 61 co-sponsor e sarà respinto con 96 voti contrari, 77 voti a favore, 14 astensioni e 4 paesi indecisi.
Dopo un primo annuncio fatto il 5 maggio 2003 dal Vicepresidente del Consiglio, onorevole Gianfranco Fini, il 2 luglio 2003 anche il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in occasione della presentazione al Parlamento europeo del programma italiano di Presidenza dell'Unione europea, ha dichiarato di voler presentare una risoluzione pro moratoria all'Assemblea Generale del 2003.
Il 4 settembre 2003, il Parlamento europeo ha «invitato la Presidenza italiana a concretizzare il suo impegno a far adottare una moratoria universale sulle esecuzioni capitali durante la prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite»; a favore di tale iniziativa si è espresso anche il Parlamento italiano con le mozioni approvate il 29 luglio 2003 dalla Camera dei Deputati e il 25 settembre 2003 dal Senato della Repubblica.
Il 29 settembre 2003, il Presidente della Commissione europea, Romano Prodi, ha dichiarato di condividere la posizione del Parlamento europeo e ha chiesto che la campagna «ormai decennale per una moratoria mondiale delle esecuzioni trovi la giusta conclusione in Assemblea generale». Dopo un primo parere contrario all'iniziativa pro moratoria in Assemblea generale, espresso il 21 luglio 2003, il Consiglio dei ministri degli affari esteri dell'Unione europea ha deciso di riaprire la discussione sulla proposta italiana nelle riunioni del 29 settembre 2003 a Bruxelles e del 13 ottobre 2003 a Lussemburgo.
Le conclusioni della riunione del 29 settembre 2003 sono state presentate dal ministro Franco Frattini, Presidente di turno del Consiglio, in questi termini: l'obiettivo della moratoria mondiale è condiviso dai partner europei ma ci sono divergenze tattiche sull'opportunità e sui tempi di una proposta di risoluzione all'Onu; in particolare, ha reso noto il ministro Frattini, c'è preoccupazione da parte di alcuni ministri che un possibile esito negativo di una risoluzione abbia un significato ancora più negativo per quanto riguarda l'abolizione, che rimane l'obiettivo finale di quest'azione.
Il tema, ha concluso il ministro Frattini, «resta nell'agenda europea» e «stiamo valutando come affrontarlo, anche tecnicamente». Secondo quanto riferito dal ministro Frattini, la riunione del 13 ottobre 2003 si è conclusa con l'impegno della presidenza italiana dell'Unione europea a «informare con una nota scritta» gli altri


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governi dell'Unione europea sul risultato dei colloqui bilaterali che sta intrattenendo sulla proposta avanzata dall'Italia di presentare una risoluzione all'Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Con questo ulteriore rinvio non solo si è accumulato un gravissimo ritardo politico rispetto all'adozione della risoluzione pro moratoria da parte dell'Assemblea generale dell'ONU in corso, tant'è che da parte dei delegati al Palazzo di vetro si sta dando per acquisito che non ci sarà quest'anno una iniziativa italiana contro la pena di morte, ma rischia di consumarsi del tutto anche il tempo tecnico della stessa presentazione della risoluzione, essendo l'Assemblea generale iniziata ormai dal mese di settembre 2003 e dovendo le risoluzioni sui diritti umani essere state depositate da un pezzo.
Dopo mesi in cui si è fatta eco di timori manifestamente falsi e di valutazioni pessimistiche del tutto infondate, la ricerca da parte della presidenza italiana di un consenso europeo rischia ormai, giorno dopo giorno, di compromettere un obiettivo ed una causa assolutamente vincenti. È stata fatta cadere l'offerta di Nessuno tocchi Caino e del Partito radicale transnazionale di una disponibilità di Emma Bonino ad accettare lo stesso incarico di guida della delegazione italiana all'Assemblea generale affidatole dal Governo italiano nel 1994, con riguardo alla moratoria delle esecuzioni.
Questa è la situazione fino ad oggi, signor ministro, e queste sono le ragioni che ci inducono a chiedere al Governo di compiere i passi conclusivi, ormai urgenti e necessari - seppure ci rendiamo conto che molto tempo è trascorso e che i termini sono assolutamente ravvicinati -, per la presentazione e l'adozione nell'Assemblea generale in corso di una risoluzione a favore della moratoria universale delle esecuzioni capitali, in adempimento dei proclamati impegni da parte del Parlamento europeo, del Parlamento italiano e, ovviamente, anche da parte del Governo italiano (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ronchi, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00278. Ne ha facoltà.

ANDREA RONCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, dopo un primo annuncio fatto nello scorso mese di maggio da parte del Vicepresidente del Consiglio dei ministri, onorevole Gianfranco Fini, e il 2 luglio 2003 da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi, in occasione della presentazione al Parlamento europeo del programma italiano di presidenza dell'Unione europea, si è voluto dare corpo e spessore alla intenzione di questa grande battaglia per i diritti umani che è la moratoria della pena di morte. Si tratta di un impegno che da anni porta avanti questa maggioranza, i partiti che la compongono, tutto il Parlamento ed in questo senso basta ricordare il grande voto che è stato espresso alla fine del mese di luglio, rispetto al quale abbiamo più volte ricordato - riprendo anche le parole del collega Giachetti - che tipo di importanza abbia avuto quel voto, che ha unito destra, sinistra e centro, tutto il Parlamento, a sostegno dell'azione del Governo in questa grande battaglia dei diritti umani.
Il collega Buemi ha citato a grandi linee le tappe salienti, fondamentali di questo nostro comune cammino, del Parlamento: della Camera e del Senato. Peraltro, ricordo al collega che a settembre ci fu il voto del Senato, che ritrovò una sorta di grande consenso e di grande unanimità. Inoltre, signor Presidente, onorevole sottosegretario, ci fu il passaggio importante anche del Parlamento europeo, con una mozione che lo trovò tutto unito a sostegno di questa azione di Governo anche dell'Europa.
Con questa mozione vogliamo dire «grazie» al Governo italiano e al ministro Frattini per la sua azione e qui non concordo con il collega Buemi che ha sottinteso una sorta di ritardo e di atteggiamento volto a prendere sotto gamba questo grande tema e questa grande battaglia. Il Governo si è battuto e in questo senso sono stato a Bruxelles, personalmente,


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testimone dell'impegno del ministro Frattini volto a cercare di convincere anche quelle riottosità europee che io credo di aver potuto intravedere.
Ancora non capisco bene i contorni di certi tipi di resistenze quando tutti, a parole, si dicono contrari alla pena di morte o ritengono di voler cancellare dal mondo questa infamia, mentre poi li vediamo perdersi nei corridoi e nei cortili di qualche giochetto della diplomazia che poco ha a che fare con la grande battaglia ideale.
Non voglio ripetermi nelle considerazioni che il collega Buemi ha già svolto. Vorrei soltanto ricordare che con questa mozione vogliamo stimolare, essere vicini al Governo per fargli sentire che non si tratta di una battaglia di una parte politica, ma di tutto il Parlamento; è per tale motivo che chiediamo al Governo di continuare in questa azione diplomatica, di intensificare, di aumentare, di alzare il tono anche del discorso politico e diplomatico per ottenere concretamente e sostanzialmente la grande vittoria dei diritti civili, la grande vittoria umana, cancellando e debellando questa grande infamia che è la pena di morte.
Abbiamo poche ore per farlo - ha ragione il collega Buemi - ma si può compiere comunque un grande sforzo.
Signor sottosegretario, è necessario, soprattutto, che si dica con chiarezza chi, a livello europeo, per non so quale motivo, non vuole sentire l'alta voce, la nobile voce dei Parlamenti, chi, ancora una volta, vuole ostacolare una grande battaglia di civiltà. Noi alziamo forte la voce, ringraziamo il Governo ed, in particolare, il ministro Frattini per ciò che ha fatto, anche se resta l'amarezza per le grandi difficoltà che, ancora una volta, a livello europeo, si sono riscontrate.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Innocenti, che illustrerà anche la mozione Calzolaio ed altri n. 1-00280, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, come abbiamo già avuto modo di dire in quest'aula, in occasione dell'approvazione a luglio delle mozioni, presentate all'epoca, che impegnavano il Governo a fare tutto il necessario per giungere alla presentazione, alla discussione ed all'approvazione in Assemblea generale delle Nazioni Unite di una risoluzione, un concetto accomunò tutti, come è stato ricordato poco fa: mi riferisco alla grande battaglia per affermare i diritti civili e di libertà. Un paese che intende affermare ciò non può che battersi fin da subito per abolire ovunque e al più presto la pena di morte.
Credo che ciò significhi raccogliere un sentimento comune, condiviso da tutto il popolo italiano. In Italia esistono terre, come quella dalla quale provengo, la Toscana, nelle quali è stata abolita la pena di morte; in particolare, il Granducato di Leopoldo, forse, fu il primo al mondo ad abolire nel 1786, e, oltre la pena capitale, anche la tortura. Vi sono motivazioni ideali, storiche e culturali perché questa battaglia si affermi nel mondo.
Pur prendendo atto, come risulta in questi giorni dal dibattito al riguardo, che sta aumentando il numero dei paesi nei quali si decide di non applicare la pena di morte, sono comunque ancora tanti i paesi le cui legislazioni continuano a prevederla e nei quali si continuano a mandare a morte ogni anno migliaia di persone. Le esecuzioni capitali sono ancora tante; ancora tanti sono i paesi (64) nel cui ordinamento è prevista la pena di morte.
Questo è il motivo per cui riteniamo che vi sia l'urgenza di una moratoria universale delle esecuzioni, in vista proprio di una completa abolizione della pena di morte.
Come è stato ricordato anche dal collega Buemi poco fa, oggi vi sono le condizioni per farlo che, forse, non esistevano in un altro momento. Ce lo dicono i rappresentanti degli altri paesi in sede di Assemblea generale dell'ONU in questi giorni. I dati che sono stati forniti non sono stime elaborate secondo rilevazioni statistiche; sono ormai accertamenti compiuti


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dietro pronunciamenti di governi e di rappresentanti di paesi all'interno dell'Assemblea generale.
È un'opportunità che in questo modo si può definire realmente storica e che noi dobbiamo cogliere, tutti insieme, perché è un risultato che sicuramente eleva il livello di civiltà non soltanto di chi propone tali cose, ma nel mondo intero. Date queste condizioni, dobbiamo cercare di coglierle. È una battaglia, come veniva ricordato, per affermare i diritti umani, il diritto alla vita, e sarebbe bello se vi fosse un pronunciamento che segnasse l'inizio del terzo secolo.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Innocenti, l'inizio del terzo millennio.

RENZO INNOCENTI. Certo, Signor Presidente, il terzo millennio.

PRESIDENTE. Per la precisione, onorevole Innocenti. Nel terzo secolo la pena di morte era piuttosto diffusa!

RENZO INNOCENTI. È una grande affermazione ideale nel mondo. È tuttavia una battaglia da svolgere in modo limpido e trasparente. Ed allora, certe posizioni ancora non sono chiare e sono alquanto viziate, forse da attendismo. C'è una sorta di attesa che si creino anche ulteriori condizioni? Non lo so! Sinceramente, credo che a questo punto noi dobbiamo fare i conti con le nostre coerenze ed i nostri convincimenti.
Noi abbiamo avuto, sia alla Camera sia al Senato, un pronunciamento e credo che anche in questo momento vi siano le condizioni per arrivare ad un ulteriore pronunciamento. Certo che i giorni a disposizione sono veramente pochi, si tratta di una questione di ore.
Non possiamo abbandonare questo terreno ed assumere un atteggiamento rinunciatario. Non possiamo nemmeno cercare di avere il consenso di tutti per presentare un documento del genere. Se in sede europea, veniva ricordato prima, vi sono titubanze e riserve, che emergano!
Ricordavo prima che si tratta di una battaglia da fare in trasparenza ed in estrema limpidezza di comportamenti. Non possiamo essere noi a tirarci indietro, proprio perché abbiamo la presidenza, come paese, del semestre europeo. Saremmo accusati proprio per questo: è un'aggravante e non, come ho sentito dire, un elemento di prudenza, per cui occorre essere cauti, perché siamo alla presidenza dell'Unione europea. Tutt'altro: il ruolo della presidenza è quello di stimolare ed accelerare, facendo emergere, se vi sono, anche i comportamenti che mostrano titubanze. Che vengano fuori! Noi siamo per cercare, come gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, di valutare la qualità della presidenza italiana del semestre europeo sulla base dei comportamenti che adotterà in ordine a questa vicenda.
Non lo faremo soltanto noi, ma l'opinione pubblica mondiale che valuterà non tanto l'atteggiamento di un Presidente del Consiglio, ma quello di un paese. Il Presidente del Consiglio si è già pronunciato in sede europea, nella presentazione del programma del semestre; si è pronunciato successivamente nell'Assemblea generale dell'ONU, definendo questa una priorità; quindi siamo conseguenti e coerenti rispetto a questo!
Mi auguro vengano dal Governo, rispetto ad alcune notizie di stampa che mostrano atteggiamenti di rinuncia, smentite chiare. Questa è la sede migliore per poterlo fare, perché siamo nel Parlamento e parliamo non soltanto tra noi, ma soprattutto al paese. Occorrono parole chiare ed azioni immediate perché vi è un termine per la presentazione e l'adozione all'Assemblea generale, che è in corso, di una risoluzione da parte dell'ONU è imminente. Credo ci sia tempo fino al 7 novembre e quindi è una cosa veramente di poche ore. Ci sarà la necessità che questo dibattito iniziato stasera fra di noi si concluda con una mozione, mi auguro unitaria, che impegni il Governo a compiere gli ultimi passi decisivi e conclusivi per presentare la risoluzione ed impegnarsi


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in sede ONU per l'approvazione immediata, se necessario anche come singolo paese.
Credo che questo sia un elemento che caratterizzerà in modo qualitativo la Presidenza dell'Unione europea e, soprattutto, il comportamento di un paese civile come l'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Naro, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00282. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE NARO. Signor Presidente, tutte le mozioni in discussione danno atto al Governo dei tentativi operati per giungere al pronunciamento di una risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite per la moratoria universale delle esecuzioni capitali. Infatti, il Governo italiano, presieduto dall'onorevole Berlusconi, nel 1994 presentò all'Assemblea generale dell'ONU la richiesta di risoluzione che fu bocciata soltanto per otto voti. Lo stesso Premier, a distanza di quasi un decennio, nell'illustrare al Parlamento europeo lo scorso 2 luglio il programma di semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea, annunciava la determinazione di rinnovare ancora la richiesta del 1994, una richiesta che deve vedere l'Italia come trainante rispetto all'Unione, ma che deve coinvolgere tutta l'Unione. Conseguentemente, era logico che tutti gli impegni che le mozioni in discussione chiedono al Governo fossero volti al sollecito compimento dei passi necessari per la presentazione e l'adozione di tale eventuale, ma auspicata, risoluzione.
Tra la richiesta del 1994 e la determinazione annunciata di presentazione di quella attuale si collocano le iniziative del Governo italiano e dell'Unione europea nella Commissione dei diritti umani dell'ONU, dove una risoluzione per la moratoria delle esecuzioni è stata approvata per cinque anni consecutivi, dal 1997 al 2001. Questo contribuì ad un radicale cambiamento degli atteggiamenti e delle aspettative della coscienza sociale nei riguardi della problematica.
Infatti, secondo i dati diffusi dall'associazione Nessuno tocchi Caino, nel dicembre 2001 erano 127 i paesi che avevano abbandonato la pena capitale e 69 quelli che vi facevano ricorso. Certamente è una situazione meno negativa rispetto al 1993, anno di costituzione dell'associazione, quando i paesi abolizionisti erano 99 e quelli mantenitori 97.
Nell'aprile del 2001, un gruppo costituito da 14 premi Nobel e da 69 tra le personalità più prestigiose del mondo, con un appello sottoscritto, chiedeva al Consiglio di Sicurezza dell'ONU l'istituzione di tribunali per giudicare i crimini contro l'umanità commessi nella ex Iugoslavia e nel Ruanda, con la specifica richiesta di escludere il ricorso alla pena di morte, mentre la pena stessa era prevista l'interno di alcuni Stati per reati infinitamente meno gravi. Successivamente, anche la comunità di Sant'Egidio, che si è fatta promotrice di un appello a livello mondiale per la moratoria universale, ha raccolto oltre quattro milioni di adesioni in 150 paesi del mondo, di cui circa un terzo con ordinamenti che prevedevano la pena di morte.
Un fronte morale internazionale dunque, comprendente tutte le grandi religioni e le personalità più prestigiose della cultura laica. Come si può rilevare, l'impegno di questa maggioranza non è estemporaneo, ma radicato nella profonda coscienza del rispetto della vita e nella consapevolezza del primato dei diritti umani, civili e politici. Su tale scia, qualche mese addietro, il Vicepresidente del Consiglio Fini ha espresso l'apprezzamento del popolo italiano al Governatore del Illinois, George Ryan, per avere fermato, per la prima volta in uno Stato americano, le esecuzioni capitali.
L'Italia è la nazione che prima delle altre, all'inizio degli anni novanta, sollecitata da Nessuno tocchi Caino, ha introdotto sostanzialmente il concetto di moratoria universale delle esecuzioni capitali, conquistando alla sua causa alcuni popoli democratici, cioè rispettosi dei diritti


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umani fondamentali, e, anno dopo anno, anche quei paesi che gradualmente approdavano alla convivenza democratica (ciò avveniva principalmente nei paesi dell'est europeo e in quelli del Sudafrica). Oggi, anche la Turchia, candidata all'ingresso nell'Unione europea, abolisce la pena di morte.
L'azione operata dalla cultura del rifiuto della pena capitale è stata capillare e sostanziale, se si pensa che, dal 1997 ad oggi, 89 dei 191 paesi membri dell'ONU hanno già sponsorizzato una soluzione per la moratoria in sede ONU e 72 di essi lo hanno fatto in sede di Assemblea generale nel 1999, in un periodo cioè in cui la situazione per la proposizione del problema era meno favorevole di quella presente, perché più incisiva è oggi la cultura contraria alla pena di morte.
Oggi, alcuni paesi che finora non hanno sponsorizzato la moratoria, dovendosi schierare, sembrerebbero essere propensi per la moratoria, come il Kenya, per esempio. La Cina è ancora irremovibile, ma nel recentissimo incontro tra Unione europea e Cina, il Presidente Berlusconi, nella qualità di Presidente del semestre europeo, dopo avere fatto mettere in agenda, accanto alle questioni economiche, anche quelle dei diritti umani, ha chiesto che finalmente fossero dilatate le pesanti attuali ombre gravanti sul mancato rispetto dei diritti fondamentali della persona. È auspicabile che la Cina possa pervenire presto al cuore del problema, mettendo in discussione la pena capitale che, fino a questo momento, l'ha annoverata tra i principali paesi giustizialisti. Basti pensare all'uccisione, nel 2001, di 1.780 persone su 2.205 condanne eseguite in tutto il mondo, secondo una recente indagine del New York Times. E la stessa fonte avanzava il dubbio che le persone uccise in Cina potessero essere addirittura tremila.
Come fanno rilevare tutte le mozioni, compresa quella di cui sono proponente, dalla riunione del Consiglio dei ministri degli affari esteri dell'Unione europea del 29 settembre 2003 è emerso che l'obiettivo della moratoria mondiale è condiviso dai partner europei, ma che ci sono divergenze tattiche sull'opportunità e sui tempi di una proposta di risoluzione all'ONU. E la successiva riunione del 13 ottobre, secondo quanto riferito dal ministro Frattini, si è conclusa con l'impegno della Presidenza italiana dell'Unione europea ad informare, con nota scritta, gli altri Governi dell'Unione europea sul risultato dei colloqui bilaterali che sta intraprendendo sulla proposta avanzata dall'Italia di presentare una risoluzione all'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Questa è una soluzione che circoscrive le responsabilità di cui dovranno rispondere i vari soggetti interessati e che consentono all'Italia di salvaguardare il prestigio di grande paese per quanto riguarda l'impostazione di una politica estera di ampio respiro e consona ai tempi che stiamo attraversando.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, credo che questo dibattito nonostante tutto sia utile. Credo che, se la politica ha un senso anche per la sincerità e la lealtà dei comportamenti e delle parole che ciascuno di noi pronuncia nel corso dei dibattiti, non dobbiamo interpretare quella attuale come una situazione irreversibile, ancorché tutti abbiamo letto le dichiarazioni del ministro Frattini rilasciate nei giorni scorsi. Credo (in particolare, voglio dare atto di ciò al collega Ronchi, che è, in questo momento, dall'altra parte, anche se, su queste iniziative, è sempre stato protagonista tra coloro che si battono per l'abolizione e per la moratoria sulla pena di morte, insieme a tutti gli altri colleghi che sono intervenuti e che interverranno in questo dibattito) queste ore possano consentirci di giungere al traguardo che il collega Ronchi individuava come possibile e rispetto al quale auspicava la possibilità di raggiungere obiettivi.
Dobbiamo sapere, tuttavia (mi rivolgo al collega Ronchi che conosce ciò perfettamente e soprattutto al Governo), che stiamo parlando effettivamente di ore. In


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fatti, il set, come ricordava anche il collega Innocenti, è la deadline di quest'iniziativa, perlomeno per i prossimi mesi. Sappiamo perfettamente che spesso e volentieri anche le cose impossibili, grazie alla politica e alle decisioni assunte in sede politica, possono determinare cambi di volontà e di decisione. D'altra parte, signor Presidente, dal 1994 ad oggi, tutti i Governi che si sono succeduti, sia di centrodestra - lo ricordavano i colleghi che mi hanno preceduto - sia di centrosinistra, hanno espresso un impegno coerente da parte dell'Italia in sede internazionale sul tema della pena di morte e, più in generale, sulle violazioni dei diritti umani.
Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, è un fatto importante, quindi, se, ormai da diversi anni, su iniziativa innanzitutto italiana ma anche europea vengono assunte deliberazioni in tale direzione conformi alla Commissione dell'ONU per i diritti umani.
La mozione di cui oggi discutiamo, in particolare intervengo su quella di cui sono cofirmatario, presentata dall'onorevole Buemi il 5 ottobre, fa seguito ad altre iniziative parlamentari analoghe - dibattito su mozioni tra cui, nel mese di luglio, se non sbaglio, quella sottoscritta dal Vicepresidente della Camera, onorevole Biondi - e anche ad alcune interpellanze (l'interpellanza che il collega Buemi ha discusso in quest'aula, se non erro, il 7 ottobre scorso).
Credo sia importante sottolineare come questa Assemblea abbia ritenuto fondamentale, oltre che doveroso e prioritario, affrontare una materia tanto delicata con la massima urgenza, comprimendo di fatto i tempi a disposizione e sollecitando a più riprese il Governo ad adoperarsi a favore della moratoria, attraverso l'esplicita richiesta di una risoluzione da presentare all'Assemblea generale delle Nazioni Unite che si svolgerà il 7 novembre. A questo proposito, vorrei ancora una volta ringraziare il Presidente della Camera per la sensibilità con la quale ha consentito che un dibattito di questo genere avvenisse in tempi utili affinché la formazione della volontà dell'Assemblea di Montecitorio - e, quindi, anche del Governo - potesse avere utile svolgimento e non andare oltre i termini del 7 novembre.
A riprova del fatto che l'argomento in esame è fortemente sentito, non solo dalle forze politiche ma anche da un'ampia fascia della società civile, va detto che siamo sempre riusciti in questa sede - lo ricordavano i colleghi che mi hanno preceduto - a raggiungere un larghissimo consenso ed in alcuni casi abbiamo votato unanimemente perché ritenevamo e continuiamo a ritenere questa scelta non sono condivisibile ma assolutamente giusta.
Proprio perché siamo tutti uniti dalla necessità immediata di ratificare questa risoluzione, abbiamo dato mandato al Governo affinché nelle sedi internazionali si facesse portavoce di queste istanze: il Governo agiva anche su mandato del Parlamento e non per esclusiva propria iniziativa.
Se da un lato l'abbiamo incoraggiato a condurre una battaglia di persuasione nei confronti dei partners europei più reticenti ad approvare un documento in questa direzione, in questo caso abbiamo purtroppo dovuto constatare un'evidente incapacità ad agire con determinazione nel merito delle scelte fatte. In altre parole, abbiamo assistito ad una posizione italiana in sede europea fortemente interlocutoria, per un verso, pubblicamente schierata a favore della tempestiva presentazione del provvedimento e, dall'altro, continuamente sospesa e di fatto condizionata da dubbi e da perplessità nel metodo mostrate da qualche paese membro.
Signor rappresentante del Governo, il pericolo che corriamo è di aggiungere ad alcuni pudori e mere ragioni di opportunità politica anche un'imperdonabile omissione di fronte ad un impegno che la Presidenza del Consiglio ha assunto formalmente al Parlamento europeo il 2 luglio scorso, con l'aggravante che tale risoluzione fu indicata come una priorità della Presidenza italiana nel proprio programma di politica estera. Noi sappiamo che paesi come la Turchia o paesi candidati all'adesione nell'Unione europea sono riusciti a compiere passi notevoli verso l'abolizione,


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in ragione di una volontà politica precisa, tanto più rafforzata dall'incontro europeo del giugno del 2001.
La situazione mondiale sulla pena di morte parla chiaro ed ancora più chiaro e certo dovrebbe essere l'obiettivo di chi si fa portavoce dei valori umanitari fondamentali, del primato della vita sulla morte e con essi di una campagna a favore dell'abolizione della pena capitale che passi innanzitutto attraverso una moratoria universale. La moratoria sulla pena di morte ha consentito a tanti Stati, che non avrebbero avuto la forza e la capacità di recidere direttamente questo sistema, di eliminare dalla propria legislazione la pena capitale, rappresentando quindi una mediazione utile per raggiungere l'obiettivo non trascurabile, signor sottosegretario, di salvare delle vite umane.
Sappiamo che nel 1994 gli abolizionisti, quelli un po' ad oltranza in Europa, si astennero su una risoluzione presentata proprio dall'Italia, ritenuta inaccettabile dopo l'approvazione di un emendamento dell'Assemblea di Singapore che affermava la sovranità nazionale in materia penale. La risoluzione fu sconfitta per soli otto voti e tra gli astenuti vi furono 15 paesi europei che fecero la differenza. L'Italia, e questo deve essere rimarcato come nota di merito a prescindere dalle maggioranze che si sono succedute, ha mantenuto su questa posizione una grande linearità e coerenza, ed è proprio in ragione di ciò che non posso non ritenermi stupito e francamente deluso da quanto sin qui condotto dal nostro Governo in ambito europeo; tanto più che il turno di Presidenza dell'Unione avrebbe potuto costituire un'occasione di rilancio e di effettivo e pratico sostegno a tesi così largamente sostenute da tutte le forze politiche italiane.
Nella seduta del 16 ottobre, in risposta all'interpellanza dell'onorevole Buemi, il sottosegretario Boniver a nome del Governo si diceva preoccupato per le previsioni relative al voto di alcuni paesi componenti l'Assemblea generale, appoggiandosi all'eventualità più o meno probabile del mancato raggiungimento della maggioranza dei consensi in quella sede e, di fatto, giustificando così un atteggiamento, a mio parere, poco convinto, poco deciso, ancorché palesemente rinunciatario nelle azioni da condurre.
In effetti già il 16 ottobre, come si dice dalle parti mie, si capiva l'aria che tirava. Sono fermamente persuaso, ed è questa la ragione delle critiche che rivolgo al ministro e alla Presidenza del Consiglio, che in una materia come questa, invece di tergiversare adducendo questioni tecniche o peggio ancora motivi puramente tattici, sia di gran lunga preferibile parlare di convinzioni politiche e della volontà ferma e non condizionata di sostenere e dare seguito a queste convinzioni. Credo infatti che le battaglie, se sono davvero importanti universalmente e se esiste anche solo una piccola possibilità di vincere, vanno fatte ugualmente e con la stessa unità di intenti senza risparmiare né energie né volontà e, soprattutto, senza avere poi il rimpianto di avervi troppo prematuramente rinunciato. Parlano le parole del ministro Frattini dell'altro ieri su la Repubblica. Se non si tratta di una questione di numeri, cosa che non credo sia, le ragioni, come ho già accennato, potrebbero essere di Realpolitik, in tal caso sarebbero più gravi. Evidentemente, qualcuno potrebbe volere in Europa, per conto terzi, far fallire l'unica iniziativa ragionevolmente pragmatica in questo momento contro la pena di morte.
Il ministro Frattini nella seduta del Parlamento europeo dello scorso 22 ottobre si era domandato se fosse realmente opportuno farsi latori di una proposta in sede ONU, anche se questa non fosse stata sottoscritta da tutti i paesi membri dell'Unione, ponendo in sintesi come requisito imprescindibile l'assoluta unanimità nel consenso alla risoluzione. Partendo dal presupposto che già, a mio avviso, si tratterebbe di una motivazione piuttosto debole, non tanto per ragioni politico istituzionali, ma piuttosto perché dimostra come in alcuni casi il Governo non sembra comprendere le opportunità aggiuntive che la Presidenza europea può di fatto garantire, ovvero quella di ritagliarsi un ruolo


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da protagonista in una battaglia civile di tal peso, vorrei però evidenziare che adesso non esistono più scappatoie o pretese difficoltà né nel merito né nel metodo del provvedimento. Infatti, come sappiamo, pochi giorni fa, il 23 ottobre, il Parlamento europeo ha approvato all'unanimità, ripeto, all'unanimità, una seconda risoluzione che in sostanza dà il via libera alla presentazione all'Assemblea generale delle Nazioni Unite di un documento a favore dell'adozione della moratoria universale delle esecuzioni capitali. So bene che mi si potrebbe contestare che il Parlamento è una cosa e gli Stati membri sono un'altra, ma è un'ulteriore presa di posizione all'unanimità di un'assemblea parlamentare che rappresenta i cittadini di Europa. Ciononostante, se è vero che, come riportano i quotidiani nazionali - ho citato prima la Repubblica -, il ministro Frattini ha nuovamente fatto sapere che non c'è un parere favorevole di tutti i 15 membri sulla risoluzione e pertanto verrà a dirci - è probabile; immagino che questo farà il sottosegretario Ventucci - che, in virtù di questo, la presentazione all'ONU del documento sarà improponibile, allora ci troveremo di fronte in questo caso, signor rappresentante del Governo, ad una palese volontà di tornare indietro sulle scelte compiute anche da questo Parlamento.
Come ha bene espresso il segretario dell'associazione «Nessuno tocchi Caino» Sergio D'Elia, i paesi membri dell'Unione non sono il Consiglio di sicurezza e non esercitano il diritto di veto. Se in realtà i motivi di opportunità politica riuscissero a spazzare via un unanime riconoscimento della necessità urgente di sospendere le esecuzioni capitali nel mondo, ricordo che il termine ultimo per l'appunto è il 7 novembre, il Governo italiano innanzitutto non terrebbe fede agli impegni presi in sede internazionale e anzi accentuerebbe la già scarsa credibilità, ovviamente è una mia convinzione, di cui gode in ambito europeo e non solo.
Il Governo italiano abbia quindi il coraggio, se così è, di dire al mondo di aver bluffato o se non altro di aver cambiato idea su uno dei punti principali all'ordine del giorno del programma di Presidenza europea e la smetta di accampare falsi problemi per giustificare la mancanza di spessore e di decisionalità mostrata progressivamente nel corso di queste vicende.
La stessa vastissima maggioranza, quasi l'unanimità, che condivide e sostiene la necessità della moratoria, non mancherà ora di chiedere al Governo di fare di più, di non accontentarsi delle generiche e immotivate opinioni contrarie dei suoi alleati europei. Lo faranno tutti, ne sono convinto. Al Governo spetterebbe di fatto la grave responsabilità di tradire l'effetto di un'alleanza trasversale espressa nell'amplissimo consenso raggiunto nel dibattito svoltosi in quest'aula e, se si aggiunge anche il parere unanime sulla risoluzione sottoscritta dal Parlamento europeo a Strasburgo il 23 ottobre scorso, è del tutto evidente che il ministro e il Governo agirebbero contro i pronunciamenti non di una, ma di due assemblee parlamentari diverse.
Bisogna continuare, e mi avvio alla conclusione, a stigmatizzare il fatto che vengono condannati a morte, e in seguito giustiziati, imputati minori di età e ritardati mentali, che studi universitari recenti abbiano identificato frequenti errori nei procedimenti di giudizio per pena capitale, e che, dal 1976 ad oggi, gli stessi cittadini americani riconoscono che sono state giustiziate persone innocenti e che tutto questo possa impunemente continuare.
Non ci troviamo forse di fronte ad una giustizia esemplare che ha il solo scopo di inviare messaggi nei confronti di chi ha tutte «le carte in regola» - minoranze etniche e politiche, settori sociali emarginati o conflittuali - per finire sul banco degli imputati? Esistono società che producono diseguaglianze intollerabili nelle quali le inevitabili manifestazioni della piccola criminalità e dei comportamenti sociali e politici, considerati deviati, non vengono risolti riducendo le difformità ma aumentando le discriminazioni a partire da un sistema giudiziario che condanna in modo esemplare i soggetti sociali non


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degni di tutela giuridica. La parola d'ordine della moratoria è stata e continua ad essere efficace, avendo aperto porte apparentemente inaccessibili sulla pena di morte. Quasi tutti i paesi della ex Unione Sovietica hanno abolito la pena capitale proprio passando attraverso una moratoria delle esecuzioni; lo stesso è avvenuto in Sudafrica. Non tocco l'argomento della Cina per carità di patria, mi permetto semplicemente di dire al sottosegretario Ventucci che forse il Presidente del Consiglio dei ministri, che trova il tempo di parlare dentro gli spogliatoi con l'arbitro della partita Milan-Juve, poteva trovare un secondo per dire una parola sulla pena di morte durante la sua visita ufficiale in Cina.
L'abolizione della pena di morte non può essere imposta per decreto, lo sappiamo perfettamente; la moratoria però può essere il luogo di incontro, il minimo comune denominatore tra i paesi mantenitori e i paesi abolizionisti. Una moratoria in vista dell'abolizione potrà consentire ai ritenzionisti di guadagnare il tempo necessario perché si affermi una nuova consapevolezza ed un nuovo diritto umano: non essere ucciso a seguito di una sentenza o misura giudiziaria. É per questo che noi riteniamo che vi siano ancora, non solo la necessità, ma i tempi per fare in modo che il Governo, ancora in queste ore, assuma un'iniziativa più decisa per ottenere gli obiettivi che questo Parlamento già ripetutamente gli ha chiesto. A questo fine, a titolo assolutamente personale, mi sia consentito di dire che anch'io ritengo che il Governo abbia perso un'occasione nel confermare Emma Bonino come possibile capo delegazione per quanto riguarda questo argomento alle Nazioni Unite. Era un'occasione, era anche un riconoscimento ad una persona, ad una donna che ritengo, a questo paese e alla Comunità europea e non solo, ha dedicato grande impegno sui diritti umani e sui diritti civili e che ha dimostrato grande credibilità a livello internazionale. Probabilmente, sarebbe stata un'opportunità da non lasciar cadere.
Concludo, dicendo che la pena capitale è una forma di vendetta, ed una società civile ha il dovere di fare modo che la vendetta non prenda il posto della giustizia; una società civile rispetta la vita, altrimenti è impensabile che i suoi componenti la rispettino. Una società civile sa bene che il rispetto dei diritti umani é conditio sine qua non per garantire il minimo livello di convivenza tra gli individui: il diritto alla vita non può essere elargito o sottratto per conto della giustizia umana. Un Governo responsabile sa bene che esistono temi su cui bisogna andare oltre le divergenze e i colori della politica, là dove esistono, perché la posta in gioco è molto alta, troppo per esitare ulteriormente e cancellare di fatto i frutti di un lavoro a cui hanno concorso forze politiche, associazioni umanitarie e società civile. Pertanto, chiedo, ancora in queste ore, sapendo che la politica è l'arte del possibile, al Governo di portare subito a conclusione l'iter del documento da presentare alle Nazioni Unite, e di farlo presto se non vogliamo che, per colpa di pochi, falliscano le speranze e le aspettative di molti (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

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