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Seduta del 17/11/2005


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Esame testimoniale di Angelo Passafiume.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale del colonnello Angelo Passafiume.
Ricordo al nostro ospite che lo abbiamo convocato come teste di riferimento; il generale Fiore, infatti, ci ha fornito indicazione della successione dei responsabili in Somalia all'epoca dei fatti.
Colonnello, se non vado errato lei era presente insieme al generale Loi, mentre il suo collega, colonnello Ventaglio, che sentiremo successivamente, era presente all'epoca del comando del generale Fiore.

ANGELO PASSAFIUME. È colui che mi ha sostituito nell'incarico.

PRESIDENTE. Le faccio presente che lei è sentito dalla Commissione in qualità di testimone, quindi con l'obbligo di dire la verità e di rispondere alle domande del presidente e dei commissari, a partire dalle sue generalità, luogo, data di nascita, residenza e attuale incarico

ANGELO PASSAFIUME. Sono Passafiume Angelo, nato a Palermo il 20 gennaio del 1950 e residente a Livorno, in via Montebello 113, (il CAP è 57127, Livorno). Attualmente sono in pensione.

PRESIDENTE. Come lei sa, ci interessiamo dell'uccisione dei due giornalisti italiani. All'epoca dei fatti dei quali ci stiamo interessando, cioè nel marzo 1994 (quando furono uccisi Ilaria Alpi e Miran Hrovatin), lei che ruolo aveva rivestito in Somalia?

ANGELO PASSAFIUME. Precedentemente?

PRESIDENTE. Certo.


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ANGELO PASSAFIUME. Praticamente, sono partito con il contingente, all'inizio dell'operazione Restore Hope...

PRESIDENTE. L'operazione Restore Hope è del 1993?

ANGELO PASSAFIUME. È iniziata nel 1992, fino a quando la brigata Folgore è stata sostituita dalla brigata Legnano. Quindi, sono rientrato ad ottobre del 1993.

PRESIDENTE. Con quali funzioni?

ANGELO PASSAFIUME. Ero capocellula G2 dell'intelligence. Gestivo la parte relativa alle informazioni e alla sicurezza di tutti i reparti schierati sul territorio di nostra competenza.

PRESIDENTE. Cioè, a Mogadiscio?

ANGELO PASSAFIUME. Ero responsabile di tutta l'area. Ero a Mogadiscio, poi a Balad e Belet Uen; quindi tutta l'area assegnata al contingente era sotto il mio controllo informativo e di sicurezza.

PRESIDENTE. Cosa significa «controllo informativo e di sicurezza»?

ANGELO PASSAFIUME. La cellula G2 gestisce tutto il flusso informativo relativo ai compiti assegnati al contingente - quindi, sulla base dei compiti e delle regole d'ingaggio attribuite al contingente - che a sua volta faceva parte di un complesso superiore che adesso non rammento; prima era con gli americani, poi è subentrata l'ONU, ed è diventata Unosom. Praticamente, gestivo il flusso informativo riguardante tutto, cioè i movimenti operativi...

PRESIDENTE. Anche operazioni di intelligence?

ANGELO PASSAFIUME. Certo, esclusivamente operazioni di intelligence.

PRESIDENTE. Lei ha conosciuto Ilaria Alpi e Miran Hrovatin?

ANGELO PASSAFIUME. Come no!

PRESIDENTE. Anche Miran Hrovatin?

ANGELO PASSAFIUME. No. Purtroppo il cameraman l'ho conosciuto da deceduto. Era arrivato all'ultimo momento, perché aveva sostituito un cameraman che si era fratturato...

PRESIDENTE. Quindi, venendo a Roma?

ANGELO PASSAFIUME. No, l'ho conosciuto in quanto io sono colui che è andato a recuperare Ilaria Alpi e Miran Hrovatin al porto vecchio, dopo che furono soggetti all'attentato.

PRESIDENTE. In quale occasione aveva conosciuto Ilaria Alpi?

ANGELO PASSAFIUME. Praticamente, ho conosciuto Ilaria Alpi quando è arrivata in Somalia al seguito delle nostre truppe, ossia quando ci siamo installati per svolgere le nostre operazioni. Pertanto, avevamo contatti quasi giornalieri con Ilaria Alpi, sia per le sue attività come giornalista, sia durante i briefing giornalieri che svolgevamo con la stampa (attraverso il nostro addetto stampa).
In due occasioni, ho avuto anche modo non dico di lavorare con lei, ma di poterla aiutare. Nella prima occasione, sono andato a recuperarla di notte presso il comando Unosom, dietro richiesta radio rivoltami da un suo collega, Massimo Alberizzi. Ilaria era rimasta isolata da Unosom, a seguito di un servizio che doveva mandare in Italia. Fece molto tardi - era circa a mezzanotte (quello era un periodo molto brutto) - ed io all'una di notte partii perché lei era sola. Anche in quell'occasione, con grande rischio per me per il nucleo che mi seguiva, ho attraversato tutta Mogadiscio per andarla a prendere e per portarla all'hotel.

PRESIDENTE. Quale hotel?


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ANGELO PASSAFIUME. L'hotel Sahafi, a sud.
Nella seconda occasione, invece, sono partito a seguito di una attivazione da parte di Benni, dopo un bombardamento che gli americani avevano eseguito su Mogadiscio sud, credendo che lì fossero riuniti tutti i capi guerriglieri di Aidid. Adesso non ricordo bene la data, ma fu il periodo al quale seguì, subito dopo questo bombardamento, un'insurrezione da parte della popolazione, in cui morirono i giornalisti della Reuters, tra i quali c'era anche lei di mezzo...

PRESIDENTE. E si è salvata.

ANGELO PASSAFIUME. Benni mi chiamò ma io ero già partito per l'aeroporto; quando mi richiamò, mi disse che era riuscita a scamparla. In seguito ci rincontrammo e mi raccontò tutto l'episodio.
Queste sono state le occasioni di contatto. Altre occasioni vi erano, poi, tutti giorni.

PRESIDENTE. Finalmente incontriamo una persona con la quale Ilaria Alpi ha avuto frequenti contatti.
Anzitutto, lei ha mai potuto prendere atto di quali fossero gli interessi giornalistici di Ilaria Alpi? Inoltre, le ha mai confidato, dichiarato, detto, esternato interessi particolari per determinati settori, nei quali svolgere quello che lei praticava, cioè il giornalismo d'inchiesta?

ANGELO PASSAFIUME. Per quanto riguarda la sua attività - fin quando ho avuto modo di poter dialogare con lei, nelle occasioni in cui ci siamo incontrati -, devo ricordare che lei era molto, molto vicina al giornalista Massimo Alberizzi; stavano nello stesso albergo, quindi si frequentavano ed erano molto amici. Tra l'altro, io avevo stretto una certa amicizia anche con massimo Alberizzi, oltre che con Ilaria Alpi.
Signor presidente, lei si riferisce a particolari inchieste, come ad esempio quelle che si apprendono dai giornali?

PRESIDENTE. No, la mia domanda è questa: lei, personalmente o attraverso notizie a riferite da altri, è a conoscenza di determinati interessi, di particolari interessi di Ilaria Alpi - dal punto di vista giornalistico - concretamente attuati in Somalia?

ANGELO PASSAFIUME. Al di là del fatto che lei seguisse le operazioni militari, ossia tutto ciò che noi facevamo in termini di aiuto alla popolazione, di operazioni di rastrellamento, di ricerca di armi da portare a Unosom per distruggerle (era uno dei nostri compiti), al di là di questo non ho altre notizie su determinati indirizzi giornalistici particolari. Non me ne ha mai parlato.

PRESIDENTE. Non gliene ha mai parlato?

ANGELO PASSAFIUME. Né lei, né altri giornalisti, che vedevo tutti giorni, mi avevano fatto menzione di determinati indirizzi o di inchieste giornalistiche particolari.

PRESIDENTE. Naturalmente lei, essendo membro dell'intelligence, aveva a disposizione delle fonti. Ebbene, dalle fonti ha mai ricevuto notizia di attività particolari, di particolari interessi coltivati da Ilaria Alpi?

ANGELO PASSAFIUME. No, mai.

PRESIDENTE. Quando si verificarono i fatti, lei non era a Mogadiscio?

ANGELO PASSAFIUME. Nel 1994 ero a Mogadiscio. Nel senso che sono stato chiamato dopo il mio termine, quindi dopo il rientro in Italia, nell'ottobre del 1993. Questo, per il fatto che ero un ottimo conoscitore dell'area.
Avendo conosciuto gli ambienti, le aree e praticamente tutti i maggiorenti del paese, con i quali avevo contatti quasi tutti i giorni, dallo stato maggiore mi hanno inviato come ufficiale di liaison, di collegamento tra il corpo navale (che doveva


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effettuare tutte le operazioni di recupero del contingente italiano) e lo stato maggiore. Quindi, ero a bordo come ufficiale di collegamento con lo stato maggiore.
Uno dei miei compiti era quello di svolgere dei briefing, per dare delucidazioni a tutti gli addetti alle attività operative di bordo, tra i quali vi erano gli addetti agli elicotteri, i quali dovevano seguire percorsi per così dire tattici, per recuperare il personale sul terreno e portarlo in aree sicure, come gli ultimi avamposti prima dell'imbarco, ossia l'aeroporto e il porto (per poi procedere all'imbarco sulle navi). Questo era il mio compito.
In quel periodo - che si è protratto dal 18 febbraio (data in cui sono partito dall'Italia con l'unità navale) al 4 aprile (data in cui sono rientrato) - sono rimasto in Somalia e ho fatto la spola tra la porta-aeromobili e le basi dalle quali seguivo il ripiegamento di tutte le operazioni.

PRESIDENTE. Quali sono le sue notizie sulla dinamica dei fatti?

ANGELO PASSAFIUME. Intende riferirsi all'incidente di Ilaria Alpi?

PRESIDENTE. Sì.

ANGELO PASSAFIUME. In merito all'incidente di Ilaria Alpi, vorrei fare una premessa. Non appena tutte le unità furono ripiegate, quindi ebbero raggiunto l'ultima base tra l'aeroporto (dove si era insediato il comando con tutte le unità, per poi procedere all'imbarco sulle navi) e il porto (dove però vi erano solo alcuni nuclei, che seguivano tutte le fasi di imbarco dei mezzi e dei materiali che dovevamo rimpatriare), io facevo la spola tra l'aeroporto - quindi l'ultimo comando - e la portaeromobili.
Ad un dato momento, il generale Fiore tenne una riunione con tutti, compresi i giornalisti, dicendo: «Attenzione, da questo momento non posso più assicurare la protezione a nessuno».

PRESIDENTE. Ilaria Alpi era presente?

ANGELO PASSAFIUME. Sì, era presente anche Ilaria Alpi, che disse: «I somali mi vogliono bene, faccio quello che mi pare». E se ne andò da lì.
Tutti gli altri giornalisti, invece, hanno seguito il consiglio. Mi correggo: se non sbaglio, tra i giornalisti ve ne fu un altro, Porzio, che non seguì questo consiglio. Tutti gli altri seguirono il consiglio e si recarono a bordo delle navi. A quel punto, non ricevemmo più notizie di Ilaria Alpi per circa quattro o cinque giorni.
Dopo circa cinque giorni - ormai si era nella fase finale, in cui tutto il comando si stava trasferendo definitivamente a bordo della nave) - il generale Fiore tenne una riunione con tutto lo stato maggiore, me compreso, dicendo: «Attenzione, non abbiamo più notizie di Ilaria Alpi da qualche giorno; la cosa mi preoccupa». Chiamò anche me, dicendomi: «Tu che hai anche delle conoscenze sul territorio, attivando tutti canali possibili, vedi se puoi avere qualche notizia».
Chiaramente, le mie possibilità erano ormai minime, in quanto mi trovavo sulla nave e potevo dialogare con alcuni informatori soltanto tramite le radio (costoro possedevano radio delle ONG, radio private, e quant'altro). Successivamente, però, giunse subito la notizia che Ilaria Alpi era rientrata da Bosaso. Credo che la notizia sia giunta tramite fonte Sismi.
A quel punto, sapendo che Ilaria Alpi era rientrata ed è era tutto OK, ci siamo rasserenati. Sino ad arrivare al giorno - credo sia stato proprio l'indomani (perché Ilaria Alpi è andata in albergo, ha preso le sue cose, poi ha preso la macchina, che credo fosse guidata dall'autista di Massimo Alberizzi) - in cui è incappata nel famoso agguato da parte di questi somali...

PRESIDENTE. Che cosa avete fatto dopo l'agguato?

ANGELO PASSAFIUME. In seguito all'agguato, venne da me il generale Cantone (allora era colonnello) e mi disse: «Angelo, fammi la cortesia, prendi un elicottero. Hanno compiuto un agguato ad Ilaria Alpi, vai subito al porto vecchio per recuperarla».


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A bordo di un elicottero, insieme ad un medico e ad un paio di persone di scorta, partimmo dalla porta-aeromobili, diretti al porto vecchio dove, nel frattempo, il signor Marocchino ed un nucleo dei carabinieri (con a capo il maggiore Tunzi) ed alcuni somali (che credo facessero parte del gruppo di Marocchino) avevano trasportato i corpi di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
Li abbiamo caricati e trasportati sulla porta-aeromobili; lì chiaramente, credendo che forse c'era stato... ma il medico aveva già notato che le cose non erano...

PRESIDENTE. Che erano morti.

ANGELO PASSAFIUME. ...a quel punto io presi subito contatti con delle persone che conoscevo. Tra l'altro, erano tra i pochi affidabili del luogo. È necessario ricordare che in quei posti ogni informazione bisognava valutarla, tagliarla a metà e poi tagliarne un'altra metà; forse, il rimanente 5 per cento di quello che ti dicevano corrispondeva alla verità.
Comunque, lì per lì, subito dopo, ebbi la notizia che l'agguato era stato eseguito da banditi - escludo categoricamente che si possa trattare di gente degli Habr gedir, quindi della zona sud, ma bensì solo della famiglia Abgal (o meglio, dell'etnia Abgal) o di una delle sottoetnie, per così dire, della stessa razza (della stessa provenienza) che avevano compiuto un agguato alla giornalista - e che c'era stato uno scontro a fuoco, a seguito di una reazione dell'autista.
Le prime parole che mi dissero furono proprio queste: il primo ad agire, a sparare, era stato l'autista che trasportava la giornalista e Hrovatin.

PRESIDENTE. Come le fu descritto l'agguato?

ANGELO PASSAFIUME. Questo gruppo di persone, il cui numero variava (mi avevano detto dalle 5 alle 7 persone), aveva bloccato la macchina con le armi spianate, senza sparare. In quel momento vi è stata subito una reazione da parte dell'autista e quindi costoro hanno risposto al fuoco.

PRESIDENTE. Le è stato riferito con quali finalità avessero fermato la macchina?

ANGELO PASSAFIUME. Mi è stato riferito che le finalità, trattandosi semplicemente di banditi (insomma, di gente che non aveva nulla a che vedere con determinati ambienti, con determinati presupposti), erano soltanto quelle di rapire la persona per chiedere un riscatto o addirittura di depredarla di tutto quel che aveva indosso di valore. Considerato che sul posto non c'era nessuno, né polizia...

PRESIDENTE. Chi fu il latore di queste notizie? Chi le comunicò queste informazioni? Erano sue fonti?

ANGELO PASSAFIUME. Sì, erano mie fonti. Posso anche dire chi era la fonte, perché credo che ormai questa persona non ci sia più. Era una fonte di cui io mi sono... non so se siete a conoscenza dell'episodio che si verificò al check point Pasta.

PRESIDENTE. Sappiamo tutto.

ANGELO PASSAFIUME. Allora, saprete anche che io fui l'attore per il recupero del pastificio senza sparare un colpo. Mi ha aiutato moltissimo questa persona, che io ritengo possa essere, se non una delle poche, forse l'unica veramente seria. Si chiama Starlin, la donna che...

PRESIDENTE. La donna che è stata uccisa?

ANGELO PASSAFIUME. Sì.

PRESIDENTE. Fu lei che le fornì quelle informazioni?

ANGELO PASSAFIUME. Sì.


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PRESIDENTE. Per quale motivo lei dice che la donna era particolarmente attendibile?

ANGELO PASSAFIUME. Perché, in relazione a tutte le informazioni, a tutte le attività che ho potuto svolgere o in relazione ad informazioni sulle quali ho potuto realizzare quantomeno una triangolazione con notizie ricevute da altre fonti, lei le ha sempre confermate o negate, indirizzandomi sempre nella giusta direzione.

PRESIDENTE. Da quanto tempo era una sua fonte?

ANGELO PASSAFIUME. Praticamente dall'inizio.

PRESIDENTE. Le sa perché Starlin sia stata uccisa?

ANGELO PASSAFIUME. No. Purtroppo, credo sia morta lo scorso anno in un incidente aereo...

PRESIDENTE. Credo, invece, che sia stata uccisa nel corso di una rapina, a Nairobi.

ANGELO PASSAFIUME. Sapevo che era stata uccisa, ma non sapevo come. Non ci sentivamo da due anni.

PRESIDENTE. Al pubblico ministero Pititto, che la interrogò il 25 maggio 1996, lei disse: «Aggiungo di essere sicuro, sulla base delle mie conoscenze dell'ambiente, che tutti quelli che stanno in zona, compresi quelli del servizio informazioni somalo, facente capo ad Ali Mahdi, sappiano bene chi sia stato ad uccidere i due giornalisti italiani».

ANGELO PASSAFIUME. Confermo.

PRESIDENTE. Che significa?

ANGELO PASSAFIUME. È impossibile che in un'area...

PRESIDENTE. Lei conosceva Gafo?

ANGELO PASSAFIUME. Prego?

PRESIDENTE. Conosceva Gafo? Conosceva il capo della polizia? Conosceva Gilao?

ANGELO PASSAFIUME. Gilao sì, ed anche Gas Gas.

PRESIDENTE. Ha mai parlato con loro di questo problema, ossia di chi potesse essere stato ad uccidere Ilaria Alpi?

ANGELO PASSAFIUME. No, perché purtroppo non ho avuto modo di poter parlare con loro. Lo ripeto, le uniche fonti...

PRESIDENTE. Aveva buoni rapporti con loro?

ANGELO PASSAFIUME. Rapporti eccellenti, ma non mi fidavo.

PRESIDENTE. Perché non si fidava?

ANGELO PASSAFIUME. Perché ritengo che queste persone abbiano, in varie occasioni, fatto un po' il doppio gioco. Dove noi svolgevamo specifiche attività, ci davano determinate informazioni; poi andavano da Unosom, o dagli americani, e fornivano informazioni completamente opposte a quelle che davano a noi.

PRESIDENTE. Comunque, ha mai parlato con Gilao, Gafo e Gas Gas della vicenda Alpi?

ANGELO PASSAFIUME. No, mai.

PRESIDENTE. Lei è in grado, ancora oggi, di avere rapporti con queste persone?

ANGELO PASSAFIUME. Se venissi inviato ancora laggiù, sì.
Il signor Gilao, poi, entrò a far parte del comitato della polizia ricostituita. Tra


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l'altro - non so se sia stato riportato -, lo arrestai su mandato Unosom: dissero che era in combutta con Aidid.

PRESIDENTE. Da parte sua vi è un messaggio un po' criptico. Lei dice: «...compresi quelli del servizio informazioni somalo, facente capo ad Ali Mahdi, sappiano bene chi sia stato».
Cosa intende con questa informazione, a proposito di Ali Mahdi? Forse che dietro gli esecutori vi fosse Ali Mahdi?

ANGELO PASSAFIUME. No, assolutamente. Non credo proprio. Ma ritengo impossibile che si verifichi un'azione... Ho avuto riscontro che loro erano perfettamente a conoscenza di qualsiasi azione avvenisse nel territorio sotto il nostro controllo. Conoscevano momenti, luoghi, ore, date e quant'altro.

PRESIDENTE. Cosa erano queste bande, questi commando?

ANGELO PASSAFIUME. Per fornirle un'idea, quando partii dal nostro comando (la sede dell'ex ambasciata) per andare a recuperare Ilaria Alpi, che si trovava all'altro capo della città, ho attraversato una ventina di posti di blocco, ognuno dei quali rappresentava un terno al lotto: o io riuscivo a passare o finiva con uno scontro a fuoco.
Questa gente, magari, vedendo che io... non lo hanno mai fatto, perché ero ben protetto, armato ed equipaggiato, ma suppongo - così come avveniva con altri e tra loro stessi - che chi attraversava quei posti in macchina e disarmato, senza niente, veniva acchiappato, rapinato, se non addirittura ucciso, per poi essere derubato anche delle scarpe...

PRESIDENTE. Secondo lei, vi era una ragione particolare per attaccare gli italiani in quel momento?

ANGELO PASSAFIUME. Secondo me, no; anche perché tutto il nostro lavoro è stato fatto in un certo modo. Ora, che ci fosse un...

PRESIDENTE. Un disappunto?

ANGELO PASSAFIUME. ... un disappunto da parte di un'organizzazione...

PRESIDENTE. Mi scusi se faccio un passo indietro: chi comandava queste squadre? Erano libere?

ANGELO PASSAFIUME. Erano degli anarchici. Se avessero avuto qualcosa contro gli italiani, non sarebbe stato un gruppo di quattro imbecilli che poteva compiere un'azione contro gli italiani, ma sarebbe stata un'organizzazione...

PRESIDENTE. Però, il generale Fiore comunicò che nell'aria vi era il pericolo di attentati nei confronti di giornalisti; si trattava di giornalisti italiani o di giornalisti in generale?

ANGELO PASSAFIUME. Ritengo che si trattasse di giornalisti in generale. Chiaramente, vi erano i militari - quindi capaci di difendersi - e le persone indifese. Alcuni giornalisti, tra l'altro, si erano procurati anche una scorta sin dall'inizio. Anche loro sapevano che potevano incorrere in rischi. Molti dei giornalisti della RAI, ad esempio, viaggiavano con scorta o, addirittura, si appoggiavano ad altri che avevano la scorta.

PRESIDENTE. Lei ha detto: «Fu un gruppo di banditi Waisle, della famiglia Abgal, che tuttora circolano liberamente nello stesso quartiere»...

ANGELO PASSAFIUME. Intendevo dire in quel periodo.

PRESIDENTE. ... «dove fu assassinata la Alpi, a seguito di un tentativo di furto o di sequestro di persona a scapito della giornalista».
Questa è la notizia che lei ha ottenuto da Starlin?

ANGELO PASSAFIUME. Immediatamente.


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PRESIDENTE. In che senso, «immediatamente»?

ANGELO PASSAFIUME. Dieci minuti dopo che ho scaricato Ilaria Alpi dall'elicottero atterrato sul ponte, mi misi in contatto con Starlin, la quale mi disse: «La situazione è... la notizia che mi è giunta è che si tratta di...»; in pratica quanto lei, presidente, ha appena letto.

ANGELO PASSAFIUME. Ancora, lei dice: «Avrei dovuto parlare con loro» - si riferisce ai genitori di Ilaria Alpi - «ma visto il forte accanimento e la presa di posizione dei nostri confronti, preferii non incontrarli. So per certo che anche i cittadini somali che hanno cercato di parlare con i genitori della sventurata giornalista riferirono loro che i fatti non erano andati come loro immaginavano, bensì era stato un tragico incidente e non chissà quale oscuro complotto».
Lei sa quali fossero questi cittadini somali che hanno preso contatto con la famiglia Alpi?

ANGELO PASSAFIUME. Credo che una delle persone fosse proprio Starlin.

PRESIDENTE. È a conoscenza di altri, oltre a Starlin?

ANGELO PASSAFIUME. No, credo che si trattasse di tutto l'entourage della signora Starlin.

PRESIDENTE. Lei avrà certamente conosciuto Giancarlo Marocchino.

ANGELO PASSAFIUME. Eccome.

PRESIDENTE. Che rapporti avete avuto?

ANGELO PASSAFIUME. In merito ai rapporti tra Giancarlo Marocchino e noi, posso dire che lui era un faccendiere che lavorava lì; credo trasportasse aiuti e quant'altro per conto di alcune organizzazioni non governative. Era il nostro fornitore, sin dall'inizio, di mezzi pesanti per il trasporto di container e di materiale simile. Avevamo soltanto un rapporto di servizio. Ci forniva determinati servigi per svolgere alcune attività. Questo dal punto di vista logistico, cioè per il trasporto container dal porto....

PRESIDENTE. Lei saprà - ormai è noto - che Marocchino si preoccupò di soccorrere Ilaria Alpi.

ANGELO PASSAFIUME. Sì, fu il primo...

PRESIDENTE. A prescindere da tutto ciò che sappiamo - e che è noto -, lei, che era sul posto, seppe che Marocchino era intervenuto per il soccorso alla giornalista? E se sì, da chi lo seppe?

ANGELO PASSAFIUME. No, non lo seppi; me ne accorsi quando atterrai all'aeroporto, quando il generale Cantone mi attivò (ero sul ponte, dove c'erano gli incursori di marina, il battaglione San Marco, eravamo tutti rientrati e si addestravano), ero in giacca e cravatta, perché ero un ufficiale di collegamento. Il generale Cantone mi disse: «Per favore, vai a prendere Ilaria Alpi». Io mi guardai intorno e dissi: «Ci sono qui tanti militari in tenuta da combattimento, mentre io sono in giacca e cravatta». Il generale mi disse: «No, vacci tu, perché lì non c'è nessuno, non voglio mandare dei ragazzi così, voglio qualcuno che conosce...»...

PRESIDENTE. E come si mise in contatto con la Starlin, in quella circostanza?

ANGELO PASSAFIUME. Per radio.

PRESIDENTE. Lei la chiamò?

ANGELO PASSAFIUME. Sì.

PRESIDENTE. Avevate il collegamento radio?

ANGELO PASSAFIUME. Certo, c'eravamo già sentiti; noi eravamo già alla


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fonda lì davanti, quindi io facevo avanti e indietro, perciò ci eravamo già visti, incontrati.

PRESIDENTE. Quando vi siete sentiti, lei stava già sulla Garibaldi?

ANGELO PASSAFIUME. Ero già sulla nave.

PRESIDENTE. Ho capito. A proposito di una circostanza che noi conosciamo, secondo la quale alcuni banditi sarebbero rimasti feriti, anche questa è una notizia di Starlin.

ANGELO PASSAFIUME. Anche questa è una notizia di Starlin, e me la confermò anche Massimo Alberizzi. Tra l'altro, so che qualcuno andò all'ospedale a vedere se questi feriti fossero realmente là.

PRESIDENTE. La parola all'onorevole Schmidt.

GIULIO SCHMIDT. Grazie, presidente.
Colonnello, lei ritiene - conoscendo l'ambiente - che sia ancora rintracciabile la registrazione dei nomi dei somali che sono stati ricoverati per ferite all'ospedale di Mogadiscio?

ANGELO PASSAFIUME. A questo non saprei rispondere, dopo 12 anni. Può darsi, ma non lo so.

GIULIO SCHMIDT. Sterlin le disse da chi aveva avuto la notizia?

ANGELO PASSAFIUME. Attraverso tutto un suo giro di conoscenze, di collegamenti.

GIULIO SCHMIDT. Le disse anche di averli riconosciuti?

ANGELO PASSAFIUME. No, mi disse che erano degli sbandati, della gente che era lì, che faceva parte di questa etnia (e non poteva essere altrimenti, perché lì era impossibile trovare gente dell'altra parte, perché altrimenti ci sarebbe stato ben più che uno scontro tra fazioni); disse subito che era gente sbandata, che aveva approfittato del momento in cui lì non c'era nessuno. Potevano quindi praticamente operare liberamente, fare quello che volevano. Soltanto che non si aspettavano questa reazione, appunto, da parte dell'autista, che ha provocato subito una loro reazione.

GIULIO SCHMIDT. Dell'autista o dell'uomo di scorta?

ANGELO PASSAFIUME. Dell'autista.

GIULIO SCHMIDT. Mi scusi un momento: fu l'autista a sparare, o fu un uomo della scorta?

ANGELO PASSAFIUME. Che io sappia - per quello che mi disse -, fu l'autista a sparare.

GIULIO SCHMIDT. Lo trovo incongruente perché l'autista stava retrocedendo con la vettura a tutto spiano, quindi, per quanto fosse un «drago»...

ANGELO PASSAFIUME. Questo risulta dalle notizie che ho.

GIULIO SCHMIDT. Risulta (e sembra abbastanza accertato) che nel momento in cui la macchina degli attentatori si mise davanti alla Toyota, l'autista fece immediatamente retromarcia: quindi aveva, ovviamente, una mano sulla retromarcia e l'altra mano sul volante. Ritengo impossibile che abbia avuto la possibilità di sparare. Pertanto, si trattava chiaramente dell'uomo della scorta.

ANGELO PASSAFIUME. Che io sappia, l'uomo della scorta non c'è mai stato. Non so da dove scappa fuori.

PRESIDENTE. Scusatemi, vi interrompo un attimo. La mente umana è imperscrutabile. Signor Passafiume, la stessa domanda le è stata fatta quando lei


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è stato sentito dalla commissione Gallo. E in quella circostanza lei ha risposto: «Fu un vero e proprio conflitto a fuoco, la scorta della giornalista sparò per prima».

ANGELO PASSAFIUME. Forse, dicendo «scorta» intendevo riferirmi all'autista. Vorrei correggere quella mia dichiarazione, anche in ragione del fatto che forse, sul momento... mi era sempre stato detto che era stato l'autista, che poi faceva anche da scorta, che aveva sparato per primo.

GIULIO SCHMIDT. No, questo non è attendibile. Erano in due, questo è accertato.

PRESIDENTE. Quando Ilaria Alpi tornò a Mogadiscio da Bosso, insieme a Miran Hrovatrin, ricorda se attraverso l'esercito italiano o attraverso altri mezzi sia stata approntata una qualche protezione per andare a prendere i due giornalisti all'aeroporto di Mogadiscio - di ritorno da Bosso - per portarli all'albergo?

ANGELO PASSAFIUME. Che io sappia, no.

PRESIDENTE. Se non vi sono altre domande, ringrazio il colonnello Angelo Passafiume e dichiaro concluso l'esame testimoniale.

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