Back Forward

Seduta del 6/7/2004


Pag. 34


...
Esame testimoniale di Giorgio Cannarsa.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale di Giorgio Cannarsa, al quale rappresento che viene ascoltato in qualità di testimone e quindi (ovviamente si tratta di una menzione solo per dovere di ufficio) con l'obbligo di dire la verità e di rispondere alle domande del presidente e della Commissione. Può darci le sue generalità?

GIORGIO CANNARSA. Sono Giorgio Cannarsa nato a Terni il 12 marzo 1940, residente a Manziana, in provincia di Roma, via delle Fornaci numero 60. Attualmente sono in pensione con la qualifica di generale di brigata.

PRESIDENTE. Quando stava a Mogadiscio, nel marzo del 1994, che incarichi aveva?

GIORGIO CANNARSA. Ero responsabile di una cellula G6, ossia della parte umanitaria della missione Ibis 2, e mi interessavo del ripristino delle scuole, cioè della riapertura delle scuole secondo il programma di food for work. Facevamo in maniera che gli insegnanti, ricevendo il cibo, potessero lavorare, e i bambini ricevessero la colazione. Inoltre, portavo viveri agli ospedali. Insomma, mi interessavo della parte umanitaria del contingente.

PRESIDENTE. Dove era di base?

GIORGIO CANNARSA. Ero di base in quella che era chiamata ex ambasciata italiana.

PRESIDENTE. Questi compiti ai quali lei ha fatto riferimento, di tipo umanitario, riguardavano tutta la Somalia oppure soltanto alcune zone?


Pag. 35

GIORGIO CANNARSA. Riguardavano il reperimento, tramite le organizzazioni umanitarie, dei materiali da distribuire: viveri, quaderni e tutto quello che poteva essere necessario in una situazione del genere.

PRESIDENTE. Per tutta la Somalia?

GIORGIO CANNARSA. No, soprattutto per Mogadiscio. Procuravo anche alcuni materiali per il resto del contingente (li andavano a portare in altre zone).

PRESIDENTE. Soprattutto per Mogadiscio? Che significa? Era un fatto di concretezza, di attualità, ma volendo, dal punto di vista delle competenze, lei poteva espanderla a tutta la Somalia, oppure c'era proprio una competenza territoriale specifica?

GIORGIO CANNARSA. Vi era una competenza territoriale specifica per Mogadiscio. E l'impegno era già talmente grave per Mogadiscio che non c'era tempo materiale per poterlo fare in altre aree.

PRESIDENTE. Ma se ci fossero state le occasioni avreste avuto la possibilità di farlo, teoricamente, sul piano della legittimazione?

GIORGIO CANNARSA. Certo.

PRESIDENTE. Con quali organizzazioni avete avuto contatti, soprattutto in questo periodo di permanenza in Somalia, e con quali persone di queste organizzazioni, o persone diverse dalle organizzazioni?

GIORGIO CANNARSA. Con tutte le organizzazioni delle Nazioni Unite, dall'Unicef alla FAO, e con tutte le branche delle Nazioni Unite presso le quali aiutavo la popolazione locale a presentare progetti per il ripristino di scuole, ospedali e di quello che loro desideravano.

PRESIDENTE. Generale, il 20 marzo 1994 è il giorno che a noi interessa perché fu quello in cui furono assassinati Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. In quel torno di tempo, voi vi stavate preparando per lasciare Mogadiscio?

GIORGIO CANNARSA. In effetti, ero già da un paio di settimane (adesso non ricordo esattamente) al porto di Mogadiscio (al porto nuovo, dal momento che il porto di Mogadiscio era diviso in due parti, la parte vecchia e quella nuova) in quanto l'ex ambasciata italiana era stata chiusa perché sia il contingente italiano sia gli altri contingenti europei e degli Stati Uniti avevano già abbandonato Mogadiscio. Io ero rimasto nella parte del porto nuovo. Ero ancora in contatto con alcune organizzazioni umanitarie che avevano rilevato gli ospedali, le scuole e gli altri progetti umanitari.

PRESIDENTE. All'epoca, i progetti erano stati completati?

GIORGIO CANNARSA. Alcuni erano stati completati, nel senso che vi erano alcune scuole funzionanti. Perciò, invece di chiuderle, avevano affidato i materiali in nostro possesso e la competenza sulle scuole e sulle altre operazioni umanitarie che stavamo compiendo alle organizzazioni non governative che erano rimaste a Mogadiscio.

PRESIDENTE. Quindi, quei programmi che non erano stati completati sarebbero stati proseguiti da queste organizzazioni?

GIORGIO CANNARSA. Sì.

PRESIDENTE. C'era un passaggio di consegne, oppure avveniva soltanto di fatto? Siccome voi vi allontanavate e quindi bisognava riempire dei vuoti, avveniva automaticamente che si riempissero, oppure c'era un accordo, non dico un contratto, ma un'intesa?

GIORGIO CANNARSA. C'era un'intesa non formalizzata nel senso che i rappresentanti delle organizzazioni avevano fatto...


Pag. 36

PRESIDENTE. C'erano dei beni, delle cose di proprietà dello Stato italiano, viveri o attrezzature?

GIORGIO CANNARSA. No.

PRESIDENTE. Di chi erano?

GIORGIO CANNARSA. Non erano di proprietà dello Stato italiano. Come le dicevo prima, c'erano dei progetti che venivano presentati dalla popolazione locale e venivano approvati e finanziati dalle Nazioni Unite. Il materiale era sempre di proprietà delle Nazioni Unite.

PRESIDENTE. Questi materiali erano delle Nazioni Unite, ma nel momento in cui voi andavate via, e quindi lasciavate il vuoto, dovevano essere utilizzati da altri. Allora le chiedo: chi provvedeva a fare in modo che questo accadesse? Infatti, non saranno stati dello Stato italiano, ma saranno stati sicuramente dell'ONU questi beni viveri o altre cose di questo genere.

GIORGIO CANNARSA. Le stavo dicendo proprio questo. I viveri arrivavano praticamente con una cadenza mensile. Mensilmente, venivano ritirati dai depositi delle Nazioni Unite quelle quantità di materiali necessarie al food for work.

PRESIDENTE. E l'altra che arrivava dove andava a finire? Se arrivava il camion o il carico di aereo o di nave...

GIORGIO CANNARSA. Non arrivava direttamente a noi.

PRESIDENTE. A chi arrivava?

GIORGIO CANNARSA. Arrivava ai depositi delle Nazioni Unite.

PRESIDENTE. Erano materiali che provenivano dallo Stato italiano o no?

GIORGIO CANNARSA. No, provenivano da tutto il mondo.

PRESIDENTE. Ma anche dallo Stato italiano?

GIORGIO CANNARSA. Non glielo so dire.

PRESIDENTE. Voi eravate soltanto gestori?

GIORGIO CANNARSA. In base ai programmi già approvati dalle Nazioni Unite, c'era un quantitativo determinato di viveri che dovevano distribuire.

PRESIDENTE. Generale, ho capito.
Come mantenevate il contatto con le organizzazioni non governative e anche con le navi italiane che erano al largo? Via radio?

GIORGIO CANNARSA. Avevo contatti con le organizzazioni delle Nazioni Unite e non con le navi.

PRESIDENTE. Mantenevate il contatto con le organizzazioni non governative?

GIORGIO CANNARSA. Li tenevo con le Nazioni Unite alle quali poi presentavo quietanza per i vari professori.

PRESIDENTE. Lei conosceva Ilaria Alpi?

GIORGIO CANNARSA. Sì. L'avevo vista diverse volte, perché sia lei sia altri giornalisti che venivano a Mogadiscio in genere si fermavano in un hotel nella stessa strada dove era l'ex ambasciata italiana (altre volte si fermavano in un altro hotel di cui non ricordo il nome, e che si trovava al centro). Era una zona considerata più sicura perché c'eravamo noi.

PRESIDENTE. Da quanto tempo conosceva Ilaria Alpi, con riferimento al marzo 1994?

GIORGIO CANNARSA. Posso dire che sono arrivato in Somalia nel settembre del 1993, ma adesso non ricordo esattamente


Pag. 37

quando la incontrai per la prima volta. Comunque, l'avrò vista quattro o cinque volte.

PRESIDENTE. Nel viaggio precedente l'aveva già conosciuta, o l'ha conosciuta nel periodo dell'ultimo viaggio? L'aveva contattata nel 1993?

GIORGIO CANNARSA. Non personalmente.

PRESIDENTE. In riferimento a queste quattro o cinque volte, quando l'ha vista, generale, quando stavate là oppure no? O a marzo?

GIORGIO CANNARSA. Forse anche a marzo, ma non le so dire quando esattamente.

PRESIDENTE. Quindi, anche in precedenza?

GIORGIO CANNARSA. Anche in precedenza venivano nell'ex ambasciata dove avevamo la mensa. Venivano a bere qualcosa insieme a noi.

PRESIDENTE. Che rapporto c'era? C'era un rapporto di amicizia? Di frequentazione? Di aiuto? Qual era il rapporto di Ilaria Alpi con lei in particolare?

GIORGIO CANNARSA. Con me era di buongiorno e di buonasera. Venivano nella sede in cui noi stavamo.

PRESIDENTE. Che cos'era la sede? Un palazzo?

GIORGIO CANNARSA. Un palazzo, che era l'ex ambasciata italiana.

PRESIDENTE. Cosa facevate in questa ambasciata? Voi eravate di stanza in questa ambasciata? Vivevate nell'ambasciata?

GIORGIO CANNARSA. Io sì, vivevo nell'ambasciata insieme ad altri.

PRESIDENTE. Quando Ilaria Alpi veniva nell'ambasciata, cosa veniva a fare? Rimaneva a cena, a pranzo, parlava, prendeva informazioni, raccontava quello che succedeva, indicava le difficoltà con le quali si incontrava? Che cosa veniva a fare all'ambasciata, se ci veniva? Buongiorno e buonasera si può dire anche per strada. Se veniva all'ambasciata c'era una ragione.

GIORGIO CANNARSA. Conosceva diverse persone, alcune con maggiore profondità.

PRESIDENTE. Chi conosceva?

GIORGIO CANNARSA. Non ricordo i nomi, ma in ambasciata c'era un reparto del Col Moschin che si occupava di sicurezza e di intelligence.

PRESIDENTE. Servizi di informazione?

GIORGIO CANNARSA. Servizi di informazione, ma non servizi segreti. Intelligence, nel senso...

PRESIDENTE. Intelligence nel senso di intelligence. E questo servizio di intelligence che stava nell'ambasciata faceva parte dell'esercito o di che cosa?

GIORGIO CANNARSA. Sono truppe speciali dell'esercito, che intervengono in situazioni critiche.

PRESIDENTE. Ilaria Alpi aveva rapporti con questo servizio di intelligence, che è un gruppo speciale dell'esercito che interviene in situazioni critiche? È esatto?

GIORGIO CANNARSA. Sì.

PRESIDENTE. E in particolare, con chi aveva rapporti?

GIORGIO CANNARSA. Non ricordo le persone. Comunque, Ilaria Alpi sedeva intorno al tavolo con noi.


Pag. 38

PRESIDENTE. Che significa intorno al tavolo? Al tavolo del pranzo?

GIORGIO CANNARSA. Dove si mangiava. Non ho mai visto Ilaria Alpi al tavolo di lavoro.

PRESIDENTE. Era al tavolo dove si mangiava o era al tavolo mentre mangiavate?

GIORGIO CANNARSA. Era al tavolo mentre mangiavamo.

PRESIDENTE. Dunque, era ospite?

GIORGIO CANNARSA. Sì, certo.

PRESIDENTE. Lei ha detto adesso che aveva rapporti di maggiore conoscenza, più di amicizia, con questo servizio di intelligence.

GIORGIO CANNARSA. Sì, anziché di conoscenza come era con noi.

PRESIDENTE. E le ragioni di questa particolare frequentazione, che lei definisce amicizia, lei le ha mai conosciute? Sa se Ilaria Alpi avesse motivo di essere più in contatto con questo servizio di intelligence per le situazioni particolarmente delicate che tutelava, o no?

GIORGIO CANNARSA. Non le so rispondere, perché ciò non è a mia conoscenza. Posso immaginare che da un servizio di intelligence potesse ottenere informazioni, però questa è solo una mia ipotesi. Poteva avere informazioni sulla sicurezza e sulle aree pericolose.

PRESIDENTE. C'erano aree pericolose?

GIORGIO CANNARSA. Tutta Mogadiscio era un'area pericolosa.

PRESIDENTE. Oltre a Mogadiscio?

GIORGIO CANNARSA. Io conosco Mogadiscio perché il mio periodo l'ho trascorso a Mogadiscio.

PRESIDENTE. Lei sa se Ilaria Alpi doveva andare a Chisimaio?

GIORGIO CANNARSA. No.

PRESIDENTE. Lei ricorda di avere incontrato Ilaria Alpi l'ultima volta che è stata in Somalia nell'ultimo viaggio che ha fatto? La volta è quella in cui è stata uccisa.

GIORGIO CANNARSA. Sì. Le dico che cosa ricordo. Ricordo che prima che Ilaria Alpi fosse uccisa (non ricordo quanto tempo prima) non si avevano notizie di lei né di Miran Hrovatin.

PRESIDENTE. Sempre in quel periodo?

GIORGIO CANNARSA. Sì. So che erano giunte telefonate dalla famiglia o dalla RAI. Volevano sapere che fine avessero fatto.

PRESIDENTE. Erano giunte telefonate. A chi?

GIORGIO CANNARSA. A chi non lo so. So che la cercavano.

PRESIDENTE. A chi non lo sa, da chi nemmeno?

GIORGIO CANNARSA. Credo dalla famiglia e dalla RAI, perché era scomparsa.

PRESIDENTE. E non sa chi l'avesse cercata della RAI?

GIORGIO CANNARSA. No.

PRESIDENTE. E dove avrebbero telefonato?

GIORGIO CANNARSA. Probabilmente all'ambasciata.


Pag. 39

PRESIDENTE. E con chi avrebbero parlato all'ambasciata?

GIORGIO CANNARSA. Non lo so.

PRESIDENTE. E come ha saputo che avrebbero telefonato?

GIORGIO CANNARSA. In un ambiente piccolo come il nostro...

PRESIDENTE. ...era voce corrente nell'ambasciata?

GIORGIO CANNARSA. Si diceva: non si sa dove sono finiti Ilaria Alpi e l'operatore.

PRESIDENTE. Ma io le ho fatto un'altra domanda. La sua risposta è che Ilaria Alpi non si trovava e che pertanto - se non si trovava - lei non poteva averla incontrata. La mia domanda, invece, era un'altra: durante l'ultima permanenza in Somalia, conclusasi tragicamente con la sua uccisione, lei ha incontrato Ilaria Alpi sì o no?

GIORGIO CANNARSA. Quando era a Mogadiscio, prima di essere uccisa, no. Arrivando a Mogadiscio, per andare fuori, questo non lo ricordo. Se è passata per l'ambasciata, sì.

PRESIDENTE. Ma, sia pure in questa seconda eventualità, si tratta sempre dell'ultimo viaggio, non del precedente. È così?

GIORGIO CANNARSA. Torno a ripetere: quando lei è rientrata a Mogadiscio ed è stata uccisa, no; prima che avvenisse questo, non l'ho incontrata perché io so che è stata un giorno nell'altro hotel - non in quello vicino all'ex ambasciata - per cui non l'ho incontrata, in quanto ero al porto. Per quanto riguarda prima che andasse fuori, a fare missioni, questo non lo so dire.

PRESIDENTE. Ilaria Alpi è stata in Somalia, l'ultima volta, dal 12 al 20 marzo, giorno in cui è morta.

GIORGIO CANNARSA. Se lei mi dice dal 12 marzo, lo escludo, perché ero già nel porto; quindi, la mia risposta è sicuramente no.

PRESIDENTE. L'ultima volta, allora, lei non l'ha vista?

GIORGIO CANNARSA. No. Se è prima del mio trasferimento al porto, probabilmente sì.

PRESIDENTE. E quando fu il suo trasferimento al porto?

GIORGIO CANNARSA. Nella prima settimana di marzo.

PRESIDENTE. Effettivamente, stiamo parlando della seconda settimana, quindi lei non dovrebbe averla incontrata.
Ricorda di aver fatto un viaggio insieme a Ilaria Alpi, alla volta di Merka?

GIORGIO CANNARSA. No, lo escludo.

PRESIDENTE. Lei conosce Giancarlo Marocchino?

GIORGIO CANNARSA. Sì, lo conosco.

PRESIDENTE. Siete amici?

GIORGIO CANNARSA. Lo conosco. L'ho incontrato molte volte, quindi lo conosco bene. Amico, no.

PRESIDENTE. Siete stati frequentatori assidui, l'uno dell'altro?

GIORGIO CANNARSA. Frequentatori, sì, perché Giancarlo Marocchino, che aveva la sede non molto distante dall'ex ambasciata italiana, era in grado di fornire di tutto, dal toner di una stampante alle lampadine, al legname, e qualunque cosa ci potesse servire.


Pag. 40

PRESIDENTE. E che gli davate in cambio?

GIORGIO CANNARSA. Io personalmente, nulla. Se mi serviva del legname o se serviva qualcos'altro, tramite la catena logistica gli chiedevo di procurarmelo.

PRESIDENTE. Ma quali erano i suoi rapporti con il servizio di intelligence di cui lei ha parlato in precedenza - e che rappresentava una unità importante dell'ex ambasciata italiana? C'era l'ambasciatore, allora?

GIORGIO CANNARSA. Sì.

PRESIDENTE. Era Scialoja, o sbaglio?

GIORGIO CANNARSA. Scialoja non era ambasciatore, ma era un incaricato d'affari. L'ex ambasciata italiana era divisa in due grandi parti: nella parte più grande - e anche la più rovinata - eravamo di stanza noi, con il refettorio; una trentina, una quarantina di persone, tra cui una parte era quel reparto speciale...

PRESIDENTE. Marocchino aveva rapporti con questo reparto speciale?

GIORGIO CANNARSA. Probabilmente, se anche a loro serviva qualcosa se la procuravano da Marocchino.

PRESIDENTE. Generale, sto parlando del servizio speciale informazioni. Le chiedo se con il servizio speciale informazioni, oltre al toner - di cui faceva fornitura - Marocchino avesse un rapporto di informazione reciproco.

GIORGIO CANNARSA. Su questo non le so rispondere; però le posso dire che Marocchino era sposato con una principessa locale ed era legato a due gruppi, sia a quello di Ali Mahdi, che all'altro, per cui si poteva muovere benissimo in tutta Mogadiscio e certamente chi doveva fare intelligence - questa è sempre una mia opinione - si riferiva anche a lui.

PRESIDENTE. Generale, chi l'ha avvisata dell'agguato a Ilaria Alpi?

GIORGIO CANNARSA. Marocchino.

PRESIDENTE. Perché ha avvertito lei?

GIORGIO CANNARSA. Le spiego. Avevo una radio portatile che non aveva una grossa portata, per cui non riuscivo a contattare direttamente le organizzazioni umanitarie; pertanto, una volta o due al giorno, Marocchino mi faceva da ponte con le organizzazioni umanitarie.
Poco dopo uno di questi contatti, Marocchino mi richiama e mi dice: «Stanno sparando vicino all'hotel Hamana». Poi, mi chiama di nuovo e mi dice: «Hanno sparato a due giornalisti italiani». Ora, non ricordo se mi disse che erano coperti di sangue, comunque mi sembra che mi chiese...

PRESIDENTE. Le disse che cosa stesse facendo, materialmente? Le disse che cosa intendeva fare? Che cosa le comunicò?

GIORGIO CANNARSA. Mi disse semplicemente che stavano sparando davanti a lui. Mi disse: «Stanno sparando alla macchina davanti a me». Infatti, ripeto, Marocchino abitava poco distante dall'albergo. Mi disse: «Stanno sparando davanti a me». Poi, poco dopo, mi richiama e mi dice: «Hanno colpito la macchina dove ci sono dei giornalisti italiani».

PRESIDENTE. Le disse chi è che lo aveva avvisato?

GIORGIO CANNARSA. Lui mi disse che stavano sparando davanti a lui, quindi si trattava di una percezione diretta. Disse: «Stanno sparando davanti a me»; poi, subito dopo è arrivato vicino alla macchina e ha detto: «Sono due giornalisti italiani» e qualcosa del tipo: «Li possiamo soccorrere? Come li possiamo soccorrere?» e poi «Secondo me sono gravi; sono morti; come si può fare?».


Pag. 41

PRESIDENTE. Mi scusi, ma a quale titolo le venne fatta questa cronaca in diretta da Marocchino? Che cos'era, uno sfogo personale?

GIORGIO CANNARSA. No, no.

PRESIDENTE. Ha chiesto aiuto?

GIORGIO CANNARSA. Sì.

PRESIDENTE. E voi perché non glielo avete dato?

GIORGIO CANNARSA. Di aiuto dal porto non potevamo darne, perché al porto non c'era più niente: c'erano degli autisti...

PRESIDENTE. Qualcuno poteva dare un aiuto, però. O no?

GIORGIO CANNARSA. No, c'erano solo degli autisti che stavano caricando sulla nave macchine, carri e tutto quel che era rimasto da caricare.

PRESIDENTE. Generale, mi scusi, ma lei mi deve spiegare un fatto, perché io non riesco a capire. Lei è un ufficiale dell'esercito italiano, che sta all'ambasciata, sia pure nella parte più rovinata: si tratta, dunque, di un ufficio pubblico dello Stato italiano...

GIORGIO CANNARSA. No, no, come le stavo dicendo prima, eravamo separati. L'ambasciatore era per i fatti suoi e noi...

PRESIDENTE. Ho capito, ma lei continuava ad essere un ufficiale dell'esercito italiano, mentre stava là, oppure no?

GIORGIO CANNARSA. Certo, io ero inquadrato in un reparto militare italiano.

PRESIDENTE. Allora, innanzitutto le chiedo: perché Marocchino chiamò lei, per fare la cronaca di quel che stava accadendo?

GIORGIO CANNARSA. Le stavo dicendo che Marocchino era stato in contatto, due, cinque, dieci minuti prima che succedesse tutto questo, e mi aveva fatto da ponte con un'organizzazione umanitaria.

PRESIDENTE. Questo l'ho capito.

GIORGIO CANNARSA. Subito dopo, mi richiama e mi dice: «Stanno sparando». Non lo so perché mi abbia richiamato, però ha chiamato me, e mi ha detto: «Stanno sparando». Non so perché abbia chiamato me.

ELETTRA DEIANA. A chi altri si sarebbe dovuto rivolgere, allora?

PRESIDENTE. Ma non le ha detto soltanto che stavano sparando, le ha detto delle cose ben precise; le ha detto tutto quel che sta succedendo. Dunque, perché ha chiamato lei?
Come le ha giustamente chiesto l'onorevole Deiana, a chi altri si sarebbe dovuto rivolgere, invece che a lei? Perché non si è rivolto ad un'altra autorità o ad un altro organo?

GIORGIO CANNARSA. Con me era in contatto, quei giorni...

PRESIDENTE. Ma lei era anche un ufficiale dell'esercito, o no?

GIORGIO CANNARSA. Sì, ma...

PRESIDENTE. Come, no? Non c'è da ridere, qui...

GIORGIO CANNARSA. Non sto ridendo.

PRESIDENTE. Qui c'è da rendersi conto che Marocchino, cittadino italiano che si trova in Somalia e assiste ad un agguato, sente la necessità di contattare un ufficiale dell'esercito italiano per dirgli quel che sta succedendo.
Ovviamente, non può averlo fatto per sadismo o per altro biasimevole motivo;


Pag. 42

quindi, lo ha fatto semplicemente e soltanto perché sapeva di parlare con un ufficiale dell'esercito italiano.

GIORGIO CANNARSA. Per vedere che cosa potevamo fare in aiuto dei due.

PRESIDENTE. Ecco, esatto. Però, sul posto - e questo è un dato certo - non c'è andato nessuno, di alcuna provenienza pubblica, italiana o estera, della polizia o dei carabinieri; tant'è che, come ho già detto a colui che abbiamo sentito prima di lei, oggi siamo nella difficoltà di poter ricostruire i fatti.
Allora, le chiedo, innanzitutto, perché Marocchino ha contattato lei e, in secondo luogo, a cosa sia servito questo contatto. Lei che stava facendo, in quel momento?

GIORGIO CANNARSA. In quel momento, nulla di particolare. Stavo...

PRESIDENTE. Dove si trovava, in ambasciata?

GIORGIO CANNARSA. No, ero al porto. Non ero più nell'ambasciata, ma ero al porto, in attesa di completare il passaggio dei materiali all'organizzazione umanitaria.

PRESIDENTE. E che cosa ha fatto, in quell'occasione? Tra l'altro, con quello che stava succedendo, l'organizzazione umanitaria non c'entrava assolutamente niente. Lei si interessa di scuole, di temperini, di asili, eccetera; che cosa c'entrava tutto questo con quello che stava succedendo?

GIORGIO CANNARSA. Diciamo che Marocchino era il mio ponte radio e si è rivolto a me, probabilmente, anzi sicuramente, per cercare di aiutare sia Ilaria...

PRESIDENTE. E non poteva chiamare i carabinieri?

GIORGIO CANNARSA. Anche loro, come tutto il contingente, erano a bordo della Garibaldi e delle altre navi. Era rimasto un gruppo di persone, poche, per terminare il caricamento su una nave civile di tutto quello che era rimasto.

PRESIDENTE. Ma non erano lontani. La stazione dei carabinieri...

GIORGIO CANNARSA. Non c'era stazione dei carabinieri.

PRESIDENTE. Va bene, intendo dire la sede dove stavano i carabinieri; rispetto al posto in cui furono uccisi i due giornalisti, non era molto lontana, giusto?

GIORGIO CANNARSA. Se parliamo di sede, era dall'altra parte di Mogadiscio, nell'ambasciata americana.

PRESIDENTE. No, a noi risulta diversamente.

GIORGIO CANNARSA. Se me lo consente, vorrei fare due minuti di cronaca, così poi lei può farmi tutte le domande.

PRESIDENTE. Prego.

GIORGIO CANNARSA. Dunque, io sono elicotterista e quindi mi sono fatto aprire uno dei mezzi - proprio da alcuni carabinieri che dovevano caricare i loro mezzi su quella nave - per contattare via radio la Garibaldi e chiedere l'intervento di un elicottero per fare un'evacuazione medica dei due giornalisti. Poi, una volta che ho completato questo contatto ed ho dato le informazioni alla Garibaldi, lì c'era la sala operativa, per cui hanno preso in mano la situazione e l'hanno gestita loro.
Nello stesso tempo, i carabinieri che erano vicino a me - erano un gruppo; non ricordo quanti fossero, saranno stati sei o sette - e seguivano quello che stavo dicendo alla Garibaldi, si sono messi in uno di quei mezzi e sono usciti per andare a vedere il posto dove c'erano Ilaria e Hrovatin.

PRESIDENTE. I carabinieri?


Pag. 43

GIORGIO CANNARSA. Sì, sono usciti per andare a vedere. Adesso, però, non so se...

PRESIDENTE. Se ci sono arrivati.

GIORGIO CANNARSA. No, intendo dire che non so se sono arrivati lì o nel porto vecchio, in quanto dalla Garibaldi era arrivata la comunicazione che l'elicottero non poteva atterrare dove erano stati feriti Ilaria e l'operatore e che, pertanto, i due dovevano essere portati al porto vecchio, dove c'era un molo su cui l'elicottero sarebbe potuto atterrare.

PRESIDENTE. Va bene. Adesso che abbiamo capito esattamente quello che sapevamo, le voglio fare una domanda. Dunque, il signor Marocchino telefona a lei, non telefona ai carabinieri: è una scelta di Marocchino. Lei la sa spiegare questa scelta?

GIORGIO CANNARSA. Sì, non c'era nessuno a cui telefonare perché erano andati tutti via. L'unico...

PRESIDENTE. Ma come faceva Marocchino a sapere che erano andati tutti quanti via? Avrebbe dovuto comunque provare ad avere a disposizione i carabinieri che erano lì vicino.

GIORGIO CANNARSA. No, anche l'ambasciatore aveva abbandonato quell'area e si era spostato nell'ambasciata americana, quindi lì non c'era più nessuno. E l'unica persona reperibile ero io.

PRESIDENTE. E l'ambasciatore lo ha avvertito qualcuno, che lei sappia?

GIORGIO CANNARSA. Non le so rispondere.

PRESIDENTE. Marocchino che rapporto aveva con l'ambasciatore Scialoja?

GIORGIO CANNARSA. Anche su questo non le so rispondere.

PRESIDENTE. Si conoscevano Marocchino e Scialoja?

GIORGIO CANNARSA. Penso di sì.

PRESIDENTE. Sa se Marocchino fosse solito frequentare Scialoja o se magari quest'ultimo, qualche volta, lo invitava all'ambasciata?

GIORGIO CANNARSA. Io personalmente nell'ambasciata non l'ho mai visto.

PRESIDENTE. Quindi, Marocchino non chiama i carabinieri ma chiama lei. In sostanza, lei cosa ha fatto? Praticamente, non ha fatto niente.

GIORGIO CANNARSA. Non potevo andarli a soccorrere, perché non c'erano ambulanze, non c'erano medici, non c'erano mezzi, non c'era nulla di disponibile. L'unica cosa che poteva essere fatta e che poteva forse salvare la vita ai due era l'intervento dell'elicottero: io ho contattato la Garibaldi. Mi sono fatto aprire uno dei mezzi e ho riattivato le radio.

PRESIDENTE. Marocchino le fece il nome dei due giornalisti?

GIORGIO CANNARSA. Credo di sì, perché li conosceva.

PRESIDENTE. Glieli disse?

GIORGIO CANNARSA. Quello di Ilaria senz'altro, sì; quello dell'operatore, non lo ricordo.

PRESIDENTE. Lei domandò a Marocchino se i giornalisti fossero ancora vivi?

GIORGIO CANNARSA. Sì, glielo domandai e lui mi rispose: «Sono coperti di sangue, non si capisce», al che gli dissi: «Prova a mettere le dita sulla vena giugulare e vedi se senti un battito». Lui mi rispose che l'operatore era morto e che, invece, per Ilaria non riusciva a capire se fosse viva oppure no, perché era coperta di sangue.


Pag. 44

PRESIDENTE. Fu lei a dire di portare via con la macchina i due dal posto in cui erano stati aggrediti, piuttosto che fare in modo che sul posto arrivassero i soccorsi? In quella telefonata, in quel rapporto radio nel quale lei aveva, minuto per minuto - o secondo per secondo - il resoconto di quel che stava accadendo, chi è che decise di non far andare nessuno sul posto ma, appunto, di prendere i due giornalisti, caricarli in macchina e portarli via?

GIORGIO CANNARSA. Dalla nave mi dissero che l'elicottero poteva atterrare sul molo. Dal punto di vista tecnico era così, perché altrimenti sarebbe dovuto atterrare in una strada piena di polvere e di sabbia, e senza nessuna protezione, mentre il molo era ancora sotto la protezione delle truppe delle Nazione Unite (ora non ricordo se del Ghana o della Nigeria). Mi dissero che avrebbero mandato l'elicottero al molo; molo e porto vecchio, come distanza, stavano a trecento, quattrocento metri d'auto...

PRESIDENTE. E lo comunicò lei a Marocchino?

GIORGIO CANNARSA. Sì, gli dissi che l'elicottero sarebbe sceso al molo.

PRESIDENTE. Da quel che ho capito, i carabinieri stavano con lei. Esatto?

GIORGIO CANNARSA. Sì, ma non i carabinieri dell'ambasciata: era il gruppo di carabinieri, di autisti, eccetera, che avrebbero dovuto caricare quei mezzi sulla nave.

PRESIDENTE. Ed è stato lei ad avvertire quei carabinieri di quanto stava succedendo?

GIORGIO CANNARSA. Sì, gli ho chiesto di aprirmi uno dei mezzi.

PRESIDENTE. Scialoja lo ha avvisato lei o nessuno?

GIORGIO CANNARSA. No, io non ero in grado di contattare Scialoja.

PRESIDENTE. E fino a quando è continuato il suo contatto radio con Marocchino?

GIORGIO CANNARSA. Fino a quando gli ho dato la comunicazione.

PRESIDENTE. Quindi, durante il tragitto dal posto dell'agguato fino al porto vecchio, le comunicazioni con Marocchino si interruppero o ve ne furono altre?

GIORGIO CANNARSA. Si interruppero.

PRESIDENTE. Vi siete risentiti?

GIORGIO CANNARSA. No, non ci siamo più risentiti.

PRESIDENTE. Quindi, sull'evolversi della situazione lei non ha saputo più niente, da quel momento?

GIORGIO CANNARSA. No, niente.

PRESIDENTE. Che altro ha saputo, dopo aver dato - lo dico tra virgolette - «disposizioni» a Marocchino? Mi riferisco appunto alle disposizioni di prendere i corpi e di trasferirli a porto vecchio, in quanto lei si era preoccupato di far arrivare lì l'elicottero, per prelevarli e portarli sulla Garibaldi.

GIORGIO CANNARSA. In effetti, le cose non sono esattamente così. Chi ha deciso che l'elicottero doveva scendere sul molo non sono stato io, bensì la sala operativa della Garibaldi...

PRESIDENTE. Va bene, ma lei lo ha comunicato a Marocchino.

GIORGIO CANNARSA. Sì, a Marocchino, dicendogli: «L'elicottero può scendere là, quindi cerca di portare le due persone».


Pag. 45

PRESIDENTE. In tutto questo frattempo, lei non ha più sentito Marocchino?

GIORGIO CANNARSA. No.

PRESIDENTE. Avete chiuso i rapporti? Non vi siete più sentiti?

GIORGIO CANNARSA. No.

PRESIDENTE. Chi ha avvertito il generale Fiore?

GIORGIO CANNARSA. Dalla sala operativa della nave, immagino.

PRESIDENTE. Lei non ha avuto nessun rapporto con il generale Fiore?

GIORGIO CANNARSA. No, assolutamente no.

PRESIDENTE. Chi è che successivamente si è incaricato dell'imbarco delle salme? Lei si interessò di questa operazione?

GIORGIO CANNARSA. Sì.

PRESIDENTE. Dopo quanto tempo?

GIORGIO CANNARSA. Il giorno successivo, i due corpi furono portati all'interno del porto nuovo. Attaccato al porto nuovo c'era l'aeroporto e, all'interno dell'aeroporto, c'era un posto - che possiamo chiamare la morgue - che prima era gestito dagli americani e che, una volta andati via gli americani, veniva gestito da una società civile per conto degli americani. Avevano l'incarico di preparare i corpi per il volo, per il trasporto. I corpi sono stati portati lì e messi dentro due contenitori di metallo. Non mi hanno fatto assistere; volevo controllare l'identità delle persone all'interno dei due contenitori, però non me lo hanno permesso.

PRESIDENTE. Chi è che non glielo ha permesso?

GIORGIO CANNARSA. I responsabili...

PRESIDENTE. Della Garibaldi?

GIORGIO CANNARSA. No, non della Garibaldi, bensì i rappresentanti di quella società, quelli che si occupavano della preparazione dei corpi; mi hanno detto che non era permesso che un estraneo potesse presenziare, quindi non mi hanno fatto entrare. Gli ho chiesto come potessi fare il riconoscimento, mi hanno risposto che non era possibile e non mi hanno permesso di vedere. Dopo di che, mi hanno dato una specie di rapporto, tre o quattro foglietti stampati in cui c'era, in una delle pagine, il disegno della parte frontale e della parte posteriore di un corpo; ricordo che vi erano dei segnetti corrispondenti alle ferite, ai punti in cui i giornalisti erano stati colpiti.

PRESIDENTE. C'erano fotografie, che lei ricordi?

GIORGIO CANNARSA. No, non c'erano fotografie. C'era una specie di prontuario, di formulario, con le solite «V» o i soliti segni che si mettono nei formulari.

PRESIDENTE. E che fine hanno fatto, poi, le salme?

GIORGIO CANNARSA. Mi hanno dato questo rapporto insieme ad una busta; l'ho messo nella busta. Gli avevo chiesto di avere una copia del rapporto, per conservarlo agli atti, ma mi hanno risposto che non potevano darmela per due motivi: innanzitutto, perché non era previsto che si facesse una copia del rapporto e, in secondo luogo, perché non avevano una fotocopiatrice.
Comunque, mi hanno dato quei foglietti, li hanno messi dentro una busta di quelle di tipo militare - si tratta di buste gialle - e ho portato al terminal dell'aeroporto i due contenitori con quella busta. Al terminal, intanto, dalla Garibaldi erano arrivati con gli elicotteri un certo numero di rappresentanti militari, tra cui l'incaricato ufficiale, al quale ho consegnato la busta...


Pag. 46

PRESIDENTE. A Nava?

GIORGIO CANNARSA. Sì, ho consegnato la busta a Nava. Lui aveva un'altra busta e l'ha consegnata, credo, ad uno dei membri o al comandante dell'equipaggio, comunque a qualcuno dell'aeronautica militare - ripeto, non ricordo, adesso, se fosse il comandante o un membro dell'equipaggio.

PRESIDENTE. Lei ha conosciuto Starlin Abdi Arush?

GIORGIO CANNARSA. Sì, Starlin Abdi Arush si autodefiniva «principessa»: faceva parte di una famiglia importante. Tra l'altro, aveva anche una ONG somala, che operava nella parte nord di Mogadiscio.

PRESIDENTE. A Mogadiscio, che faceva, di che si interessava?

GIORGIO CANNARSA. Lei si interessava molto di programmi relativi alle donne...

PRESIDENTE. Islamiche?

GIORGIO CANNARSA. Somale.

PRESIDENTE. Che rapporti aveva con questa donna?

GIORGIO CANNARSA. Rapporti con la sua organizzazione. Con lei in particolare, un rapporto in termini di conoscenza, di saluti, e così via.

PRESIDENTE. E con l'organizzazione?

GIORGIO CANNARSA. Avevano preparato due progetti che erano stati approvati dalle Nazioni Unite. Uno riguardava le donne (non ricordo se riguardasse la preparazione di cose artigianali, eccetera), l'altro riguardava una scuola.

PRESIDENTE. In che senso si interessava delle donne islamiche? Dal punto di vista del loro ruolo sociale, del loro ruolo familiare? Sotto quale profilo si interessava delle donne somale?

GIORGIO CANNARSA. Come progetto, come ONG.

PRESIDENTE. Ma era un personaggio di rottura? Era un personaggio critico rispetto alla condizione della donna?

GIORGIO CANNARSA. Considerando la mentalità della parte islamica della popolazione somala, poteva essere considerata una donna all'avanguardia; non ce ne erano solo da quella parte, ma anche dall'altra e, una volta, si sono incontrate proprio per vedere...

PRESIDENTE. Con chi? Con Ilaria?

GIORGIO CANNARSA. Credo anche con Ilaria.

PRESIDENTE. Sa se vi fossero rapporti tra la Starlin e Ilaria Alpi?

GIORGIO CANNARSA. No, non lo so, però - sempre secondo la mia opinione - penso di sì, in quanto era una delle figure di spicco.

PRESIDENTE. Sa se all'epoca, in Somalia, vi fossero problemi in termini di integralismo islamico?

GIORGIO CANNARSA. Senz'altro, sì. Le riferisco solo un episodio. A poca distanza da dove eravamo noi c'era l'ex cattedrale, che aveva ancora una parte di tetto, le mura, eccetera: ebbene, l'hanno distrutta, l'hanno fatta saltare.

PRESIDENTE. La cattedrale cattolica?

GIORGIO CANNARSA. Sì, certo.

PRESIDENTE. E chi l'ha fatta saltare?

GIORGIO CANNARSA. Gli integralisti islamici, dicono.


Pag. 47

PRESIDENTE. Lei è stato lì un po' di tempo.

GIORGIO CANNARSA. Sì, diversi mesi.

PRESIDENTE. E ha respirato un po' l'aria: ci può riferire le sue consapevolezze intorno a questo problema, all'epoca, alla fine del 1993 e nel 1994?

GIORGIO CANNARSA. La condizione della donna era - come in tutte le società islamiche piuttosto restrittive - una condizione di inferiorità.

PRESIDENTE. Ma era una condizione rispetto alla quale, in qualche modo, montava la contestazione?

GIORGIO CANNARSA. Di contestazione vera e propria non sono mai stato testimone. So che c'era contestazione, come so che molte delle persone, delle famiglie più abbienti - sia da una parte che dall'altra dei signori della guerra - hanno studiato in Europa, in Italia, in Inghilterra, per cui avevano una mentalità diversa, più aperta, e cercavano di fare qualcosa; tra l'altro, presentandosi alle Nazioni Unite nelle vesti di donne che cercavano di propagandare l'emancipazione della donna, ricevevano dei finanziamenti.

PRESIDENTE. Finanziamenti dall'ONU?

GIORGIO CANNARSA. Certo.

PRESIDENTE. Lei sa se Ilaria Alpi si interessasse di questo problema?

GIORGIO CANNARSA. Non glielo so dire.

PRESIDENTE. Non le ha mai esplicitato un interesse di questo genere?

GIORGIO CANNARSA. No, non abbiamo mai parlato di lavoro.

PRESIDENTE. È a conoscenza dell'esistenza - o, comunque, dell'attrezzatura, all'epoca - di campi di addestramento da parte dell'integralismo islamico? Chisimaio le dice niente?

GIORGIO CANNARSA. No, non sono a conoscenza di campi di addestramento. Tuttavia, lei consideri che sia la Somalia che Mogadiscio erano controllate dai signori della guerra i quali, chiaramente, dovevano addestrare i loro seguaci da qualche parte.

PRESIDENTE. Si riferisce ad Ali Mahdi e ad Aidid?

GIORGIO CANNARSA. Sì, certo.

PRESIDENTE. E quali erano i referenti dell'uno e dell'altro - di Ali Mahdi e di Aidid - dal punto di vista, diciamo così, delle istituzioni islamiche o delle personalità emergenti o importanti dal punto di vista del mondo islamico?

GIORGIO CANNARSA. Non le so rispondere..

PRESIDENTE. È stato mai a Bosaso?

GIORGIO CANNARSA. No, a Bosaso no.

PRESIDENTE. Non la conosce?

GIORGIO CANNARSA. No.

PRESIDENTE. Mohamed Ismail Yusuf, detto Beri Beri, le dice niente?

GIORGIO CANNARSA. Se non mi dà qualche altro elemento, non ricordo.

PRESIDENTE. Non ha ricordo di questa persona?

GIORGIO CANNARSA. No. Comunque, le vorrei dire che, in tempi più vicini all'accaduto, ho risposto ad una commissione militare, ad un'altra Commissione parlamentare e nel processo che è stato


Pag. 48

fatto al somalo, che si diceva fosse uno degli assassini di Ilaria e Hrovatin. Quindi, se lei può ottenere quei verbali, ci può trovare le mie testimonianze complete.

PRESIDENTE. Sì, abbiamo già avuto tutto. Questo Mohamed Ismail Yusuf, detto Beri Beri, era il rappresentante - tra l'altro, stava e credo che stia tuttora in Italia - dell'organizzazione SSDF. Non le dice niente?

GIORGIO CANNARSA. No, non mi ricordo.

PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Bulgarelli.

MAURO BULGARELLI. Grazie, presidente. Generale, lei ha detto che conosceva abbastanza bene Marocchino. È vero?

GIORGIO CANNARSA. Sì.

MAURO BULGARELLI. Cosa vuol dire conoscere abbastanza bene? Lei ci ha detto che Marocchino non veniva quasi mai in ambasciata, ma che era in grado di fornire tutto. Ci pensava il gruppo logistico, o era lei ad andare a prendere, ad esempio, una lampadina? Penso proprio di no, insomma. È mai andato a cena da Marocchino?

GIORGIO CANNARSA. No, non sono mai andato a cena da Marocchino.

MAURO BULGARELLI. Quali erano i rapporti tra lei e Marocchino?

GIORGIO CANNARSA. Consideri il rapporto che ci può essere con un fornitore dal quale lei va spesso, che conosce, che saluta, eccetera.

MAURO BULGARELLI. Quindi, era lei ad andare fisicamente, a volte, da Marocchino a prendere del materiale?

GIORGIO CANNARSA. Alcune volte, sì, a prelevare il materiale, a vedere se c'era materiale che potesse interessarmi; poi dicevo alla parte logistica, per fare un esempio, che mi sarebbero serviti dieci travi o dieci tavole per aggiustare i banchi, o cose di questo genere.

MAURO BULGARELLI. Marocchino si occupava anche del trasporto del cibo per le organizzazioni?

GIORGIO CANNARSA. No, tutto questo veniva fatto con mezzi italiani e soldati italiani: facevamo tutto noi.

MAURO BULGARELLI. Però, lui prestava servizio in forma logistica, quindi anche materiali anche per l'esercito italiano, carburante, e così via. Esatto?

GIORGIO CANNARSA. No, carburante no, questa parte qui no. Io posso dirle con certezza che mi ha dato - come ha detto lei - delle lampadine, dei cavi, del legname: questo materiale sì, senz'altro.

MAURO BULGARELLI. Lei ha conosciuto il maresciallo Li Causi?

GIORGIO CANNARSA. Il nome non è nuovo, però non l'ho...

MAURO BULGARELLI. A settembre del 1993, lei era già a Mogadiscio?

GIORGIO CANNARSA. Io sono arrivato a settembre e sono andato via a marzo.

MAURO BULGARELLI. Non ricorda, quindi, il caso del maresciallo Li Causi, del novembre 1993?

PRESIDENTE. Fu un'uccisione.

GIORGIO CANNARSA. Sì, ne ho sentito parlare.

MAURO BULGARELLI. Però, non lo ha mai incontrato.

GIORGIO CANNARSA. No, mai.


Pag. 49

MAURO BULGARELLI. Il maresciallo non è mai passato per l'ambasciata, dove eravate voi?

GIORGIO CANNARSA. Io non l'ho mai incontrato. Probabilmente, non conoscendolo, anche se l'avessi incontrato non glielo saprei dire.

MAURO BULGARELLI. Cosa si diceva di Ilaria Alpi, ad esempio del fatto che veniva a mangiare con voi, a mensa? Qual era il pensiero comune, di camerata?

GIORGIO CANNARSA. Diciamo che sia Ilaria - che era una bella ragazza - che qualche altra giornalista (che fosse una bella donna) faceva piacere averle là.

MAURO BULGARELLI. Per essere più chiari, le domando: pensavate che era una ficcanaso?

GIORGIO CANNARSA. No, assolutamente. Le dico, l'albergo dove stavano i giornalisti era a cinquanta metri dalla nostra sede, per cui non era solo Ilaria Alpi ma...

MAURO BULGARELLI. Carmen Lasorella, ad esempio.

GIORGIO CANNARSA. Sì, Carmen Lasorella e tutti quelli che passavano di lì, poi, venivano da noi.

MAURO BULGARELLI. La ringrazio. Ho concluso le mie domande.

PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Deiana.

ELETTRA DEIANA. Generale, può fare uno sforzo per ricordare i passaggi avvenuti a partire da quando Marocchino l'ha chiamata? Quando ha ricevuto la telefonata, che cosa è successo? Si è precipitato sul posto dell'agguato oppure ha chiamato per prima la nave Garibaldi?

GIORGIO CANNARSA. Marocchino mi ha avvertito di quello che era successo. In quella situazione, l'unica cosa che si potesse fare per aiutare i due era chiamare l'elicottero dalla Garibaldi per cercare di farli soccorrere; però, per poter chiamare l'elicottero dalla Garibaldi, io non avevo alcun mezzo. Sarebbe stato possibile con una delle radio che si trovavano sui mezzi che dovevano essere caricati sulla nave, però questi mezzi erano chiusi, per cui era necessario aprirne uno.

ELETTRA DEIANA. E questi mezzi si trovavano al porto, dove lei stava lavorando quando ha ricevuto la chiamata via radio da Marocchino. Esatto?

GIORGIO CANNARSA. Sì.

ELETTRA DEIANA. L'iniziativa di avvertire la nave Garibaldi l'ha presa lei?

GIORGIO CANNARSA. Sì, non perché me l'ha chiesto Marocchino, ma di mia iniziativa, perché era l'unico mezzo a mia disposizione per cercare di dare un aiuto ai due.

ELETTRA DEIANA. Ho capito, ma vorrei che mi precisasse: lo ha fatto prima o dopo essere stato vicino al luogo dell'agguato?

GIORGIO CANNARSA. Io non sono stato vicino al luogo dell'agguato. Non ero in grado di poter andare sul luogo dell'agguato. Io ero nell'ambito del porto, che in linea d'aria, via strada, era non molto lontano dal luogo dell'agguato - 700, 800 metri, un chilometro al massimo - ma pieno di check-point e altro.

ELETTRA DEIANA. Quindi, lei non è stato sul luogo.

GIORGIO CANNARSA. No, non sono stato sul luogo.

ELETTRA DEIANA. Però, ha affermato di aver detto a Marocchino di toccare le vene dei giornalista, per verificare se fossero ancora vivi. Dunque, tutto questo è avvenuto via ponte radio?


Pag. 50

GIORGIO CANNARSA. Sì, via Motorola, diciamo.

ELETTRA DEIANA. Insomma, praticamente, lei non ha elementi di conoscenza del luogo.

GIORGIO CANNARSA. No, di conoscenza diretta, no. So dove è successo il fatto, in quanto ho vissuto in quell'area, quindi so esattamente dove stavano e quale fosse la situazione del posto.

ELETTRA DEIANA. Pertanto, lei non sa quali siano state le cose che Marocchino ha fatto intorno all'auto.

GIORGIO CANNARSA. Cosa abbia fatto intorno all'auto, no. So che ha aperto lo sportello per vedere come stavano i due, poi ha detto che l'operatore era sicuramente morto, mentre Ilaria era coperta di sangue, per cui non riusciva a capire se fosse ancora viva oppure no.

ELETTRA DEIANA. Da un filmato della ABC emerge che Marocchino impreca contro qualcuno, i «maledetti che non arrivano». Ha sentito questa esclamazione attraverso il ponte radio?

GIORGIO CANNARSA. No, questa esclamazione non l'ho sentita. Ho sentito delle polemiche, dopo, ovvero che il nostro intervento sarebbe arrivato in ritardo.

ELETTRA DEIANA. In precedenza, lei ha affermato di non conoscere bene la vicenda del maresciallo Li Causi.

GIORGIO CANNARSA. No, non ricordavo chi fosse Li Causi. Come mi è stato detto che si trattava del sottufficiale che è stato ucciso, ho ricordato: non ricordo esattamente, ma so che era in macchina, che è stato sparato un colpo che l'ha colpito, credo, al fianco, per cui è morto.

ELETTRA DEIANA. E non ricorda che cosa si disse di questo episodio, né quali furono le considerazioni negli ambienti militari - nei suoi ambienti - al riguardo?

GIORGIO CANNARSA. Niente di particolare. Si diceva: poveretto! È toccato a lui. Eravamo in una situazione in cui un giorno sì e un giorno no facevano saltare in aria qualcuno. Non era una situazione tranquilla. Dove passavamo noi, si passava armati attraverso i check point. E sparavano continuamente.

ELETTRA DEIANA. Lei si ricorda di un episodio che avviene negli ultimi mesi del 1993 e che coinvolge un funzionario della cooperazione, dipendente del Ministero degli esteri, Oliva, che viene ferito molto gravemente in circostanze simili dal punto di vista della dinamica dei fatti?

GIORGIO CANNARSA. No.

ELETTRA DEIANA. Tra l'altro, egli si occupava di cooperazione, cioè del suo settore.

GIORGIO CANNARSA. Lui si occupava della cooperazione, e io mi occupavo dell'azione umanitaria del contingente, attraverso le Nazioni Unite. Dunque, non avevo rapporti diretti con loro, ma avevo rapporti con le agenzie delle Nazioni Unite, a cui portavo i progetti della popolazione locale. Loro li esaminavano e, se li giudicavano validi, glieli approvavano e glieli finanziavano.

ELETTRA DEIANA. A sentire voi, sembra che Mogadiscio fosse una metropoli megagalattica dove era molto difficile avere rapporti e contatti.

GIORGIO CANNARSA. Lei consideri che era divisa. Ogni quattro o cinquecento metri c'era un signore della guerra che controllava il suo territorio. Vada a vedere quante persone vi hanno perso la vita.

ELETTRA DEIANA. Da alcune testimonianze che abbiamo raccolto, e anche dagli atti, abbiamo potuto capire che Marocchino svolgeva in quel periodo un ruolo estremamente importante per il contingente


Pag. 51

italiano. Lei è in grado di confermare questo giudizio che altri ci hanno dato?

GIORGIO CANNARSA. Che cosa intende con l'espressione «estremamente importante»? Fa riferimento alla logistica o fa riferimento all'intelligence?

ELETTRA DEIANA. Complessivamente. Il suo ruolo e la sua funzione erano molto importanti sia dal punto di vista logistico e operativo, sia dal punto di vista delle informazioni.

GIORGIO CANNARSA. Dal punto di vista logistico, noi eravamo autosufficienti. Che cosa ci serviva da Marocchino? Se ci serviva un pezzo fatto al tornio, logisticamente parlando, noi non ci eravamo portati il tornio e quindi ci rivolgevamo a Marocchino. Cioè, non si trattava della logistica in generale e di quella di base, perché il contingente italiano era autosufficiente. Ci si riferiva a lui solo per quelle cose per cui sarebbe stato necessario avere delle attrezzature di lavoro che noi non avevamo al seguito.
Dal punto di vista di intelligence posso dare la mia opinione, però non ho dati per poter rispondere.

ELETTRA DEIANA. Quindi, non era indispensabile, ma era un aiuto aggiuntivo?

GIORGIO CANNARSA. Sì, per cose speciali o particolari, ma non per la logistica di base per la quale eravamo autosufficienti.

ELETTRA DEIANA. Questo giudizio, che altri ci hanno dato, sull'indispensabilità di questo signor Marocchino, non è da lei confermato?

GIORGIO CANNARSA. Personalmente, io non lo condivido.

ELETTRA DEIANA. Ma come mai, ad un certo punto, i depositi e i magazzini di Marocchino, secondo lei e secondo le informazioni in suo possesso, diventano i depositi e gli archivi di tutto il materiale dell'ambasciata italiana?

GIORGIO CANNARSA. Non ho queste informazioni. Non conosco questo fatto che riguarda l'ambasciata italiana. Credo che li abbiano portati all'ambasciata americana. Non credo. Non è in mio possesso questa informazione.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Bulgarelli.

MAURO BULGARELLI. Lei, generale, si occupava dei rapporti con tutte le organizzazioni legate all'ONU. Ha conosciuto anche qualcuno della cooperazione o delle organizzazioni non governative italiane che erano presenti nel suo settore?

GIORGIO CANNARSA. Sì. Una mi sembra che si chiamasse Sos o Intersos. Dovrei rileggere le carte per darle il nome preciso. Comunque, si trattava di un'organizzazione che faceva capo a un professore, che credo che all'epoca fosse un deputato di Bologna.

MAURO BULGARELLI. Credo che sia Intersos. Ve ne erano altre?

GIORGIO CANNARSA. Anche altre, ma avevamo più contatti con questa perché si trovavano a 200 metri da noi.

MAURO BULGARELLI. Avevate anche rapporti con loro? Venivano all'ambasciata?

GIORGIO CANNARSA. Venivano all'ex ambasciata italiana, dove stavamo noi, anche perché dove si mangiava in dieci si poteva mangiare...

MAURO BULGARELLI. Immaginavo che fosse per questo.

GIORGIO CANNARSA. Un piatto di spaghetti fatto bene piaceva a tutti.


Pag. 52

MAURO BULGARELLI. Tra di voi, come avete commentato l'omicidio, l'esecuzione, di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin?

GIORGIO CANNARSA. Il mio pensiero personale è legato al fondamentalismo.

MAURO BULGARELLI. Questo era il pensiero comune oppure il suo pensiero?

GIORGIO CANNARSA. No, era il mio.

MAURO BULGARELLI. Comunque, ne avrete discusso. Cosa ne pensavano le altre persone che erano lì con lei?

GIORGIO CANNARSA. Più che altro si esprimeva dispiacere. Quando si sta fuori, in situazioni del genere, pur non essendoci rapporti stretti, è come se ci si trovasse in una grande famiglia. Per cui, quello che succede ad una persona coinvolge un po' tutti.

MAURO BULGARELLI. Conosco questa dinamica.
Lei è ancora in contatto con i suoi commilitoni del periodo, con quelli che erano con lei?

GIORGIO CANNARSA. Ho fatto parte dell'aviazione dell'esercito per più di trent'anni. I più giovani ancora compiono queste missioni. Alcuni di loro sono in Iraq e altri sono in Bosnia.

MAURO BULGARELLI. Persone che erano con lei in Somalia?

GIORGIO CANNARSA. Alcuni di questi erano in Somalia. Consideri però che queste persone si alternano, alcuni ogni tre mesi ed altri ogni sei mesi. Per cui c'è un ricambio continuo.

MAURO BULGARELLI. Anche voi siete lavoratori interinali...

GIORGIO CANNARSA. Non essendo un grande gruppo, alla fine ruotiamo tutti nelle varie missioni (o meglio, ruotavamo tutti).

MAURO BULGARELLI. Le risulta che alcuni dei suoi ex commilitoni siano tornati dopo in Somalia a lavorare privatamente con Marocchino e con altri?

GIORGIO CANNARSA. Sì. Credo che un capitano o un maggiore dell'amministrazione sia tornato e sia andato a lavorare con Marocchino.

MAURO BULGARELLI. E altri nella cooperazione?

GIORGIO CANNARSA. Sì.

MAURO BULGARELLI. Lei non si ricorda chi?

GIORGIO CANNARSA. Se lei mi dice i nomi...

MAURO BULGARELLI. Me li aspettavo da lei, in realtà.

GIORGIO CANNARSA. Comunque, se lo desidera, faccio mente locale e lo comunico alla segreteria. Non è di difficile reperimento. Adesso non mi viene in mente. Se le interessa...

PRESIDENTE. C'interessa, c'interessa. Anzi, lei è costituito in obbligo di farcelo sapere. Prego, onorevole Motta.

CARMEN MOTTA. Mi sembra che lei abbia detto che chiese a Marocchino di portare i corpi dal luogo dell'agguato...

GIORGIO CANNARSA. In quel momento, per me non erano corpi, ma erano ancora due persone. Si trattava di portare le persone.

CARMEN MOTTA. Intendo persone ferite.

PRESIDENTE. Non ha detto cadaveri.

GIORGIO CANNARSA. Se si parla di corpi, mi sembra...


Pag. 53

MAURO BULGARELLI. È la prima persona che dimostra un briciolo di umanità.

GIORGIO CANNARSA. Dissi di portare le due persone al porto.

CARMEN MOTTA. Ho usato quest'espressione perché mi sembrava che le parole di Marocchino avessero sostanzialmente fatto capire la gravità della situazione nella quale queste persone erano state colpite.

GIORGIO CANNARSA. Senz'altro sì. Tant'è vero che non era in grado di dare un giudizio. Disse che uno gli sembrava morto e l'altro non lo sapeva.

CARMEN MOTTA. Lei ha detto in sostanza che ha fatto questa richiesta a Marocchino perché di fatto Marocchino è l'unica persona che può darvi corso, però, in quel momento - se pure io capisco che si trattava di un momento un po' particolare di confusione in cui occorreva prendere rapidamente delle decisioni - non ha pensato che, non essendo Marocchino un militare, né un pubblico ufficiale, ma una persona presente, un semplice cittadino, potesse anche involontariamente effettuare un trasporto che avrebbe potuto dimenticare cose importanti, che poi sarebbero state importanti per l'accertamento dei fatti, oppure anche volutamente tralasciare elementi che, a suo giudizio, potevano non essere importanti, ma che poi si sarebbero rivelati tali?
Mi sembra che lei non avesse altra possibilità, ma chiedere questo ad una persona che non ha titolarità per fare lo spostamento di persone colpite a morte, o comunque ferite gravissimamente, implicava che potesse accadere qualcosa per cui prove ed elementi per stabilire come fossero andati i fatti potessero andare persi. Le chiedo ciò perché mi interessa capire. Se non c'erano altre possibilità, concordo, ma nel momento in cui lei ha tentato di mettersi in contatto per far capire che era avvenuto questo, nessun altro sarebbe potuto andare sul posto, personalmente, singolarmente, per accompagnare insieme a Marocchino il trasporto di queste persone?

GIORGIO CANNARSA. Non c'era scelta, non c'era possibilità di comunicazione. L'unica comunicazione che ero riuscito a ripristinare era quella con la Garibaldi. La Garibaldi era attrezzata, anche con un reparto chirurgia. L'unica possibilità di sopravvivenza per i due era quella di arrivare alla Garibaldi nel più breve tempo possibile. Non c'erano ospedali o altri luoghi in cui portarli, altrimenti Marocchino lo avrebbe fatto di sua iniziativa, trattandosi anche di altri italiani come lui.

CARMEN MOTTA. Capisco. Però nel tragitto e con lo spostamento di queste persone...

GIORGIO CANNARSA. ...o rimanevano a terra, dove erano stati colpiti, in attesa di un recupero, senza sapere quando, oppure bisognava sfruttare quell'unica possibilità di poterli salvare.

CARMEN MOTTA. Quindi, lei è convinto che Marocchino avrebbe potuto fare questa cosa portando tutto quello che le stesse persone avevano lì con loro, e che quindi non avrebbe lasciato nulla che poteva poi essere considerato perso? Avrebbe fatto una cosa - mi permetta l'espressione - «fatta bene», cioè con coscienza?

GIORGIO CANNARSA. Penso senz'altro che avrebbe pensato alle persone. Adesso bisognerebbe entrare nella testa di Marocchino. Non credo che avrebbe pensato al materiale che avevano con loro, ma avrebbe pensato a prendere le due persone, anche perché il posto dove andavano portati distava tre o quattrocento metri dal luogo in cui era accaduto il fatto.

CARMEN MOTTA. Nel momento in cui lei ha ricevuto questa chiamata da parte di Marocchino, c'era qualcuno con lei?


Pag. 54

GIORGIO CANNARSA. C'erano degli autisti che dovevano caricare i mezzi sulla nave, una volta completato il carico. Mogadiscio era stata evacuata da tutti. Era rimasto questo gruppo di persone per completare il carico non su nave militare, ma su nave civile.

CARMEN MOTTA. Generale, lei non aveva nessuna possibilità di impartire un ordine alle persone che erano ancora lì, per raggiungere Marocchino e per fare insieme il trasporto delle persone ferite?

GIORGIO CANNARSA. Innanzitutto, non c'erano i mezzi. Sarebbe servita un'ambulanza. L'ordine? C'erano solo militari semplici e io, che ero il più alto in grado, l'avrei potuto impartire, ma non sarebbe stato un ordine logico.

CARMEN MOTTA. Questo l'ho capito, ma cercavo di capire un'altra cosa. Le chiedevo un'altra cosa, e cioè se lei poteva impartire un ordine a qualcuno, presente lì con lei, di prendere un mezzo per recarsi nel posto in cui avevano era stato compiuto l'agguato, non tanto per prelevare i corpi con un mezzo attrezzato, come un'ambulanza, ma per poter assistere Marocchino nel caricamento delle persone.

GIORGIO CANNARSA. No. Il personale militare che era lì era disarmato. Al massimo avevano una pistola. E poi, soprattutto, non avevano i mezzi e il carburante nei mezzi. Infatti, i mezzi avevano il serbatoio al minimo per poter essere caricati sulla nave. Quindi, non era assolutamente possibile.

CARMEN MOTTA. Dunque, generale, non vi erano le minime misure di sicurezza per poter mandare sul posto chiunque, anche solo una persona, seppur militare, per accompagnare Marocchino nel trasporto delle persone? Mi sembra di capire questo.

GIORGIO CANNARSA. Non avevamo i mezzi per poterlo fare, comunque quei carabinieri (non ricordo se fossero graduati o no, ma in genere al carico vengono destinate le persone con il grado più basso) sono usciti di loro iniziativa con uno di quei mezzi blindati e sono andati là. Adesso non so se hanno raggiunto Marocchino lì dov'era successo l'incidente oppure se siano arrivati in ritardo sul posto dal quale Marocchino li aveva già portati via. Questo non glielo so dire. Comunque, loro sono usciti. Come si è chiuso il collegamento con la Garibaldi nel quale mi avevano detto che l'elicottero sarebbe partito per prelevare Ilaria e l'operatore al porto vecchio, sono usciti con un mezzo e sono andati lì.

CARMEN MOTTA. Ho capito.
Lei sa che Marocchino era stato allontanato, che c'era stata una richiesta di allontanamento di Marocchino dalla Somalia da parte degli americani?

GIORGIO CANNARSA. È stato allontanato fisicamente e poi è rientrato normalmente con gli americani presenti. Quella cosa ci ha lasciato perplessi. Così duri nel farlo andar via, e così morbidi poi nel farlo rientrare.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Deiana.

ELETTRA DEIANA. In riferimento alle domande che le ha posto l'onorevole Motta, vorrei capire meglio la sua attività e quella di questi altri militari al porto vecchio. A me sembra strano che dei militari stessero lì disarmati, anche se impegnati in operazioni di carico.

GIORGIO CANNARSA. Intanto, noi non eravamo nel porto vecchio, ma nel porto nuovo. Nel porto vecchio è andato l'elicottero a prelevare i corpi. Poi, il porto nuovo era una zona superprotetta dalle truppe delle Nazioni Unite.

ELETTRA DEIANA. I militari italiani depositavano le armi prima di entrare nella zona superprotetta?


Pag. 55

GIORGIO CANNARSA. No. Però una volta entrati nella zona superprotetta parte delle armi sono state immagazzinate e caricate sulla Garibaldi, e hanno tenuto la pistola. Del resto, si stava per salire su una nave che poi si sarebbe diretta in Italia. Non c'era necessità di protezione come quando si usciva nell'ambiente non protetto di Mogadiscio.

ELETTRA DEIANA. È assai strana la sorte riservata a questi due cittadini italiani dalle residue autorità italiane.

GIORGIO CANNARSA. Le residue autorità italiane? Io ero «le autorità».

ELETTRA DEIANA. Lei dice che l'elicottero poteva soltanto andare al porto vecchio perché lì potevano atterrare gli elicotteri.

GIORGIO CANNARSA. ...in sicurezza.

ELETTRA DEIANA. Però, a meno di cinquanta metri dall'hotel Hamana c'era l'hotel Giuba con uno spazio dove potevano atterrare gli elicotteri. La mattina del giorno prima, il comandante di una nave della flotta Shifco, colpito da infarto, viene prelevato con l'elicottero e portato sulla nave Garibaldi. Quindi c'è una diversità assai rilevante nel tipo di intervento.

GIORGIO CANNARSA. Signora, non conosco questo episodio. Ho comunicato alla Garibaldi che vicino all'hotel Hamana avevano colpito Ilaria Alpi e un operatore italiano che lavorava con lei, e che avevano necessità urgente di essere portati sulla Garibaldi per essere curati. Sulla Garibaldi c'è una sala operativa che esamina tutti i vari dettagli e tutti i pro e i contro, e hanno deciso che il posto più vicino (che non era lontano, trattandosi di tre o quattrocento metri di distanza da dove era successo il fatto) per far atterrare l'elicottero in sicurezza fosse quello del porto vecchio.

ELETTRA DEIANA. Vorrei poi farle una domanda sulla questione del fondamentalismo. Lei, prima, ha espresso un suo parere sulla possibilità che l'episodio, l'agguato in cui vengono colpiti due giornalisti italiani sia da attribuire al fondamentalismo. Mi sembra di capire che questo è il giudizio che lei si è fatto. Vorrei capire che cosa intende o che cosa si manifestava in quel momento come fenomeno legato al fondamentalismo islamico. Cioè, lei, prima, in qualche modo, ha posto accanto al fondamentalismo il fenomeno dei signori della guerra, Aidid, Ali Mhadi e altri, che erano a Mogadiscio. In realtà, da quello che mi consta, questi signori della guerra non erano legati al fenomeno del fondamentalismo, cioè erano fenomeni diversi. Poi, questo fenomeno era circoscritto o era diffuso, secondo lei? E si manifestava eminentemente in quel momento sul versante dei costumi, del controllo delle donne? E quindi, nel caso in cui fosse vera la sua ipotesi, ciò significherebbe che Ilaria era diventata bersaglio per il fatto che si occupava della condizione femminile? Oppure, il fondamentalismo, già allora, secondo l'idea che lei si è fatta e secondo le sue conoscenze, si manifestava attraverso vicende più operative legate ai campi di addestramento, e quindi al problema delle armi e al traffico delle armi?

GIORGIO CANNARSA. Onorevole, non ho notizie dirette dei campi di addestramento. Posso dirle, però, che a Mogadiscio c'erano armi di tutti i generi e se le scambiavano alla luce del sole.

ELETTRA DEIANA. Sì, ma non necessariamente erano fondamentalisti.

GIORGIO CANNARSA. Non necessariamente, però preparando i progetti con i vari gruppi e non solo con i gruppi di una parte della città, ma con i gruppi di tutte le parti della città, vedevo che la condizione delle donne era di serie B, nel senso che la donna non aveva quei diritti e quella possibilità di movimento e quella emancipazione che avevano solo alcune di esse (quelle che appartenevano all'élite dei vari gruppi).


Pag. 56

PRESIDENTE. Lei ha parlato di tre o quattrocento metri di distanza dal luogo in cui si verificò l'agguato, ma da dove?

GIORGIO CANNARSA. Dal porto vecchio.

PRESIDENTE. Avevo una dimensione diversa, ed è utile riflettere su questo dato.

GIORGIO CANNARSA. È un quartiere.

PRESIDENTE. Ma tre o quattrocento metri sono l'attraversamento di una strada. E allora, come è mai possibile - visto che tre o quattrocento metri significa estrema agevolezza nel poter raggiungere il luogo in cui l'agguato si è verificato (a noi interessa sapere se per caso con un intervento adeguato qualcuno si poteva salvare in quella circostanza, ma purtroppo siccome questo è già accaduto e non si è verificato, a noi interessa) - che un qualsiasi straccio di autorità del nostro paese presente in Somalia non si fosse preoccupato di andare a vedere quello che succede quando si verifica un assassinio, tanto più quando si tratta di cose di questa portata. Non c'è un rilievo, non c'è un sequestro, non c'è un'acquisizione e non c'è una descrizione. Insomma, non c'è assolutamente nulla.
E allora, domando a lei che ha fatto il generale della Repubblica italiana: le pare una cosa concepibile che a quattrocento metri di distanza non si sia sentito il dovere di intervenire? E le dico, con molta chiarezza, anche da parte sua. Ci si va pure a piedi!

GIORGIO CANNARSA. No, non era possibile.

PRESIDENTE. Quanto meno ci si doveva andare dieci minuti dopo per raccogliere qualche indicazione precisa sulle modalità di svolgimento dell'agguato. Non è una contestazione, ma è anche una contestazione.

GIORGIO CANNARSA. Sono qui per rispondere e per cercare di facilitare il vostro compito.

PRESIDENTE. Lei così non ce lo facilita, perché ci dovrebbe dire chi, diversamente da lei, avrebbe potuto compiere un intervento, anche se non quello di andare a salvare i due. Le do atto che in quel momento poteva essere pure una migliore soluzione quella di Marocchino (tanto mi pare che Marocchino sia stato praticamente uno di voi, ed è inutile stare a discutere). Ha ragione l'onorevole Motta quando si chiede il perché di Marocchino. È quasi un sostituto dello Stato. Viene considerato in questi termini. Capisco che in quel momento si sia potuto dire: prendi i corpi, o le persone, e portali al porto vecchio, ma avrei capito anche che qualcuno fosse andato lì. Non dico lei, perché lei è un generale e non si deve disturbare, ma qualcun altro doveva essere mandato da lei per rendersi conto di quello che era successo. La Commissione ha anche il compito di stabilire se le istituzioni dello Stato hanno fatto il loro dovere fino in fondo. In questo caso è bene che se ne prenda atto. Capisco che la risposta non c'è.

GIORGIO CANNARSA. No, le rispondo. Innanzitutto non si trattava del fatto che il generale non si dovesse scomodare. Ci sarei andato come Giorgio Cannarsa.

PRESIDENTE. Però non c'è andato.

GIORGIO CANNARSA. Non ci sono andato perché non ero in grado di poterlo fare, se permette.

PRESIDENTE. Mi riferisco a dopo, per andare a vedere e per raccogliere i cocci della macchina.

GIORGIO CANNARSA. Nemmeno.

PRESIDENTE. Se noi avessimo avuto oggi le macchine non avremmo discusso due ore come abbiamo fatto oggi pomeriggio per capire come si sono svolti i fatti.

GIORGIO CANNARSA. Nemmeno. Intanto non sono un ufficiale di polizia giudiziaria e quindi non mi è passato nemmeno per la mente.


Pag. 57

PRESIDENTE. Cominciamo con la puntualizzazione, certo. Aveva vicino i carabinieri, che sono ufficiali di polizia giudiziaria. Ci mandava i carabinieri!

GIORGIO CANNARSA. Loro sono usciti e sono andati.

PRESIDENTE. Non risulta che sia andato qualcuno. Nessuno è andato sul posto. Sono solo usciti.

GIORGIO CANNARSA. Sono usciti e sono andati. Comunque...

PRESIDENTE. Non mi interessa.

GIORGIO CANNARSA. Lei mi ha fatto delle domande. Mi permetta di rispondere.

PRESIDENTE. È una domanda con la risposta incorporata, per cui non ce n'è bisogno. Comunque, risponda.

GIORGIO CANNARSA. Non ero in grado di andare là. Ero nel porto nuovo che era distante non quattrocento metri, ma tre chilometri e passa, e non avevo alcuna protezione né alcun mezzo per poter andare. Non sono in grado di guidare un carro. Non sarei potuto andare a piedi.

PRESIDENTE. Allora, non sono quattrocento metri.

GIORGIO CANNARSA. Stiamo parlando di due aree diverse. Mi dispiace che non ho una mappa a disposizione. Io ero al porto nuovo, mentre ciò avveniva al porto vecchio. In linea d'aria, l'ingresso del porto vecchio era distante tre o quattrocento metri dal luogo del fatto. Invece, dal luogo in cui mi trovavo io non c'era un passaggio diretto al porto vecchio. Dal porto nuovo a quell'area vi erano tre chilometri abbondanti. Se prende una mappa lo può vedere. Questa è la seconda risposta.
La terza risposta è questa: ho pensato solo alle due persone. Della macchina e del resto non mi è passato nulla per l'anticamera del cervello. Glielo dico chiaramente. Non sono un ufficiale di polizia giudiziaria. Non ho pensato che potesse essere importante ai fini dell'indagine e quindi non mi è proprio venuto in mente. Questo è a mio demerito, però questi sono i fatti.

PRESIDENTE. Va bene, ne abbiamo preso atto.
Quando è rientrato dalla Somalia?

GIORGIO CANNARSA. Il 21 o il 22 marzo.

PRESIDENTE. È più tornato in Somalia?

GIORGIO CANNARSA. No.

PRESIDENTE. Dopo essere rientrato in Italia, quali compiti ha svolto nell'Esercito?

GIORGIO CANNARSA. Sono ripartito per la Jugoslavia una settimana dopo.

PRESIDENTE. A fare che cosa?

GIORGIO CANNARSA. Sono andato per conto dell'Unione europea come monitor. Sono stato a Sarajevo quando è stata bombardata, quando hanno ucciso 74 persone.

PRESIDENTE. Con quali compiti, generale?

GIORGIO CANNARSA. Il monitor è la persona che prende atto della situazione e dà notizia della situazione locale; contatta i responsabili locali da una parte e dall'altra; chiede quali sono i loro problemi e poi trasmette delle relazioni a Bruxelles.

PRESIDENTE. Quando lei ha svolto questa funzione di monitor, da chi dipendeva?

GIORGIO CANNARSA. Dall'ambasciatore italiano che dirigeva l'ECMN.


Pag. 58

PRESIDENTE. Fino a quando è stato in servizio per questa ragione?

GIORGIO CANNARSA. Più di tre anni. Dal 1995 al 1997.

PRESIDENTE. E dal 1994 al 1995 che cosa faceva?

GIORGIO CANNARSA. Quando sono rientrato in Italia sono rimasto al mio reparto, al comando, per la parte logistica degli elicotteri.

PRESIDENTE. Quando è andato in pensione?

GIORGIO CANNARSA. Nel 2002.

PRESIDENTE. E dal 1997 al 2002?

GIORGIO CANNARSA. Sono rimasto lì più di tre anni e poi sono rientrato ai primi del 1999. Sono rientrato in Italia, poi ho comandato un reparto e poi sono andato alla nostra sede logistica centrale dove ho sempre lavorato per la logistica degli elicotteri.

PRESIDENTE. Che reparto comandava?

GIORGIO CANNARSA. Comandavo un aeroporto militare vicino a Bracciano. È un centro di manutenzione per gli elicotteri.

PRESIDENTE. Lei ha mai avuto rapporti diretti o indiretti con i servizi di sicurezza?

GIORGIO CANNARSA. Diretti? Ogni volta che si va fuori - penso di poterlo dire, anche se è una cosa riservata - in una di queste aree tipo Jugoslavia o Somalia, si riceve un briefing a cura degli addetti alla sicurezza.

PRESIDENTE. Chi sono? Il SISMI?

GIORGIO CANNARSA. Sì.

PRESIDENTE. Quanti briefing ha fatto?

GIORGIO CANNARSA. Uno per ogni volta che sono andato fuori.

PRESIDENTE. Quindi, sia quando è andato in Somalia, sia quando è tornato per andare in Jugoslavia?

GIORGIO CANNARSA. Quando si va fuori, in missione isolata o in monitor mission, come mi è capitato per la Jugoslavia, si riceve un briefing perché non si è inquadrati in un reparto. Invece, quando si va fuori con tutto il reparto, il reparto ha una sua componente di intelligence e di informazione, quindi non c'è bisogno di questo briefing diretto.

PRESIDENTE. Attualmente, lei collabora con il SISMI?

GIORGIO CANNARSA. Negativo.

PRESIDENTE. Conosce Rajola Pescarini?

GIORGIO CANNARSA. Per sentito dire, perché so che le persone che ci facevano il briefing dipendevano da lui. Era il responsabile dell'area in cui ci trovavamo.

PRESIDENTE. Quindi lei ha fatto, indirettamente, il briefing con Rajola Pescarini?

GIORGIO CANNARSA. Non direttamente con lui. Vi è una specie di piramide. Lui è responsabile di tutta un'area. Poi vi è un responsabile per ciascun settore. Ho fatto il briefing con chi era responsabile della Somalia e con chi era responsabile della Jugoslavia, quando sono andato in Jugoslavia.

PRESIDENTE. E quando lei è andato in Jugoslavia, chi era al vertice della piramide? Chi era nella parte più alta della piramide del SISMI?


Pag. 59

GIORGIO CANNARSA. Adesso non ricordo se fosse il generale Siracusa oppure un ammiraglio; non so.

PRESIDENTE. E del settore che faceva i briefing? Rajola Pescarini quante volte le ha fatto dei briefing?

GIORGIO CANNARSA. Rajola Pescarini non mi ha mai fatto dei briefing.

PRESIDENTE. E indirettamente?

GIORGIO CANNARSA. Sicuramente per la Somalia, perché era il responsabile.
Per quanto riguarda la Jugoslavia, non ricordo se il responsabile fosse lui. Comunque, il briefing me lo ha fatto il responsabile per la Iugoslavia. Io sono andato nel 1996, quindi basta che lei chieda chi fosse il responsabile in quella data: è lui che mi ha fatto il briefing.

PRESIDENTE. Generale, lei sa se vi fossero dei rapporti tra Rajola Pescarini e Giancarlo Marocchino?

GIORGIO CANNARSA. No, non lo so.

PRESIDENTE. Mai saputo?

GIORGIO CANNARSA. No.

PRESIDENTE. Un'ultima puntualizzazione, che si riferisce ad una domanda che le ha rivolto l'onorevole Deiana, a proposito del rapporto tra i signori della guerra e il fondamentalismo islamico. Ha mai conosciuto o è stato mai messo a parte dell'esistenza di rapporti, aspetti organizzatori o semplicemente situazioni esteriori, tra Aidid e Ali Mahdi, da una parte, e settori dell'integralismo islamico, dall'altra? In particolare, mi riferisco ad Aidid.

GIORGIO CANNARSA. No, anche perché io non avevo contatti diretti con i capi di queste organizzazioni; io avevo contatti con esponenti di questi gruppi...

PRESIDENTE. Cioè, dei gruppi che si riferivano ai signori della guerra?

GIORGIO CANNARSA. Sì, lì era tutto diviso in settori. Chiunque venisse a presentare dei progetti, lo aiutavo, lo portavo alle Nazioni Unite; se per le Nazioni Unite quei progetti erano validi, venivano approvati.

PRESIDENTE. Sia che si trattasse di Ali Mahdi che di Aidid?

GIORGIO CANNARSA. Certamente, per un discorso di equità.

PRESIDENTE. Sì, certo. Erano signori della guerra, che però facevano dei progetti di questo genere.

GIORGIO CANNARSA. No, erano persone che vivevano nell'area dove comandavano i signori della guerra.

PRESIDENTE. Dunque, non loro.

GIORGIO CANNARSA. No, non loro.

PRESIDENTE. Adesso, vorrei andare diretto al cuore del problema e quindi, ancora una volta, ai vertici di questi due clan - il clan di Ali Mahdi e quello di Aidid.

GIORGIO CANNARSA. Erano i due clan principali, perché ce ne erano tanti altri.

PRESIDENTE. Certo, anche al loro interno si spartivano in tante altre articolazioni.

GIORGIO CANNARSA. Tant'è vero che era difficilissimo muoversi per Mogadiscio.

PRESIDENTE. Appunto. Facciamo il caso di Aidid. Le chiedo: lei è venuto a conoscenza o è stato informato di rapporti tra articolazioni interne al clan di Aidid - oppure ad altri clan diversi da quelli di Aidid e di Ali Mahdi - con l'integralismo islamico?
Se dobbiamo prendere come una riflessione a voce alta l'affermazione da lei fatta sulla possibilità di riferire l'assassinio di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin a espressioni dell'integralismo islamico, va bene, la prendiamo come tale; però, la stessa affermazione, fatta da un generale della Repubblica che è stato in Somalia in quel periodo, presupporrebbe un elemento di riscontro oggettivo.


Pag. 60

GIORGIO CANNARSA. È una riflessione di Giorgio Cannarsa, non è una riflessione di un generale della Repubblica. Lei mi ha chiesto la mia opinione personale e io gliel'ho detta.

PRESIDENTE. No, veramente è stata l'onorevole Deiana a chiederle un'opinione personale, non io.
A questo punto, se non vi sono altre domande, ringrazio Giorgio Cannarsa e i colleghi intervenuti e dichiaro concluso l'esame testimoniale.
Dichiaro conclusa la seduta.

La seduta termina alle 00.35 di mercoledì 7 luglio 2004.

Back Forward