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PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, è qui presente il professor Vincenzo Pascali, direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore, il quale è in grado di darci le indicazioni più importanti che emergono dai risultati della perizia che gli è stata commissionata; per quel che riguarda la relazione, sono a conoscenza del fatto che egli ha bisogno di qualche altro giorno per poterla consegnare; quindi, decideremo insieme, sulla base delle indicazioni che lo stesso professore ci vorrà dare, come articolare i tempi dei nostri lavori.
Come ho anticipato informalmente al professor Pascali, gli chiediamo anche la cortesia, dopo la sua illustrazione, di prendere visione del verbale di sopralluogo effettuato sul cadavere di Ilaria Alpi dal dottor Armando Rossitto il 20 marzo 1994, perché possa dare indicazioni alla Commissione - è una richiesta suppletiva di ausilio - su eventuali domande tecnicamente adeguate da formulare al dottor Rossitto.
Do, dunque, la parola al professor Pascali per la sua relazione; successivamente, egli potrà rispondere alle domande mie e dei componenti la Commissione.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Grazie, presidente. Chiedo scusa a lei e alla Commissione per il lieve ritardo con il quale il mio lavoro è proceduto fino a questo momento. Ciò è dovuto in parte alla difficoltà di reperire tutto il materiale con il quale lavorare, in parte alla necessità di tempo per coordinare tutte le informazioni possibili, in maniera da fornire un quadro della situazione che sia insieme adeguato ed esauriente.
Finora, il lavoro è proceduto essenzialmente su due linee: innanzitutto, una linea di valutazione dei documenti esistenti (si tratta di numerosissimi documenti di tipo tecnico, prodotti nel corso del lungo iter giudiziario che ha caratterizzato il caso dell'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin); in secondo luogo, abbiamo cercato di fornire adeguato supporto di tipo evidenziario, riproducendo alcune prove che erano già state fatte e provvedendo ad allestirne di nuove. Questa seconda parte delle nostre indagini è necessariamente abbastanza ristretta, poiché il lungo intervallo di tempo intercorso e la dispersione degli oggetti e delle informazioni non rende possibile eseguire gran parte delle prove che sono state già a suo tempo espletate.
Il nostro lavoro è pressoché terminato: ho portato con me una bozza di relazione, che abbisogna ancora di una serie di limature, per le quali chiederei un tempo realmente minimo, una decina di giorni; dopodiché, la relazione sarà presentata.
PRESIDENTE. Professore, oggi siamo al 6 luglio; se la Commissione è d'accordo, possiamo fissare il termine al prossimo 20 luglio, per sicurezza; le sta bene?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Senz'altro.
PRESIDENTE. Ci può lasciare la sua bozza, professore?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. No, presidente, preferisco di no, in quanto è piena di refusi e di osservazioni personali che vorrei tenere per me.
Come voi sapete, ho riferito alla Commissione poco più di un mese fa, relativamente all'esecuzione di una tomografia assiale computerizzata sul corpo di Ilaria Alpi e all'esecuzione di nuove indagini d'autopsia sul corpo stesso. Ad oggi, abbiamo aggiunto a quella prima tranche una seconda fase di indagini, da me personalmente svolte a Londra, nel dipartimento di balistica del Forensic Science Service.
Inizialmente, le indagini tendevano a fornire una descrizione più appropriata e
più dettagliata possibile di tutti i reperti di tipo balistico ancora esistenti. Si tratta, in tutto, di cinque reperti balistici: un proiettile rinvenuto nella regione laterale destra del collo di Ilaria Alpi all'inizio, il 22 marzo 1994; un secondo frammento di metallo rinvenuto nella fossa cranica posteriore della vittima due anni dopo, se non sbaglio, il 5 aprile 1996, all'esecuzione dell'autopsia completa sul corpo; un terzo frammento costituito da un proiettile quasi completo rinvenuto all'interno della fossa cranica medio-posteriore del cranio di Miran Hrovatin il 22 marzo 1994, all'esecuzione di una parziale autopsia o, meglio, di una sezione del cranio nel contesto dell'esame esterno del cadavere, eseguito dal medico legale locale sul corpo; infine, altri due frammenti metallici, uno dei quali è stato rinvenuto sull'avambraccio destro di Miran Hrovatin - un frammento metallico appena infisso a livello della cute -, mentre l'altro è certamente la camiciatura di un proiettile, rinvenuto dal cineoperatore Lenzi della Televisione Svizzera, nell'immediatezza del fatto, ma recapitato alcuni mesi dopo al padre di Ilaria Alpi, affinché quest'ultimo potesse consegnarlo all'autorità giudiziaria.
Le indagini hanno avuto un esito piuttosto soddisfacente. In particolare, insieme agli esperti di Londra, abbiamo proceduto ad una osservazione molto dettagliata del proiettile che ha probabilmente determinato la morte di Ilaria Alpi. Il proiettile è stato variamente analizzato nel corso di precedenti accertamenti peritali, ma evidentemente c'era ancora qualcosa da scoprire. All'esito di questa analisi, abbiamo individuato che si tratta di un proiettile molto usurato, che reca notevolissime tracce di impatto balistico precedenti all'infissione nel corpo di Ilaria Alpi; è stato altresì riscontrato un avvallamento che assai probabilmente conteneva una camicia o camiciatura di proiettile; la camiciatura, lo ricordo, è quella parte del proiettile che, per rendere più coerente ed efficace l'azione di penetrazione, talvolta circoscrive in tutto o in parte il nucleo metallico che costituisce il proiettile stesso.
Ebbene, nel contesto di tale reperto abbiamo trovato delle fibre tessili ed alcune tracce di vernice o di un materiale estraneo di colore verdastro. Ciò ci conduce all'ipotesi che il proiettile, prima di penetrare all'interno del soma di Ilaria, abbia probabilmente attraversato parti dell'autovettura. È una conferma che Ilaria Alpi non può essere stata assassinata per un colpo d'arma da fuoco esploso da arma corta, a contatto del capo, ma si può sostenere l'ipotesi assai più verosimile che Ilaria sia stata attinta da un colpo esploso a medio-lunga, anzi, a media distanza da un'arma a canna lunga - probabilmente un fucile automatico - il calibro del cui proiettile potrebbe essere 7,63 per 39 e, pertanto, assai simile, se non identico, a quello dell'arma AK-47 Kalashnikov. Questo è il principale elemento che emerge dalle analisi che abbiamo eseguito a Londra. Tale elemento è, peraltro, in linea con numerose altre osservazioni che abbiamo fatto: osservazioni di tipo radiologico e radiografico e osservazioni di tipo morfologico e anatomopatologico.
Possiamo idealmente seguire il percorso di questo proiettile, determinare che cosa gli sia accaduto e quando, come e in che condizioni il proiettile si sia infisso nel cranio di Ilaria Alpi: esploso a medio-corta distanza - insomma, da alcuni metri di distanza -, il proiettile ha probabilmente attraversato delle parti metalliche prima di impattare contro il corpo di Ilaria Alpi. Questo è dimostrato in maniera assolutamente forte e convincente dall'esistenza di un secondo frammento metallico rinvenuto nel cranio di Ilaria - in occasione della seconda autopsia, come ho detto poc'anzi -, frammento che non può essere, per morfologia e per caratteristiche chimico-fisiche, un frammento di camiciatura: è, invece, un frammento metallico i cui bordi recano molto chiaramente i segni di una strappatura. Ciò significa che è parte di un manufatto metallico che è stato strappato al passaggio del proiettile. La morfologia di questa parte metallica riproduce quasi a stampo la morfologia del proiettile, così da far ritenere che il proiettile stesso se lo sia portato dietro nel
corso della sua traiettoria. Ciò spiega anche le ragioni per le quali il diametro 7,63 si sia trasformato in un diametro di circa 9 millimetri nel contesto del cranio di Ilaria Alpi.
A questo punto, più di tanto non possiamo stabilire. Dove si trovavano gli assalitori e in che termini è stata compiuta l'azione offensiva? Su questi aspetti della questione mi riservo di rispondere, ma posso anticipare che non saremo molto dettagliati, per il semplice fatto che ipotesi si possono senz'altro fare - e probabilmente ne sono state fatte moltissime - ma nessuna è supportata da dati di fatto così convincenti da poterci far sposare l'una piuttosto che l'altra.
Non sappiamo esattamente che cosa sia avvenuto, salvo i dettagli che vi ho già riferito quale, ad esempio, l'aver il proiettile attraversato almeno una parte metallica, che non significa carrozzeria del Toyota, ma può significare - come del resto è stato ipotizzato nel corso di numerosi accertamenti peritali - il longherone dello schienale di un sedile di autovettura.
Sapete quali fossero le posizioni originarie dei due giornalisti: Miran Hrovatin era seduto al posto anteriore destro e, subito dietro di lui, sedeva Ilaria Alpi. Sul sedile di Miran Hrovatin sono nettamente distinguibili, nei filmati d'epoca, almeno tre o quattro fori di proiettile, il che significa che alcuni proiettili possono avere realmente impattato contro il castello interno al sedile. Non possiamo dire lo stesso anche per il proiettile che ha colpito Ilaria Alpi, ma vi è la plausibile dimostrazione che alcuni colpi abbiano seguito tale tipo di traiettoria.
Vorrei, adesso, introdurre un tema che è molto importante, al fine di determinare al meglio tutti gli aspetti, anche quelli anatomopatologici, della vicenda. Prendiamo in considerazione la lesione a livello del cranio di Ilaria Alpi. Come sappiamo, Ilaria Alpi è stata colpita a livello parietale alto-sinistro e la lesione che il corpo recava era tipicamente stellata, anzi, atipicamente stellata - cioè a tre punte - con sottominamento dei bordi, cioè con i bordi lievemente scollati dal piano del cranio, così da far pensare effettivamente che le fosse stato inferto un colpo a contatto. Generalmente, il colpo a contatto, attraverso l'esplosione di gas e la violenta combustione delle polveri, produce uno scollamento dei tessuti.
Il quesito, dunque, è il seguente: perché si può affermare che il colpo è stato esploso a distanza, nonostante vi sia questa lesione stellata? La risposta l'abbiamo trovata nei radiogrammi dell'epoca - che abbiamo rinvenuto negli archivi dell'Università La Sapienza di Roma - e nel colloquio che abbiamo avuto con il radiologo dell'epoca. Questi radiogrammi sono stati scattati, ma mai effettivamente valutati nella loro interezza, poiché la relazione di consulenza tecnica Livriero-Sacchetti-Nobili-Farneti non reca commenti, se non per tre quarti di pagina.
Ebbene, dai radiogrammi dell'epoca emerge che le mani della vittima - ovvero, di Ilaria - erano parzialmente giustapposte, in un gesto di istintiva difesa, al di sopra del cranio; probabilmente, due delle dita sono state colpite dallo stesso proiettile in arrivo, ovvero dalla formazione proiettile-rivestimento di lamiera. Queste parti del corpo hanno subito una polverizzazione totale, ovvero mancano interi tratti di sostanza ossea e di spicole ossee a livello del terzo prossimale mediale del terzo dito della mano sinistra, così da descrivere una lesione di un certo tipo; ripeto, dalla lesione mancavano tutte le spicole ossee, tutte le strutture ossee, perché polverizzate dal proiettile. La stessa cosa dicasi a livello del quinto dito della mano destra e, curiosamente, dalle nostre analisi emerge che le dita non erano giustapposte in modo tale da essere intrecciate, bensì curiosamente giustapposte, così da far combaciare il dito anulare della mano destra con il terzo dito della mano sinistra. Ciò è dimostrato dal fatto che il semicanale in cui manca la struttura ossea è totalmente giustapposto nei due sensi delle parti corporee.
Cos'è accaduto, dunque? Il proiettile ha portato con sé, molto violentemente, porzioni di spicole ossee e altro materiale
organico, oltre a parti di se stesso polverizzate nel corso degli altri impatti, il che ha prodotto un tipico effetto, molto simile a quello dell'esplosione delle polveri. Ciò è dimostrabile dal fatto che - come lo stesso dottor Nobili ci ha riconfermato - spicole ossee si sono trovate con le radiografie del cranio e delle mani.
Vi è un dettaglio molto interessante, che conferma tale ipotesi, che non è stato descritto nella perizia cartacea, ma che abbiamo rinvenuto analizzando il filmato dell'autopsia dell'epoca: il contorno del cranio, in corrispondenza del foro di entrata, reca - a livello di ore tre, in alto a destra rispetto al cranio - una piccola lesione a stampo, che i nostri colleghi inglesi hanno chiamato un pit, cioè una piccola buca. Tale lesione non è stata prodotta, ovviamente, da parti di metallo, poiché le parti di metallo si sarebbero conficcate dentro e, dunque, avremmo ritrovato il metallo al suo interno; invece, come ho detto, tale materiale non è stato rinvenuto.
Per di più, siamo in grado di esprimere la nostra opinione con certezza, in quanto abbiamo eseguito una tomografia assiale computerizzata completa del cranio. In conclusione, queste lesioni sono prodotte da corpi altrettanto duri quanto la diploe del cranio: ovvero, i frammenti ossei delle dita di Ilaria. Questa è la ragione per la quale la lesione è stellata.
Proseguiamo in questa ideale traiettoria del colpo che ha conseguito la morte di Ilaria. Per una diversa quantità di moto, il nucleo centrale del proiettile di piombo (che è del peso di circa 3,5 grammi) ha attraversato il cranio da sinistra a destra e dall'alto in basso, fino a produrre una breccia - che abbiamo evidenziato e descritto nel corso del nostro esame TAC - a livello della fossa cranica posteriore e, infine, ha attraversato parte del collo, fino a dislocarsi alla base laterale destra del collo.
Il carattere particolarmente tenere del nucleo di piombo ha fatto sì che via via fossero persi dei frammenti dal nucleo originario. Abbiamo trovato, nel corso della nostra autopsia, ben 9 nuovi frammenti di questo proiettile, il che dà ancora una volta la dimostrazione di quanto il proiettile si sia usurato nel corso di questa complessa traiettoria. Questo è quanto si può dire della lesività inferta ad Ilaria Alpi.
Parliamo, adesso, di Miran Hrovatin: le indagini su Miran sono state in molti sensi condizionate in quanto, come sapete, il corpo è stato cremato e molti degli effetti personali non sono stati trovati; ciò è avvenuto anche per Ilaria, della quale non abbiamo trovato né gli effetti personali né gli indumenti; non esistono più, per qualche ragione sono stati dispersi. Nel caso di Miran, come detto, non avevamo neanche il corpo; pertanto, le nostre opinioni si sono formate a partire dalla semplice registrazione di atti altrui. Per Miran Hrovatin il colpo è stato esploso a distanza e probabilmente si è trattato di un fucile automatico del tipo AK-47 con calibro di proiettile 7,63 per 39: questa circostanza è testimoniata dal fatto che il proiettile che ha colpito Miran non può aver avuto più di un altro impatto precedente, poiché era integro, aveva perduto la camicia ma era quasi integro. Ed è stato rinvenuto nella fossa cranica medio-posteriore sinistra del cadavere, essendo entrato a livello parietale alto sinistro.
Le cause della morte, dunque, sono da colpo d'arma da fuoco inferto a distanza. Altri tipi di lesività sono meno interessanti e soprattutto circostanzialmente poco utili per definire questo o quell'aspetto della vicenda. Con questo, penso di aver esaurito buona parte dei temi più interessanti, riservati da questo caso. Ce ne sono altri, ma mi riservo di illustrarli successivamente.
PRESIDENTE. La ringrazio, professore. Per le eventuali comparazioni - che, peraltro, mi sembrano abbastanza superate, ma non vorremmo trascurare nulla -, le consegnerò le perizie e le consulenze tecniche effettuate sulle vittime di Donato Bilancia, pervenute dalla corte d'assise di Genova tre o quattro giorni fa; dunque, ad ogni buon conto, le farò consegnare copia di tale materiale.
Ovviamente, una volta letta la sua relazione, dovremo fare una riflessione, in modo che tutte le possibili valutazioni ed obiezioni le possano essere rappresentate ed in modo che lei possa darci, in Commissione o successivamente, per iscritto, le risposte ed i chiarimenti che riterrà necessari.
Vorrei porle, ora, tre o quattro domande; mi rendo conto che, attualmente, potrebbero non dar luogo ad una risposta compiuta, anche per le questioni che lei si è riservato di sciogliere, ma è soltanto per avere qualche indicazione ulteriore.
Innanzitutto, quando lei parla di media distanza o di medio-lunga distanza, che cosa intende? Sulla base delle dinamiche di impatto e delle osservazioni che ha effettuato con riferimento all'ingredire del proiettile nel corpo di Ilaria Alpi, questa media distanza per noi è di un certo rilievo, tenuto conto che dovremo metterla in collegamento con la ricostruzione dei fatti, quali risultano dai filmati di cui lei ha avuto la possibilità di prendere visione. Le chiedo di indicarci un minimo e un massimo di tale media distanza.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Qualche metro, alcuni metri.
PRESIDENTE. Per «qualche metro» che cosa intende? Un metro?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. No, di più.
PRESIDENTE. Il massimo, in termini di metri, quale potrebbe essere?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Con il Forensic Science Service abbiamo discusso l'opportunità di ricostruire la traiettoria del proiettile che ha colpito Ilaria. Inizialmente, alcuni degli esperti che mi hanno aiutato si sono posti il problema se il proiettile che ha colpito Ilaria avesse carambolato, ovvero se fosse, in sostanza, destinato ad un altro bersaglio, ed avesse poi colpito Ilaria di rimbalzo.
Perché ci si è posti tale interrogativo? Perché si tratta di un proiettile molto usurato, che reca numerose tracce di impatti, e questi impatti non possono essere ricostruiti se non indirettamente; quando dico «indirettamente» intendo riferirmi al materiale che l'impatto ha lasciato sul proiettile e al materiale che il proiettile può aver lasciato qui e là.
Questo secondo aspetto della questione è praticamente impredicibile; abbiamo tanti filmati dell'epoca e il Toyota pick-up, nel quale la vicenda si è consumata, reca numerosi colpi di arma da fuoco; quando, però, si tratta di stabilire realmente se il proiettile abbia attraversato questa o quella parte, servono dei confronti precisi. Ad esempio, alcune delle parti di metallo che abbiamo analizzato contenevano tracce di vernice nera. Il punto è: si può realisticamente dire qualcosa su ciò che è effettivamente accaduto al proiettile se abbiamo un manufatto di vernice nera con il quale compararlo, ma poiché non l'abbiamo, forse è meglio non fare congetture che non si possano dimostrare. Questa è anche la ragione per la quale è pressoché impossibile oggi essere più precisi sulla balistica dei colpi che sono stati esplosi. Credo che la Commissione debba accontentarsi di questi esiti.
PRESIDENTE. Certo, ma un minimo e un massimo si possono stabilire? Vorremmo avere una ricostruzione che possa essere di interesse per il nostro lavoro, tenuto conto che lei ha sicuramente escluso che possa essersi trattato di un colpo a contatto e da arma corta.
Allora, le chiedo: gli aggressori, rispetto all'auto nella quale si trovavano i due giornalisti, a che distanza potevano essere? Nei pressi dell'auto? A quale distanza eventuale (non pretendo la precisione)? È ipotizzabile, sulla base dei risultati che lei ha acquisito, un forte avvicinamento verso l'auto nella quale si trovavano i due giornalisti oppure no?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. La questione è complicata. Certamente, gli aggressori erano all'esterno dell'autovettura, ma questo non è ovvio, perché leggendo i documenti dell'epoca moltissime ipotesi sono state fatte e, per esempio, una di queste era...
PRESIDENTE. Quella dell'autista.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. No, mi riferisco ad un aggressore esterno che, a vetro laterale posteriore aperto, avesse sporto l'arma e sparato da sinistra a destra. Ritengo che questa ipotesi sia, per esempio, inverosimile, considerato che il proiettile deve aver passato - a mio giudizio - una parte di moquette dell'autovettura.
La mia opzione preferita potrebbe essere questa: il colpo è stato esploso, ma...
PRESIDENTE. È stato esploso, e poi? La prego di finire la frase, professore.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Presidente, non vi sono prove; non vi sono prove definite. Ho elementi di convinzione interiore, ma non ci sono elementi di prova che il colpo sia stato esploso da davanti e che abbia attraversato lo schienale del sedile anteriore destro, sul quale sedeva Hrovatin.
Questo spiegherebbe l'impatto con il vetro, rispetto al quale però non abbiamo elementi. Abbiamo cercato con accanimento frammenti di vetro sul proiettile: ci sono dei residui biancastri, ma non sembrano biossido di silicio. Questo, però, potrebbe anche spiegare l'impatto con qualche longherone del sedile - e, ovviamente, con parte della moquette - prima che il corpo fosse attinto dal proiettile.
PRESIDENTE. Professore, possiamo dire che si può lavorare sull'ipotesi che il colpo sia stato sparato dalla parte anteriore dell'auto?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. È plausibile.
PRESIDENTE. Ed è plausibile lavorare su un'altra ipotesi e, cioè, che il colpo sia stato sparato da persona collocata lateralmente all'auto, non davanti, ma da una delle due fiancate - vedremo poi, eventualmente, se la destra o la sinistra - dell'auto?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. C'è una ragione logica che mi rende riluttante ad accettare questa ipotesi: la maggiore superficie dei sedile sulla quale si può impattare si ha colpendo da davanti a dietro (o da dietro a davanti) e non lateralmente. È molto più difficile che un proiettile attraversi un sedile, se esploso di lato.
PRESIDENTE. Quindi, l'ipotesi dell'esplosione del colpo stando davanti all'auto...
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Nella mia opinione, avrebbe migliore consistenza.
PRESIDENTE. In precedenza, lei ha detto che Miran Hrovatin è stato attinto da un colpo nella zona parietale sinistra.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Sì, nella zona parietale laterale sinistra.
PRESIDENTE. Dunque, Miran Hrovatin era seduto alla destra del guidatore, sul lato destro dell'auto. Tenuto conto che il colpo lo ha attinto dalla parte opposta rispetto a quella che egli dava al finestrino, guardando in avanti, e ritenendo preferibile l'ipotesi dell'esplosione del colpo da persona che si trovava davanti al veicolo, come si concilia tale ricostruzione con il colpo che lo ha attinto alla zona parietale sinistra?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Si concilia, molto probabilmente, con un'istintiva deviazione dell'asse del capo sul collo: una tipica reazione dei feriti.
PRESIDENTE. Quindi, quella continuerebbe ad essere la posizione meglio ipotizzabile, per quanto riguarda l'aggressore.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Sì, tra l'altro è certo che i proiettili siano stati esplosi dall'avanti all'indietro, in quanto i filmati dell'epoca documentano una cristallizzazione del parabrezza dell'auto.
Per completezza, dirò che c'erano forami di attraversamento ad opera di proiettile anche in una delle tre parti del lunotto posteriore, tuttavia non è dato di sapere, come è ovvio, se questi fossero i proiettili vaganti dall'avanti all'indietro oppure quelli vaganti dall'indietro all'avanti. La questione è, praticamente, irrisolvibile, perché non vi sono elementi per stabilirlo.
PRESIDENTE. Lei ha parlato di fucile automatico o di qualcosa di molto simile ad un kalashnikov. Anche questo è un punto che le chiedo di chiarire, nei limiti delle possibilità offerte dagli accertamenti che ha potuto fare, in quanto per noi è di interesse ai fini della individuazione delle persone che hanno perpetrato l'aggressione, potendoci orientare in una direzione piuttosto che in un'altra.
Innanzitutto, le chiedo quale sia il tasso di differenza tra un colpo esploso da un fucile automatico e un colpo esploso da un kalashnikov.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Il kalashnikov è un fucile automatico.
PRESIDENTE. Sì, però hanno caratteristiche diverse.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Esplode colpi 7,63 per 39 millimetri e li esplode in raffiche da 30 colpi l'una. Il fucile kalashnikov è diffusissimo. Secondo l'opinione degli esperti del Forensic Science Service, è assai probabile che kalashnikov siano stati in azione in quel periodo, poiché la diffusione di quest'arma era straordinariamente elevata.
Il quesito posto dal presidente è: perché si suppone che i kalashnikov siano stati in azione in questa particolare circostanza? Ebbene, il corpo di reato n. 14388 (ovvero, la porzione di camiciatura ritrovata dal giornalista Lenzi) è quasi certamente una porzione di camicia di un colpo 7,63 per 39, in quanto ne ha tutte le caratteristiche - quali l'orletto (il rim), le dimensioni, la forma slembata - ed è costituita da una lega di nichel e di rame, che è tipica dei proiettili kalashnikov.
Anche nell'opinione di esperti che si sono pronunciati prima di me vi è quasi l'unanimità nell'individuare tale corpo di reato come una camicia di proiettile 7,63 per 39. Quindi, che AK-47 abbiano agito in questo frangente è pressoché certo e provato!
La questione è riproposta anche dall'analisi del proiettile infisso nella fossa cranica posteriore di Miran Hrovatin, che con ogni probabilità è del tipo dei kalashnikov, o comunque molto simile, in quanto ne ha tutte le caratteristiche.
Invece, il colpo il cui proiettile è stato rinvenuto nella regione laterale destra di Ilaria Alpi - cioè il corpo di reato n. 141247 - è più difficilmente classificabile. Dà origine, infatti, ad ambiguità, in quanto è un nucleo estremamente usurato, nei confronti del quale non si può dire neanche quanti grammi abbia pesato in origine.
Tuttavia, che degli AK-47 siano entrati in azione in quel periodo è pressoché certo, nella mia opinione.
PRESIDENTE. Che cosa intende quando dice «in quel periodo»?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. In quella circostanza.
PRESIDENTE. Quindi, quando parla di fucile automatico vuol dire il genus nell'ambito del quale, con molta probabilità, si colloca anche il kalashnikov, nel caso di specie.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Esatto. Debbo anche dire che nel corso della mia permanenza a Londra, la scorsa settimana, mi sono soffermato alcune ore con degli esperti di balistica da guerra. Quella che conosciamo è, generalmente, una balistica del tempo di pace ed è istruttivo vedere quali siano gli effetti, dal punto di vista della lesività esterna, di un colpo di kalashnikov esploso a contatto.
Potrebbe, in questa circostanza, un kalashnikov aver esploso un colpo a contatto? La risposta è: senz'altro no. Chiunque vedesse foto di colpi di AK-47 esplosi a contatto noterebbe uno sfacelo totale della parte colpita. Questo è confermato da numerosissimi elementi di evidenza.
Aggiungo che, nel gruppo di esperti che hanno partecipato alla scrittura della relazione, vi è anche il dottor Juha Rainio, che ha passato diversi mesi in Kosovo ed ha esperienze nel campo dell'osservazione anatomopatologica di colpi di kalashnikov.
PRESIDENTE. Un'altra domanda, professore. Lei ha esposto le ragioni per le quali era possibile scambiare come un colpo a contatto l'esito della penetrazione del proiettile nel capo di Ilaria Alpi. Ebbene, di fronte all'evidenza - rappresentata da ciò che esternamente poteva essere appreso nel momento in cui si è avuta cognizione del cadavere di Ilaria Alpi e del colpo di arma da fuoco che l'aveva attinta -, le chiedo quale livello di diligenza avrebbe comunque comportato che si procedesse a quegli accertamenti che lei oggi ha fatto e che hanno portato alle conclusioni che ha qui rassegnato, anche se in maniera ancora provvisoria.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Presidente, devo premettere di essere professionalmente l'uomo più fortunato del mondo, poiché sono l'ultimo ad esprimermi e sono - diciamo così - sulle spalle di molti altri. È logico e naturale, quindi, che io possa cogliere con grande facilità gli elementi di sottovalutazione o di mancata piena comprensione di questo o quell'aspetto della vicenda.
Ciò premesso, debbo dire che alcune delle questioni sono già conosciute dai membri della Commissione, in quanto sono state sollevate in precedenza. Ovviamente, sarebbe stato utile ed opportuno eseguire un'autopsia completa del cadavere, in un caso o nell'altro; tutto questo non è stato fatto per circostanze completamente fortuite ma che hanno pesato sullo svolgimento delle successive analisi.
È ovvio, altresì, che un certo genere di accertamenti sono estemporanei. Vorrei farvi un esempio specifico e assai preciso: cercare residui di polveri in un cadavere riesumato dopo due anni è un problema, in quanto è impossibile sapere se un eventuale risultato negativo sia motivato dal fatto che le polveri sono state disperse o, semplicemente, perché non vi erano in partenza.
In secondo luogo, fare degli accertamenti sulla composizione chimica dei metalli dei proiettili o delle parti proiettate all'interno dei corpi, senza aver fatto una ricognizione, ad esempio con lo stereomicroscopio, che dopotutto è molto semplice ed alla portata di ogni occhio, è un errore - mi permetterei di dire - di ingenuità: è come voler analizzare la pelle di un elefante con il microscopio elettronico a scansione, quando è molto più semplice guardarla ad occhio nudo!
La scoperta di fibre che abbiamo evidenziato nel nucleo del corpo di reato n. 141247 è sorprendente, nella misura in cui nessun altro l'ha fatta. Non è stata fatta una descrizione morfologica di quel proiettile, mentre sono state fatte analisi molto più sofisticate, che però non hanno fatto avanzare granché l'indagine.
PRESIDENTE. La mia domanda era un'altra, però. Gliela rifaccio, anche se mi rendo conto che c'è una certa ritrosia a rispondere. L'inizio di questa vicenda è segnato da un'ispezione del cadavere effettuata nelle immediatezze, che fece refertare l'esistenza di un colpo a contatto sul capo di Ilaria Alpi.
Le chiedo, ancora una volta: quale livello di diligenza, per accertare quale fosse la realtà che oggi apprendiamo, si sarebbe dovuto richiedere perché si procedesse alle valutazioni e agli accertamenti che lei ha fatto e che l'hanno portata alla conclusione che ci ha rassegnato?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Un livello di diligenza maggiore, signor presidente. Questo avrebbe evitato allo stesso consulente tecnico di mutare la propria opinione nel corso dei due anni successivi in termini molto evidenti. Lo stesso consulente tecnico che riferì che il colpo era stato esploso a contatto, successivamente, due anni dopo, ha orientato la propria diagnosi verso un colpo esploso a distanza. Questo spiega ovviamente il divario in termini di conoscenza che può essere derivato dalla mancata esecuzione di un esame autoptico.
PRESIDENTE. La possiamo considerare - scusi la franchezza, ma abbiamo bisogno di un minimo di criteri - una grave negligenza, quantomeno quella di non aver fatto gli approfondimenti necessari?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Presidente, se fosse stato fatto, il corpo di Ilaria non sarebbe stato riesumato altre due volte. Questo è nei fatti.
PRESIDENTE. Sì. Ma visto che lei è il nostro tecnico che ci deve dare tutte le indicazioni e tutti i lumi, e visto che questa Commissione si deve occupare anche di capire perché sono avvenuti certi sviamenti nel corso delle attività di indagine, le chiedo se è una grave negligenza quella di non aver fatto l'accertamento peritale.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Ritengo di si, presidente.
PRESIDENTE. Grazie.
Ha chiesto di intervenire l'onorevole De Brasi.
RAFFAELLO DE BRASI. Parto dalla premessa che il risultato della perizia che ci è stato presentato non inficia nessuna delle tesi sulle quali si sta lavorando e indagando (non certamente quella della premeditazione o dell'esecuzione). Dico ciò per sgomberare il campo. Infatti, chiaramente, l'agguato o l'esecuzione può essere perpetrata anche a media distanza e con un kalashnikov. Sgomberato questo tema mi chiedevo alcune cose. La prima si riferisce al tema sollevato dal presidente Taormina. Alla conclusione a cui lei è giunto, professor Pascali, erano giunte anche altre perizie. Quindi, in assoluto, l'affermazione secondo la quale vi è stata una grave negligenza dovrebbe essere, a mio parere, un po' più circostanziata perché, da quello che ho potuto leggere dalle perizie, si parlò di un balletto delle perizie stesse perché erano molto contrastanti l'una rispetto all'altra. Quindi, se lei è arrivato ad una conclusione rispetto ad altre perizie, magari compiute con minore strumentazione, è evidente che noi dobbiamo accertare - il presidente ha giustamente posto questa questione - anche se queste perizie sono state fatte in maniera diligente oppure no. Dunque in riferimento a ciò dobbiamo valutare dove vi sia stata negligenza e dove no, anche dal punto di vista dell'approccio peritale, perché - lo ripeto - le conclusioni sono state molto diversificate e contraddittorie fra di loro.
Sicuramente l'assenza di diligenza più eclatante riguarda la mancanza delle autopsie, come abbiamo già sottolineato diverse volte. Per quanto riguarda invece il
merito della sua comunicazione, lei ci ha detto che è stato riscontrato un foro d'uscita, se non ho capito male dal ragionamento che ha fatto.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Sta parlando di Ilaria?
RAFFAELLO DE BRASI. Sì. Il presidente ricorderà che quando fu comunicato che si era trovato il foro d'uscita si fece questo ragionamento: perché ci sia la compatibilità nella metodologia dell'agguato, l'idea di prevedere l'ipotesi che il colpo sia stato sparato da vicino o a contatto, ci dev'essere il foro d'uscita. Altrimenti, se non c'è il foro d'uscita questa tesi è assolutamente insostenibile.
La mia domanda è questa: questo foro d'uscita è secondo lei compatibile - ovviamente, altrimenti la sua tesi non avrebbe coerenza - con la media distanza di cui lei ci ha parlato? Questa è una prima richiesta. La seconda è questa. Lei ci ha già dato una risposta che mi pare abbastanza plausibile ancorché difficile da provare, rispetto al motivo per cui il colpo che ha attinto Miran Hrovatin fosse in una certa parte del corpo e quindi lei ha ipotizzato una rotazione del capo. Per Ilaria Alpi, invece, siccome il colpo viene attinto a sinistra, nella parte posteriore della testa, si deve supporre che lei si fosse accasciata con la testa rivolta in modo tale che potesse essere attinta dal davanti. Infatti, la sua tesi è questa. La tesi è che i colpi vengano dal davanti. Questa è la seconda domanda. Le chiedo se lei può specificare meglio come, secondo lei, fosse collocato il corpo di Ilaria Alpi per poter essere attinto nel modo che lei ha poi verificato.
Altre due valutazioni riguardano due punti di contraddizione che in tutta questa vicenda ci sono state rispetto alle modalità dell'esecuzione ed anche ai reperti che sono stati trovati. Si è parlato diverse volte di questa camiciatura che era stata trovata davanti o di dietro, e vi era stata discussione sul fatto se la camiciatura fosse riferita al proiettile che aveva colpito Ilaria Alpi; ma allora, per quale ragione si era trovata davanti, come Chiesa testimoniò? Questa è la prima questione. La seconda riguarda i fori, perché anche su questa questione c'è sempre stata discussione: c'erano questi fori nella macchina o no, e se c'erano erano contemporanei all'agguato o erano precedenti, perché erano arrugginiti, oppure no? Su questi due punti c'è sempre stata una molteplicità di interpretazione.
Lei, invece, ha fatto un'affermazione piuttosto netta. Ha detto: ho guardato i filmati, i fori c'erano e uno di questi fori è sicuramente causato da questo proiettile che poi ha attinto...? Ho capito male? Lei ha detto che ha penetrato una parete.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. È certo che abbia penetrato una struttura di metallo, ma non ho identificato quale.
RAFFAELLO DE BRASI. Sì, però lei ha detto che c'erano dei fori, e quindi da uno di questi fori dovrebbe essere passato visto che ha attinto la lamiera. Adesso non so bene dove lei abbia individuato questi fori. Le ripeto questo perché ciò è stato oggetto di parecchie discussioni, visto anche che nessuno ha potuto esaminare il Pick-up. Noi avevamo dato come indicazione quella di esaminare i vestiti e il Pick-up, ma naturalmente questo non è stato possibile farlo neanche per i vestiti, seppure fosse possibile pensare che vi fossero ancora.
PRESIDENTE. Per quanto riguarda l'indicazione dell'onorevole De Brasi, con riferimento alle questioni relative al tasso di diligenza adottato in questa vicenda, per la parte che è stata di suo interesse, noi vogliamo sapere - la sede più appropriata sarà certamente la sua relazione scritta, analizzando i vari momenti nei quali l'inchiesta si è snodata - quali possono essere stati gli errori involontari, le situazioni di diverso tipo e via dicendo, perché ne va molto anche di ciò che dal punto di vista delle consapevolezze l'autorità giudiziaria
ha avuto. Infatti, una cosa è discutere un risultato che per qualsiasi ragione può essere sbagliato e che è diventato patrimonio delle ulteriori attività di indagine che sono state svolte su indicazione dell'autorità giudiziaria, altra cosa è invece sapere o capire che si tratta di diagnosi molto difficili, molto complicate e perciò la plausibilità dell'errore diventa certamente maggiore.
Mi rendo conto che forse lei, questa sera, non può rispondere compiutamente su questo punto, però questa nostra audizione consentirà al professor Pascali di essere preciso anche su questo nella sua relazione scritta. Chiedo scusa per l'interruzione e la predo di rispondere all'onorevole De Brasi.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Sono d'accordo con l'onorevole De Brasi quando dice che un agguato da kalashnikov non si produce con un colpo a contatto. Infatti, se noi ipotizziamo che alcune persone fossero armate di kalashnikov, il modo migliore di compiere un agguato con kalashnikov è esplodere una raffica da media distanza, poiché si tratta di un'arma a canna lunga, che esplode colpi in rapida successione, e pertanto non è utile avvicinarsi alla vittima, ma è utile invece mantenere una certa distanza, come propongono le istruzioni di uso di un mitragliatore kalashnikov o di un'arma di questo tipo. Pertanto, il tema generale sotteso, sul quale non desidero parlare perché non è di mia competenza, è un tema completamente impregiudicato da quanto io ho detto, dal punto di vista tecnico.
Il secondo punto mi pare che riguardasse la questione delle inesattezze.
Le relazioni tecniche che io ho letto contengono - moltissime o quasi tutte - quasi tutte le affermazioni che sto facendo in questo momento. Il tema è quello di selezionare quelle che sono abbastanza compatibili tra di loro e che possono restituirci un quadro la cui plausibilità sia accettabile da un punto di vista razionale. Questo è assai più difficile, perché naturalmente i tipi e le contraddizioni erano molto rilevanti. Il tema della negligenza può essere sollevato a livello dell'autopsia non eseguita di Alpi e Hrovatin, ma ce ne sono molti altri. Insomma, si potrebbe dire molto, tecnicamente, sui reperti. Uno dei proiettili era segato in due, e quattro ore del nostro lavoro a Londra sono state dedicate a ricostruire il motivo per cui questo proiettile fosse segato in due. Ed è stato chiamato un esperto di strumenti da taglio, il quale ha descritto perfettamente l'operazione, che però è stata compiuta da un perito. Anche il foro di entrata di Ilaria è stato rinvenuto in un posto diverso, e anche il terzo dito della mano sinistra... la ferita stellata è stata cruentata e mai più ritrovata. Ci sono molte circostanze tecniche che possono essere criticate.
Come ho detto, non desidero ergermi a giudice di altri comportamenti, perché naturalmente sono l'ultimo a parlare e ho piena cognizione di tutti i problemi. Ciò rappresenta un enorme vantaggio da un punto di vista tecnico. Tuttavia alcune questioni devono essere ovviamente suscitate. Il presidente ha detto giustamente che la questione dell'autopsia è molto importante. In un caso di omicidio l'autopsia si fa. Ma questo non è stato fatto, né in un senso né in un altro. Ha aggravato la situazione la decisione di cremare il corpo di Hrovatin, che ci ha privato completamente della possibilità di investigare ulteriormente. E molte questioni controverse per Ilaria, e non controverse per Hrovatin, sono state forse tali semplicemente per la mancanza di seconde o terze opinioni in ordine al caso Hrovatin. Per esempio, è ugualmente interessante la lesione al livello del forame di ingresso nel cranio di Miran Hrovatin. Questa non è stata mai studiata e mai posta in discussione per la semplice considerazione che nessun altro ha potuto vederla. Ma questa lesione è molto interessante e si potrebbero svolgere più o meno le stesse considerazioni che ho appena svolto per il caso della ferita di Ilaria Alpi anche nel caso di Hrovatin. Ciò non è stato fatto semplicemente perché l'autopsia di Hrovatin non poteva più essere fatta.
Alcuni accertamenti tecnici non erano utili, e non aggiungevano altri elementi, mentre altri accertamenti più semplici non sono stati eseguiti. Credo che questo sia stato essenzialmente determinato dall'assenza di una linea di direzione unitaria di un'indagine di questo genere.
Ogni inchiesta ha un'anima e quest'anima si esprime con un certo genere di indirizzi, imprimendo un carattere unitario alle indagini. E tutto questo non è avvenuto. Con molti pubblici ministeri che si sono succeduti nella vicenda giudiziaria, è ovvio anche che si sia persa la memoria storica, come spesso succede. Credo che siano le persone a fare la differenza. Per quanto riguarda il forame di uscita compatibile con la media distanza, la risposta è sì. Un fucile kalashnikov esplode con una quantità di moto molto rilevante, pertanto la distanza di alcuni metri è perfettamente compatibile con la lesione che esprime un tragitto così lungo. Il tema è che il proiettile era molto usurato, e questo si può vedere da alcune radiografie.
Un lavoro molto importante che ci ha impegnati per alcuni giorni è stato quello di digitalizzare tutte le fotografie sparse nei numerosi documenti, che peraltro non potevano essere tirati fuori dai cassetti degli uffici giudiziari. Pertanto, alcuni miei collaboratori hanno digitalizzato tutte le foto che sono di ottima qualità e che renderanno più agevole valutare l'intero caso. Ci saranno anche le radiografie e, una volta viste le radiografie si comprenderà come il proiettile che ha attraversato il cranio di Ilaria si sia frammentato in una nubecola di frammentini metallici. È difficilissimo osservarli (mostra una radiografia). Si può forse vedere che questo tragitto, il tragitto intrasomatico, è scandito dalla presenza di numerosissimi frammenti che arrivano fino al collo (queste radiografie sono dell'epoca e non quelle che abbiamo fatto noi). Quelle che abbiamo fatto noi sono migliori ma queste sono quelle dell'epoca e spiegano quasi tutto. Ciò è la dimostrazione che il nucleo di piombo era disfatto. Noi abbiamo trovato dei piccoli frammenti che erano come spalmati su parti vertebrali del corpo. Questo significa che il nucleo di piombo era surriscaldato e reso molto malleabile dai numerosissimi impatti balistici che aveva subito. Questa è una dimostrazione chiarissima di quello che è accaduto al proiettile che ha colpito Ilaria. Era solamente un nucleo molto usurato di proiettile con importanti vicissitudini.
Ciò che è rimasto è questo (mostra una fotografia): questa è una delle facce che ci permette di dire che probabilmente il proiettile aveva una camicia. Quello che voi vedete è il collo di quello che rimane della camiciatura. Per quanto riguarda la posizione di Ilaria, una delle cose più difficili da stabilire è la posizione dell'aggressore e della vittima nel caso di morte o di omicidio con arma da fuoco. Infatti, le relative posizioni possono essere molto variabili, e se non ci sono punti fermi è molto difficile tracciare una linea retta tra chi ha esploso il colpo e chi invece ha ricevuto il colpo. Pertanto, cosa sia realmente accaduto ad Ilaria e quale sia stata la traiettoria non sarà per noi possibile stabilirlo. Non ne abbiamo la possibilità, e non abbiamo alcun mezzo, a meno che non si faccia ricorso a ricostruzioni fantasiose e non provate. C'è anche questo. Molti documenti che ho consultato riproducono, anche con dovizia di particolari, quello che può essere accaduto a livello balistico, ma io non penso che ce ne siano le ragioni. Oltretutto, l'osservazione del teatro dell'omicidio è un'osservazione di seconda o di terza mano. Quel documento che ho fatto circolare, concernente la distribuzione dei colpi nel Toyota, è una distribuzione fatta in due tempi diversi. Un primo tempo è quello che corrisponde alle ore immediatamente successive all'omicidio, cioè il 20 marzo 1994, e un secondo tempo si riferisce invece a filmati fatti il 30 marzo da altro operatore televisivo, ed è quasi certo che il pick up avesse dei colpi prima dell'agguato e che probabilmente ne abbia ricevuti dopo. La situazione è così intricata da prevenire chiunque dal fare un'operazione molto grossolana di prendere in ipotesi un foro dell'automobile perché sembra più plausibile che sia passato di lì.
È un tipo di esercizio che non vorrei fare.
RAFFAELLO DE BRASI. È chiaro, però, che se la sua ipotesi, anzi è più di una ipotesi... se l'agguato sia avvenuto da davanti, inevitabilmente, avendola attinta dietro, doveva essere per forza sdraiata, a meno che non si pensi ad un rimbalzo, ma lei lo ha escluso, in qualche modo, o no?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. No, ho detto solo che ci siamo posti il problema. In realtà, il problema è molto semplice: le strutture metalliche e le parti di tappezzeria dell'auto sono molto più facilmente raggiungibili, come io ho detto, con una traiettoria antero-posteriore, oppure, se vogliamo, postero-anteriore. E siccome i filmati riproducono colpi che sono entrati dal davanti, certamente, perché questo è indubitabile, ovviamente un'ipotesi molto attraente e molto convincente è che i colpi siano stati inferti dalla direzione anteriore in senso posteriore.
PRESIDENTE. Mi scusi, professore, in questo documento che riporta i punti di attacco sull'auto (a, b, c, d, e eccetera), sul sedile dove stava Miran Hrovatin (c'è una g), voi avete trovato esiti da colpi di kalashnikov?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Sì, ci sono distintamente.
PRESIDENTE. Ma dove? Perché fuori non ci sono.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Il sedile aveva uno schienale con un poggiatesta e poco sotto il poggiatesta c'erano tre fori, probabilmente di proiettile.
PRESIDENTE. La lettera g rappresenta il transito di un colpo di arma da fuoco sul sedile?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Sì.
PRESIDENTE. Come è stato ricostruito ciò?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. È stato ricostruito attraverso filmati dell'epoca. I documenti sono stati filmati in due tempi diversi. Uno immediatamente dopo l'omicidio, e l'altro il 30 marzo.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Deiana.
ELETTRA DEIANA. Immediatamente dopo l'omicidio, ci sono delle foderine rosse.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Sì.
ELETTRA DEIANA. E non ci sono tracce di fori.
Il filmato relativo al giorno in cui Hrovatin e Alpi vengono ammazzati ci fanno vedere i sedili ricoperti da una foderina rossa. Sono sedili sui quali non c'è traccia di fori, mentre invece i fori si vedono in un successivo filmato del 30 marzo in cui non ci sono le foderine e ci sono dei fori.
Quindi, la certezza del riscontro sui sedili è una supposizione.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Sì, ma io sono convinto di questo, e lo ribadisco. Noi stessi abbiamo visto che in parte dei filmati c'è una specie di copertina rossa di cui resta traccia, peraltro.
Il 14.3.8, cioè la camicia di proiettile rinvenuta dal cineoperatore Lenzi della televisione svizzera, reca al suo interno, ancora adesso, delle fibre tessili di colore rosso, unite ad altre fibre tessili di altro
colore. Questa è la prova ovvia del fatto che quella coperta rossa c'era. Non c'è dubbio.
Le fibre ritrovate nel nucleo di piombo rinvenuto nella regione laterale destra del collo di Ilaria sono fibre molto usurate e sono difficilmente riconoscibili. Noi le abbiamo fotografate, ma non c'è colore da segnalare, pertanto noi non sappiamo esattamente cosa sia, però sono fibre.
PRESIDENTE. Sì, ma quando lei indica g, come sede...
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. No, questo è un documento tratto da una delle perizie.
PRESIDENTE. Non lo ha fatto lei?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. No. L'ho portato per comodità.
PRESIDENTE. Comunque la lettera g dovrebbe indicare che sono passati dei colpi.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Sì.
PRESIDENTE. Lei non ha riscontrato questo? Che cosa ha riscontrato, lei, con riferimento ai colpi che hanno attinto il sedile dove era seduto Miran Hrovatin?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. I tre colpi di cui ho parlato si vedono distintamente quando non c'è più la copertina rossa.
PRESIDENTE. Ho capito. Prego, onorevole Cannella.
PIETRO CANNELLA. Presidente, devo dire che la gran parte delle mie osservazioni sono state esaurientemente risolte dal dibattito. Vorrei solo capire una cosa. Se non ricordo male avevamo anche delle foto dei Ros, o comunque dei carabinieri, in cui si vedevano dei fori nello schienale del sedile. Vorrei un chiarimento dal professor Pascali. A questo punto, una cosa è certa: comunque, il colpo che ha attinto Ilaria Alpi è un colpo che è rimbalzato, che ha carambolato, che ha colpito qualche altra parte prima?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Ha colpito qualche altra parte prima. Ha carambolato. Ci siamo posti il problema
PIETRO CANNELLA. Dunque, non è un colpo che è arrivato in linea retta e diretta.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Se vedete il proiettile comprendete subito che non può che essere stato così. Infatti, il proiettile ha numerose superfici deformate, pertanto non può che essere così. Nessun proiettile si riduce in questo modo passando per il cranio di una vittima. È impossibile. Questo è virtualmente impossibile.
PIETRO CANNELLA. Posto che ancora non abbiamo capito se i fori nello schienale ci sono, oppure no (lo accerteremo), se ci fossero, poiché risulta strano all'occhio del profano che ambedue le vittime siano state colpite comunque in una zona non frontale rispetto alla posizione degli aggressori (Hrovatin sulla parte parietale e l'Alpi addirittura sulla parte posteriore del cranio), è possibile che la Alpi si sia riparata, coperta, e quasi appoggiata allo schienale e quindi il colpo sia arrivato in questo modo, con questa traiettoria?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Sì, è possibile. Anche qui, l'evidenza di ciò che ha fatto Ilaria Alpi nell'incedere dei colpi viene in realtà dalle tracce che noi abbiamo riscontrato di metalli sulle mani e di spicole
ossee sul cranio. È l'unica cosa realmente convincente che ci fa dire che l'atteggiamento sia stato quello.
PIETRO CANNELLA. Volevo solo verificare che ricordassi bene rispetto alle fotografie che ho visionato.
PRESIDENTE. Diamo atto che nel materiale fotografico citato durante l'intervento del professor Pascali e su domande di alcuni commissari, c'è il sedile dove si trovava Miran Hrovatin che è coperto.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Anche il sedile posteriore dove era Ilaria.
PRESIDENTE. Come sarebbe il sedile posteriore?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Ha ragione l'onorevole, anche il sedile anteriore era coperto.
PRESIDENTE. Nella foto il sedile anteriore è coperto da una foderina rossa e da ciò risulta che non vi è nessun buco. I buchi, invece, risultano nel numero di tre, e oltre, dopo.
ELETTRA DEIANA. Dopo, il 30 marzo.
PRESIDENTE. E vi è una copertina a scacchi bianchi e blu, credo.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Sono verdoline.
PRESIDENTE. Allora la macchina presenta queste caratteristiche.
Dunque se queste fotografie rappresentano la realtà, allora non possiamo partire dall'ipotesi che il sedile dove si trovava Miran Hrovatin sia stato attinto da colpi di arma da fuoco durante l'operazione, a meno che non si debba pensare ad un abbassamento del corpo di Hrovatin che, nella prosecuzione dell'utilizzazione dei kalashnikov, o comunque dei fucili automatici, quei fori si siano verificati immediatamente dopo la prima scarica, altrimenti dovremmo partire dal presupposto che questo sedile sia rimasto assolutamente intatto dal punto di vista dell'attingimento. Che cosa può dire sul punto, professore?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Niente di definitivo.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. C'è la presenza delle fibre documentate sul proiettile.
ROSY BINDI. Possiamo suggerire che fosse il fermaglio che teneva i capelli, un nastro rosso che aveva nei capelli Ilaria?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Non lo so. Per me questa è una cosa totalmente nuova.
ROSY BINDI. Va bene, ci risponderà la prossima volta.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Questo è un aspetto che non conosco.
PRESIDENTE. Mi permetterei di insistere. Laddove dovessimo partire dal presupposto che questa copertina è quella che era applicata durante l'aggressione, e che quindi dimostra come non ci siano stati colpi che abbiano attinto, quando andiamo alla foto che abbiamo ricordato, con quei colori, con quella composizione quasi a scacchi, dove risultano tre buchi che potrebbero essere l'esito dell'impatto di qualche proiettile, allora due sono le cose: o non sono esiti da impatto di proiettile, oppure sono cose accadute dopo.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. È possibile.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Bindi.
ROSY BINDI. Professore, con tutto questo materiale sparso in giro abbiamo la certezza che voi abbiate lavorato sul materiale giusto?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Gli indumenti non sono mai stati trovati. Il tassello del cranio di Ilaria appartiene al cranio di Ilaria, perché noi abbiamo ricostituito il frammento prima di fare la Tac (ci serviva). Devo anche precisare che poiché ci mancava (non sapevamo dove fosse), uno dei miei collaboratori è partito la sera prima per verificare che ci fosse, ed è arrivato appena in tempo per prenderlo. Anche tutto il materiale organico, i reperti istopatologici, e gli altri reperti anatomici sono senz'altro di Ilaria. Si potrebbero fare degli altri accertamenti, ma ritengo che sia inutile. Quando però andiamo alla parte documentale (cioè i filmati e le fotografie) naturalmente il livello di incertezza amenta. Infatti, svolgere, come noi stiamo tentando di fare, indagini e sopralluoghi sulla base di fotografia, è un'impresa che ha degli aspetti non particolarmente rassicuranti. Come si vede, vengono fuori aporie di interpretazione ad ogni piè sospinto.
ROSY BINDI. Anche sui proiettili siamo sicuri?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Abbiamo la certezza che i proiettili siano quelli, innanzitutto perché sono stati documentati molte altre volte. Anche quando il loro aspetto non corrispondeva a quello precedente c'era una ragione, come nel caso che ho narrato (quello della divisione in due di uno dei reperti). Direi che non ci sono particolari problemi. Sull'aspetto documentale, naturalmente, si possono esprimere riserve forse anche più ampie di quelle che sono state espresse poc'anzi, e come si vede i problemi nascono molto facilmente.
PRESIDENTE. Onorevole Bulgarelli, prego.
MAURO BULGARELLI. Professore, siamo nel campo delle ipotesi, mancando il soggetto-oggetto, cioè il pick-up. È quindi molto difficile riuscire a capire, anche in riferimento ai fori.
Si sente di escludere la possibilità che lo sparo, per esempio, sia venuto dall'alto? Infatti, abbiamo visto che ci sono dei fori anche sul tettuccio del pick-up. Inoltre, bisogna considerare come è stata colpita Ilaria ed anche Miran. Ciò non toglie che ci sia stato un attacco dal davanti.
Lei conosce, poi, la vicenda di quella che doveva essere la guardia del corpo, che poi è scomparsa, e il fatto che il suo fucile mitragliatore si sia inceppato (non so bene di che cosa si trattasse). È evidente che è difficile ricostruire tutto questo (personalmente dico che potrebbe essere un'ipotesi non so quanto fantasiosa).
Un'altra domanda è quella relativa alla sciocchezza o all'inutilità del riscontro di polvere sul cadavere di Ilaria. Ma è sciocchezza o inutilità tentare di rintracciare polvere anche dopo due anni, ad esempio sui vestiti di Ilaria che erano contenuti all'interno di un sacco?
Altra osservazione che risulta dalla ricostruzione dei fori sul pick up - precedente alle sue analisi - è che il kalashnikov può sparare anche a colpo singolo. In effetti, manca la tipica innaffiatura, anche attorno al pick up, provocata da raffiche.
Vi è infine un'altra ipotesi, relativa al tettuccio del pick up. Mettiamo il caso che un colpo singolo sia stato sparato con il kalashnikov da un metro di distanza ed abbia attraversato il tettuccio del pick up (quindi, materiale sicuramente più sostanzioso delle parti metalliche interne al sedile): potrebbe avere avuto lo stesso effetto di un colpo sparato da media
distanza - tre, quattro metri - con l'attraversamento di parti più morbide?
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Dunque, se compio un agguato, voglio vedere la mia vittima: naturalmente, non escludo altre possibilità, anzi qualcuno ha detto anche che il menisco (così è stato chiamato) strappato, che inglobava il proiettile di piombo, è stato tirato giù da uno dei longheroni che sovrastavano il tettuccio del pick up. Mi sembra che a dirlo sia stato il perito Farneti. Manca l'evidenza, naturalmente. Un foro è come un altro, non posso che dire così. Posso anche dire, però, che se aggredissi qualcuno con un AK-47, vorrei vederlo in viso.
ELETTRA DEIANA. Vorrebbe vederlo morire.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. È naturale, non ci sono dubbi. È inutile la polvere su Ilaria? Avrebbero potuto essere fortunati a trovarla, ma è improbabile. Certo, non sarebbe stato inutile trovarla sui vestiti, solo che questi ultimi sono rimasti nel feretro. Noi non li abbiamo trovati, ma sappiamo che all'epoca sono rimasti nel feretro.
Vorrei aggiungere un'altra notazione. Noi siamo abituati a cercare le polveri con i metodi che si riferiscono alla vita civile. Quando avviene una sparatoria, viene eseguito uno stub sulla mano destra di un possibile aggressore. L'assunto è che nessuno abbia polveri sparse sulla propria mano destra, se non è stato coinvolto in un'azione omicidiaria: questo, però, è falso in un teatro di guerra come la Somalia. Sono convinto, infatti, che un'auto di quel genere fosse talmente piena di polveri che non mi capacito di come non siano state ugualmente trovate. La questione non riguarda le polveri, ma il «bianco». Se non si fa un «bianco» in un'analisi, l'analisi non serve!
Comunque, come ho detto, non abbiamo più trovato gli abiti. Per quanto riguarda la distanza, la questione è nei seguenti termini: quante più parti si attraversano, tanto più si era vicini.
MAURO BULGARELLI. Grazie, professore, ho concluso le mie domande.
PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Fragalà.
VINCENZO FRAGALÀ. Professore, più che rivolgerle una domanda farò una constatazione, con l'indicazione di un tema di ulteriore approfondimento per l'analisi balistica che lei sta così efficacemente conducendo.
Dal reperto fotografico che abbiamo, è indubitabile che le fotografie alle prime pagine rappresentino con tutta evidenza l'autovettura che trasportava i due giornalisti al momento dell'agguato, subito dopo l'imboscata. Si vedono, infatti, i curiosi che sono lì intorno (alcuni somali), i vetri infranti e le famose copertine dei sedili anteriori e posteriori di un colore che, più che rosso, definirei salmone.
A questo punto, è indubitabile che al momento dell'agguato nessun proiettile aveva trapassato o forato i sedili dell'autovettura: ciò è di tutta evidenza. C'è anche - e questo è un ulteriore tema di approfondimento per l'indagine balistica - una copertina di velcro rosso, che copre il cruscotto: questa, per esempio, potrebbe aver originato le fibre rosse che si trovano nella camiciatura del proiettile.
È altresì di tutta evidenza (nelle fotografie della stoffa e dell'imbottitura dei sedili, scattate un mese dopo la tragedia, nelle quali non si vedono le copertine di color salmone) che non si tratta di fori di proiettile ma che si tratta, invece, della lacerazione di un'imbottitura vecchia, magari aggredita da parassiti di qualunque specie; ripeto, si tratta di strappi nella tappezzeria, non di fori di proiettile!
PRESIDENTE. Esatto, anche perché al di sotto non si vede il forame.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. No, non c'è il forame in corrispondenza.
VINCENZO FRAGALÀ. Non c'è, assolutamente. Quindi, è di tutta evidenza che ci troviamo di fronte alla certezza - ma, chiaramente, l'indagine su questo punto deve essere approfondita - che, al momento dell'agguato, nessun proiettile forò la tappezzeria, né dei sedili anteriori né di quelli posteriori, mentre nelle altre fotografie (quelle scattate un mese dopo) i presunti fori non sono originati da proiettili esplosi da arma da fuoco bensì si tratta soltanto degli strappi di una tappezzeria rovinata quando sono state tolte le copertine. Peraltro, in quei paesi dell'Africa - e del terzo mondo - le autovetture vengono da vicissitudini molto travagliate, per cui le copertine vengono messe sui sedili perché la tappezzeria è tarlata o strappata, e via dicendo.
Le chiedo, professore, se si possa fare tale approfondimento.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Onorevole Fragalà, non solo sono d'accordo con lei, ma mi aspetterei anche un'altra obiezione, ben più potente e insidiosa; come ha giustamente osservato l'onorevole Bindi, i reperti sono veramente tali? Probabilmente sì, ma quante mani li hanno toccati! Il tema dell'evidenza, in un caso del genere, va visto con grande circospezione, valutando ogni cosa, insieme ai pro e ai contro di ogni asserzione. Proprio per questo, sono estremamente riluttante a esprimermi.
Il presidente, forse, mi ha un po' forzato la mano, facendomi dire cose che non avrei voluto, come ad esempio la mia preferenza per la versione dell'aggressione perpetrata da davanti. Questa è una mia preferenza individuale, determinata da circostanze o da situazioni, o da una visione delle cose che, però, faccio fatica a organizzare in criteri logici di asseverazione.
Se mi si chiede quali siano veramente i criteri logici con cui si assevera una determinata versione, cominciano i problemi: di criteri ce ne sono, ma sulla loro forza si possono avere opinioni diverse. Ad esempio, ci siamo posti delle domande sulle fibre. Il fatto è che ne abbiamo trovate e fotografate tante; pertanto, o alcune fibre sono state lasciate accidentalmente, oppure esse significano qualcosa. E, se significano qualcosa, devo collegarle ad altri elementi del quadro d'assieme.
PRESIDENTE. Però, quel colpo d'arma da fuoco nella zona parietale sinistra del capo di Miran Hrovatin, secondo me, ha un significato sul quale bisognerebbe fare qualche approfondimento ulteriore, per l'individuazione del punto di partenza dell'aggressione.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. Sono completamente d'accordo. Ed è ugualmente interessante, rispetto a quello che ha colpito Ilaria. Spero di riprodurre delle fotografie il cui dettaglio sia almeno sufficiente a far comprendere le mie argomentazioni.
PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Fragalà e do la parola all'onorevole Deiana.
ELETTRA DEIANA. Grazie, presidente. Professore, nel 1998 c'è stata una superperizia.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università cattolica del Sacro Cuore. La perizia del professor Cartoni e colleghi?
ELETTRA DEIANA. Esatto. In base a tale superperizia veniva stabilito che il colpo partiva dall'alto e da sinistra verso destra. Le chiedo se le sue deduzioni siano in qualche modo compatibili con i risultati di quella superperizia.
VINCENZO PASCALI, Direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università
cattolica del Sacro Cuore. No, non direi «compatibili». Io non condivido affatto le conclusioni cui è giunta la perizia del professor Cartoni e colleghi, anzi, ritengo che il contributo in termini di evidenza addizionale portato da quella perizia sia quasi completamente trascurabile. Quella perizia è stata fatta sull'onda dell'emotività causata dalla presentazione della relazione Ugolini e Merli e ne abbraccia alcune tesi, facendo però un cattivo servizio al padrone, con argomenti non particolarmente razionali. Credo che quella una perizia sia stata fatta essenzialmente nell'arco di un anno e i suoi risultati sono francamente deludenti.
PRESIDENTE. Se non vi sono altre domande, ringrazio il professor Pascali per i chiarimenti che ci ha fornito e gli chiedo la cortesia di rimanere in questa sede per lo svolgimento dell'esame testimoniale del dottor Armando Rossitto; questo avrà per oggetto il referto che il dottor Rossitto ebbe a stilare in occasione dell'arrivo delle salme di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin a bordo della nave Garibaldi.
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