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Seduta dell'11/3/2004


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Esame testimoniale di Massimo Loche.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale di Massimo Loche, all'epoca responsabile del settore esteri del telegiornale 3 della RAI.
Ricordo che è stato attivato l'impianto audiovisivo a circuito chiuso, che potrà essere disattivato se per ragioni ravvisate dalla Commissione o dallo stesso signor Loche si reputi consigliabile non dare divulgazione alle sue dichiarazioni.
Rammento al signor Loche che in questa Commissione le dichiarazioni vengono rese nella qualità di testimoni, con le conseguenze che la legge prevede e che le ricordo soltanto per adempiere ad una formalità dell'ufficio, e cioè che le sue dichiarazioni saranno interessate dalla disciplina prevista dall'articolo 372 del codice penale, che punisce la testimonianza falsa o reticente.
La prego, quindi, di declinare le sue generalità.

MASSIMO LOCHE. Sono Massimo Loche, nato a Sassari il 17 marzo 1940 e residente a Roma, in via degli Strengari, 25.

PRESIDENTE. Signor Loche, come lei sa, noi ci stiamo interessando della vicenda che lei ha vissuto, direi, in prima persona per cui hanno perso la vita Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Lei all'epoca quale ruolo rivestiva, quello che ho riferito alla Commissione è esatto?

MASSIMO LOCHE. Sì, è esatto, ero responsabile della sezione esteri del TG3.

PRESIDENTE. E Ilaria Alpi lavorava con lei?

MASSIMO LOCHE. Sì, Ilaria Alpi lavorava con me.

PRESIDENTE. Che ruolo esercitava, con quali mansioni?

MASSIMO LOCHE. Era una redattrice che però, negli ultimi tempi, aveva svolto in modo efficace il ruolo di inviata, soprattutto in Somalia.

PRESIDENTE. Lei ha trovato Ilaria Alpi oppure è venuta nella sua redazione quando lei era lì?

MASSIMO LOCHE. No, io ero già nella redazione ma, quando lei arrivò, non avevo ancora funzioni di responsabilità.

PRESIDENTE. Vorrei sapere - e penso anche la Commissione - un po' di particolari sul viaggio che Ilaria Alpi ha fatto in Somalia e che fu purtroppo l'ultimo. Ce ne furono degli altri, come lei sa, di questi viaggi. Sa che Ilaria Alpi svolse altri viaggi in Somalia?

MASSIMO LOCHE. Certo, li svolse sin dall'inizio delle operazioni militari - se non sbaglio, alla fine del 1992 - e continuò a seguire la Somalia, paese al quale si era particolarmente appassionata.
Va detto per inciso - per spiegare il perché - che Ilaria era una perfetta conoscitrice dell'arabo e, pur non essendo l'arabo una lingua somala, è una lingua che si parla: la parlano, ad esempio, le autorità religiose e pure i credenti ed è comunque una lingua di comunicazione diffusa. Questo le aveva facilitato il compito ed aveva portato a dei buoni risultati sul piano professionale. Unendo questo alla sua passione per quel paese, che via via si è sviluppata nelle successive missioni, lei era diventata un po' la nostra specialista di Somalia.

PRESIDENTE. Nelle precedenti occasioni, lei si è interessato della preparazione del viaggio? Non parlo dell'occasione di cui ci interessiamo specificamente, purtroppo, in questa vicenda, ma nelle precedenti occasioni lei ha avuto parte nella preparazione del viaggio, dei materiali, dei programmi relativi ai servizi da effettuare, svolti da Ilaria Alpi in Somalia?


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MASSIMO LOCHE. Sicuramente; d'altra parte, fa parte dei compiti del responsabile di una redazione preparare, discutere e stabilire insieme al redattore, all'inviato interessato quali sono le date migliori. Naturalmente, in genere poi c'è tutta una pratica, una serie di cose che sono molto di routine, che sono automatiche e che riguardano gli aspetti più amministrativi della questione.

PRESIDENTE. Che cosa decidete in redazione? Forse uso una formula sbagliata: se si tratta, ad esempio, della redazione esteri, innanzitutto, l'approfondimento viene svolto soltanto dalla redazione di pertinenza o anche dalle altre redazioni, in relazione alla programmazione di un viaggio all'estero come quello del quale discutiamo?

MASSIMO LOCHE. La programmazione di un viaggio all'estero, che in genere è impegnativo, coinvolge sempre e comunque anche il direttore della testata, nel senso che poi l'autorizzazione, anche finanziaria, può venire solo dal direttore.

PRESIDENTE. Cosa intende per direttore della testata, della testata giornalistica o della rete?

MASSIMO LOCHE. Della testata giornalistica.

PRESIDENTE. All'epoca chi era il direttore della testata giornalistica?

MASSIMO LOCHE. All'epoca, prima Sandro Curzi e poi Andrea Giubilo.

PRESIDENTE. Forse era Giubilo all'epoca.

MASSIMO LOCHE. Sì, Giubilo. Per parlare di tutto il periodo, all'inizio della questione della Somalia, era ancora Curzi, poi ci fu il cambio del direttore. Al momento dell'ultimo viaggio era Giubilo.

PRESIDENTE. Quando si fa questa preparazione tra il direttore della testata e la redazione, e quindi il capo della redazione o il responsabile del settore, che cosa si discute, al di là degli aspetti puramente amministrativi, quali le spese? Sul piano giornalistico che cosa si discute?

MASSIMO LOCHE. Sul piano giornalistico, si parte da una valutazione sulla opportunità del viaggio, che generalmente viene segnalata dall'inviato interessato perché una persona come Ilaria, nel caso specifico, ovviamente continuava a seguire i problemi della Somalia attraverso le agenzie, attraverso contatti con altri giornalisti che magari stavano sul posto, attraverso suoi informatori, attraverso una rete che ogni giornalista si crea.

PRESIDENTE. Che suggerisce, quindi, l'esigenza o l'opportunità di farlo.

MASSIMO LOCHE. L'ultimo esempio era abbastanza chiaro: c'era una data fissata per il ritiro del contingente italiano. Si comincia a discutere qualche mese prima su come affrontarlo. Quello era un evento facile, nel senso che l'evento è previsto, messo in calendario, per cui si tratta solo di decidere quando partire e poi si discute sul taglio: che cosa facciamo, come copriamo, quale particolarità vogliamo sottolineare, quali aspetti di questo evento possono essere più interessanti? Questo si discute particolarmente in caso di eventi, appunto, già messi in calendario, che vengono coperti in modo uniforme da tutte le testate giornalistiche, carta stampata, televisione; quindi, ognuno cerca di trovare un suo tocco, un suo taglio, una sua particolare impostazione, che possa differenziarlo dagli altri e dare qualcosa in più. Questa è la sostanza della discussione.

PRESIDENTE. Ilaria Alpi era molto brava come giornalista? Era sostanzialmente un tecnico della Somalia?

MASSIMO LOCHE. Direi di sì, aveva questo tipo di specializzazione.

PRESIDENTE. Quindi, avete discusso di questa storia con riferimento al contingente


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italiano che si allontanava. Lei ha detto che era più facile che nelle altre occasioni trovare un'indicazione per lo svolgimento di questa missione all'estero. Di che altro si discute in genere? Faccio un'ipotesi: se accanto all'operazione che si vuole compiere, c'è qualche approfondimento particolare, collaterale o parallelo, che il giornalista inviato segnala di voler fare, si tratta di questioni di cui si discute nella programmazione?

MASSIMO LOCHE. Sicuramente.

PRESIDENTE. Lasciando sempre da parte il maledetto 20 marzo, con riferimento a tutti gli altri viaggi che Ilaria ha fatto in Somalia e che hanno avuto sicuramente la programmazione alla quale ha fatto riferimento, lei ha avuto un ritorno da parte di Ilaria? Quando è rientrata, le ha raccontato le cose in più che ha fatto, o le suggestioni ulteriori che aveva tratto dai precedenti viaggi? Le ha fatto qualche confidenza su particolari approfondimenti che aveva già fatto in Somalia e che desiderava ulteriormente approfondire?

MASSIMO LOCHE. Da questo punto di vista, in quel viaggio specifico...

PRESIDENTE. Al di là del viaggio specifico, del quale parleremo poi.

MASSIMO LOCHE. In generale sì, anche se esiste un'impostazione e si comunica «nel precedente viaggio ho visto questo o quello, ma non ho fatto in tempo a seguire quel problema e forse questo è il momento buono per farlo». Questo è normale, fa parte dello scambio continuo, che non avviene soltanto con il responsabile del settore ma se ne parla anche in redazione. Tra l'altro si trattava di un gruppo abbastanza affiatato che lavorava bene collettivamente. Però esistono delle cose delle quali i giornalisti sono molto gelosi, come alcuni contatti personali (nella professione esiste la protezione delle fonti privilegiate, che danno all'inviato quel qualcosa in più che gli altri non hanno).

PRESIDENTE. La fonte è processualmente protetta.

MASSIMO LOCHE. Quindi, di queste cose non se ne parla.

PRESIDENTE. Sempre prescindendo dal 20 marzo, Ilaria Alpi le ha mai confidato, o sa che lo abbia confidato ad altri, di avere fatto delle rilevazioni di suo particolare interesse nei precedenti viaggi?

MASSIMO LOCHE. Certo.

PRESIDENTE. Ce ne parli.

MASSIMO LOCHE. Ricordo una questione che tutti i giornalisti che si occupavano di Somalia seguivano: il destino, la posizione e ciò che facevano le famose navi della cooperazione sparite, allontanate dalla Somalia, con la fine di Siad Barre. Esiste anche un libro che racconta la storia.

PRESIDENTE. Lasciamo stare i libri: ce ne sono tanti bellissimi, ma noi vogliamo i fatti. La mia domanda è precisa: prima della partenza per il viaggio che non avrebbe consentito a Ilaria e a Miran di tornare a casa, Ilaria Alpi le ha parlato, o lei ha saputo da altri ai quali ne aveva parlato, di particolari tipi di investigazione giornalistica da effettuare in Somalia? Se sì, quali?

MASSIMO LOCHE. Sì. Sicuramente la storia delle navi della cooperazione.

PRESIDENTE. Ci spiega che cosa le disse Ilaria Alpi? A lei personalmente o ad altri?

MASSIMO LOCHE. Sia a me che ad altri.

PRESIDENTE. Può indicarci qualcuno degli altri?

MASSIMO LOCHE. Per esempio, il vice caporedattore di allora, Roberto Balducci.


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PRESIDENTE. Esiste ancora?

MASSIMO LOCHE. Sì. Lavora ancora al TG 3.

PRESIDENTE. Ricorda qualcun altro?

MASSIMO LOCHE. In particolare lui. Sicuramente Ilaria aveva un interesse per questa particolare questione.

PRESIDENTE. Che cosa le disse in proposito?

MASSIMO LOCHE. Lo scopo del suo ultimo viaggio era quello di raccontare alcuni aspetti che la interessavano molto, perché era una giornalista che inseguiva non gli scoop, ma le storie, oppure storie che raccontassero le conseguenze sociali della situazione somala, per cui aveva diviso il viaggio in due parti, una al sud di Mogadiscio, in un ospedale gestito da italiani che aveva fatto una particolare opera di rapporto con le popolazioni e una a nord, a Bosaso sia per vedere alcune comunità di cooperatori, di volontari italiani di organizzazioni non governative, sia perché penso sapesse - non me lo ha mai detto chiaramente - che lì si trovavano le navi donate a suo tempo dall'Italia alla Somalia. Comunque Bosaso era un luogo rimasto fuori dalla guerra nel quale succedevano cose strane che andavano indagate. Per questo credo che lei scelse in particolare quel posto, che poi si rivelò molto interessante, proprio per la storia delle navi.

PRESIDENTE. Le disse di essere già andata a Bosaso?

MASSIMO LOCHE. No, non mi pare.

PRESIDENTE. Quindi, come aveva appreso la storia delle navi Shifco? In Somalia o in Italia?

MASSIMO LOCHE. Chiunque si occupasse di Somalia conosceva il problema e se ne occupava; a Mogadiscio se ne parlava largamente. Negli ambienti dei giornalisti che si occupavano di Somalia, era uno degli argomenti più discussi perché era un mistero cosa facessero queste navi: si diceva che facessero traffico d'armi, ma non si avevano elementi di prova, quindi il buon giornalista li cercava.

PRESIDENTE. Possiamo dare per certo, almeno per quelle che sono le sue consapevolezze, che in relazione ai precedenti viaggi di Ilaria Alpi in Somalia, la giornalista aveva acquisito informazioni sulle navi Shifco e sul traffico di armi, però si trattava soltanto di notizie che Ilaria Alpi ha comunicato a lei e intendeva approfondire. È corretto?

MASSIMO LOCHE. È corretto.

PRESIDENTE. Il viaggio che si sarebbe concluso con l'uccisione aveva due finalità esplicitate in comitato di redazione, cioè il contingente italiano e l'accertamento di come stessero le cose a Bosaso. Esatto?

MASSIMO LOCHE. Sì. E cosa restava della Somalia alla fine di quel lungo periodo.

PRESIDENTE. Ora puntiamo i riflettori sull'ultimo viaggio. Nella preparazione, c'erano anche le indicazioni dei luoghi che Ilaria Alpi avrebbe frequentato, le città per le quali sarebbe passata, gli alberghi che avrebbe utilizzato? Era tutto programmato, oppure c'era anche lì l'eventualità di improvvisazioni e di situazioni estemporanee?

MASSIMO LOCHE. No.

PRESIDENTE. La RAI organizzava il viaggio, faceva le prenotazioni?

MASSIMO LOCHE. Nel caso della Somalia le cose non funzionavano così. Si sapeva che lei a Mogadiscio sarebbe scesa in uno dei due alberghi e lei preferiva quello che stava nella «zona Aidid» e non quello che stava nella «zona Siad Barre»; si sapeva che avrebbe viaggiato in genere con mezzi ONU, i pochi che permettevano


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di spostarsi in Somalia, cioè aerei che portavano aiuti alle popolazioni e che, se c'era posto, imbarcavano giornalisti o altre persone che dovessero spostarsi, oppure gli stessi volontari. Tutto andava organizzato sul posto, perché i voli non avevano un orario fissato in precedenza e viaggiavano a seconda delle esigenze di rifornimento, con una programmazione molto elastica.

PRESIDENTE. Quindi, nel momento della preparazione, lei indicò Mogadiscio... sud o nord?

MASSIMO LOCHE. Mogadiscio sud.

PRESIDENTE. L'albergo di Mogadiscio sud.

MASSIMO LOCHE. Indicò gli spostamenti con i mezzi delle Nazioni unite. Lei andò a Mogadiscio sud, si spostò a sud di Mogadiscio nella località (di cui non ricordo il nome) dove c'era l'ospedale italiano e poi a Bosaso, sempre facendo base presso organizzazioni umanitarie, perché nei luoghi lontani da Mogadiscio veniva ospitata nelle strutture di queste organizzazioni.

PRESIDENTE. Sono stati presi contatti con queste organizzazioni umanitarie per preannunciare che sarebbe andata? Chi ha curato l'organizzazione?

MASSIMO LOCHE. L'organizzazione sul posto l'aveva fatta lei. Non era né agevole né possibile, a volte, farla da Roma, perché la comunicazione con queste località era estremamente difficile dall'Italia. Io ricevetti da Ilaria Alpi due telefonate che passavano sempre attraverso un centralino del palazzo di vetro di New York che aveva un collegamento radio.

PRESIDENTE. Quanti giorni doveva stare?

MASSIMO LOCHE. Un paio di settimane in tutto, se non sbaglio. Questo si può anche documentare, perché alla RAI esistono i cosiddetti «fogli di viaggio» con date di partenza, di arrivo e di ritorno.

PRESIDENTE. Con chi è partita? Come ha organizzato la partenza?

MASSIMO LOCHE. Questo è un altro aspetto interessante. Uno dei problemi dei viaggi in Somalia era la scelta dell'operatore, perché non tutti gradivano questo tipo di viaggi: esistono operatori avventurosi e operatori che non lo sono. Esisteva quindi un problema di disponibilità tra i pochi operatori che accettavano questo tipo di viaggi che sono comunque scomodi e anche pericolosi. Quella volta Ilaria ci segnalò Miran Hrovatin.

PRESIDENTE. Ci furono dei rifiuti da parte di operatori RAI, o comunque delle non disponibilità?

MASSIMO LOCHE. Se dicessi che ci furono dei rifiuti veri e propri direi una cosa inesatta. Ci sono negoziazioni più informali, nel senso che si capisce prima chi vuole e chi non vuole, quali sono le disponibilità e si cerca di non arrivare al diniego, che comporterebbe dei problemi. D'altra parte è buona norma che in missioni giornalistiche del genere chi va sia un volontario e abbia anche un minimo di entusiasmo. Si cerca, quindi, di agire diplomaticamente per trovare una persona adatta, che in questo caso era Miran Hrovatin.

PRESIDENTE. Segnalato dalla Alpi?

MASSIMO LOCHE. Segnalato dalla Alpi. Miran Hrovatin era un operatore di Trieste che lavorava per una società che si occupava in particolare della guerra jugoslava. Ricordo che un paio di mesi prima (dicembre o gennaio), discutendo con Ilaria - si sapeva che la missione italiana era al termine e che la Somalia sarebbe «caduta» nell'interesse giornalistico possibile - le dissi che avrebbe dovuto cominciare a cercare altri terreni di indagine. Poiché in quel momento c'era qualcosa di interessante,


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ma anche di molto tranquillo con risvolti più politici che militari, da fare a Belgrado, le proposi di fare quel viaggio che accettò anche perché si era incuriosita. Noi nel TG3 abitualmente per i viaggi in Jugoslavia usavamo questa società di appalto di Trieste che aveva il vantaggio di avere operatori che conoscevano benissimo il terreno e parlavano la lingua (spesso italiani di origine slava, slovena o croata). Tra l'altro, Miran mi aveva detto che gli sarebbe piaciuto cambiare aria, vedere, invece delle montagne nevose e fangose della Jugoslavia, un po' di sole, così lei propose di chiamarlo. Noi lo chiamammo e partirono. Questo è stato nei dettagli il processo che portò all'invio di Miran Hrovatin.

PRESIDENTE. Lei ha detto che per tutto quello che ha riguardato l'organizzazione in Somalia non poteva che interessarsi Ilaria Alpi direttamente. Ha fatto un cenno anche alla sua protezione: che cosa avete fatto voi? Era tutto demandato a Ilaria Alpi?

MASSIMO LOCHE. No, su questo c'è un aspetto non bello, perché ci fu un conflitto di denaro. Il problema era che in Somalia si viaggiava con la scorta ed esistevano scorte leggere, pesanti e più pesanti; naturalmente più pesante era la scorta e più costava. Ilaria, quando vide una resistenza a spendere troppo, siccome teneva moltissimo a questo viaggio che considerava, giustamente, come la conclusione di un'esperienza, di un percorso, sentite le sue fonti a Mogadiscio, visto che la situazione ormai era tranquilla...

PRESIDENTE. Le disse che voleva andare a vedere le navi?

MASSIMO LOCHE. Direttamente no. Disse che voleva andare a Bosaso perché c'erano cose interessanti.

PRESIDENTE. Le disse che voleva parlare col sultano di Bosaso?

MASSIMO LOCHE. No, non credo. Penso che anche quell'incontro possa essere stato improvvisato sul posto. Poi questi dettagli non si discutono, si fanno.

PRESIDENTE. A Bosaso che si fa? O vedi le navi o il sultano.

MASSIMO LOCHE. Che a Bosaso si potessero vedere le navi, che viaggiavano molto e non stavano mai ferme, era una possibilità considerata, ma l'incontro con il sultano no. Non ne abbiamo parlato. Probabilmente lei avrà chiesto con chi si potesse parlare.

PRESIDENTE. Le ho fatto questa domanda perché se c'è stata una consapevolezza da parte vostra, assolutamente lecita, che Ilaria avrebbe fatto la spedizione per andare a visitare le navi, dal punto di vista della sicurezza, il problema diventava più importante.

MASSIMO LOCHE. Certo.

PRESIDENTE. Ho intercalato solo perché lei potesse approfondire la sua dichiarazione.

MASSIMO LOCHE. Infatti, su questo ho avuto forti perplessità, tanto che chiesi, se possibile, che la sua scorta fosse più nutrita. D'altra parte, tra le fonti locali che parlavano di una situazione di tranquillità e la sua volontà di andare, si decise che era sufficiente una scorta del genere. Tenete presente che la scorta funzionava solo a Mogadiscio; negli altri posti Ilaria era completamente scoperta, ma questi altri posti erano considerati ancora più tranquilli di quanto fosse Mogadiscio. Bosaso era noto perché non aveva mai conosciuto scontri armati fino a quel momento, era forse l'unico posto in Somalia, tanto che, oltre al fatto delle navi, era una curiosità vedere come mai in questo angolo si era mantenuta una pace che altrove era un bene assolutamente sconosciuto.
Questa fu la decisione e alla fine lei accettò di partire con la scorta leggera.


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PRESIDENTE. Chi l'ha fatta questa scorta, Ilaria?

MASSIMO LOCHE. Sì, attraverso persone sul posto che lei conosceva.

PRESIDENTE. Quindi, prese contatti dall'Italia?

MASSIMO LOCHE. Certo.

PRESIDENTE. E la scorta fu leggera perché i soldi non c'erano?

MASSIMO LOCHE. Sì.

PRESIDENTE. Signor Loche, come siete rimasti d'intesa per mantenere i rapporti con Ilaria che stava in Somalia?

MASSIMO LOCHE. Era una missione in cui si andava in posti in cui le comunicazioni erano molto difficili. E la parola d'ordine era: appena avrò un'occasione per chiamare, chiamerò. Cosa che fece soltanto da Bosaso, alla fine del viaggio, per due volte.

PRESIDENTE. Non chiamò mai lei?

MASSIMO LOCHE. Parlai con lei due volte, una volta mi disse che era arrivata a Bosaso.

PRESIDENTE. L'ultima volta alle 5 e mezza del 20?

MASSIMO LOCHE. No. Quella volta non parlò con me: si tratta della terza volta e parlò con Flavio Fusi. Con me parlò il venerdì precedente e il mercoledì; quest'ultima telefonata era del seguente tenore: «Finalmente sono arrivata».

PRESIDENTE. Comunque, il 20 non parlò con lei?

MASSIMO LOCHE. No. Parlò con me credo il 18.

PRESIDENTE. Con lei parlò due volte.

MASSIMO LOCHE. Una per dire semplicemente «Sono arrivata a Bosaso. Tutto bene. Ti prego, chiama i miei e dì loro che sto bene».

PRESIDENTE. E la seconda?

MASSIMO LOCHE. La seconda, il 18, o addirittura il sabato successivo, era per comunicarmi che doveva prendere un aereo delle Nazioni unite il sabato 19, ma il 18 mi comunicò che purtroppo l'aereo era stato rinviato.

PRESIDENTE. Forse lei non ricorda bene. La aiutiamo a ricordare. Innanzitutto voglio sapere che telefoni portò con sé? Che lei sappia si portò dei telefoni?

MASSIMO LOCHE. No. Il telefono lo portò ma rimase a Mogadiscio, credo.

PRESIDENTE. La mia domanda è questa: lei sa se Ilaria fosse munita di telefono satellitare?

MASSIMO LOCHE. Credo di sì.

PRESIDENTE. Purtroppo ho il dovere di fare le domande in questo modo, per saggiare bene il ricordo.
Lei, in una dichiarazione resa all'autorità giudiziaria - evidentemente non ricordando - ha detto che Ilaria non era dotata di telefono satellitare. Se non che, invece, nei bagagli fu trovato.

MASSIMO LOCHE. C'è una spiegazione.

PRESIDENTE. Potrebbe essere stato di Miran Hrovatin.

MASSIMO LOCHE. No, era della RAI. Ilaria, dovendosi spostare, lasciò tutto questo materiale nell'albergo di Mogadiscio, dove era sbarcata e aveva conservato la stanza, oppure aveva utilizzato il deposito dell'albergo per lasciare le attrezzature più pesanti, compreso il telefono satellitare. Confermo che a Bosaso non aveva il telefono satellitare - questo volevo dire -


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tant'è vero che le sue telefonate non venivano dal telefono satellitare, infatti non erano frequenti ed erano telefonate di cortesia che passavano a New York che aveva un collegamento radio Bosaso-Nazioni unite, dal cui centralino entravano nelle linee telefoniche con un giro un po' strano. Ricordo questo dettaglio perché colpisce. Quindi, lei lasciò il telefono satellitare a Mogadiscio, insieme ad altro materiale pesante, probabilmente, andando con l'essenziale per i servizi.

PRESIDENTE. Tornando alla cronologia delle telefonate: ci sono state, per quello che ricorda e sa, tre telefonate di Ilaria Alpi alla RAI, due le ha prese lei e una Flavio Fusi.

MASSIMO LOCHE. Esatto.

PRESIDENTE. Lei sa che cosa Ilaria disse a Flavio Fusi?

MASSIMO LOCHE. Credo che fosse una telefonata di servizio, per prendere gli accordi per l'invio del pezzo che lei aveva e che mi aveva preannunciato.

PRESIDENTE. Non ci sarebbero state ulteriori specificazioni relative a questo servizio. Disse puramente e semplicemente che aveva preparato il servizio e che lo stava per mandare. Come lo avrebbe mandato?

MASSIMO LOCHE. Con il sistema satellitare.

PRESIDENTE. Che c'era in albergo?

MASSIMO LOCHE. Credo che in albergo ci fosse il cosiddetto feed point, da cui si poteva organizzare il satellite. Però di questo ne può parlare chi conosce Mogadiscio meglio di me.

PRESIDENTE. Per noi è di fondamentale importanza che si chiarisca, una volta per tutte, un punto essenziale per la ricostruzione dei fatti, sul quale, forse per causa non sua ma degli interroganti (conosciamo gli atti e le dichiarazioni che lei già ha reso all'autorità giudiziaria), non c'è una grande chiarezza. La richiamo, quindi, al massimo sforzo di memoria di cui lei è capace.
La prima telefonata è di servizio, come ha ribadito poco fa; quindi, è la seconda telefonata quella che conta. Che cosa, con precisione, le disse Ilaria Alpi in quella seconda telefonata, che lei colloca il 19? Esclude che fosse il 20?

MASSIMO LOCHE. Lo escludo.

PRESIDENTE. Allora era il 19, un sabato, come lei ha ricordato. Che cosa le disse Ilaria Alpi, per quello che ricorda?

MASSIMO LOCHE. Sostanzialmente due cose: che doveva rinviare di un giorno la partenza e che era molto ansiosa perché aveva del materiale importante, «roba grossa».

PRESIDENTE. Le disse «materiale importante» o le disse «roba grossa»?

MASSIMO LOCHE. «Roba grossa». Era molto eccitata e disse che aveva cose straordinarie, eccezionali. Non ricordo bene l'espressione, ma il senso era questo.

PRESIDENTE. Cose importanti.

MASSIMO LOCHE. Cose importanti e scottanti.

PRESIDENTE. «Scottanti» lo aggiunge lei o fu una parola pronunciata da Ilaria?

MASSIMO LOCHE. Lei non la pronunciò, ma dal tono della voce... c'è un tipo di comunicazione che va al di là del contenuto delle parole. Il messaggio che lei mi mandò fu questo. Quando dico «roba grossa», non intendo dire che sono le sue parole esatte, uso un termine gergale per dare conto dell'interpretazione che ho dato al suo messaggio.

PRESIDENTE. Del sentimento che trasmetteva.


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MASSIMO LOCHE. Esatto. La comunicazione fu rapidissima; erano tutte comunicazioni veloci, non si poteva indugiare, per ovvie ragioni, probabilmente c'erano dei costi molto alti per gli ospiti.

PRESIDENTE. Perché «gli ospiti»?

MASSIMO LOCHE. L'organizzazione non governativa che le permetteva di utilizzare gli apparati.

PRESIDENTE. Perché: le disse da dove telefonava?

MASSIMO LOCHE. Sì, telefonava dal campo di questa organizzazione non governativa italiana.

RAFFAELLO DE BRASI. Era Africa 70? Casamenti?

MASSIMO LOCHE. Sì, credo fosse Africa 70.
La comunicazione fu rapida e conteneva due messaggi, uno di servizio, nel senso che il ritardo della partenza significava anche il ritardo del servizio che avevamo programmato per quel sabato...

PRESIDENTE. Quando avevate programmato il servizio per quel sabato?

MASSIMO LOCHE. Forse nella telefonata precedente, lei aveva detto che avrebbe preso l'aereo del sabato.

PRESIDENTE. Quindi lo avete messo nel menabò? E dove lo avevate inserito, al primo o all'ultimo punto?

MASSIMO LOCHE. Probabilmente in mezzo.

PRESIDENTE. Le ho rivolto questa domanda perché non sono un tecnico, ma ho imparato qualche malizia di voi giornalisti, come voi avrete imparato le mille malizie degli avvocati.
Le disse altro, oltre alla dichiarazione che lei ha riferito in questo momento alla Commissione?

MASSIMO LOCHE. Non ricordo altro.

PRESIDENTE. Oltre alle indicazioni che lei ha dato in questo momento, Ilaria Alpi le disse o non le disse che non soltanto si trattava di un pezzo importante, di «roba grossa», ma che non poteva comunicarne il contenuto perché ci sarebbe stato pericolo per la sicurezza (di chi ce lo dirà lei)?

MASSIMO LOCHE. In questo modo esplicito... disse qualcosa del genere: «Lo vedrai, preferisco non parlarne».

PRESIDENTE. «Preferisco non parlarne» perché parlandone, magari poi nel menabò, a seconda delle situazioni, gli si sarebbe potuto far occupare il primo o l'ultimo posto invece che quello in mezzo. Normalmente il giornalista - domando se sia vero quello che dico - cerca di fare in modo che il suo pezzo abbia più rilevanza possibile, mentre magari c'è il rischio che il direttore, all'ultimo momento, lo tagli, per cui, mantenendo la suspense, si crea la condizione per avere una collocazione migliore nel menabò. Questa è o non è una malizia dei giornalisti?

MASSIMO LOCHE. È una malizia dei giornalisti, da cui in gran parte Ilaria era aliena. A lei piaceva lavorare, certamente le piaceva che il suo lavoro venisse valorizzato.

PRESIDENTE. Ilaria Alpi le comunicò il contenuto del pezzo?

MASSIMO LOCHE. No, non mi disse di cosa si trattava.

PRESIDENTE. Se voi avevate fatto la programmazione per il sabato quando ancora la comunicazione relativa al fatto che si trattava di «cosa grossa» Ilaria non l'aveva data, è chiaro che il pezzo che avreste mandato in onda non poteva che riguardare il problema del contingente italiano che tornava dalla Somalia. Quindi, non c'era alcun problema di sicurezza. Siccome per la prima volta viene fuori la


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questione della «cosa grossa» nella telefonata di cui stiamo discutendo, oltre al fatto che si trattava di un fatto importante, forse rischioso - non so come porle la domanda senza inquinare la sua risposta -, le disse che c'era un problema di sicurezza, laddove avesse comunicato il contenuto del pezzo?

MASSIMO LOCHE. Esplicitamente non lo disse. Io potevo pensare sia che la riservatezza fosse dovuta al fatto di non anticipare e non «bruciare» un eventuale scoop, sia al fatto che ci fosse una questione delicata della quale preferiva non parlare da Bosaso.

PRESIDENTE. Devo fare un po' l'avvocato del diavolo: il fatto di «bruciare» è relativo, perché di lì a poco - a parte l'eventualità del trasferimento al giorno successivo - avrebbe trasmesso il servizio attraverso l'antenna dell'albergo. Lei può rispondermi, che si sarebbe saputo, ma andava già in onda.

MASSIMO LOCHE. Questo è il punto.

PRESIDENTE. Di fronte ad un contenuto segreto, non esplicitato se non nei termini che lei ha indicato, voi potete fare il menabò del telegiornale?

MASSIMO LOCHE. Sì, si fa tante volte. In queste situazioni, può succedere che l'unico mezzo di collegamento - ormai la tecnologia ha fatto grossi progressi e non accade quasi più - sia l'invio del pezzo per satellite e non ci si parli nemmeno; si sa, c'è un appuntamento, a volte si viene avvisati non dal giornalista ma dall'organizzazione che cura i legami satellitari. Fra l'altro in Somalia, da questo punto di vista, credo che ancora oggi sia così. Lo sviluppo dei telefoni satellitari è tutt'altro, nel senso che se allora ci fossero stati i telefoni satellitari che ci sono oggi, che sono come i nostri telefonini, ben altra sarebbe stata la storia, perché ci sarebbe stata una comunicazione continua. Ma all'epoca i telefoni satellitari erano delle valigie pesantissime, ingombranti e scarsamente efficienti.

PRESIDENTE. Fare riferimento ad una «cosa grossa» è certamente una indicazione di rilievo, però, proprio per le ragioni che si dicevano adesso, le cose grosse possono essere mantenute segrete. Una cosa grossa che, invece, può mettere in discussione problemi di sicurezza credo sia diversa. Dico questo perché, come lei certamente saprà, il pilastro della impostazione dell'autorità giudiziaria che si è interessata di questo problema, e sul cui operato noi dobbiamo fare del sindacato, il pilastro della preparazione dell'attentato è proprio dato (la corte d'assise di primo grado lo dice espressamente) dal contenuto di questa telefonata. L'aver saputo che per il 19 si preannunciava tutta quest'ira di Dio è stato un elemento dirompente e il pilastro del mandato omicidiario parte da questa «cosa grossa» di cui Ilaria Alpi non svela il contenuto nemmeno al suo direttore, al suo capo reparto. Dunque, io le domando: per come lei ha percepito, sulla base delle dichiarazioni fatte da Ilaria Alpi (anche se ad un testimone non dovrebbero essere chieste valutazioni), la «cosa grossa» era una cosa di importanza giornalistica (le ricordo, tra parentesi, che era il 20 marzo e il 27 marzo in Italia si sarebbero svolte le elezioni politiche)? Lei ha avuto l'impressione che se Ilaria Alpi avesse detto di più questo avrebbe significato non soltanto pregiudicare la novità nel servizio, ma anche creare altro tipo di problemi?

MASSIMO LOCHE. No, non credo proprio. Il messaggio, come io lo recepii, per quello che ricordo, è che si trattava di una cosa grossa per la Somalia, che riguardava strettamente la Somalia, per una storia somala, con delle ricadute somale e, soprattutto, di grande valore giornalistico. Cioè, il messaggio era che finalmente si scopriva qualcosa. Il servizio da Bosaso, insomma, era un servizio importante dal punto di vista, diciamo così, della storia della Somalia.


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PRESIDENTE. Ma le ha detto del servizio da Bosaso?

MASSIMO LOCHE. No, questo lo sto dicendo io.

PRESIDENTE. Attenzione. Perché avremmo fatto subito i conti!

MASSIMO LOCHE. Lei mi aveva chiesto le mie percezioni ed è quello che io ricostruisco ex post, non è quello che Ilaria effettivamente ha detto. Il messaggio che lei ha dato è quello che ho detto prima e lo confermo. Ragionandoci sopra, io ritengo che lei non avesse...

PRESIDENTE. Quindi: un grande servizio giornalistico. Non un grande servizio giornalistico che mettesse in pericolo la sicurezza di Ilaria Alpi o di altri.

MASSIMO LOCHE. La valutazione io non la posso fare.

PRESIDENTE. La valutazione, no. Ma «non posso parlare, non posso dire perché può succedere qualcosa...».

MASSIMO LOCHE. «È una cosa molto importante. Lo vedrai, lo vedrai»: qualcosa del genere. Comunque, nei rapporti c'è una regola non scritta per la quale, soprattutto se uno ha fiducia nel proprio inviato, appunto, si fida. «Ti credo. Credo che sia una cosa importante. Aspetto».

PRESIDENTE. Non avete detto altro.

MASSIMO LOCHE. No. Credo proprio di no.

PRESIDENTE. Quanto è durata questa telefonata?

MASSIMO LOCHE. Pochi minuti.

PRESIDENTE. Raccogliendo il suggerimento dell'onorevole Bindi, le chiedo se le abbia dato spiegazione del motivo per cui dal sabato sarebbe partita la domenica.

MASSIMO LOCHE. Semplicemente che le Nazioni unite avevano rinviato il volo. Era lo stesso volo che aveva subìto un ritardo di 24 ore.

PRESIDENTE. Noi abbiamo una testimonianza dei genitori di Ilaria, i quali hanno detto che Ilaria telefonava quasi tutti i giorni dalla Somalia per dare indicazioni; anzi, pregava anche di telefonare alla signora Hrovatin per dare comunicazioni. Lei non sa se in RAI abbia telefonato ad altri?

MASSIMO LOCHE. No, non lo so.

PRESIDENTE. Le sue telefonate quelle sono.

MASSIMO LOCHE. Quelle sono. Però debbo dirle che in una telefonata Ilaria stessa mi chiese di informare i genitori del fatto che lei stava bene.

PRESIDENTE. Lei ricorda se l'albergo in cui Ilaria alloggiava (forse è una domanda inutile, perché potremmo fare noi il riscontro) è lo stesso in cui era stata ospite anche nelle occasioni precedenti?

MASSIMO LOCHE. Sì, sì. Era il suo albergo. Lei andava sempre in quell'albergo, che non era lo stesso in cui andavano gli altri giornalisti italiani.

PRESIDENTE. Chi conosceva in Somalia, se glielo lo ha detto, Ilaria Alpi?

MASSIMO LOCHE. Che io sappia, aveva avuto un buon rapporto con un collega del Corriere della Sera che si chiama Massimo Alberizzi.

PRESIDENTE. Era in Somalia Alberizzi?

MASSIMO LOCHE. In quel momento non credo. Io parlo anche dei viaggi precedenti. Aveva rapporti con il corrispondente dell'ANSA, Benni. Anzi, erano molto amici e credo che quando lei si spostò


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dall'albergo lo andasse a cercare: anzi, ora ricordo che lo disse espressamente a Fusi.

PRESIDENTE. Cosa disse a Fusi?

MASSIMO LOCHE. Se non sbaglio, quando parlò con Fusi gli disse «Vado all'albergo per vedere i colleghi italiani».

PRESIDENTE. Che non c'erano.

MASSIMO LOCHE. Non c'erano, ma lei non lo sapeva. Era appena arrivata.

PRESIDENTE. E perché andava all'albergo? Solo per sua iniziativa?

MASSIMO LOCHE. Sì, per prendere notizie, per sapere cosa era successo, per conoscere la situazione, perché nell'albergo in cui stava lei praticamente non c'era nessuno. Essendo appena arrivata, lei non sapeva che il giorno precedente i giornalisti italiani in parte erano andati a Nairobi, dove c'era una conferenza tra i capi delle varie fazioni somale, in parte erano già stati portati a bordo della Garibaldi.

PRESIDENTE. Ma non le disse perché si spostava il viaggio aereo?

MASSIMO LOCHE. Le ripeto, io mi ricordo quello che ho detto, che Fusi mi disse che lei andava là per prendere notizie, per vedere gli altri colleghi italiani prima di scrivere il prezzo, per poi tornare e mandare il prezzo.

PRESIDENTE. Le disse mai di aver conosciuto o di essere in rapporti con un certo Marocchino?

MASSIMO LOCHE. Sì, perché quella era una persona che, più o meno, trattava un po' con tutti i giornalisti, aveva rapporti con tutti i giornalisti. Però Ilaria non è che avesse particolari rapporti con lui; anzi, ne diffidava. Non le piaceva.

PRESIDENTE. Aveva avuto con Marocchino contatti nelle precedenti occasioni in cui era andata in Somalia, o lo incontrava in Italia?

MASSIMO LOCHE. No, penso che l'abbia conosciuto in Somalia. Fra l'altro, credo che Marocchino raramente venisse in Italia. Stava quasi sempre in Somalia. Evidentemente, lo conosceva perché...

PRESIDENTE. Risulta anche che sia andata ospite a casa di Marocchino.

MASSIMO LOCHE. Penso di sì, in altre occasioni. Ma poi non ci andò più. Se non sbaglio - non vorrei ricordare male - lei si sentiva un po' troppo controllata...

PRESIDENTE. Da Marocchino.

MASSIMO LOCHE. Da Marocchino, se vogliamo dire così. Lei aveva scelto l'albergo di Mogadiscio sud perché era un albergo frequentato soprattutto da giornalisti anglosassoni, dei quali lei apprezzava, diciamo così, il modo di lavorare più sul terreno, rispetto ai colleghi italiani. Perché lei lavorava sul terreno.

PRESIDENTE. Le ragioni di questa diffidenza nei confronti di Marocchino Ilaria gliele ha mai indicate?

MASSIMO LOCHE. Diciamo generiche ragioni per voci, vere o false, sulle tante, molteplici e non tutte chiarissime attività di Marocchino. Lei era una ragazza molto limpida, onesta, capito il tipo di personaggio, le ripugnava un po' (se posso usare questa espressione), anche umanamente. Forse sì, una volta... perché lui offriva ospitalità ai giornalisti italiani...

PRESIDENTE. A tutti.

MASSIMO LOCHE. A tutti. Forse approfittò in un'occasione della sua ospitalità, ma poi non volle più avere niente a che fare con lui. Probabilmente, in queste


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situazioni tutti si conoscono, tutti si salutano, tutti si incontrano: sono mondi molto piccoli.

PRESIDENTE. Le ha mai detto se fosse a conoscenza di un collegamento di Marocchino con i servizi italiani?

MASSIMO LOCHE. Forse un sospetto di questa cosa lo avrà espresso, qualche volta, ma ripeto...

PRESIDENTE. È un ricordo vago.

MASSIMO LOCHE. Ma, poi, sono quelle cose che fanno parte...

PRESIDENTE. Che si dicono a metà.

MASSIMO LOCHE. Che non fanno parte dei discorsi, delle analisi o delle discussioni redazionali, in cui si imposta un servizio. Fanno più parte della chiacchiera, del pettegolezzo: «quello è uno spione», per dirla in modo esplicito e chiaro, però non più di questo.

PRESIDENTE. Invece, con persone somale le ha mai detto di aver avuto rapporti?

MASSIMO LOCHE. Lei aveva molti rapporti con persone somale, questo lo so. Non saprei dire con chi, ma aveva rapporti in molti ambienti somali, soprattutto con donne somale, come si può constatare anche nei servizi che faceva, con donne che facevano delle esperienze sociali. Aveva rapporti anche con elementi, diciamo così, religiosi: visto che parlava un ottimo arabo classico poteva con questi discutere, faceva servizi. Ad esempio, un servizio che io ricordo era sull'arrivo dei sauditi, che finanziavano scuole coraniche, ma anche altre opere caritatevoli.

PRESIDENTE. Parlandole delle navi della Shifco, le parlerò anche di un certo Mugne?

MASSIMO LOCHE. Sì, senz'altro.

PRESIDENTE. Cosa le ha detto?

MASSIMO LOCHE. Di Mugne si sapeva che era l'uomo che stava dietro le navi della Shifco.

PRESIDENTE. Questo lo sappiamo anche noi.

MASSIMO LOCHE. Lo sappiamo tutti. Ma nulla di particolare. Non ricordo che lei mi abbia detto su Mugne qualche cosa di speciale. D'altra parte, se si vanno a vedere tutti i servizi di Ilaria, si vede che lei si era occupata molto di questioni riguardanti la vita della Somalia e i somali e molto meno e degli aspetti... cioè, a lei interessava raccontare il paese, più che fare lo scoop. Era una giornalista un po' particolare, molto orientata sul racconto del sociale. Naturalmente, se poi capita o ci sono alcuni filoni di cui tutti parlano... Questa è una mia opinione: probabilmente, lei è andata lì, sapeva che c'erano le navi e ha avuto la fortuna di trovarle; ma non è che precedentemente lo avesse previsto. A meno che non lo facesse tenendo la bocca ben chiusa anche con me.

PRESIDENTE. Con Andrea Giubilo, che era direttore quando Ilaria morì, avete mai parlato di questa vicenda? Avete successivamente avuto modo di acquisire altri elementi di chiarificazione anche rispetto al tema, che vorrei introdurre, dei comportamenti della RAI nei confronti della vicenda di Ilaria Alpi?
Da Sandro Curzi, che abbiamo qui sentito qualche giorno fa, abbiamo avuto la conferma di una sorta di spaccatura esistente all'interno della RAI tra i giornalisti da una parte, se così si può dire, e la dirigenza dall'altra. Curzi ci ha detto che mentre da parte dei giornalisti c'era stata grande apprensione, grande solidarietà, una grande emozione che è durata sempre e vi ha fatto sentire impegnati per raggiungere la consapevolezza di quello che era successo a Mogadiscio, a parte la vicenda Demattè sul foglio di carta (di cui adesso parleremo), per quanto riguarda la dirigenza ci sarebbe stata una sorta di


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freddezza o, addirittura, qualche difficoltà nel capire come stessero le cose. Lei sa di un foglietto di carta che Ilaria Alpi aveva lasciato nella sua redazione?

MASSIMO LOCHE. No.

PRESIDENTE. Non ne ha mai saputo?

MASSIMO LOCHE. No.

PRESIDENTE. Che è stato ritrovato, lo ha mai saputo?

MASSIMO LOCHE. No, mai saputo di questo foglietto di carta nella sua redazione.

PRESIDENTE. Dove c'erano degli appunti di Ilaria Alpi, che riguardavano proprio la vicenda della Somalia.

MASSIMO LOCHE. No, questo non l'ho mai saputo. Ad un certo punto mi sono...

PRESIDENTE. Estraniato.

MASSIMO LOCHE. No, non estraniato: facevo altro. Da quel momento, io mi occupai piuttosto della produzione, cioè di mettere su tutto quello che era necessario mettere su dal punto di vista televisivo e giornalistico. E non mi occupai più di questi aspetti che vennero gestiti, da quel momento, credo in prima persona, per quanto riguarda la redazione, da Giubilo, che era un uomo di poche parole.

PRESIDENTE. Nella 1997 lei era ancora al TG3?

MASSIMO LOCHE. Nel 1997... sì, stavo ancora al TG3, però ero già a New York.

PRESIDENTE. Ricorda di un documentario che fu girato sulla vicenda di Ilaria Alpi in occasione del terzo anniversario della morte e che fu mandato in onda da Gianni Minoli?

MASSIMO LOCHE. No, non lo ricordo, perché stavo TG3, ma ero corrispondente da New York.

PRESIDENTE. Fusi le riferì il contenuto dell'ultima telefonata di Ilaria, vero?

MASSIMO LOCHE. Sì, le ho già detto che me lo riferì.

PRESIDENTE. Le disse da dove telefonava?

MASSIMO LOCHE. Io credo di ricordare che telefonasse da Mogadiscio, usando, quella volta sì, il telefono satellitare.

PRESIDENTE. Le disse se era tornata da Bosaso quel giorno?

MASSIMO LOCHE. Sì, questo mi pare di sì.

PRESIDENTE. Cioè Fusi le disse che Ilaria gli aveva fatto presente che tornava da Bosaso?

MASSIMO LOCHE. Sì, disse che era a Mogadiscio, il giorno prima era a Bosaso: va da sé.

PRESIDENTE. Un'altra cosa. Cosa si è portata appresso Ilaria quando è partita per questo servizio per quanto riguarda macchine fotografiche, video cassette ed altro? Esiste una dotazione fissa che dà la RAI?

MASSIMO LOCHE. No, non c'è. Credo che potesse avere...

PRESIDENTE. Per un servizio di dieci-quindici giorni, perché doveva trattarsi di circa due settimane?

MASSIMO LOCHE. C'è un certo numero, ma non saprei dire, di cassette, che, fra l'altro, dovrebbero essere registrate da qualche parte; della carta...

PRESIDENTE. Quante se ne portano?


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MASSIMO LOCHE. Dipende. Se sono cassette da 20-30 minuti, se ne portano anche 20 o 40. A volte, le cassette vengono portate... Bisognerebbe verificare perché, probabilmente, quando si usa una società d'appalto, come era in quel caso, è la società che provvede. Per questo non le so dire.

PRESIDENTE. Ho capito. Potrebbe non essere stata la RAI.

MASSIMO LOCHE. Io non me ne sono mai occupato; per questo si seguivano delle procedure routinarie, diciamo, quindi, che non c'era bisogno di intervento.

PRESIDENTE. Sta bene. La vorrei pregare, adesso, di rispondere alle domande dei componenti la Commissione.
Do la parola per primo all'onorevole Schmidt, che ha chiesto di intervenire.

GIULIO SCHMIDT. Signor Loche, durante la permanenza di Ilaria in Somalia lei ricevette - forse lo ha accennato, ma vorrei una conferma - soltanto due telefonate o ricevette telefonate anche da Mogadiscio?

MASSIMO LOCHE. No, che io ricordi ricevetti solo due telefonate da Africa 70, dalla base di Bosaso o presso Bosaso, per essere più precisi.

GIULIO SCHMIDT. Quale fu l'incarico ufficiale che compare nell'ordine di servizio per il viaggio di Ilaria in Somalia?

MASSIMO LOCHE. Questo non glielo saprei dire!

GIULIO SCHMIDT. È stato detto che andava per il ritiro del contingente italiano o andava...?

MASSIMO LOCHE. Sì, andava per questo. Non lo ricordo, ma direi che la dizione ufficiale fosse quella.

GIULIO SCHMIDT. Il budget stabilito - cui si accenna anche nel film che è stato fatto - a quanto ammontava realmente?

MASSIMO LOCHE. Non lo ricordo, però questo si può ricostruire. Immagino che gli archivi della segreteria di redazione del TG3 ne abbiano copia.

GIULIO SCHMIDT. Nella famosa seconda telefonata, che mi pare sia stata la più lunga (durò circa sei minuti) e che, da quanto trovato nella documentazione, dovrebbe essere quella del 17 (perché sarebbe dovuta rientrare il 18 con l'aereo), lei sentì una eccitazione che, evidentemente, non era usuale in Ilaria, almeno a quel livello, se le fece tanta impressione.

MASSIMO LOCHE. Sì, perché Ilaria era una persona molto calma. Non direi fredda, perché era una persona di calore; ma era una persona tranquilla, che non si eccitava facilmente.

GIULIO SCHMIDT. Quindi la sua eccitazione la colpì particolarmente.

MASSIMO LOCHE. Esatto.

GIULIO SCHMIDT. Le disse di aver intervistato il sultano di Bosaso?

MASSIMO LOCHE. Non mi pare. Non mi pare che me lo disse esplicitamente. Questo, francamente, non lo ricordo.

GIULIO SCHMIDT. Come inviava il servizio Ilaria? Mi spiego: lo inviava con i pezzettini che lei aveva scelto, senza montarlo; o lo inviava già montato?

MASSIMO LOCHE. Non so in quella situazione come avrebbe fatto. Spessissimo, poiché non c'era possibilità di montare, sceglieva delle immagini che mandava per satellite, poi mandava il testo sonoro e poi si assemblava tutto in redazione. Questo era il sistema più praticato; più pratico perché era difficile in Somalia avere delle stazioni di montaggio, delle


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linee di montaggio operanti, che sono particolarmente pesanti da trasportare.

GIULIO SCHMIDT. Quindi, secondo lei, la Video Est non aveva dotato Miran Hrovatin di un montaggio portatile.

MASSIMO LOCHE. Questo non lo ricordo, ma mi sembra di no. Cioè, il metodo usato abitualmente era quello. Questo è quanto le posso dire.

GIULIO SCHMIDT. Si serviva del centro EBU che era vicino all'hotel Hamana?

MASSIMO LOCHE. Penso di sì. Esattamente quello. È anche una ragione per la quale sceglieva quell'albergo.

GIULIO SCHMIDT. Ilaria è stata uccisa verso le 17 ora italiana.

MASSIMO LOCHE. Le 17?

GIULIO SCHMIDT. Sì. Due ore di differenza, quindi è stata uccisa tra le 14,30 e le 15 ora locale somala, che corrispondeva appunto alle 17 ora italiana.

MASSIMO LOCHE. Non contesto quanto lei dice, però il mio ricordo è diverso. Quel giorno io non lavoravo, era una domenica in cui non lavoravo, stavo a casa ed era il primissimo pomeriggio quando ricevetti la telefonata di Giubilo, che mi chiedeva di tornare immediatamente in redazione; era, mi pare, attorno alle 3 del pomeriggio ed era già successo. Forse, su questa storia dei fusi orari c'è qualche...

GIULIO SCHMIDT. È probabile che fossero le 3, perché l'omicidio accadde dopo.

MASSIMO LOCHE. No, no. Mi telefonò dicendo: «Hanno ammazzato Ilaria, corri subito in redazione».

GIULIO SCHMIDT. Non corrisponde, comunque faremo delle verifiche su questo. Sarebbe interessante, però, capire se Ilaria avrebbe avuto effettivamente il tempo di inviare le immagini e il testo commentato, per poi ricoprirlo con le immagini, se fosse stata uccisa alle 17 ore italiane.

MASSIMO LOCHE. Dunque, in genere l'appuntamento con il satellite avviene a ridosso del telegiornale: il TG3 andava in onda, come avviene ancora oggi, alle 19 ora italiana; se fosse stata ancora in albergo alle 17 avrebbe avuto un tempo ristretto ma, nell'ipotesi che avesse già scritto il testo e avesse già fatto una preselezione delle immagini, aveva ancora tutto il tempo per mandare il suo materiale. Però insisto: nel mio ricordo, verso le 15-15,30 ora italiana si sa già che Ilaria è stata uccisa.

GIULIO SCHMIDT. Per quanto riguarda le cassette che voi avete ricevuto (e visionato, immagino), che contenevano l'intervista al sultano, più altre immagini preziose che poi le dirò, c'era lo stand up di Ilaria di presentazione del servizio, o non lo aveva ancora fatto?

MASSIMO LOCHE. Non c'era.

GIULIO SCHMIDT. Le immagini che lei ha visto, data la sua professionalità, le hanno fatto immaginare quale sarebbe stato il tipo di servizio che Ilaria avrebbe potuto congegnare? Sostanzialmente, c'erano l'intervista al sultano di Bosaso, riprese molto prolungate sulle navi della Shifco e riprese molto prolungate su cassette che avevano come dizione «olio d'oliva»: vedendo l'insistenza su questo materiale, lei ha potuto immaginare quale tipo di servizio le sarebbe arrivato?

MASSIMO LOCHE. No. Francamente, col senno di poi (sempre di allora, non di adesso) era parso chiaro a tutti che era giornalisticamente molto interessante la ricostruzione di alcune frasi particolari dette dal sultano di Bosaso; quindi, potrei indicare quali frasi avrebbe scelto, questo sì. L'altra cosa che potevo immaginare, dal momento che, a un certo punto, la tele


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camera viene spenta, era che probabilmente, avrebbe riportato con la sua voce cose che il sultano le aveva detto chiedendo che non fossero registrate. Potevo immaginare, poi, che le cassette d'olio d'oliva fossero coperture d'immagini che suggerivano qualcosa, ma che avrebbero avuto comunque bisogno della sua chiave interpretativa per essere comprensibili. Perché non è vero che le immagini dicono tutto: le immagini mentono o dicono quello che uno riesce a fargli dire.

GIULIO SCHMIDT. Furono trovate solo sei cassette. Lei ritiene credibile che un operatore del valore e dell'esperienza di Hrovatin partisse soltanto con sei cassette?

MASSIMO LOCHE. No, per un viaggio così si parte con una dotazione di almeno 20, 30 cassette, se non di più. Questo è sicuro, perché con sei cassette non si fa nulla.

GIULIO SCHMIDT. Secondo lei, furono usate altre cassette, che non sono state ritrovate, oppure tutto quello che fu trovato nelle sei cassette era il frutto del lavoro di Ilaria e, magari, altre cassette sono state restituite alla Video Est, cosa che noi cercheremo di accertare?

MASSIMO LOCHE. Su questo non saprei cosa dire. Io so che nelle cassette che trovammo rispetto a tutto il viaggio c'erano anche altri servizi, girati nella prima parte, prima di Bosaso. Ma non erano tantissime, ci si aspettava di averne di più.

GIULIO SCHMIDT. Da Mogadiscio Ilaria mandò qualche notizia via satellite o quello era il primo servizio che inviava?

MASSIMO LOCHE. Mi pare che quello fosse il primo in assoluto. Perché prima aveva solo viaggiato. L'accordo era che lei avrebbe viaggiato e poi, proprio nei giorni della partenza del contingente, che si pensava avvenisse in modo tranquillo e non nel modo precipitoso in cui in realtà poi avvenne...

GIULIO SCHMIDT. Lei ha dichiarato una cosa che ci ha fatto, in un certo senso, sobbalzare. Conferma che Fusi le disse che Ilaria lo aveva informato del fatto che sarebbe andata all'hotel Hamana per parlare con gli altri giornalisti?

MASSIMO LOCHE. A me sembra di ricordare di sì, ma per fortuna si può chiedere conferma a Fusi. Ricordo che, quando ne parlammo, una delle prime cose che chiesi a Fusi è che cosa gli avesse detto Ilaria nell'ultima telefonata. Ricordo che dissi qualcosa come «ma perché non se ne è stata in albergo?», perché ero abbastanza disperato, essendo un persona che stimavo molto. «Perché voleva informarsi sulla situazione dei colleghi», mi rispose Fusi.

GIULIO SCHMIDT. Per me è sufficiente, grazie.

PRESIDENTE. La parola all'onorevole Bindi.

ROSY BINDI. Formulerò solo due brevi domande. La prima è la seguente: a prescindere dalla quantità delle cassette che si sarebbero dovute portare e di quelle che si sono ritrovate, avendo visionato il materiale lei ritiene, visto l'annuncio di qualcosa di grosso, che mancasse qualcosa? Cioè, dato quello che lei ha visto, a parte il fatto che mancasse il commento a voce della giornalista per l'interpretazione delle immagini, è presumibile che quel qualcosa di grosso lì non ci fosse?

MASSIMO LOCHE. Quel che posso dire è che quel qualcosa di grosso mi sembrava potesse essere una frase sibillina del famoso sultano a proposito di Brescia, perché l'accostamento viene immediato: Brescia-armi-traffico di armi. Già avere questa semi-dichiarazione, che io mi aspettavo magari venisse reinterpretata, fornendo altri elementi di fatto che potessero


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renderla chiara, poteva essere un piccolo ma sostanzioso scoop. Dunque, nel materiale qualcosa di questo genere c'era. Certo, se dovessi dire che nelle cassette che ho visionato fosse possibile ritrovare, in quel momento, un movente qualsiasi per l'assassinio, direi di no. In quelle che ho visto io non c'era. Non era quello che poteva... almeno secondo la mia opinione dell'epoca.

ROSY BINDI. Le ho fatto questa domanda perché, conoscendo la serietà della giornalista e la stima di cui godeva, l'affermazione «ho cose grosse», che poi non vengono trovate da voi che eravate in grado di valutarle, il fatto che il numero delle cassette fosse inferiore al necessario, l'arrivo di bagagli aperti e non sigillati, sono tutte cose che fanno pensare che qualche cosa da qualche parte sia finita. È un'interpretazione che fanno in tanti, quindi non c'è niente di nuovo.
L'altra domanda riguarda i militari. Non c'è motivo di pensare che quel «qualcosa di grosso» invece che essere necessariamente collegato con Bosaso potesse riguardare qualcosa trovato a Mogadiscio?

MASSIMO LOCHE. Questo non lo so. Sinceramente, non lo so.

ROSY BINDI. Sulla vicenda dell'aereo le interpretazioni sono due. Secondo alcuni, pare che l'aereo fosse partito prima dell'orario previsto, per cui era necessario aspettare il successivo. Se questo è un comportamento strano, non si capisce se sia necessariamente legato a qualcosa scoperta a Bosaso o se le informazioni pericolose riguardavano Mogadiscio.

MASSIMO LOCHE. Su questo non so...

ROSY BINDI. Perché non avete mai comunicato prima.

MASSIMO LOCHE. No. D'altra parte, c'è una cosa che io tengo a dire a proposito dell'aereo, perché mi ha sempre colpito. Noi sappiamo per certo che una scorta, non quella RAI, ma una scorta predisposta dal comando militare italiano sul posto - che, avendo avuto notizia di situazioni pericolose, aveva chiesto ai giornalisti di andare tutti sulla Garibaldi - va a prendere Ilaria ad un aereo che non c'era - gli aerei dell'ONU hanno una programmazione elastica, ma c'è l'hanno - mentre nessuna scorta va a prenderla all'aereo che c'era. Io ho sempre notato questa discrepanza. Mi ha sempre colpito. Non so che a cosa attribuirla, però certo, come cittadino, mi farebbe piacere che la vostra Commissione facesse un po' di luce anche su questo dettaglio.

PRESIDENTE. La parola all'onorevole De Brasi.

RAFFAELLO DE BRASI. Dottor Loche, lei ha parlato del viaggio di Miran Horvatin con Ilaria Alpi verso Belgrado.

MASSIMO LOCHE. Sì.

RAFFAELLO DE BRASI. Siccome questo viaggio è apparso diverse volte nelle nostre discussioni e nelle nostre audizioni, le rivolgo una domanda che ho già fatto in un'altra occasione. Le risulta che in questo viaggio Ilaria fece una deviazione verso la Bosnia, nel senso che lei sospettasse che il traffico d'armi proveniente dall'Europa dell'est o dai Balcani verso la Somalia, che le navi Shifco avessero un punto d'approdo in quella realtà?

MASSIMO LOCHE. A me non risulta.

RAFFAELLO DE BRASI. È la seconda volta che viene questa conferma, mentre c'è qualcuno che insiste nell'esprimere un parere diverso.
Seconda domanda. Se non capisco male, prima di partire per il suo ultimo viaggio Ilaria non aveva riscontri, non aveva cose importanti, non aveva cose scottanti che riguardassero ipotesi di un intreccio perverso tra mala cooperazione, traffico d'armi e traffico di rifiuti tossici o radioattivi, ipotesi che, invece, c'era. I sospetti c'erano, lei indagava su questo;


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prima del viaggio non le aveva comunicato di avere qualche riscontro al riguardo?

MASSIMO LOCHE. Nei dettagli, no. In generale, sì. Che nella storia della Somalia ci fossero gli elementi che lei ha elencato, di mala cooperazione e traffici, e che questo fosse comunque un argomento interessante... però io, personalmente, non ho mai discusso...

RAFFAELLO DE BRASI. Qualcosa che avesse scoperto...

MASSIMO LOCHE. Che lei avesse già scoperto qualcosa di particolare non mi risulta.

RAFFAELLO DE BRASI. Non le risulta. Quindi, dovrebbe essere nel suo ultimo viaggio (Mogadiscio, Bosaso e, a sud, nell'ospedale militare italiano), che dovremmo individuare la causa della sua uccisione, qualora sia valida una delle due ipotesi che, fondamentalmente, si fanno, cioè che sia stata uccisa per farla tacere, poiché aveva scoperto delle cose, aveva delle prove, qualcosa di scottante. Naturalmente, avrebbe potuto essere uccisa anche se non avesse scoperto cose tanto importanti e rilevanti, semplicemente per la paura che le scoprisse; ma ora noi stiamo lavorando sull'ipotesi che lei avesse scoperto qualcosa, che avesse messo in pericolo interessi e che ciò avesse determinato la reazione da parte del gruppo politico-affaristico-militare che ruotava, fondamentalmente, intorno alle figure cardine di Marocchino e di Mugne. Dunque, cosa fece a Bosaso? Lei ha parlato di contatti con Africa 70 ed io ho chiesto l'audizione di Casamenti, che penso sia stata programmata.

PRESIDENTE. Dove è possibile trovare questo Casamenti?

RAFFAELLO DE BRASI. Non so se sia ancora in Somalia o in un'altra parte del mondo. Bisognerebbe verificare dove stia lavorando in questo periodo la sua ONG; se esiste ancora, probabilmente il Ministero degli esteri dovrebbe essere a conoscenza dei suoi progetti.
Dico questo perché, se non ho capito male, Ilaria Alpi era alloggiata da questo Casamenti, anche se, se non ricordo male, egli quel momento non era lì, tant'è che arriva con quell'aereo. Ilaria fa l'intervista al sultano, va sicuramente sulla strada Garoe-Bosaso, che viene filmata con una certa insistenza, intervista altri personaggi del luogo e via dicendo.
In effetti, noi avremmo bisogno di ricostruire cosa fece effettivamente a Bosaso. Questo è un impegno, uno sforzo che dobbiamo cercare di fare; alcune cose le sappiamo, può essere che altre non le sappiamo. Ma sicuramente lei fece alcune di queste cose.
Le chiedo una sua valutazione, ex post ovviamente: dal punto di vista giornalistico, la cosa grossa - mi riferisco ed approfondisco il vostro dialogo con Rosy Bindi - poteva essere una notizia che, se non sbaglio, non era mai apparsa, cioè il sequestro di una nave Shifco, per la quale si era chiesto un riscatto da parte del sultano di Bosaso? Infatti, lui parlava di pirati, ma di fatto erano gruppi legati chiaramente a lui; notizia che il Ministero degli esteri conosceva, ma che aveva tenuto assolutamente riservata, perché, siccome c'erano anche dei marinai italiani su questa nave, non si voleva creare - questa è la spiegazione del ministero - una situazione di pericolo per questi italiani, nel momento in cui si stava trattando, di fatto, per la loro liberazione, per il dissequestro di questa nave della Shifco. Questa notizia, il sequestro di una nave italiana Shifco, regalata dalla cooperazione a Siad Barre, di cui si era appropriato Mugne, poteva essere una notizia forte?
La seconda questione: quell'intervista fatta al sultano di Bosaso, con quelle pause, quelle mezze ammissioni e quelle ambiguità che sappiamo tutti, anche questa era una cosa che, dal punto di vista giornalistico, poteva essere considerata importante. La mia domanda è: dal punto di vista giornalistico, lei ritiene che questi due fatti, cioè una nave Shifco sequestrata,


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di cui non si sapeva ancora nulla, e questa intervista, potevano essere considerati qualcosa di importante a cui lei si riferiva nella sua telefonata con lei?

MASSIMO LOCHE. Poteva, sicuramente.

RAFFAELLO DE BRASI. Dal punto di vista giornalistico, le chiedo.

MASSIMO LOCHE. C'è un'intervista con un personaggio che rivela alcune cose su un problema, che è quello del traffico di armi, che, magari per allusioni, dice delle cose. C'è la scoperta che ci sono degli italiani sequestrati. Sono sicuramente due grosse notizie.

PRESIDENTE. Da tenere segrete?

RAFFAELLO DE BRASI. Esatto. Le dico questo perché, se sono considerate importanti, è chiaro che bisogna capire se queste notizie potevano essere ritenute così importanti da non dirgliele in quel momento, perché tanto le avrebbe trasmesse, o se lei considera che invece, come era di norma nei suoi rapporti con lei, qualcosa avrebbe accennato su quello che lei aveva trovato, aveva scoperto, sul lavoro che aveva fatto.
A me pare veramente molto strano, a meno che lei non considerasse questo un riscontro, il fatto che il sultano accenni a questo traffico di armi, che ci sia la nave Shifco, che lei cerchi di salire su questa nave, che non la facciano salire su questa nave ... non ricordo se lei intervisti un italiano, non ricordo bene questo particolare.

PRESIDENTE. Sì, un marinaio.

RAFFAELLO DE BRASI. Un marinaio, mi sembra, che però nega poi nella sostanza che ci sia stato questo traffico di armi attraverso la Shifco, almeno in quella occasione. Le chiedo: in merito al riscontro sul traffico di armi, sulla strada Garoe-Bosaso - perché si sospettava che questa infrastruttura fosse servita, lì o anche più lontano, per nascondere questo traffico di rifiuti -, lei in questa telefonata non ha detto nulla di tutto questo, assolutamente nulla?

MASSIMO LOCHE. Per quanto riguarda dettagli concreti, nulla.

RAFFAELLO DE BRASI. Niente?

MASSIMO LOCHE. Assolutamente. Ma io credo che fosse in parte dovuto alla rapidità, alle cattive condizioni di ascolto.

RAFFAELLO DE BRASI. Questa intervista è arrivata?

MASSIMO LOCHE. Sì, è arrivata.

RAFFAELLO DE BRASI. Allora, se hanno rubato queste cassette, che sono così fondamentali perché nascondono i riscontri di qualcosa di ben più grosso ... L'intervista è arrivata; quindi, quelli che hanno rubato le cassette - perché stiamo parlando di qualcuno che ha sottratto queste cassette, che erano di più, non si trovano, se ne trovano di meno - avrebbero in qualche modo fatto passare, invece, questa intervista. Ci sono due possibilità: o queste cassette in effetti non sono state rubate o qualcuno le ha lasciate lì apposta perché magari c'era qualcosa di più grosso che è stato sottratto. Però è molto strano il fatto che questa cassetta comunque arrivi mentre si sospetta che vi siano cassette più importanti.
Comunque, se non capisco male, lei non ha nessun riscontro, però, dal punto di vista giornalistico, ritiene che queste due notizie che invece si sa che esistono - perché le altre cose non sappiamo se esistano - erano comunque importanti.

MASSIMO LOCHE. Sì.

RAFFAELLO DE BRASI. Quindi, la telefonata che ricevette, l'eccitazione che lei aveva potevano in qualche modo essere giustificate da queste due cose, secondo lei?


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MASSIMO LOCHE. Da quelle sole no, perché quelle cassette, le informazioni lì contenute avevano bisogno, per diventare veramente grosse, di un quadro, di un'interpretazione, di altri elementi. Quelli sono due pezzi di un mosaico che lasciano intravedere qualcosa di grosso - la mia valutazione è questa - ma non sono proprio in sé ... sono cose interessanti, come dicevo prima, sono notizie importanti.

RAFFAELLO DE BRASI. Lei sa che c'è una nota del SISMI che parla di una minaccia fatta ad Ilaria Alpi a Bosaso. Il SISMI riceve un'informazione, tramite le sue fonti, di questa minaccia; poi questa minaccia ad un certo punto sparisce, sappiamo tutti la storia. A lei risulta che questa minaccia Ilaria Alpi l'avesse percepita?

MASSIMO LOCHE. No.

RAFFAELLO DE BRASI. Nella telefonata ...

MASSIMO LOCHE. Potrei rispondere - ma questo è un salto - che forse la sua eccitazione e la sua reticenza potevano derivare da questo, ma non lo posso dire, lo posso dedurre.

RAFFAELLO DE BRASI. Lei non lo sa, e nessuno glielo ha mai detto.

MASSIMO LOCHE. Nessuno. A me il SISMI non l'ha detto.

RAFFAELLO DE BRASI. Mi riferivo a lei, Ilaria Alpi, non al SISMI.

MASSIMO LOCHE. No, che lei direttamente mi avesse parlato di minacce, non lo ricordo; me lo sarei ben ricordato questo, è un elemento importante. Comunque, è anche vero che, se lei le aveva effettivamente ricevute, forse aveva pensato che proprio di questa cosa era meglio non parlare per telefono.

RAFFAELLO DE BRASI. Sulla questione del ritardo dell'aereo, come ha detto la collega Rosy Bindi, ci sono due versioni un po' contrastanti, perché lei dice che arrivò con ventiquattro ore di ritardo, mentre da quello che abbiamo saputo l'aereo partì prima e, siccome c'è una tesi - a mio parere un po' azzardata, ma è un mio parere personale - che sostiene che vi sarebbe stato da parte del pilota o dell'autorità militare Unosom un ritardo o un anticipo in qualche modo organizzato per consentire che l'agguato fosse svolto in quella data precisa, ciò che lei ha detto, cioè il fatto che ci sia stato un ritardo di un giorno nell'arrivo dell'aereo, da dove le deriva, come l'ha saputo?

MASSIMO LOCHE. L'ho saputo da Ilaria Alpi, perché mi disse che aveva perso l'aereo. Come ripeto, noi l'aspettavamo per sabato.

RAFFAELLO DE BRASI. Ha detto: ho perso l'aereo?

MASSIMO LOCHE. L'aereo il sabato non c'è. È possibile che lei abbia perso l'aereo del venerdì e l'aereo del sabato invece non volò. Ma questo probabilmente l'Unosom... Erano voli quasi quotidiani, c'erano voli che avevano una elastica regolarità.

RAFFAELLO DE BRASI. Questo potremo verificarlo più concretamente.

MASSIMO LOCHE. Probabilmente, queste cose vengono documentate precisamente.

RAFFAELLO DE BRASI. Molto rapidamente: Ilaria Alpi fece un servizio giornalistico sull'infibulazione delle donne. Le risulta?

MASSIMO LOCHE. Sì, ma in un viaggio precedente.

RAFFAELLO DE BRASI. In Somalia?

MASSIMO LOCHE. Sì.


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RAFFAELLO DE BRASI. Le dico questo perché nel famoso film c'è un elemento di minaccia. C'è una situazione di conflitto e di minaccia rispetto a questo servizio che lei fa. Le risulta questo? Lei, quando venne a casa, parlò di una situazione, di un contesto ...

MASSIMO LOCHE. Penso che gli sceneggiatori hanno diritto di mettere un po' di sale e di pepe nelle loro sceneggiature.

RAFFAELLO DE BRASI. A lei non risulta che fosse minacciata per questo servizio giornalistico che toccava una questione sicuramente delicata per quel paese?

MASSIMO LOCHE. No.

RAFFAELLO DE BRASI. Quindi, questo non le risulta assolutamente.
Per quanto riguarda l'autista, una delle tesi fondamentali, una delle ipotesi è che l'autista avesse tradito Ilaria Alpi e che, anzi, l'autista fosse uno dei cardini del complotto per ucciderla. Ilaria Alpi ha mai parlato dei suoi rapporti con questo autista, che le era stato segnalato da Alberizzi, da quello che risulta? Si fidava di questo autista, che rapporto aveva con lui?

MASSIMO LOCHE. Credo un rapporto di fiducia. Lei aveva un autista di cui si fidava a Mogadiscio, che era questo.

RAFFAELLO DE BRASI. E gliene parlò?

MASSIMO LOCHE. Sì, mi sembra che poi risultò, ad un certo momento, che le dettero un altro autista e lei voleva comunque il suo. Quindi, aveva un rapporto di fiducia, mi pare.

RAFFAELLO DE BRASI. Aveva un rapporto di fiducia piuttosto forte.

MASSIMO LOCHE. Su questo però ho un ricordo molto vago di discussioni. Visto che lo ricordo, forse riguardava una storia di un viaggio precedente, in cui lei aveva dovuto cambiare autista perché non aveva il suo. Quindi, con il suo abituale lei aveva un rapporto di fiducia. Rispetto a questo, ho un ricordo che doveva essere riferito ad un viaggio precedente, altrimenti non me ne avrebbe potuto parlare.

RAFFAELLO DE BRASI. Si dice che lei avesse delle fonti, un rapporto particolare, privilegiato sia all'interno del SISMI sia con altre fonti fra i militari. Si fanno anche dei nomi ben precisi. Lei ha mai ricevuto da Ilaria Alpi un'informazione in questo senso, che avesse un rapporto particolare, in termini di relazioni e di informazione, con qualcuno all'interno del SISMI, all'interno delle Forze armate?

MASSIMO LOCHE. All'interno delle Forze armate, sì. So che lei aveva buoni rapporti con gli ufficiali addetti stampa ed aveva anche un buon rapporto soprattutto con il generale, di cui ora non ricordo il nome, il primo, perché ci furono due generali che si avvicendarono.

RAFFAELLO DE BRASI. Loi.

MASSIMO LOCHE. Con il generale Loi lei aveva un buon rapporto, lo intervistò.

RAFFAELLO DE BRASI. Ma io non parlo di rapporti istituzionali, parlo di fonti più riservate, di qualcuno che le forniva delle informazioni riservate. Le ha mai parlato di questo?

MASSIMO LOCHE. No. Ma queste cose veramente i giornalisti le tengono per sé. La fonte riservata parla alla persona, non parla all'istituzione, all'organizzazione.

RAFFAELLO DE BRASI. Io le chiedo se le ha mai parlato di questo.

MASSIMO LOCHE. No.

RAFFAELLO DE BRASI. L'ultima domanda. Ilaria Alpi faceva telefonate dall'hotel Sahafi, dove lei stava? Spesso il presidente, giustamente, ha fatto alcune


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domande riguardo alla possibilità di telefonare, cioè al fatto che ci fosse una postazione satellitare all'hotel Sahafi e che non occorresse, quindi, che lei andasse all'hotel Hamana, cioè a Mogadiscio nord, per fare telefonate o per inviare questo servizio. Quello che stupisce un po' è: arrivi nell'albergo, hai questa cosa scottante, perché non la mandi subito, perché non dai questa informazione subito?

MASSIMO LOCHE. C'è un problema, perché i collegamenti satellitari vengono prenotati in anticipo, sono fissati per una certa ora e a quell'ora si può mandarlo, ad un'altra no.

RAFFAELLO DE BRASI. Però poteva mandarlo dall'hotel Sahafi, che le risulti, e non dall'hotel Hamana?

MASSIMO LOCHE. No. Doveva andare dove c'era un punto di riversamento.

DOMENICO TUCCILLO. Quindi, era obbligata a spostarsi?

MASSIMO LOCHE. Non andava certo a riversare, tant'è vero che è sulla strada del ritorno e non sulla strada dell'andata. Quindi, quello era solo un primo viaggio; probabilmente ne avrebbe fatto un secondo. Da quello che posso ricostruire, anche dalla telefonata confusa, mi pare di capire che lei sia andata lì per vedere i colleghi italiani, sentire cosa succedeva, che non ci fossero cose a Mogadiscio che lei doveva sapere per perfezionare il pezzo, per poi tornare al suo albergo, preparare il pezzo, preparare i materiali e quindi andare di nuovo a riversarlo in quell'albergo, al feed point dell'EBU.

RAFFAELLO DE BRASI. Che era vicino all'hotel Hamana.

PRESIDENTE. Il dottor Curzi ci ha dichiarato che, secondo lui, è impossibile che un giornalista che deve annunciare un pezzo, anche importante, non ne dica il contenuto e ha soggiunto che la cosa è ancora meno plausibile quando il colloquio è tra il giornalista, nella specie Ilaria Alpi, ed il suo capo redazione, cioè Massimo Loche. Come risponde a Curzi?

MASSIMO LOCHE. Rispondo che, come tante volte gli succede, si sbaglia, perché a volte non succede, perché la vita è fatta di tante cose, di circostanze. Certo, normalmente è così; questa è la norma, la regola, ma in un situazione complessa e con comunicazioni difficili spesso ciò non succede.

PRESIDENTE. Alla RAI ne sono successe tante. Demattè che si dimentica di dare il documento che riguardava Ilaria Alpi all'autorità giudiziaria, che poi ad un certo punto, dopo qualche mese, se ne ricorda, lo lava e lo porta lavato, perché c'erano le macchie di sangue di Ilaria Alpi, ai genitori: credo che lo consegni ai genitori, addirittura, e nemmeno all'autorità giudiziaria. Succedono tutte queste cose un po' strane, sulle quali noi abbiamo il dovere di fare domande.
In tutto il tempo che è passato dal 20 marzo 1994 fino ad oggi, voi vi siete dati una spiegazione, avete avuto modo di acquisire qualche altro elemento perché si possa chiarire oppure dopo il 20 marzo si è chiuso tutto.

MASSIMO LOCHE. No, abbiamo continuato.

PRESIDENTE. C'è qualche contributo? Mi risponderà dopo. Intanto do la parola all'onorevole Bulgarelli, che ha chiesto di intervenire.

MAURO BULGARELLI. Prima chiedo uno sforzo di memoria al dottor Loche. Ci diceva che Ilaria, in realtà, doveva andare anche in un ospedale, in una cittadina di cui non ricorda il nome. Era Balaad per caso?

MASSIMO LOCHE. Credo di sì.

MAURO BULGARELLI. Probabilmente era quello.


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L'altra cosa che le volevo chiedere riguarda il problema della scorta leggera, in questo caso, ossia le due persone che erano di scorta più l'autista. Chi aveva fornito la scorta in questo caso?

MASSIMO LOCHE. In questo caso credo si trattasse di rapporti che Ilaria aveva con Mogadiscio, con persone di Mogadiscio.

MAURO BULGARELLI. Quindi, possiamo ipotizzare Marocchino, in questo caso, visto che era lui che gestiva ...?

MASSIMO LOCHE. Io non ne sarei sicuro, perché ho accennato prima alla diffidenza che Ilaria nutriva nei confronti di Marocchino, ed esistevano anche altre persone che prestavano questi servizi. So che lei aveva un rapporto con un gruppo di persone che forniva le scorte, che aveva conosciuto tramite Alberizzi. Quindi, probabilmente era un rapporto suo, autonomo, con un gruppo diverso. Non credo che le sue ultime scorte passassero da Marocchino, lei non amava le scorte di Marocchino.

MAURO BULGARELLI. Le volevo chiedere inoltre un piccolo racconto su ciò che è accaduto in redazione dal momento in cui avete saputo della morte di Ilaria. Qualcuno è partito per andare a prendere il corpo?

MASSIMO LOCHE. Sì.

MAURO BULGARELLI. Vorrei un piccolo racconto su questo, se è possibile.

MASSIMO LOCHE. Posso dire che ci fu un lavoro frenetico, intanto per parlarne, perché eravamo tempestati dalle cose, cercavamo di capire, di acquisire altre informazioni da quei pochi colleghi che stavano lì, tra cui la Simoni, un giornalista di Panorama ed un collega della radiotelevisione svizzera italiana, che è quello che ha poi girato le immagini più ...

MAURO BULGARELLI. Lenzi?

MASSIMO LOCHE. Lenzi, che ha girato le immagini più importanti e mi sembra una persona molto seria. Trovare queste persone ed avere notizie da Mogadiscio ... in quei giorni ci fu una grande confusione, in uno stato di stress emotivo molto forte. Certo che ci chiedevamo cosa succedeva, perché, come mai ... Catturare le immagini, decidere quali immagini portare. Poi fu deciso che qualcuno sarebbe andato; quando la RAI organizzò l'aereo per riportare la salma di Ilaria, partirono le massime autorità dell'azienda, credo, e uno dei nostri giornalisti, Giuseppe Bonavolontà.
L'altro momento cruciale è l'arrivo dell'aereo. Io ero molto interessato a che ci fossero le cassette, perché per la memoria di Ilaria e per la costruzione di servizi degni per me era importante che ci fossero. Ricordo, nella confusione dell'aeroporto, queste cassette, questa borsa che veniva frugata, da una parte, delle cose personali e le cose non personali ...

PRESIDENTE. Chi la frugava?

MASSIMO LOCHE. C'era una piccola folla là intorno, era una situazione effettivamente non ...

PRESIDENTE. C'erano carabinieri, polizia? Chi c'era?

MASSIMO LOCHE. C'era di tutto, credo.

PRESIDENTE. E non impedivano che si frugasse?

MASSIMO LOCHE. Infatti, la storia è ...

PRESIDENTE. Curiosa, eh?

MASSIMO LOCHE. Ricordo che insistevo con quelli che stavano più vicino, che non erano neanche nella prima fila di questo gruppo, perché a noi interessavano solo le cassette e i suoi appunti. Però gli appunti, purtroppo, erano molto generici e non contenevano nulla di particolare che ci aiutasse ad interpretare le immagini,


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mentre io speravo che con gli appunti ... l'idea era: l'ultimo servizio di Ilaria, anche se ricostruito in redazione, magari non letto dalla sua voce, ma da un'altra. Questo io ricordo. Poi ricordo che si ritorna in redazione e si comincia a vedere i materiali.
In seguito Giubilo decise di mandare di nuovo Giuseppe Bonavolontà in Somalia per fare un supplemento di inchiesta, che lui fece poi con dei servizi. Poi ci fu una grande passione in redazione su questo; alcune persone che non si occupavano affatto di questioni di questo genere, si buttarono su loro piste, loro ricerche particolari, scoprirono varie cose. Insomma, si aprì un periodo ...

MAURO BULGARELLI. Però mi interessa di più il discorso relativo al viaggio, perché poi Bonavolontà ha dichiarato lui stesso che è stato lui a mettere mano all'interno della sacca, per vedere di recuperare materiale, immagino. Ha mai parlato di questo con lui dopo, al ritorno? In realtà, cosa ha trovato Bonavolontà e che cosa ha preso? Questi blocchi notes ...

MASSIMO LOCHE. Erano appunto queste sette cassette, una delle quali mi pare fosse vuota, e dei blocchi di appunti, che poi restituimmo alla famiglia. Non ricordo altro. Io glielo raccomandai, dicendo: mi raccomando, prendiamo le cose che servono, giustificandole con la necessità del servizio.

PRESIDENTE. Ma erano sigillati?

MASSIMO LOCHE. No, erano in una normale borsa di tela, senza nessuna chiusura particolare, a quanto ricordo io. Poi c'erano delle valigie con altre cose, invece, che poi sono andate alla famiglia per altre vie, ma nei materiali personali c'erano queste poche cose messe lì.

MAURO BULGARELLI. L'altra questione è questa. Ricorda chi era il dirigente RAI che era con Bonavolontà? Era Locatelli o Demattè?

MASSIMO LOCHE. Credo che fossero entrambi. Mi pare di ricordare che andarono entrambi. Mi pare proprio di sì, che andarono sia il presidente sia il direttore generale in quell'occasione.

MAURO BULGARELLI. E non fu trovato nulla che potesse aiutare nella scrivania di Ilaria, sul posto di lavoro?

MASSIMO LOCHE. No, guardammo, ma in quel momento questo foglietto non venne fuori.

MAURO BULGARELLI. Purtroppo sono tutti sforzi di memoria, ovviamente, perché sono passati - ahimè - ben dieci anni. A che ora Ilaria parlò con Flavio Fusi, l'ultima volta, l'ultima telefonata?

MASSIMO LOCHE. Credo fosse verso mezzogiorno, ora italiana.

MAURO BULGARELLI. Lei è certo? Ci credo, perché il racconto è così lineare. La telefonata della morte di Ilaria è avvenuta verso le 15, le 15,30, quel giorno, quella che ha ricevuto lei quando era a casa?

MASSIMO LOCHE. Sì, io ricordo questo.

MAURO BULGARELLI. Quindi, per assurdo, chiunque avrebbe potuto mandare il servizio alle 17 circa. Quindi, le cassette, che poi erano quelle che abbiamo trovato ... sto facendo proprio un'ipotesi assurda, perché c'è in realtà questo buco di orario. Naturalmente, è da verificare il discorso del fuso orario e quant'altro. Se però alle 15,30 - e il ragionamento, anche durante le indagini, è stato sempre tenuto fermo su orari unici a questo punto, poi bisognerà stabilirlo e capire ...

PRESIDENTE. La RAI interrompe le comunicazioni alle 15,05, per dare la notizia dell'uccisione.

MAURO BULGARELLI. Il servizio a che ora è arrivato?


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MASSIMO LOCHE. Il servizio non è ...

MAURO BULGARELLI. Non è mai arrivato nulla?

MASSIMO LOCHE. Non è mai arrivato il servizio, non fu mai fatto. Ilaria fu uccisa mentre tornava a prepararlo. Sulla questione dell'orario, Italia Uno lo dette qualche minuto prima.

PRESIDENTE. Come sempre.

MAURO BULGARELLI. L'altra cosa è questa: ha mai parlato con Ilaria di Li Causi? Capisco che le fonti vengono tenute segrete ...

MASSIMO LOCHE. No.

MAURO BULGARELLI. Quindi, del maresciallo Li Causi non si è mai parlato, non è mai stato fatto nessun commento?

MASSIMO LOCHE. No.

PRESIDENTE. Prego, onorevole De Brasi.

RAFFAELLO DE BRASI. L'onorevole Motta, che ora non è presente, voleva rivolgere una domanda che trae spunto da una cosa detta da Curzi l'altra volta. Io non c'ero, quindi mi aiuti, presidente. Ad un certo punto, Curzi ha fatto un accenno ad una fase della RAI nella quale c'era una specie di servizio che selezionava, in qualche modo, anche le notizie, metteva un suo ...

PRESIDENTE. Una censura.

RAFFAELLO DE BRASI. Una specie di censura, in collegamento con i servizi di intelligence italiana e straniera. Le chiedo se lei abbia mai sentito parlare di una cosa di questo genere.

PRESIDENTE. Do la notizia precisa. Il dottor Curzi ha dichiarato che all'epoca in cui egli assunse la direzione del telegiornale, come avveniva per tutte le direzioni di telegiornale e di rete, bisognava firmare un documento nel quale ci si impegnava a proteggere certe notizie, in particolare notizie che riguardavano la NATO, l'America, e via dicendo, e che quindi c'era questa sorta di filtro, che anzi fu la causa di una sua rimostranza per una vicenda che ha ricordato e che adesso non mi sovviene, perché in quella circostanza egli agì fuori da questa regola. Le risulta questo?

MASSIMO LOCHE. Evidentemente, una cosa del genere la conoscono i direttori. Siccome direttore responsabile alla RAI non sono mai stato, non ho mai avuto notizia di ciò.

PRESIDENTE. Allora, è un augurio.

MASSIMO LOCHE. Me ne sto per andare.

RAFFAELLO DE BRASI. Quindi, non ha mai saputo di questo?

MASSIMO LOCHE. No, ma la natura stessa del documento la conosce solo la direzione generale ed il direttore che la firma.

PRESIDENTE. Diciamo un ufficio filtro in relazione a questo impegno che i direttori di rete prendono, nel senso di non mandare in onda certe notizie.

MASSIMO LOCHE. Che io sappia, no. Viene tenuto molto segreto.

MAURO BULGARELLI. È un reato che credo sia del codice penale militare di guerra.

PRESIDENTE. Sì, ma soprattutto a tutela della NATO.

RAFFAELLO DE BRASI. La collega voleva poi chiedere, rispetto a questo biglietto lavato, con dei numeri, dei codici, se avesse avuto qualche relazione con questo filtro.


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MASSIMO LOCHE. Del biglietto seppi dai genitori, quando lo ricevettero, perché sentivo spesso i genitori, per tutto un certo periodo.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Tuccillo.

DOMENICO TUCCILLO. Vorrei chiederle questo: poiché penso che lei sia stato, in realtà, l'unico o comunque il principale depositario della notizia trasmessale dalla Alpi circa il fatto che lei aveva rinvenuto cose molto scottanti ed interessanti e poiché nelle audizioni che abbiamo svolto, negli approfondimenti che abbiamo fatto sicuramente emerge, nella gestione del trasporto della salma, dell'analisi sulla salma e poi dell'inchiesta, una conduzione abbastanza trascurata delle cose, poiché lei era in realtà quello che possedeva un'informazione in più rispetto alla vicenda della Alpi, cioè il fatto che lei aveva riscontrato queste cose, abbinato a questo contesto, ciò l'ha sollecitata ad assumere iniziative, ad informare l'autorità giudiziaria, a fare presente questo fatto che poteva essere - perciò noi siamo qui - la ragione dietro la quale si nascondeva l'omicidio della Alpi?

MASSIMO LOCHE. Sì, venni convocato abbastanza rapidamente, perché la prima inchiesta partì subito; mi pare che il magistrato che fece la prima inchiesta si chiamasse De Gasperis. Da allora sono stato più volte sollecitato a fare questo. Poi questa mia informazione - che ho ripetuto anche oggi - comunque a quel punto era condivisa, perché io, dando le consegne a Fusi per il giorno della mia assenza, che era appunto quel 20 marzo, dissi che Ilaria aveva un servizio importante per le mani. Siccome c'era un rapporto di fiducia, Ilaria dicendomi questo sapeva che io avrei comunque fatto in modo di difendere e valorizzare il suo lavoro, per aggiungere un piccolo dettaglio al resto. Il direttore era stato informato di questa importanza; infatti, credo che il pezzo fosse predisposto in un'ottima posizione nel sommario di quel giorno. A quel punto era una conoscenza condivisa da tutti, almeno dal gruppo della redazione, dal gruppo dirigente della testata e da chi era più interessato al problema.

PRESIDENTE. Dopo quanto tempo lei fu sentito dall'autorità giudiziaria, rispetto al 20 marzo?

MASSIMO LOCHE. Due o tre mesi dopo, mi sembra di ricordare. Doveva essere l'inizio dell'estate, forse giugno.

PRESIDENTE. La domanda è spontanea, e non la prenda nemmeno come una domanda: lei non ha sentito l'esigenza di andare a svelare una cosa così importante all'autorità giudiziaria? Lei non ha dato grande importanza, quindi, a questa telefonata, che oggi invece costituisce nelle sentenze della magistratura il perno della premeditazione contestata ad Hassan?

MASSIMO LOCHE. Io le avevo dato un'importanza giornalistica. Debbo dire sinceramente che probabilmente non l'avevo valutata. Per molto tempo, rispetto alle ipotesi che via via si sono cominciate a costruire, avendo una mia particolare idiosincrasia verso le dietrologie - lo dico per spiegare il mio atteggiamento -, in fondo, tra le ipotesi che si facevano tra gli esperti di Somalia, tra cui vi era quella della vendetta somala, per cui la cosa veniva messa in relazione alla violenza su una somala fatta dagli italiani e questa costituiva la vendetta - secondo la vecchia tradizione tribale somala per cui si uccide l'ultimo nemico che fugge e quella era l'ultima donna italiana che avevano a disposizione -, debbo dire che all'epoca ritenni che questa fosse una spiegazione più convincente; forse perché tanti altri elementi che sono emersi dopo non c'erano ancora, ma mi convinceva di più.

DOMENICO TUCCILLO. Quindi, sulla scorta del fatto che Ilaria le aveva trasmesso quella notizia, nel momento in cui ha appreso la notizia che era stata uccisa, il primo convincimento, la prima percezione


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che lei si è fatta è stata quella che fosse stata ammazzata per quella ragione oppure no?

MASSIMO LOCHE. In quel momento, debbo dire sinceramente che io non collegai le due cose. Forse è stato ingenuo da parte mia, ma innanzitutto era una cosa che mi aveva sconvolto emotivamente, quindi in quel momento forse non avevo tanta lucidità mentale, è probabile che ciò avvenga in queste situazioni. In secondo luogo, come ho detto poco fa, la spiegazione la vedevo altrimenti, cioè io davo un'altra interpretazione dei fatti; non pensavo, tutto sommato, che quella cosa fosse così grossa. Poi è diventata così grossa perché si sono aggiunti altri elementi che hanno portato a dire che c'era qualcosa, ma al momento, parlando con il senno di allora, era così, proprio perché inchieste successive, accertamenti successivi, elementi nuovi ...

PRESIDENTE. Altri elementi rivenienti da questa inchiesta, non elementi acquisiti da lei o dai vostri colleghi della RAI? Da quello che veniva accertato man mano su questi traffici?

MASSIMO LOCHE. Certo.

PRESIDENTE. Non come iniziative vostre o per qualche notizia riservata che avete avuto e che magari lei oggi ci potrebbe dire?

MASSIMO LOCHE. No, questo no. In parte, le notizie ci sono state, credo, da chi ha condotto le inchieste, da una parte Bonavolontà e dall'altra parte ...

PRESIDENTE. Ma lei a De Gasperis disse quello che ha detto a noi oggi oppure gli ha detto qualcosa di più o di meno?

MASSIMO LOCHE. Probabilmente di meno, non ricordo neanche che domande mi fece.

PRESIDENTE. Poi controlleremo.

MASSIMO LOCHE. Io francamente non me lo ricordo.

PRESIDENTE. Siccome il dottor De Gasperis è venuto qua dicendo che lui volteggia tra la rapina ed il fatto accidentale e siccome lei è stato sentito da De Gasperis, non vorrei che lei abbia messo benzina sul fuoco, perché poi De Gasperis traesse la conclusione che si trattava di una rapina o di un fatto accidentale. Noi, per la verità, siamo pervenuti alla sua audizione con una consapevolezza, più nelle orecchie che non strettamente negli atti, che ci sarebbe stata una dichiarazione, fatta da Ilaria nell'ultima telefonata che ha fatto a lei, sui pericoli per la sicurezza. Invece, questo è un argomento che tramonta definitivamente. Questo non è mai accaduto? Non è mai accaduto che lei abbia detto cose di questo genere?

MASSIMO LOCHE. Questo lo posso confermare.

PRESIDENTE. Chiedo scusa per l'interruzione all'onorevole Tuccillo, che ringrazio.
L'onorevole Schmidt vuole rivolgere un'altra domanda.

GIULIO SCHMIDT. Vorrei rivolgerle un'ultima domanda: è possibile rintracciare in RAI il report delle prenotazioni del satellite di quel giorno?

MASSIMO LOCHE. Sì, dovrebbe essere possibile. Probabilmente il satellite, che io ricordi, doveva essere ....

PRESIDENTE. Può prendere l'impegno di controllare, dottor Loche?

MASSIMO LOCHE. Sì.

PRESIDENTE. Un'altra cosa che mi sovviene sulla base dell'indicazione dell'onorevole Schmidt: il menabò di quella sera - che si scrive in qualche modo, in qualche parte - che lei ha preparato il venerdì ...


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MASSIMO LOCHE. Dovrebbero essere tutti archiviati.

PRESIDENTE. Mi piacerebbe che anche questo fosse un impegno che lei prendesse.

MASSIMO LOCHE. Con l'avvertenza che probabilmente viene acquisito agli atti il menabò finale trasmesso, non quello preparato la mattina, prima della notizia; poi il menabò si cambia.

PRESIDENTE. Facciamo un tentativo.

MASSIMO LOCHE. Va bene.

PRESIDENTE. La ringrazio molto delle dichiarazioni che ci ha reso, perché hanno consentito di fare qualche chiarificazione.
Le dico, a titolo personale, che probabilmente ulteriori sforzi di memoria, sia pure a dieci anni di distanza, potrebbero giovare molto di più all'accertamento dei fatti di cui questa Commissione si è incaricata, come istituzione del Parlamento italiano. Nel caso in cui il suo ricordo fosse ulteriore rispetto a quanto già di importante ci ha detto, ci ritenga sempre pronti a raccogliere le sue dichiarazioni, anche rispetto a qualche sopravvenienza, della quale oggi potrebbe non avere avuto memoria, di questi lunghi anni nei quali certamente la dietrologia deve essere cacciata indietro, ma tante volte, come dice qualcuno, a pensare male si fa peccato, ma ci si azzecca. Grazie, dottor Loche.

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