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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale del dottor Sandro Curzi, al quale rivolgiamo il nostro ringraziamento, insieme alle scuse per il ritardo dovuto ad una convergenza di ragioni, il protrarsi delle audizioni e, ancor prima, l'ora tarda in cui abbiamo atteso alle votazioni alla Camera.
Il dottor Curzi è sentito come testimone non per una scelta ma perché l'atto istitutivo di questa Commissione d'inchiesta, a differenza delle altre Commissioni parlamentari, nonostante consenta la convocazione attraverso le forme dell'audizione, impone l'osservanza delle norme del codice penale e, in particolare, dell'articolo 372 che prevede, com'è noto, l'applicazione di sanzioni penali per testimonianza falsa o reticente. L'avvertimento ovviamente
è soltanto formale, conoscendo la correttezza, la deontologia e la moralità di Sandro Curzi.
Dottor Curzi, come lei sa, noi ci interessiamo della vicenda legata all'uccisione di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin, dopo dieci anni (proprio il 20 marzo prossimo ricorre il decennale di questa tragedia) e dopo che varie inchieste giudiziarie se ne sono interessate, alcune delle quali sono ancora in atto, anche se ci pare di capire che sono piuttosto dormienti. Compito della Commissione è quello di tentare di ricostruire la dinamica dei fatti e di individuare le responsabilità ed eventuali anomalie nella conduzione delle inchieste a tutti i livelli istituzionali.
A noi interessa la voce della RAI, anche perché, proprio nell'audizione che abbiamo testé terminato del senatore Calvi, ci è stata presentata una sorta di spaccatura all'interno della RAI tra il giornalismo e la dirigenza, nel senso che da parte del giornalismo ci furono grande attenzione, tensione, volontà di fare chiarezza, sostegno - anche se poi le rivolgerò domande che vanno in direzione opposta -, mentre vi sarebbe stato una sorta di ostruzionismo a livello della dirigenza. Mi consenta di dire con la mia consueta chiarezza che anche dagli atti del processo risulta qualche disarmonia tra i due settori della RAI.
Lei che ha grande capacità di sintesi, ritiene che questa sia un'immagine non corrispondente alla realtà o che abbia un fondamento di verità?
SANDRO CURZI. Presidente, io penso che abbia un fondamento di verità. Io non ero più nella RAI ed ero uscito proprio per una situazione che consideravo un po' da «azzeccagarbugli», con un consiglio di amministrazione subentrato che non conosceva bene le storie e le vicende della RAI, era molto lontano dalla vita dell'azienda, tant'è vero che molti di loro dicevano addirittura di preferire la musica classica. Io ricordo di aver osservato più volte «Allora, perché fate i consiglieri d'amministrazione della RAI?», perché oltre alla musica classica bisogna fare altre cose di notevole importanza. C'era una sottovalutazione notevole dell'informazione, mi sembrava un consiglio d'amministrazione più attento a certi aspetti esteriori e meno all'informazione, tant'è vero che fu il momento del cambiamento dei tre direttori dei telegiornali: Vespa andò via dal TG1, io dal TG3 e Volpe dal TG2, perché si diceva che l'informazione doveva essere più dolce, più soft; le punte estreme come quella del TG3 o del TG1 non andavano troppo bene per il nuovo corso.
Non seguii bene tutte le vicende ma quella di Ilaria e Hrovatin che erano amici personali mi colpì molto.
PRESIDENTE. Ma questa spaccatura era vera, secondo lei?
SANDRO CURZI. C'era un certo atteggiamento nei confronti dell'informazione. Secondo me, per esempio, il viaggio di Ilaria Alpi non fu visto bene dalla dirigenza, fu un po' forzato.
PRESIDENTE. Perché non fu visto bene? Si sapeva di che cosa di trattava?
SANDRO CURZI. Si trattava sempre di creare problemi nuovi. Si sapeva che le truppe si stavano ritirando dalla Somalia e lei mi parlò, qualche giorno prima di partire, dell'interesse che aveva.
PRESIDENTE. Che interesse aveva Ilaria Alpi?
SANDRO CURZI. Ilaria Alpi non era una cronista qualsiasi; il suo interesse non era soltanto quello di andare a vedere il ritiro delle truppe e quello che accadeva.
PRESIDENTE. Forse era l'ultimo dei suoi pensieri.
SANDRO CURZI. Assolutamente l'ultimo dei suoi pensieri. Per questo mi telefonò prima e mi disse «Sono riuscita ad ottenere di tornare un'altra volta.» La scusa era il ritiro delle truppe.
PRESIDENTE. L'altra volta che cosa aveva accertato?
SANDRO CURZI. Lei stava lavorando da tempo sulla cooperazione e lo sviluppo. Si interessava molto di quello che stava avvenendo. Tenga conto che anche un nostro collega del TG3 era stato in Somalia per alcuni mesi per tenere un corso nel quadro della cooperazione e sviluppo, nell'ambito del quale c'erano delle iniziative di educazione. Lui insegnava all'università e teneva corsi per i somali, tanto che ebbe un distacco di alcuni mesi dalla RAI. Eravamo tutti un po' interessati.
PRESIDENTE. Che cosa le raccontò Ilaria della precedente esperienza?
SANDRO CURZI. Era convinta che ci fossero delle cose molto importanti.
PRESIDENTE. Quindi tornava per il problema della cooperazione?
SANDRO CURZI. Sì, dentro di sé e ne ha anche parlato con me. Probabilmente non lo aveva detto al nuovo direttore.
PRESIDENTE. Quindi è una circostanza di fatto che Ilaria Alpi abbia riferito a Sandro Curzi che la volta precedente si era recata in Somalia ed era stata attratta dalla sua curiosità e attenzione per la cooperazione per il modo in cui veniva gestita in Somalia?
PRESIDENTE. E che questa era la ragione per la quale voleva tornare in Somalia, al di là della partenza delle truppe.
SANDRO CURZI. Esattamente. Aveva la sensazione che ci fossero delle questioni ed era molto indecisa se vi fosse un collegamento tra il traffico di armi e la cooperazione. Parlava di una sorta di intreccio tra tutte queste cose. Quindi anche il tentativo fatto in quell'intervista famosa era in quella direzione e non riguardava certamente il ritiro delle truppe.
PRESIDENTE. Vorrei fare un volo in avanti chiedendole se lei sia a conoscenza di una circostanza che mi ha interessato, anche se dovrei essere impassibile ed equanime: bisognava fare, prima per RAITRE e poi RAIDUE, un servizio sulla morte di Ilaria Alpi che partiva dalla riproduzione delle immagini che la vedevano ancora respirare, subito dopo essere stata attinta, per poi documentare un po' tutto, l'intervista al sultano di Bosaso e via dicendo. Le risulta - perché lo sa personalmente o perché qualcuno glielo ha detto - che questo servizio sia stato fortemente boicottato dalla RAI?
SANDRO CURZI. No, questo non mi risulta personalmente, perché in quel periodo...
PRESIDENTE. Che poi sarebbe stato mandato in onda da Minoli, credo con RAIDUE in ultima serata forse un 20 marzo per celebrare l'uccisione di Ilaria Alpi. Non le risulta questo?
SANDRO CURZI. Non l'ho seguito bene.
PRESIDENTE. Torniamo a quello che stava dicendo.
SANDRO CURZI. Insisto sul fatto che, secondo me, in tutta l'inchiesta - lo ha detto lei, signor presidente - ci sono cose che mai si sono volute approfondire seriamente. Tutti noi pensavamo che ci fossero dei documenti che non sono mai... certamente negli appunti di Ilaria Alpi c'erano delle cose che non si sono più trovate. Dal modo in cui lei mi ha parlato l'ultima volta, mi sembrava chiaramente che avesse una traccia. Come dicevo, era una giornalista del tutto particolare, lavorava sempre con degli schemi molto matematici, era poco cronista in questo senso, ma molto piena di attenzione e di analisi per quello che accadeva. Quindi,
sicuramente aveva con lei degli appunti. Il fatto che non si siano trovati appunti importanti - le cose rese pubbliche sono di scarso interesse - ...
PRESIDENTE. Alla RAI fu trovato un appunto.
SANDRO CURZI. L'ho sentito, come ho sentito della scomparsa di alcune cose. Quel viaggio di ritorno è stato molto strano.
PRESIDENTE. Lei conosce Massimo Loche?
PRESIDENTE. Avete parlato mai della vicenda di Ilaria Alpi?
SANDRO CURZI. No. Stranamente non ne abbiamo mai parlato. Poi è partito per l'America e comunque non avevamo un rapporto di estrema confidenza.
PRESIDENTE. Lei ha mai saputo della telefonata che Ilaria Alpi ha fatto - che l'abbia fatta è certo, il contenuto deve essere stabilito -, poco prima che venisse uccisa, a Massimo Loche, forse in presenza anche di Fabio Fusi, in cui preannunciava che stava partendo e che sarebbe arrivato un servizio molto importante, di cui non dava indicazioni quanto al contenuto perché ci sarebbe stato un pericolo per la sua sicurezza, laddove lo avesse svelato?
SANDRO CURZI. Di questa telefonata non so nulla. Non so se sia stato interrogato Giubilo, il direttore di allora.
PRESIDENTE. No, non lo abbiamo sentito.
SANDRO CURZI. Una telefonata così in redazione non si tiene segreta, in genere.
PRESIDENTE. A proposito di segretezza, quando un redattore va all'estero a fare un servizio come ha fatto Ilaria Alpi... c'era la copertura dei militari italiani che tornavano in Italia e lasciavano la Somalia, ma il capo redazione - non conosco bene gli organigrammi e le tecniche - non viene messo a parte di quello che un giornalista vuole fare? Se un giornalista, come Ilaria Alpi, ha intenzione di prendere lo spunto da un incarico per fare altro tipo di indagini, come quelle alla quale lei ha fatto riferimento, lo confida, lo comunica al suo capo redazione? È possibile che in RAI nessuno sappia niente di questo interesse che oggi ci viene per la prima volta testimoniato da lei?
SANDRO CURZI. Anche io mi sono interrogato spesso su questo, non riuscendo a dare una risposta.
PRESIDENTE. Lei, come direttore del TG3, se un suo collaboratore...
SANDRO CURZI. Gli avrei tagliato la testa se non mi avesse informato in tempo di quello che faceva. Però il rapporto in quel momento al TG3 era un po' particolare, senza sopravvalutare in nessun modo la mia uscita. Era un periodo strano, di passaggio. Infatti Andrea Giubilo era stato nominato direttore dopo insistenze. Io lasciando ho detto «Se proprio volete decapitare... magari metteteci uno bravo», uno come Andrea Giubilo - che è stato con me di un'onestà notevole - sufficientemente democristiano moderato per essere accettato in questa fase politica, però garantisce certamente una buona fattura del giornale. Però, Andrea Giubilo non aveva un'esperienza di questo tipo. Penso che Ilaria non si sia confidata molto con i suoi dirigenti.
PRESIDENTE. Da quello che capiamo, sembra che non sapesse niente nessuno. È possibile che io preannunci un servizio dicendo...
SANDRO CURZI. Questo mi pare strano.
PRESIDENTE. Preannuncio un servizio e non dico di che cosa si tratta? E il menabò? È possibile che non si sappia assolutamente nulla? Anche perché poi - mi rimetto alla sua esperienza - se tu stai in Somalia, a Mogadiscio, e hai un albergo con l'antenna, che ci vuole a trasmettere il servizio? Il fatto di dire «Non posso parlare, perché fra due ore va in onda il servizio, del quale non posso parlare perché c'è un problema di sicurezza»... quando attaccando la spina dall'albergo, il servizio parte.
SANDRO CURZI. Non ci credo. Posso dirle presidente che a questa cosa credo poco.
PRESIDENTE. Meno male che qualcuno parla chiaro!
SANDRO CURZI. E penso che Ilaria Alpi, se aveva del materiale, non lo avrebbe trasmesso da Mogadiscio; non lo avrebbe trasmesso per il telegiornale della sera, ma sarebbe prima rientrata in Italia, avrebbe montato un buon servizio, prese le cautele del caso. Era una donna con grandi attenzione, capacità ed intelligenza e già il fatto che abbia parlato al telefono... Non credo molto alla telefonata in quei termini, perché una come Ilaria Alpi non avrebbe detto al telefono «Ho del materiale...se non chissà che succede». Anche io l'ho sentita raccontare così, ma mi sembra assolutamente strana. Ilaria Alpi era riservatissima; quando mi ha parlato di questa cosa nell'ultima telefonata era di un'attenzione straordinaria «Vado per quegli affari e tu capisci benissimo che sono gli unici che mi interessano perché voglio capire fino in fondo a che punto siamo arrivati». Certamente non era una che poi arrivava lì, faceva il «servizietto» e lo mandava facendo una telefonata così strana.
PRESIDENTE. Ilaria Alpi va in Somalia perché i soldati italiani tornano a casa e trova grande difficoltà ad avere con sé un operatore, nel senso che non glielo danno, o meglio, gli operatori presenti non vogliono partire e quindi lei, ricordando la conoscenza di Hrovatin nella precedente missione che aveva fatto in Iugoslavia, lo interpella e Hrovatin accetta. Avere interpellato vari operatori e averne raccolto il rifiuto, significa, secondo la logica - tutto può essere illogico e magari più vero della logica -, che Ilaria Alpi non può non aver detto che cosa andava a fare? Questo per capire se in RAI ci sia qualcuno che non ci dice quello che sa.
SANDRO CURZI. Secondo me no, perché questo dimostra che in RAI non c'era interesse per questo servizio ed era Ilaria che voleva andare, tant'è vero che, per quanto disastrata in quel momento la RAI, un direttore generale ordina e uno degli operatori è obbligato ad andare.
PRESIDENTE. Non c'era interesse per questioni politiche o perché era un momento di sbandamento? Era il 20 marzo 1994 e il 27 marzo si sarebbe votato, con la corazzata che poi...
SANDRO CURZI. C'era il seguito di tangentopoli; c'era un clima...
PRESIDENTE. Il 27 marzo vince Berlusconi.
SANDRO CURZI. Esattamente. Era il periodo della cosiddetta «macchina da guerra» che poi non si è realizzata. In RAI c'era un clima di attesa, come sempre, come in questo momento.
PRESIDENTE. Mi ha restituito la battuta.
SANDRO CURZI. In questo momento c'è un clima di attesa: si stanno aspettando cose nuove. Allora era proprio così e non a caso alcuni uscirono quel giorno o pochi giorni dopo fasciandosi con la bandiera e passando da una parte all'altra con una rapidità sorprendente. Era un momento molto particolare della vita della RAI. Certamente a nessuno interessava questo servizio. Interessava molto, invece, ad Ilaria approfittare di questa situazione, di
una libertà particolare, di un momento in cui non c'era grande attenzione e dire «Mi offro e insisto per andare, non obbligata, ma volontaria a fare un servizio importante». «Va bene, vai», però il fatto che nessun operatore volesse andare era la dimostrazione che non c'era un grande interesse.
PRESIDENTE. Non c'era un motivo di paura.
SANDRO CURZI. Erano andati altri operatori in zone più pericolose.
PRESIDENTE. Ilaria Alpi le ha mai parlato del sultano di Bosaso?
SANDRO CURZI. No. Mi aveva detto che aveva questo contatto che era molto interessante, però non avevo approfondito. Le avevo solo raccomandato, se avesse fatto delle scoperte e fosse andata in quella direzione, di ricordarsi che io stavo a Telemontecarlo senza nessuno e senza mezzi e quindi di darmi qualche notizia.
PRESIDENTE. Le ha parlato mai di Giancarlo Marocchino?
SANDRO CURZI. No, non ci siamo mai soffermati. Può darsi anche che lei mi abbia fatto qualche accenno, ma è passato molto tempo. Però, ripeto, era una persona che difficilmente faceva nomi. Era molto riservata.
GIULIO SCHMIDT. Mi permetta di chiamarla direttore.
PRESIDENTE. Io non vedevo il TG3, ma quando c'era Sandro Curzi lo vedevo tutte le sere.
PIETRO CANNELLA. Era Telekabul.
PRESIDENTE. No, non era Telekabul. I corsivi di Curzi li ricordiamo tutti.
GIULIO SCHMIDT. Direttore, il maresciallo Aloi, nel suo memoriale, afferma di avere assistito allo stupro di una donna somala alla presenza di Ilaria Alpi, che fotografò questo fatto. Per le conoscenze che lei ha delle caratteristiche professionali di Ilaria, è mai possibile che non fece assolutamente nulla e non riferì di questo fatto?
SANDRO CURZI. Non ci crederei neanche se fossi stato presente. Ve lo dico con grande sincerità. Era una ragazza straordinaria e di una dolcezza e un amore straordinari verso le donne di quel mondo. Io l'ho assunta in RAI per un puro caso: a quell'epoca - e credo anche adesso - c'era una lottizzazione ed io ho trovato Ilaria Alpi che faceva un lavoro precario a Televideo e si presentava alla porta del mio ufficio perché voleva parlarmi; un giorno l'ho ricevuta e contemporaneamente ho avuto una telefonata di Spadolini, ma la politica non c'entrava niente: Spadolini era Presidente del Senato ma in quel caso usufruiva di un urologo che era il papà di Ilaria Alpi. Mi chiese quindi di parlare con la ragazza, che era innamorata del TG3 ma non aveva contatti politici sufficienti. Io gli dissi che l'avevo ricevuta il giorno prima e che mi aveva fatto una grande impressione, intanto perché sapeva l'arabo e poi perché aveva una conoscenza di questi paesi. Mi disse che voleva andare in Algeria, paese che io conoscevo bene per cui la feci parlare molto per cercare di capire e vidi che aveva una conoscenza straordinaria di situazioni e così via. Tutto il tempo che è stata con me mi ha parlato di quei popoli e soprattutto delle donne, della condizione della donna e a volte si emozionava. Quindi, pensare che lei fotografa uno stupro, mi pare proprio un'infamia.
GIULIO SCHMIDT. Nel momento in cui è avvenuto l'attentato, erano tra le 5 le 5.30.
PRESIDENTE. Diciamo le 17-17.30.
GIULIO SCHMIDT. Ilaria era in ritardo sull'invio del servizio oppure no?
SANDRO CURZI. Se era un servizio per il telegiornale delle 19 era già tardi, a meno che non fosse un piccolo servizio di notizie. Tant'è vero che io ho sempre pensato che lei avrebbe trasmesso un piccolo servizio di notizie e non certo l'intervista al sultano e le cose seguenti. Siccome doveva rientrare, qualsiasi giornalista con conoscenza dei problemi televisivi non avrebbe mai mandato un servizio importante per bruciarlo in questo modo, anche perché, stando a Roma, avrebbe potuto difendere il servizio e impedire tagli, mentre mandandolo da fuori si è nelle mani di chi comanda.
GIULIO SCHMIDT. E per quale motivo annunciò l'invio del servizio, secondo lei?
SANDRO CURZI. Secondo me non ha annunciato mai l'invio di un servizio di quel tipo. Probabilmente ha detto che avrebbe trasmesso quello che trasmetteva quasi tutte le sere, una cosa normalissima. Certamente lei non pensava... almeno questa è la mia impressione, conoscendo anche i metodi di lavoro, so che non si manda un servizio alle 17-17.30 - ora in cui è avvenuto l'omicidio - al massimo si manda un flash.
GIULIO SCHMIDT. Questo è molto interessante. Secondo lei, un operatore professionista che parte per un incarico di questa rilevanza, porta con sé soltanto sei cassette di ripresa (tante ne sono state ritrovate)?
SANDRO CURZI. Assolutamente no. Conoscendo Hrovatin e visti i servizi importanti che aveva fatto anche nell'ex Jugoslavia, so che era molto attento; per questo Ilaria lo voleva, a parte che si fidava di lui che era un uomo coraggioso e poteva proteggerla. Certamente era molto attento e un operatore che parte per un'impresa di quel tipo si carica di più materiale.
GIULIO SCHMIDT. Lei conosceva Hrovatin?
SANDRO CURZI. L'ho incontrato un paio di volte.
GIULIO SCHMIDT. Le risulta che Hrovatin usasse una telecamera professionale, oppure una telecamera amatoriale digitale?
SANDRO CURZI. Non lo so e non l'ho mai saputo. Probabilmente poteva avere anche una sua piccola telecamera, come avviene tante volte soprattutto quando si va all'estero in zone di quel tipo. Non c'è dubbio che avesse la telecamera di servizio.
GIULIO SCHMIDT. Quindi aveva cassette da 22 minuti.
GIULIO SCHMIDT. Se sono sei cassette, si tratta al massimo di 120 minuti circa di ripresa.
Ilaria le ha mai detto di avere una fonte nei servizi?
SANDRO CURZI. No, assolutamente. Ilaria diffidava molto di alcune cose. Per questo è improbabile che al telefono dicesse tante cose. Lei era molto attenta ed io a volte ci scherzavo sopra, dicendo che somigliava - mentre lei era di formazione culturale e ideale molto generica - ad una della Terza Internazionale, perché era sempre molto attenta nel linguaggio, nel parlare e così via.
GIULIO SCHMIDT. Non le raccontò mai di avere incontrato Li Causi a Mogadiscio?
PRESIDENTE. Prego, onorevole Bulgarelli.
MAURO BULGARELLI. Prima di iniziare a rivolgere domande al direttore, dico ai colleghi della maggioranza che, se
vogliono, posso fare loro da mediatore culturale sulla Terza Internazionale, spiegando cosa volesse dire il direttore.
Direttore, tu conoscevi Hrovatin e quando parliamo di Miran sappiamo innanzitutto che non era un semplice operatore, perché apparteneva a quel mondo a metà tra il giornalismo e l'operatore: sapeva usare bene la macchina, però in realtà era un vero e proprio giornalista, tant'è che molte delle inchieste fatte nell'ex Jugoslavia le aveva fatte da solo, aveva fatto tutto lui ed erano degli ottimi servizi.
Ho un grande tarlo: manca un anello. Tu hai parlato con Ilaria nel 1993, quando andò la prima volta e poi quando è tornata nel 1994, poco prima che partisse.
SANDRO CURZI. Una rapida telefonata in cui mi disse che era contenta.
MAURO BULGARELLI. A metà di questo, ci sono Ilaria e Miran che vanno insieme nel Balcani e fanno un sevizio. Io mi sono fatto la convinzione, forse errata, che Ilaria fece di tutto perché Iran andasse con lei in Somalia, non so se perché era legato alla stessa indagine sul campo che poteva essere sul traffico d'armi (Somalia e poi Balcani) legato anche alla cooperazione, perché sappiamo che la Shifco è andata anche nel porto di Trieste, probabilmente. Pare che Ilaria abbia fatto di tutto per portarsi dietro Hrovatin, perché, come dici giustamente tu, non è molto credibile che gli altri operatori Rai avessero paura di andare in Somalia, quando sono andati in zone anche più difficili, al di là di quello che è accaduto.
Ti ha mai parlato delle riprese fatte con Miran nei Balcani? Lo chiedo anche perché pare che Miran si fosse portato dietro in Somalia quattro cassette del girato nei Balcani, come se utilizzassero anche quel tempo per montare qualcos'altro o per vedere delle immagini e riuscire poi, chissà, a dare un prodotto forse più completo.
SANDRO CURZI. No, senza fare avventure, perché queste sono cose molte delicate... Certamente Ilaria era molto contenta che gli altri avessero rifiutato, perché poteva insistere per avere Hrovatin, con il quale aveva lavorato molto bene in Iugoslavia. Hrovatin è davvero un personaggio particolare: è un operatore, ma, come sta avvenendo ormai in molti casi, la distinzione tra giornalista e operatore diventa sempre più difficile. Credo che un buon operatore di televisione sia un buon giornalista e che Hrovatin fosse di questo tipo. Poi, da alcune notizie che ho avuto dopo, perché mi sono informato su di lui, ho saputo, ad esempio, che era persona molto stimata anche a Trieste, nella Slovenia; il suo lavoro era apprezzato e molto conosciuto. Probabilmente, l'idea che aveva Ilaria già dal primo viaggio in Somalia e dopo il passaggio nella ex Iugoslavia era quella di un collegamento nel traffico. Lei in testa ce l'aveva il rovello del traffico d'armi ed è possibile che in questo l'abbiano aiutata certe conoscenze avute e certe cose viste in Iugoslavia. Non bisognava essere dei cronisti particolari, bastava andare a vedere alcuni depositi di armi, visti da me, per esempio, in Slovenia subito dopo i primi movimenti di disgregazione dell'ex Iugoslavia per rendersi conto che c'era un giro di armi di tutti i tipi e di tutte le provenienze. La Slovenia, per esempio, era piena di armi di assai dubbia origine, c'era una situazione straordinaria. Quindi, probabilmente l'interesse per un collegamento tra alcune cose sentite o captate in Somalia la prima volta e questa situazione c'era.
Mi pare un po' strano che Hrovatin si sia portato appresso le cassette, perché che bisogno c'era? Poteva lasciarle e, quando fosse tornato con le altre, fare i montaggi. A meno che non gli servissero per dimostrare a qualcuno di aver in mano delle cose.
MAURO BULGARELLI. La ringrazio.
PRESIDENTE. La parola all'onorevole Deiana.
ELETTRA DEIANA. Vorrei saper dal direttore quanti giornalisti RAI fossero presenti in Somalia in occasione del ritiro delle truppe.
SANDRO CURZI. Credo che due o tre ce ne fossero. Adesso non ricordo. Mi pare che il TG1 avesse un servizio diverso da quello della Alpi, ma non ricordo. Comunque, per questo basta consultare i fogli delle partenze della RAI. Ripeto che in quei giorni la vicenda non era seguita con un'attenzione particolare; era seguita solo sul piano della cronaca pura. Credo che molti dei giornalisti siano addirittura rimasti sulle navi italiane, che non siano neanche scesi a terra.
ELETTRA DEIANA. Vorrei anche sapere se le risulti che Ilaria Alpi nei giorni precedenti l'assassinio abbia trasmesso o fatto pervenire dei servizi.
SANDRO CURZI. No, perché lei aveva preso quei giorni per il viaggio: ora non ricordo quanti fossero, perché la seguivo soltanto dall'esterno; come direttore di Telemontecarlo guardavo tutta la RAI, ma con distacco. Comunque, lei aveva preso un periodo di alcuni giorni di viaggio e non ha trasmesso niente quando è andata...
ELETTRA DEIANA. Quattro giorni a Bosaso.
SANDRO CURZI. Esattamente, e da lì non ha trasmesso niente. Per il resto dei servizi si era limitata a servizi di cronaca più o meno uguali agli altri, addirittura mettendoci un po' meno del suo solito livello di attenzione particolare, quasi come - io pensavo - avesse del materiale più interessante, che però non voleva trasmettere quella sera da Mogadiscio, per riportarlo, invece, in Italia e lavorarci su.
PRESIDENTE. A lei la parola, onorevole Cannella.
PIETRO CANNELLA. Era una scelta volontaria della Alpi quella di andare in giro senza scorta? Un giornalista che va in zona d'operazioni normalmente si pone sotto la protezione del contingente e va in giro scortato; era una scelta professionale precisa quella di non avvalersi del contingente per aver libertà di movimento?
SANDRO CURZI. Penso di sì, soprattutto per il lavoro che lei voleva fare. In genere ci si serve della scorta se si fa soltanto della normale...
PIETRO CANNELLA. Voglio dire che può essere un indicatore del fatto che fosse lì...
SANDRO CURZI. Per guardare più in là della cronaca.
PIETRO CANNELLA. Perfetto, grazie.
CARMEN MOTTA. Direttore, nel corso della sua audizione, l'avvocato Calvi ci ha detto che da parte sua è sicuramente da considerare censurabile il fatto che la dirigenza RAI, venuta in possesso di un foglietto appartenente ad Ilaria Alpi e sul quale erano presumibilmente annotati dei numeri di telefono o, comunque, dei riferimenti molto precisi, non abbia ritenuto di consegnare questo foglietto alla famiglia, se non all'autorità giudiziaria. Questo foglietto, poi, è stato lavato, perché aveva tracce di sangue e la giustificazione è stata che non è stato consegnato alla famiglia per non allarmare i genitori, quasi per un atto di attenzione. Lei la ritiene una giustificazione plausibile o si tratta, a suo giudizio, di una giustificazione qualsiasi per un fatto, come afferma l'avvocato Calvi, quanto meno censurabile?
SANDRO CURZI. Non so cosa abbia detto l'avvocato Calvi, ma in questo caso mi associo: secondo me è molto censurabile questo atteggiamento, che in quei giorni fu un po' particolare, come se tutti volessero rapidamente chiudere la vicenda. Ci fu un'eccessiva fretta...
PRESIDENTE, Questa però è una cosa un po' diversa, dottor Curzi. È una sorta di depistaggio, se mi permette.
SANDRO CURZI. In tal caso sarebbe gravissimo, ma forse ci fu l'ingenuità di non dare importanza; forse i dirigenti della RAI di allora non capirono neanche bene il valore...
PRESIDENTE. Noi italiani siano fatti apposta per trovare una giustificazione a tutto, ma un documento come quello non lo si lava per poi darlo ai giornalisti...
SANDRO CURZI. Ha ragione, presidente; il fatto è io non credo che si possa diventare dirigenti di una azienda importante come la RAI venendo da tutt'altra esperienza, senza conoscenze del mondo giornalistico e via dicendo: credo siano degli errori che si pagano. Probabilmente, poi, lì c'è una disattenzione particolare, perché, se fosse vero che quel documento è stato lavato, sarebbe gravissimo.
CARMEN MOTTA. Ovviamente e per fortuna, casi tragici come quelli di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin non ne erano avvenuti; ma le chiedo, direttore, se abbia memoria, per la sua lunga esperienza in RAI, di fatti non dico uguali, ma analoghi, cioè se sia accaduto che una prova così importante, così significativa sia stata dimenticata o sia stata oggetto di un fatto così censurabile.
SANDRO CURZI. No. Nella mia esperienza assolutamente no. Naturalmente, bisogna considerare che allora la RAI stava vivendo un momento di passaggio molto delicato e alcuni dei dirigenti classici, quelli che avrebbero saputo tenere in pugno una situazione così complessa, erano un po' accantonati. Penso, ad esempio, che un personaggio come Biagio Agnes certamente si sarebbe comportato in modo diverso, proprio per conoscenza dell'azienda, delle responsabilità e così via.
Inoltre, come credo voi sappiate meglio di me, in RAI per un lungo periodo - non so se sia tuttora in vigore - c'era da parte dei direttori una responsabilità particolare verso le Forze armate italiane e verso gli alleati dell'Italia. Quando uno veniva nominato direttore di un telegiornale, firmava una specie di impegno di sicurezza: questo era nella storia della RAI. Non so se negli ultimi anni sia cambiato, ma c'era un ufficio di sicurezza interno, che dipendeva dai servizi, e questi dovrebbero sapere... Non ho capito perché in quel momento non sono scattate...
PRESIDENTE. Ci spieghi questa cosa,
CARMEN DEIANA. Perché non è nota.
SANDRO CURZI. Non è nota? Quando sono stato nominato direttore, nel 1987, fui chiamato in un ufficio RAI, dove mi fu dato un documento riservato, da aprirsi solo in determinate occasioni, e mi impegnai, sul mio onore e così via, a rispettare la nostra Repubblica, eccetera, eccetera e gli alleati del nostro paese, la NATO. Tanto è vero che durante la prima guerra del Golfo io ebbi dei problemi in questo senso quando ci addentrammo nel deserto e facemmo uno speciale sull'uso di armi strane nel deserto. Lo facemmo insieme alla BBC inglese, però noi, poi, riuscimmo a filmare quel gruppo di iracheni che si arrendevano direttamente al TG3...
SANDRO CURZI. Ricordo che facemmo dei buoni affari, perché per la prima vendemmo le nostre immagini anche alla televisione americana. Dicevo che facemmo un documento di inchiesta sui carri armati, su quei corpi di iracheni rimasti intatti nonostante il carro armato fosse stato colpito (c'erano solo segni di soffocamento e non si è mai capito, non è mai andata molto avanti l'inchiesta su quale tipo di armi sia stato adoperato) ma fui richiamato più volte, mi fu chiesto da dove avessimo le notizie...
CARMEN MOTTA. Al rispetto dell'ufficio.
SANDRO CURZI. Al rispetto della responsabilità della riservatezza, perché si sarebbero potuti danneggiare, in quel momento,
gli interessi del paese. Però nessun provvedimento fu seguito e ci furono, invece, richieste di carattere politico.
PRESIDENTE. Quindi, può darsi che le reticenze o, se così si può dire, le inerzie di un settore della dirigenza della RAI derivassero dal fatto che la vicenda di Ilaria Alpi avesse dei collegamenti con situazioni coperte da questo tipo di impegno.
SANDRO CURZI. Mi pare perfetta questa osservazione, presidente.
SANDRO CURZI. Soprattutto di chi non conosceva bene tutti i meccanismi; perché i vecchi dirigenti sapevano come muoversi, mentre un dirigente nuovo in una situazione di questo tipo poteva trovarsi in difficoltà.
PRESIDENTE. La parola all'onorevole Lisi.
UGO LISI. Sulla scorta di quanto detto in questi ultimi minuti, poiché abbiamo la preziosa presenza del direttore Curzi, vorrei venissero acquisite tutte le immagini pre e post uccisione di Ilaria Alpi mandate in onda da tutte le reti RAI. Parlo di preziosa presenza del direttore Curzi perché - non so se questo sia avvenuto in altre sedute, per impulso suo o di qualche collega, presidente - penso che quando si parla di reticenza da parte di alcuni dirigenti, quando si parla di blocco da parte di altri, io voglio capire che taglio sia stato dato non dal TG3, ma dalla RAI prima, quando Ilaria inviava i suoi servizi - e già il direttore ci ha dato diversi flash al riguardo, anche se quando è successa la disgrazia era già andato via -, e anche dopo la sua morte. Magari, qualcuno come il direttore Curzi o altri dell'universo RAI di quel periodo potrebbero darci indicazioni precise, perché rappresentano, insieme alle verità processuali, alle audizioni di tanti altri soggetti, alle perizie medico legali dei punti cardine fondamentali per la Commissione. Solo questo desideravo dire, senza rivolgere alcuna domanda al direttore.
PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, ringrazio veramente con grande convinzione il dottor Curzi. Egli forse non sa che noi stiamo mettendo insieme una serie di frammenti ed è pregio della Commissione fare quello che altri non hanno fatto per dieci anni.
Questa è una Commissione che lavora all'unisono, al di là delle appartenenze partitiche, soltanto per conoscere la verità; lei non conosce i frammenti, ma io le posso dire - e il tempo lo dimostrerà - che ci ha fornito oggi elementi che per noi sono di grandissima importanza e che, fino a questo momento, nessuno aveva avuto il coraggio di rassegnare a questa Commissione.
SANDRO CURZI. La ringrazio, presidente.
PRESIDENTE. Dichiaro concluso l'esame testimoniale del dottor Sandro Curzi.
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