Back Forward

Seduta del 9/3/2004


Pag. 3


...
Audizione del senatore avvocato Guido Calvi.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del senatore avvocato Guido Calvi - che ringrazio per la sua presenza - più volte evocato nel corso delle nostre sedute. Al senatore Calvi ricordo che, diversamente da quanto accade per le altre Commissioni, i nostri lavori sono regolati da una delibera istitutiva che prevede, anche in caso di audizione (formula utilizzata per avere la presenza del senatore Calvi), che siano operative le disposizioni del codice penale, in particolare quelle dell'articolo 372 sulla testimonianza falsa o reticente: ovviamente, si tratta di un'indicazione che do soltanto per ragioni di forma (specialmente in un caso come questo) e non di sostanza. Senatore Calvi, la prego innanzi tutto di declinare le sue generalità.

GUIDO CALVI. Mi chiamo Guido Calvi, sono nato a Pescara il 17 luglio 1940, di professione professore universitario ed avvocato, attualmente senatore della Repubblica.

PRESIDENTE. Senatore Calvi, a noi risulta dagli atti in nostro possesso che lei ha assistito la famiglia di Ilaria Alpi nel corso delle indagini preliminari e nel processo di primo grado. Innanzi tutto, le chiedo se lei ha seguito tutto il corso delle indagini preliminari o soltanto una parte delle stesse.

GUIDO CALVI. Soltanto una parte, in quanto fui nominato non immediatamente ma qualche tempo dopo - ora non ricordo con esattezza - il ritorno in Italia dei corpi dei due giornalisti e l'inizio dell'istruttoria.

PRESIDENTE. Trovò un suo collega che l'aveva preceduta nello svolgimento dell'attività professionale?

GUIDO CALVI. No.

PRESIDENTE. Rappresentava soltanto i genitori o anche altri parenti?

GUIDO CALVI. No, soltanto i genitori.

PRESIDENTE. Lei ha già evocato, dando questa prima risposta, la vicenda relativa al trasporto della salma di Ilaria Alpi a Roma. Certamente, sa meglio di chiunque altro che quel momento fu caratterizzato da una particolarità che avrebbe accompagnato l'intera inchiesta: Ilaria Alpi non fu sottoposta ad autopsia ma soltanto ad ispezione cadaverica. Lei assistette a tale ispezione cadaverica?


Pag. 4

GUIDO CALVI. No, fui nominato difensore dopo l'inumazione e, naturalmente, giudicai questo un fatto di gravità straordinaria in quanto si posero immediatamente due problemi. Innanzi tutto, eravamo di fronte alla mancanza di un atto che individuasse le cause della morte (d'altronde, trattandosi di un omicidio, credo che l'autopsia fosse un atto pressoché doveroso) ed era stato omesso al punto che - certamente lo saprete già - il direttore del cimitero sospese l'inumazione e telefonò alla procura; giunse un sostituto con un medico legale. Debbo dire che questo momento segna una svolta abbastanza rilevante nel processo: questa prima visione del cadavere consentiva di fissare un punto, a mio avviso, decisivo per capire quanto carente ed errata fosse quell'istruttoria e quanto sbagliati furono gli indirizzi che seguirono.

PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo. In questa prima fase dell'inchiesta come interlocutore della procura ebbe il dottor De Gasperis?

GUIDO CALVI. Per una piccola parte, il dottor De Gasperis, poi l'inchiesta passò al dottor Pititto e successivamente al dottor Ionta. Vi fu un periodo in cui il procuratore della Repubblica ritenne di governare il processo insieme ad altri. Per essere più precisi, nominò il dottor Pititto insieme al dottor De Gasperis, anche perché io avevo fortemente protestato per l'inerzia del dottor De Gasperis: c'era una vera e propria inerzia, non si svolgevano indagini, andavo costantemente a presentare istanze e a fare richieste istruttorie ma praticamente non si era fatto assolutamente nulla. Andai dal procuratore, protestai, feci tutto quello che un difensore deve fare e ...

PRESIDENTE. Chi era il procuratore all'epoca? Era il dottor Coiro?

GUIDO CALVI. Era il dottor Vecchione.

PRESIDENTE. Dunque, quando lei è entrato nel processo, già vi era il dottor Vecchione.

GUIDO CALVI. Sì.

PRESIDENTE. Lei non fece mai una rimostranza in ordine al gravissimo episodio dell'autopsia?

GUIDO CALVI. La rimostranza fu fatta in modo molto forte, sotto due punti di vista: il primo era l'insufficienza delle indagini condotte dal primo sostituto; in secondo luogo, l'enorme errore che era stato commesso rendeva assolutamente necessaria la riesumazione del cadavere, cosa che ottenni alla fine, dopo lunghe battaglie.

PRESIDENTE. Quindi vi fu una sua richiesta per ottenere l'autopsia?

GUIDO CALVI. Sì, una richiesta molto forte ed insistente.

PRESIDENTE. La fece a De Gasperis o a Pititto?

GUIDO CALVI. La richiesta dell'autopsia è stata sempre fatta, fin dall'inizio. Se mi consente, presidente, vorrei spiegare brevemente quale fu il problema del processo. Il procedimento si è articolato su due binari.
Da un lato vi è stata un'indagine relativa alle motivazioni dell'omicidio; il nostro convincimento era che Ilaria Alpi fosse stata uccisa in ragione della sua attività professionale: il fatto che Ilaria avesse compiuto una serie di interviste, che alcune cassette fossero scomparse e che vi fosse una serie di episodi abbastanza inquietanti - che voi conoscete - induceva a pensare che Ilaria avesse compiuto atti di natura professionale (interviste, indagini), avesse capito qualche cosa e che ciò fosse all'origine dell'omicidio.
Questo tipo di indagine era di difficile perseguimento perché nessuno di noi poteva andare in Somalia e non eravamo in grado di governare questo aspetto. C'era, poi, un punto ancor più delicato, sul quale soprattutto si è concentrata la mia attività professionale: l'azione omicidiaria. Il problema era stabilire se il colpo fosse stato


Pag. 5

esploso da un'arma a canna corta e da posizione ravvicinata oppure da un'arma a canna lunga e da posizione più distante. All'inizio, il problema sembrava risolto in quanto la visione del cadavere che fu fatta nell'immediatezza del fatto aveva indotto il medico a stabilire, in quanto aveva visto una bruciatura sulla testa di Ilaria Alpi, che indubbiamente si trattasse di un colpo sparato addirittura a contatto. Ciò comportava una serie di conseguenze circa l'individuazione del responsabile. Io sono convinto - almeno, lo sono stato fino a quando ho condotto il processo - che questa fosse la verità, ovvero che il colpo fosse stato esploso pressoché a contatto.

PRESIDENTE. Lei aveva un consulente di parte?

GUIDO CALVI. Sì, avevo due consulenti di parte: il professor Merli ed il professor Ugolini. Spero che voi abbiate agli atti - comunque potete acquisirle - una serie di analisi fatte dai nostri consulenti che non ponevano alcun dubbio sul fatto che il colpo fosse stato esploso da distanza molto ravvicinata.
Vi era un altro elemento: per il Hrovatin - che, siccome fu cremato, fu sottoposto ad autopsia e ad un'analisi della possibile arma - si stabilì che ad averlo colpito era stata un'arma a canna lunga, probabilmente un kalashnikov. Certamente, questo non poteva essere avvenuto per Ilaria Alpi, per il semplice fatto che - lo vidi di persona, perché partecipai al terribile atto della riesumazione del cadavere - il colpo di entrata era netto. Se si fosse trattato di un colpo di kalashnikov, sarebbe stato devastante, mentre non vi era assolutamente nulla che facesse pensare a questo. Il mio convincimento era che il colpo fosse stato sicuramente esploso da una pistola, non certo da un kalashnikov e soprattutto non da lontano, bensì da distanza ravvicinata.

PRESIDENTE. Il proiettile lei lo ha visto? I suoi consulenti lo hanno visto?

GUIDO CALVI. Sì, hanno visto tutto: sia il professor Merli sia il professor Ugolini, sia il sottoscritto, abbiamo partecipato a tutte le sedute della perizia disposta dal pubblico ministero dopo la riesumazione. Questo era decisivo per il semplice fatto che, nel momento in cui fu imputato Hashi Omar Assan, il teste che lo aveva riconosciuto era l'autista. Ora, dato che la sentenza è passata in giudicato, non affermo nulla di straordinario se rivelo quale fosse il mio pensiero: la mia opinione era che, essendo stato sparato il colpo addirittura a contatto, non poteva essere che una persona che era nell'auto o che si fosse infilata nell'auto.
Tutta la vicenda dell'arresto di Hashi Omar Assan mi apparve abbastanza inattendibile. Dico subito che la sentenza di primo grado espresse in modo convincente tutta la mia arringa e la mia tesi; la mia tesi, dunque, è tutta raccolta nella sentenza di primo grado; mi riconosco nella sentenza di primo grado. Poi, presidente, non ho più seguito il processo e non posso dare giudizi sulla sentenza di appello.

PRESIDENTE. Se mi consente, senatore, vorrei che rimanessimo sulla questione delle indagini. L'esito della consulenza tecnica effettuata dopo la riesumazione del cadavere di Ilaria Alpi fu diverso da quello che era stato rassegnato in conseguenza dell'ispezione cadaverica ad opera del dottor Sacchetti.

GUIDO CALVI. Signor presidente, dal momento in cui il dottor Sacchetti fece la sua breve relazione fino all'ultima perizia, credo che vi siano state cinque consulenze, fatte da gruppi di professori composti, ogni volta, da sette, otto consulenti o periti. Dunque, il processo si è concentrato sulla perizia, questo è il punto; il processo si è concentrato proprio nello stabilire se il colpo fosse ravvicinato o sparato da lontano; io non ho mai avuto dubbi su questo. Debbo dire, altresì, che non ho sottovalutato affatto l'importanza di accertare le cause dell'omicidio, tuttavia mi sembrava assolutamente importante stabilire - dato che vi era un imputato - se questi potesse essere o meno il colpevole.


Pag. 6

PRESIDENTE. Anche perché, ove fosse stata un'esecuzione, molti altri problemi si sarebbero risolti automaticamente. Ma questa differenza tra il risultato dell'ispezione cadaverica e il risultato delle successive consulenze tecniche - che portano verso l'esplosione di un colpo d'arma da fuoco a canna lunga (precisamente, un kalashnikov di costruzione russa) - lei se l'è mai spiegata? Ha pensato ad intromissioni, ad interferenze o ad erronee valutazioni?

GUIDO CALVI. Presidente, ho trovato assolutamente erronea la valutazione fatta dai periti e, se mi è permesso dirlo, anche un po' fantasiosa: mi riferisco all'ultima valutazione. In sostanza, quando facemmo l'autopsia fu trovato un frammento di metallo. Ovviamente, i nostri consulenti dissero tranquillamente che si trattava di un pezzetto della camicia del proiettile; si trovò, altresì, un frammento di vetro. Non vi è dubbio che nel momento in cui si spara dall'esterno con il kalashnikov e viene colpito Miran Hrovatin, vengono colpiti anche i vetri: questi si frantumano e, dunque, pezzetti di vetro del parabrezza possono essere andati a finire ovunque, anche sulla ferita della povera Ilaria.
Noi abbiamo sempre sostenuto che il colpo era stato sparato da breve distanza: la dinamica dell'azione omicidiaria, a mio avviso, era straordinariamente chiara ma ciò era esattamente all'opposto della ricostruzione effettuata attraverso l'autista - che era divenuto il testimone chiave - il quale affermava di aver visto Hashi Omar Assan all'esterno. Non ho mai creduto a questa versione e mi sono sempre battuto per cercare di capire cosa fosse successo. Non ho mai sostenuto l'accusa nei confronti di Hashi Omar Assan ed ho cercato di capire, attraverso gli interrogatori, nel dibattimento di primo grado - spero che voi li abbiate: sono stati interrogati uomini dei servizi, dell'esercito, giornalisti -, le motivazioni dell'omicidio. In quella sede mi sono convinto che le radici dell'omicidio nascono certamente nell'attività giornalistica di Ilaria Alpi. Il mio timore - lo dico con molta franchezza - era che si trovasse un capro espiatorio, cosa che non volevo assolutamente; lei, presidente, può capire perfettamente questa scelta, in quanto fa l'avvocato come me...

PRESIDENTE. Con minor successo, naturalmente

GUIDO CALVI. Presidente, non lo dica, non mi costringa a farle i complimenti!

PRESIDENTE. Senatore, vorrei sapere la sua opinione sulle ragioni delle consulenze; lei stesso ha detto che si è trattato di consulenze che addirittura rasentavano il ridicolo (o una frase del genere). Al di là degli accertamenti che sono stati fatti, da parte sua o da parte di altri, passare dall'ipotesi di un colpo a contatto a quella di un colpo a distanza sparato da un kalashnikov è una cosa veramente enorme. Lei si è dato una spiegazione? Vorrei conoscere la sua opinione. Io ho parlato di interferenze, di errori ed anche di intenzionalità: qual è la sua opinione?

GUIDO CALVI. La mia opinione è che una volta trovato il possibile responsabile - Hashi Omar Assan - il quadro accusatorio non si è più mosso, tant'è vero che tutta l'attività istruttoria da me svolta tendeva a smontare questo quadro istruttorio (incentrato sulla responsabilità di Hashi Omar Assan). Perché? Perché per dimostrare la colpevolezza di quel povero negro innocente (secondo me) era necessaria una serie di passaggi: uno dei passaggi consisteva nel dimostrare che il colpo era stato sparato dall'esterno. Voi saprete certamente com'è avvenuto l'arresto di quel signore: il viaggio in aereo, la testimonianza dell'autista e così via. Sono modalità davvero sconcertanti. Anche il fatto che egli, sebbene assolto, sia tornato il giorno della sentenza per essere arrestato delinea un quadro inquietante ...

DOMENICO TUCCILLO. È tornato proprio il giorno della sentenza?

GUIDO CALVI. Sì.


Pag. 7

DOMENICO TUCCILLO. Ci era stato detto che era tornato un mese prima della sentenza.

GUIDO CALVI. È certo che egli fosse lì il giorno della sentenza: secondo me, un colpevole non avrebbe tenuto questo tipo di condotta. Comunque, non entro nel merito di quello che non ho visto e non so. Una cosa è certa: gli elementi di accusa nei suoi confronti mi apparvero straordinariamente insufficienti. E siccome il pubblico ministero aveva chiesto l'ergastolo, io, da avvocato, non avrei mai acconsentito a coadiuvare una richiesta di pena di tal genere per una persona nei cui confronti non avevo certezze, non avevo la certezza della colpevolezza; presidente, non solo non avevo dubbi, ma avevo in quel momento la certezza contraria, proprio perché le perizie e le consulenze che noi abbiamo portato in quel processo conducevano verso una direzione totalmente diversa: il colpo - ne sono convinto - fu esploso da un'arma a canna corta e pressoché a contatto. Se è così, il quadro è totalmente differente: questo era il mio convincimento.

PRESIDENTE. Ma perché questa diversità? Senatore Calvi, insisto con la mia domanda: perché questa diversità? Stabilire se il colpo sia a contatto oppure no è una rilevazione elementare, tanto che noi che siamo del mestiere non abbiamo neanche più bisogno dei consulenti tecnici perché ce lo dicano; allora, vorrei la sua spiegazione in quanto avvocato che ha vissuto la vicenda in maniera così drammatica e, mi consenta di dirlo, anche così nobile, fino al punto di non rassegnare le conclusioni come parte civile, che credo sia un gesto - tra le altre cose - veramente estremo.
A noi interessa conoscere, da una persona che ha vissuto la vicenda in questo modo, con questi sentimenti e con questa dignità, quale spiegazione si sia data. Infatti, i casi sono due: o si è trattato di una grossa cantonata presa dal dottor Sacchetti quando ha fatto la rilevazione cadaverica, oppure, visto che quella rilevazione già c'era, il fatto che tanti consulenti abbiano concluso in maniera diversa, assolutamente diversa, è difficile pensare che possa essere frutto di ignoranza.

GUIDO CALVI. Scusi, presidente, non è esatto dire che la consulenza finale porta a certe conclusioni. Vi sono state cinque perizie: ricordo, ad esempio, la consulenza di Umani Ronchi, di Pierucci, i quali conclusero per lo sparo ravvicinato.

PRESIDENTE. In dibattimento?

GUIDO CALVI. No, nelle indagini preliminari. Vi sono state consulenze del pubblico ministero, le quali avevano accertato e dichiarato che vi era stato - ipotizzarono persino l'uso di una pistola con il silenziatore - un colpo ravvicinato. Quando fu fatta la riesumazione del cadavere, ho partecipato a tutta l'attività svolta.

ELETTRA DEIANA. Queste perizie sono state fatte prima della riesumazione?

GUIDO CALVI. Onorevole, vi sono state perizie anteriori e perizie successive (dovremmo parlare, più tecnicamente, di consulenze) e alla fine vi è stata la perizia dibattimentale. Se non ricordo male, ne ho contate cinque o sei, tutte confliggenti l'una con l'altra. L'ultima - la perizia dibattimentale - a me è apparsa un po' fantasiosa. Perché? Dopo aver visto io stesso il colpo netto sulla fronte con la bruciatura, sentirmi dire che il colpo era partito dall'esterno, aveva colpito il vetro...

PRESIDENTE. Mi scusi, senatore: su che punto della testa?

GUIDO CALVI. Mi sembra che fosse su un lato. Dunque, il colpo parte dall'esterno, colpisce il tergicristallo, prende un pezzettino di vetro, colpisce un pezzo del sedile di metallo e porta tutto questo dentro la ferita: francamente, debbo dire che non ho mai creduto ad una cosa del genere!


Pag. 8

PRESIDENTE. Ha mai sentito parlare di un frammento di stoffa?

GUIDO CALVI. Sì, è stato detto anche che nel colpire il sedile il colpo avrebbe preso il pezzetto di metallo, il pezzetto di stoffa e il pezzetto di vetro; però, siccome ho visto personalmente il foro, non ho dubbi sul fatto che non potesse essere un colpo di kalashnikov, perché sarebbe stato devastante. Invece, il foro era netto e la bruciatura faceva pensare che il colpo era stato ravvicinato, proprio perché aveva determinato tale bruciatura attorno al foro di entrata.
Debbo dire che la sentenza di primo grado accreditò questa versione ma disse anche - il che è altrettanto vero - che tutti gli elementi acquisiti non erano assolutamente sufficienti per accertare la responsabilità di Hashi Omar Assan; peraltro, nessuno lo ha visto sparare, anzi, lo stesso accusatore dice che non ha sparato.
A questo punto, delle due l'una: o questo quadro porta alla premeditazione e, naturalmente, occorre che vi sia un accertamento anteriore ai fatti che portano a individuare la premeditazione e, quindi, le motivazioni del fatto omicidiario; oppure, giunti al punto in cui siamo, anche l'esclusione della premeditazione mi è parsa, francamente, una sorta di accomodamento sulla pena - diciamo così - che forse sembrava eccessiva.
Presidente, mi sono posto due problemi. Purtroppo, la ricostruzione delle motivazioni non dà certezze: esse rimangono un mistero. Tuttavia, il mio convincimento profondo è che l'attività di giornalista di Ilaria fosse stata la causa; vi è la scomparsa delle cassette, vi sono condotte strane, persino del direttore della RAI, che tiene per mesi un foglietto dove c'erano scritti dei numeri, che non si riescono neanche a ricostruire; ha detto che non si voleva far vedere ai genitori questo reperto, perché era sporco di sangue, per cui quel pezzetto di carta è stato lavato: veramente, sono cose poco serie. Se leggete i verbali dell'interrogatorio, potete constatare che sono stato molto duro, molto severo, persino con il rappresentante della RAI. Poi, attorno a queste vicende, come spesso accade - lei, presidente, lo sa certamente meglio di me - c'è una marea di personaggi che generosamente tentano di dare il loro contributo, ma portano magari ad inquinare; ci sono personaggi come, ad esempio, Marocchino, che è da prendere con le molle ma che, comunque, fa delle affermazioni e dice una serie di cose vere: è il primo che giunge sul posto, è il primo che chiama l'esercito. Quindi, nel quadro complessivo, al termine, vi sono servizi segreti reticenti, cose non dette, non rivelate, informazioni che giungevano ma non si traducevano in informazione, la minaccia ricevuta da Ilaria - questo è un altro punto che scoprimmo in udienza -, un documento doppio, artefatto...

PRESIDENTE. Ci può spiegare?

GUIDO CALVI. C'era un documento - che avevamo agli atti - e c'era un secondo documento, dove c'era una frase, che veniva corretta, in qualche modo, sulle minacce ricevute da Ilaria.

PRESIDENTE. Quando? In Somalia?

GUIDO CALVI. Sì, è un comunicato dei servizi. Insomma, tutto questo quadro era inquietante. Infatti, nell'arringa dissi che eravamo di fronte ad una serie di eventi inconfessabili e che, a quel punto, bisognava ricominciare a fare un lavoro serio.

PRESIDENTE. Fu trascritta, fu registrata la sua discussione?

GUIDO CALVI. Non lo so, non ne ho idea; ho cercato i miei appunti, ma non li ho trovati. Non fu un'arringa molto lunga, perché si trattava di concludere in un certo modo.
Presidente, se mi consente, vorrei fare una digressione, poi naturalmente seguirò le sue indicazioni. Ho letto i resoconti delle audizioni e ho letto alcune dichiarazioni, soprattutto della madre di Ilaria Alpi, la quale ovviamente ha tutta la mia comprensione per il suo ineliminabile dolore.


Pag. 9

La signora Alpi ha fatto una serie di osservazioni circa le ragioni della scelta processuale terminale. In due parole, si tratta semplicemente di questo: di fronte ad un impianto istruttorio carente - ripeto, carente -, ad una perizia assolutamente inaccettabile e al rischio di avere un capro espiatorio, ovviamente la scelta di qualsiasi avvocato sarebbe stata quella di non seguire questa linea ed io, appunto, non l'ho voluta seguire, innanzitutto per ragioni etiche, come minimo, ma anche per una ragione di politica processuale: nel momento in cui l'imputato fosse stato assolto, si sarebbe inevitabilmente riaperta l'istruttoria; si sarebbero riaperte strade, in modo pressante. Io avevo fatto copie della sentenza da distribuire a tutto il Parlamento; speravo che ci fosse una fortissima pressione...

PRESIDENTE. Senatore Calvi, mi consenta una battuta: poi dite che siamo noi che strumentalizziamo l'ufficio!

GUIDO CALVI. No, no, poi leggerò una mia lettera al riguardo. Insomma, volevo assolutamente che la conduzione sufficiente trovasse poi una pressione tale da determinare una riapertura dell'istruttoria perché la verità emergesse.

PRESIDENTE. I genitori di Ilaria Alpi erano d'accordo?

GUIDO CALVI. Non era facile parlarne con i genitori, in quanto si tratta di questioni tecniche, di passaggi tecnici. Di questo parlammo a lungo, prima delle udienze; c'era anche la difesa della RAI, che era assunta dal professor Coppi, anche se a seguire tutto il lavoro fu Francesca Coppi, la figlia del professore. Discutemmo a lungo: tutti quanti avevamo dei dubbi su questa strategia. Io, debbo dire, mi sentii più libero e, parlando con i genitori, spiegai la situazione. Come fare a manifestare tecnicamente questa scelta? Io cercai di spiegarlo, poi ho capito che forse la spiegazione sugli effetti non era stata sufficiente, tant'è vero che abbiamo avuto uno scambio di lettere e ho capito che c'era stato un equivoco di fondo.
Concluso il processo, la parte civile si può ritirare; io decisi di fare un'arringa spiegando le ragioni delle mie critiche per le insufficienze dell'istruttoria e, quindi, per l'assoluta inaccettabilità della richiesta della pena dell'ergastolo. Tecnicamente, la parte civile non conclude, perché si presenta la richiesta di risarcimento dei danni; la parte civile fa in questo modo, ovvero, fa l'arringa e chiede la condanna. Io decisi di fare un'altra cosa: decisi di fare la mia arringa e di dichiarare che non avrei concluso, sapendo benissimo che rimanevamo parte civile nell'istruttoria, ovviamente, ma non nei confronti di quell'imputato, bensì degli eventuali ulteriori imputati: eravamo parte offesa, comunque, nel processo.

PRESIDENTE. Anche la RAI ha fatto così?

GUIDO CALVI. No, la RAI evidentemente si consultò con i suoi clienti e decise di concludere per la condanna, così come aveva fatto il pubblico ministero. Dal punto di vista professionale, ritenni che la mia fosse una scelta non solo giusta ma efficace, tanto che la corte d'assise assolse l'imputato. Quindi, così avevamo concluso.
A questo punto i genitori manifestarono le loro perplessità - si faccia attenzione - non sulla scelta, sulla quale eravamo d'accordo; si era discusso per giorni e giorni insieme e non c'ero soltanto io: c'erano ben tre miei sostituti che mi affiancavano e che seguivano il processo; c'era la difesa della RAI, rappresentata da Francesca Coppi; dunque, discutemmo a lungo di questa possibilità e di questa decisione da prendere. Il problema per i genitori fu che ritenevano di essere usciti dal processo, ovvero che io non li avevo avvertiti che sarebbero usciti dal processo, il che non era assolutamente vero.
Presidente, se mi consente, siccome la signora Alpi ha fatto affermazioni che erano riportate anche in una lettera che i coniugi Alpi mi hanno inviato, credo di essere liberato, in qualche modo, dal segreto professionale, dal segreto epistolare: ci fu uno scambio di lettere, che posso


Pag. 10

lasciare agli atti; dunque quello che ha detto la signora Alpi fu scritto in una lettera che mi fu inviata immediatamente dopo e che vorrei leggere alla Commissione.

PRESIDENTE. Prego, senatore Calvi.

GUIDO CALVI. Leggo testualmente la lettera inviata dai signori Alpi: «Crediamo sia corretto tu sappia che ci siamo rivolti ad un avvocato, nel tentativo di uscire da una situazione a dir poco paradossale. La restituzione da parte tua di tutta la documentazione processuale l'abbiamo interpretata come un segnale, a suo tempo, che il tuo impegno si era esaurito». Non vi è dubbio: si nomina un altro avvocato, mi si chiedono gli atti, per cui credo che sia un segno di chiusura, certamente legittimo. Io non ho detto assolutamente nulla e ho messo a disposizione gli atti. Ho detto: guardate, tutti gli atti sono qui, quando volete sono a vostra disposizione.
Veniamo al problema che ponevano i signori Alpi. Leggo testualmente: «Ci troviamo ora di fronte ad una condizione allarmante: nella motivazione della sentenza non risultiamo citati come parti civili»: certo, perché nei confronti di quell'imputato non lo erano più.
«Accettammo tale tua proposta» - prosegue la lettera - «senza avere conoscenza delle conseguenze che avremmo dovuto affrontare dal momento che in appello sarà impossibile tornare ad essere parte civile». Presidente, questo punto fu spiegato con molta chiarezza: era chiaro che, non presentando le conclusioni, ritenevamo quell'imputato innocente e quindi, a quel punto, loro non sarebbero stati più parti civili, bensì parti offese.
Adesso, se possibile, vorrei leggere la mia risposta: è una mia lettera, quindi posso leggerla e, se volete, posso lasciarla agli atti. Presidente, leggo testualmente: «Caro Giorgio, ho ricevuto la tua lettera e non so nasconderti che ho avuto perplessità ed ho avvertito una profonda amarezza per la situazione che si è creata. Ho l'impressione che, malgrado le lunghe discussioni intercorse, vi sia stata una incomprensione le cui ragioni non mi sembra semplice individuare. Mi atterrò, comunque ai fatti. Il mio studio si è impegnato a lungo nel processo per la morte di Ilaria»...

PRESIDENTE. Vorrebbe dire «gratuitamente»?

GUIDO CALVI. Sì; grazie, presidente, per averlo detto lei. Lei sa benissimo, per l'esperienza che avrà sicuramente anche lei, che la gran parte dei nostri processi sono fatti gratuitamente. Io ho seguito questo processo del tutto gratuitamente; attenzione, non solo questo processo: ho seguito il processo anche quando il generale Fiore ritenne di querelare la signora Alpi per affermazioni, debbo dire, molto pesanti, veramente pesanti, che ella aveva reso al Maurizio Costanzo Show; fu un processo drammatico, difficilissimo: io la difesi dapprima a Bergamo, poi alla corte d'appello di Brescia e la signora è stata assolta in primo grado e in appello; ovviamente, anche questi processi li ho fatti...

PRESIDENTE. ... in memoria di Ilaria Alpi.

GUIDO CALVI. Sì, certo, come impegno civile che ritenni di assumere.

PRESIDENTE. Volontariato dell'avvocatura, che nessuno conosce.

GUIDO CALVI. È vero, è una storia che l'avvocatura dovrebbe scrivere e rivendicare. Comunque, sono onorato di aver fatto così - attenzione! -, pur nella totale disponibilità dei signori Alpi a pagare gli onorari.

PRESIDENTE. Certo, è un atto di volontariato.

GUIDO CALVI. Presidente, proseguo nella lettura della mia lettera: «Durante tutta la fase delle indagini preliminari abbiamo contrastato i tentativi dei periti di pervenire a soluzioni da noi non condivise.


Pag. 11

Gran merito va certamente al professor Merli e al professor Ugolini per la capacità con la quale hanno saputo addirittura rovesciare conclusioni che sembravano definitive.» - infatti, presidente, le perizie venivano svolte, ogni volta, a seguito delle nostre osservazioni critiche e, quindi, si rinnovavano le consulenze - «Abbiamo poi seguito il dibattimento, ritengo, con diligenza e rigore. Non vi è stata udienza di rilievo che non ci abbia visto presenti, se non addirittura protagonisti. Abbiamo interrogato tutti i testimoni importanti. L'intero mio studio è stato impegnato nel lavoro dibattimentale e, in particolare, ho chiesto ad un mio assistente di dedicarsi per quasi due anni a tempo pieno al lavoro di ricerca e preparazione di ogni problema processuale. Quando il processo stava giungendo al suo termine, ci ponemmo il problema di quali conclusioni noi avremmo dovuto trarne. Era opinione di noi tutti che l'imputato non fosse colpevole del delitto e che invece fosse semplicemente un capro espiatorio offerto all'opinione pubblica per chiudere qua definitivamente ogni possibile, ulteriore accertamento di verità. Era assolutamente chiaro che non potevamo accettare questa situazione. L'intera istruttoria dibattimentale è stata da noi condotta ponendo in risalto non soltanto l'insufficienza degli apparati dello Stato nell'intervenire in soccorso di Ilaria e Hrovatin, ma anche facendo emergere un quadro generale nel quale la vicenda appariva piena di oscurità e menzogne, che prefigurava la volontà di coprire verità inconfessabili. Dal dibattimento questo quadro è emerso con evidenza. Era quindi chiaro che, se avessimo concluso chiedendo la condanna dell'imputato, sposando così le tesi del pubblico ministero, tutto quanto era emerso sarebbe svanito nel nulla. Occorreva quindi un gesto coraggioso, che secondo me doveva manifestarsi nella mancata presentazione delle conclusioni e quindi nel ritiro della costituzione di parte civile. Nel processo penale la parte civile si costituisce fondamentalmente per chiedere il risarcimento dei danni dopo l'accertamento della responsabilità penale dell'imputato; sarebbe stato assolutamente incoerente, quindi, che i genitori di Ilaria Alpi avessero concluso chiedendo la condanna di un imputato nei cui confronti non avevano nessuna certezza di responsabilità e chiedessero, come impone la norma processuale, a costui il risarcimento dei danni. Di qui l'idea, a lungo discussa, valutata e concordata insieme, di non presentare le conclusioni, ritirando quindi la costituzione di parte civile motivando le ragioni che ci avevano indotto ad essere presenti nel processo e che ci avevano poi indotto a non accogliere le conclusioni alle quali la pubblica accusa era pervenuta. Se avessimo compiuto l'atto di concludere non avremmo mai più potuto, per ragioni di coerenza, sostenere che quell'istruttoria era errata e che la colpevolezza dell'imputato era soltanto una deviazione dalla ricerca della verità. Mi sembrava che i termini della questione fossero assolutamente chiari; ne abbiamo discusso così a lungo che ritengo che, almeno allora, non vi fosse alcuna riserva o perplessità sulla scelta. Peraltro, il giudizio di appello, qualora l'imputato fosse stato assolto» - stiamo parlando immediatamente dopo il primo grado - «e il pubblico ministero avesse impugnato il provvedimento» - ed è ciò che è avvenuto - «avrebbe avuto ad oggetto esclusivamente, in modo rigorosamente circoscritto, la colpevolezza dell'imputato» (ed è ciò che assolutamente a noi non interessava più). «La sfida che abbiamo lanciato alla corte, correndo anche non pochi rischi, era quella di giungere ad una motivazione che, assolvendo l'imputato, accogliesse tutti i dubbi, le perplessità e le censure che noi avevamo sollevato. Mi guardo bene dal dire che il processo si è concluso in modo soddisfacente, ma è certo che, considerato il contesto generale, è stata la soluzione migliore che noi potessimo ottenere. Va infine detto che la costituzione di parte civile riguarda esclusivamente questo processo e la responsabilità di questo imputato; voi rimanete comunque parti offese, che potranno costituirsi in qualsiasi altro momento in cui dovessero essere individuate altre responsabilità. A me sembrava che tutto fosse


Pag. 12

chiaro; mi sembrava anche che tutto il mio studio ed i nostri consulenti avessero lavorato con serietà e con impegno. L'insoddisfazione, per la verità, non è emersa e non può essere addebitata a nostre carenze. Da ultimo, poiché più volte fate riferimento ad una mia eventuale iniziativa parlamentare» - perché nella lettera così scrivevano - «ho più volte anche con forza ricordato che non intendevo in alcun modo sovrapporre o confondere la mia attività di avvocato con quella di parlamentare. Ero soltanto il vostro avvocato, e basta. Le iniziative parlamentari cui fate cenno consistevano nel sollecitare altri senatori ad occuparsi più attivamente della vostra vicenda. Ho distribuito a numerosi parlamentari la sentenza, chiedendo che prendessero iniziative; ne ho parlato a lungo con il senatore Russo Spena e con il senatore Manconi, ma certamente mai avrei io stesso avuto un'iniziativa personale su una questione nella quale avevo esercitato le funzioni di difensore. Mi spiace per quanto accaduto e naturalmente voi siete assolutamente liberi di fare tutte le scelte che ritenete opportune. Potete censurare, criticare il mio impegno professionale, potete mettere in dubbio tutto, ma non asserire 'di non capire le ragioni che mi avrebbero spinto a prendere la decisione di uscire dal processo'. Mi domando se, secondo voi, avremmo dovuto concludere chiedendo la condanna di Hashi e dopo la sua condanna il risarcimento danni. Non essendoci una terza via, abbiamo scelto di comune accordo la soluzione che allora ci apparve migliore, e migliore comunque resta, anche se possono legittimamente sorgere dubbi e perplessità. Mi dispiace infine che di questa questione ne abbiate parlato anche con altri, e me ne hanno fatto cenno, senza che avessero conoscenza di tutto il problema. In ogni caso mi sembra che rimanga al fondo il problema del mancato accertamento delle verità. Il processo - e di questo indirizzo mi sento autore responsabile - ha fatto emergere incongruenze, contraddizioni, lacune e depistaggi. Mi rendo conto che non è molto, anzi è molto poco, ma era quanto un difensore di parte civile poteva e doveva fare. Un caro saluto».

PRESIDENTE. Senatore, vorrei porle alcune domande. In primo luogo, nei rapporti tra i Hrovatin e i coniugi Alpi lei ha potuto registrare qualche contrasto, qualche diversità di opinione, dal punto di vista della conduzione della battaglia per conoscere la verità, o sotto qualche altro aspetto?

GUIDO CALVI. No. I Hrovatin, non so per quale ragione, forse anche per motivi di carattere economico, non hanno pressoché partecipato all'istruttoria, mentre al dibattimento ci fu una presenza assolutamente sporadica.

PRESIDENTE. Nei rapporti fra la famiglia e la signora Hrovatin, in particolare?

GUIDO CALVI. Mi sembrava non ci fosse...

PRESIDENTE. ...buon sangue.

GUIDO CALVI. No, non buon sangue, era come se non ci fosse amicizia. I rapporti non erano assolutamente...

PRESIDENTE. Ha registrato ragioni di contrasto sull'impostazione della battaglia oppure sulla ricostruzione dei fatti, sulle consapevolezze che riguardavano la vicenda?

GUIDO CALVI. No, presidente, per il semplice fatto che la difesa Hrovatin ha pressoché ignorato il processo; non ha partecipato attivamente a nulla.

PRESIDENTE. Mi domandavo se i coniugi Alpi l'avessero messa a parte di qualche screzio o di qualche diversità di vedute.

GUIDO CALVI. No. Se c'erano screzi, probabilmente riguardavano i rapporti interni alla famiglia Hrovatin. Ma su questo


Pag. 13

non saprei che cosa dirle; so solo che nel processo siamo stati noi, la difesa di Ilaria Alpi, a condurre il processo, ed intorno ad esso poi ci sono state una serie di iniziative, giornalistiche e politiche, che però non sempre hanno aiutato la battaglia processuale. Infatti il processo, come lei sa, è altro, bisogna produrre prove e non suggestioni.

PRESIDENTE. Senatore, lei già si è espresso sull'ultima perizia dibattimentale che ha consegnato come verità quella che il colpo d'arma da fuoco fu esploso da un kalashnikov e a distanza. Non dico che qualcuno ce lo ha detto, ma aleggia, per così dire, l'idea spesso impalpabile e difficilmente concretizzabile in dichiarazioni, che questa perizia possa essere stata non solo il frutto di una ricostruzione erronea ma in qualche misura pilotata. Le risulta qualcosa al riguardo?

GUIDO CALVI. No. Presidente, se avessi avuto anche il minimo segno di un'ipotesi di questo genere, ne avrei fatto motivo di grande battaglia nel processo, perché in quel momento ho avvertito che stavo perdendo il processo. Nel momento in cui fu depositata la perizia ed interrogammo e controinterrogammo... Lei conosce i miei due consulenti, il professor Ugolini e il professor Merli, e sa benissimo con quanta energia e passione, in particolare il professor Ugolini, rappresentano le loro tesi; noi ci siamo battuti sapendo che quello era il momento decisivo del processo, e se avessi avuto soltanto il sospetto ne avrei fatto immediatamente oggetto di grande denuncia. Certamente quella perizia era totalmente non convincente. La cosa singolare è che la corte d'assise in qualche modo ha recepito quella perizia, senza criticarla, assolvendo l'imputato su degli elementi di fatto.

PRESIDENTE. Risolve tutti i problemi, al di là della perizia.
Senta, sui reperti, sulla loro conservazione, sull'identicità a quelli sequestrati o individuati al momento dell'omicidio, lei ha avuto qualche ragione di perplessità?

GUIDO CALVI. Anche qui, un'altra cosa strana è stata che le perizie furono determinate proprio perché non furono fatti gli stup, non furono fatti gli accertamenti. Le prime tre fasce peritali sono state agghiaccianti; prima si voleva inumare il cadavere senza neanche fare un accertamento, ma poi il dottor Sacchetti arriva all'ultimo momento, vede e descrive. Se ricordo bene, anche durante il viaggio in nave...

PRESIDENTE. Sulla Garibaldi.

GUIDO CALVI. Anche sulla Garibaldi fu fatta una piccola...

PRESIDENTE. Del cui referto non abbiamo trovato traccia.

GUIDO CALVI. Per esempio, gli Stati Uniti non hanno voluto consegnare possibili riprese fatte dal satellite. Attenzione: la cosa mi colpì molto, e feci pressione sul Ministero degli affari esteri per averle. Avevo da poco terminato un processo simile: era morto un operatore della RAI quando Carmen Lasorella si salvò per miracolo.

PRESIDENTE. Qualcuno ci ha detto che si è salvata perché in Somalia non si uccidono le donne.

GUIDO CALVI. Non credo. Si è salvata per miracolo. In quel processo c'è la ripresa dal satellite, si vede perfettamente tutta la dinamica. Possibile che riprendano un fatto assolutamente improvviso e non riprendano il momento - non dell'attentato, attenzione - dell'evacuazione dei soldati? È impossibile pensare che non vi fosse...

PRESIDENTE. Questa è un'osservazione giusta.

GUIDO CALVI. Questa ripresa non ci fu data. Non ci fu dato il primo referto medico effettuato sulla Garibaldi; scomparvero


Pag. 14

le cassette; scomparvero gli appunti; si tentò di inumare immediatamente il cadavere. Insomma...

PRESIDENTE. Sulla conservazione o sull'identità dei reperti in giudiziale sequestro, come diciamo noi con una formula burocratica, lei ha mai avuto ragione di esprimere perplessità o dubbi?

GUIDO CALVI. Presidente, in questo momento non ne ho memoria, però di questo si occupò il professor Ugolini: agli atti vi è la nostra consulenza, e la nostra posizione è identificata in tale consulenza. Non ricordo se ci furono problemi relativamente alla conservazione; certamente le prime due consulenze, il fatto che non furono effettuati gli stup e poi un altro errore tecnico portarono alla richiesta con forza della riesumazione del cadavere. Infatti, a quel punto chiedemmo una perizia vera e propria; fu fatta, ma anche lì continuarono ad esserci contrasti tra le ipotesi dello sparo da lontano e di quello da vicino.

PRESIDENTE. I balletti.

GUIDO CALVI. La nostra posizione, da quella di Sacchetti e di Umani Ronchi fino alla fine, è stata sempre quella del colpo a breve distanza.

PRESIDENTE. Che cosa le dice Udine?

GUIDO CALVI. Questa fu un'altra parte di quelle indagini... Molte procure d'Italia si occuparono di vicende che avevano in qualche modo attinenza con questa. Ovviamente nella fase istruttoria avevamo una conoscenza molto imprecisa di questi fatti; sapevamo che erano in corso queste indagini; abbiamo chiesto e sollecitato che la procura di Roma se ne occupasse, interrogasse, chiedesse. Quando siamo arrivati al dibattimento, perché la discovery avviene al momento del dibattimento, abbiamo visto che c'era una serie di testimonianze, per esempio della dottoressa Motta, e che venivano svolte delle indagini in relazione alla Shifco; in dibattimento abbiamo cercato di accertarlo. Non le nascondo che sono rimasto molto perplesso, perché la dottoressa Motta rifiutò di rivelare il suo confidente, e a questo punto il valore processuale si è azzerato; la Faduma negò, ritrattò, venne in dibattimento ma c'erano dubbi persino sulla sua identità.

PRESIDENTE. Durante le indagini lei ebbe notizia dai magistrati che le conducevano che c'era quest'informativa di Udine, che tra l'altro si incrociava con un'altra proveniente dal SISDE, da cui risultavano i nomi dei possibili mandanti ed esecutori?

GUIDO CALVI. No.

PRESIDENTE. Non ha mai saputo nulla?

GUIDO CALVI. No, di quella del SISDE no. Io sapevo di Udine.

PRESIDENTE. L'ha saputo dalle indagini preliminari o solo in dibattimento?

GUIDO CALVI. No, l'ho saputo in dibattimento, perché in istruttoria c'era... Con tutto...

PRESIDENTE. ...che ci fosse un buon rapporto...

GUIDO CALVI. Sì, un buon rapporto ed una frequentazione...

PRESIDENTE. Come difensore della persona offesa...!

GUIDO CALVI. Con il primo procuratore, De Gasperis, non ci furono quasi rapporti. Io contestai con forza il fatto che non facesse nulla. Poi scoprii che il dottor Pititto aveva svolto accertamenti, che stava andava avanti, ma lei sa benissimo qual era la situazione, perché ha vissuto come me quella stagione di profondi contrasti all'interno della procura della Repubblica, in cui si intrecciava anche questa vicenda processuale. Quando il procedimento arrivò


Pag. 15

al dottor Ionta, ho avuto modo di dialogare con lui più volte, però la sua riservatezza era tale che non mi consentì di ottenere notizie.

PRESIDENTE. Lei ha avuto rapporti con i giornalisti della RAI?

GUIDO CALVI. Certo, con quelli che abbiamo interrogato.

PRESIDENTE. Come per esempio Massimo Loche.

GUIDO CALVI. Sì.

PRESIDENTE. Al di là dei rapporti di tipo processuale, lei ha avuto colloqui o confronti?

GUIDO CALVI. Sì.

PRESIDENTE. Che atteggiamento aveva la RAI nei confronti di questa vicenda? Le chiedo questo perché siamo a conoscenza di una lunga storia a proposito della messa in onda di un servizio concernente Ilaria Alpi, un dossier che Minoli avrebbe mandato in onda nell'ultima parte della serata e, secondo alcune dichiarazioni, senza procedere ai normali lanci pubblicitari, dopo un travaglio che durò a lungo e che si concluse nella maniera che le stavo rappresentando.
Dai rapporti che ha avuto con responsabili e giornalisti della RAI cosa ha constatato? E, sulla base di queste constatazioni, quali sono le sue convinzioni? Le chiedo: c'era una volontà di approfondimento, di vicinanza, che andasse al di là del fatto meramente umanitario e che invece implicasse che si fosse sposata la causa di questa ragazza, nella consapevolezza di quanto c'era stato prima? Lei ha ricordato l'appunto ritrovato, ma penso anche alla telefonata che è stata sicuramente fatta da Ilaria il giorno in cui è stata uccisa e in cui aveva preannunciato un servizio importante. Ci può dire qualcosa?

GUIDO CALVI. Io distinguerei tra i giornalisti e la direzione della RAI; infatti, il dottor Loche rese una testimonianza molto importante, perché uno degli elementi che ci consentono di dire che probabilmente l'omicidio nacque dall'attività professionale di Ilaria è venuto da Loche; egli ha detto che la sera prima Ilaria telefonò dicendo che aveva una notizia molto importante. Stava tornado da Bosaso dopo l'intervista al sultano...

PRESIDENTE. Le dispiace completare la frase «aveva una notizia molto importante»?

GUIDO CALVI. Aveva una notizia molto importante, ma non specificò di cosa si trattasse. Una notizia molto importante per un servizio giornalistico.

PRESIDENTE. Non sa perché non specificò di cosa si trattasse?

GUIDO CALVI. Non lo so.

PRESIDENTE. Non sa cosa abbia detto Ilaria Alpi a Loche?

GUIDO CALVI. Ovviamente lo interrogammo, ma disse che questo era quanto gli aveva riferito Ilaria Alpi, e ne prese atto. Però, il silenzio di Ilaria Alpi, la scelta di non parlare al telefono in quel momento l'ho trovata significativa.

MICHELE RANIELI. L'eventuale silenzio.

PRESIDENTE. Sì, perché non lo sappiamo ancora.

GUIDO CALVI. Certo. Sul fatto che Ilaria Alpi abbia fatto questa telefonata non ci sono dubbi, perché Massimo Loche, che era il direttore dei servizi, ha detto di aver ricevuto una telefonata con la quale la Alpi preannunciava un servizio importante. Non ha specificato quale fosse il contenuto. Allora ho pensato che il silenzio di Ilaria e il fatto di non comunicare l'oggetto del servizio fosse motivo di riservatezza


Pag. 16

che in qualche modo definiva l'importanza del servizio stesso, in quanto se si fosse trattato di una notizia...

PRESIDENTE. Magari, anche per guadagnarsi una prima pagina.

GUIDO CALVI. Non credo. Io non ho mai conosciuto Ilaria Alpi, ma da quanto ho capito non era il tipo...

PRESIDENTE. No, nel senso dell'amore per il servizio fatto, per carità!

GUIDO CALVI. C'era una serie di questioni molto importanti; c'era per esempio la faccenda delle navi della Shifco, un'attività di pesca che sembra nascondesse invece un traffico di armi, navi che navigavano per il Mediterraneo, partivano dalla Norvegia e arrivavano in Somalia. Che Ilaria avesse scoperto qualche cosa, nessuno può dirlo.

PRESIDENTE. Quindi, senatore, distingueva tra i giornalisti e la dirigenza.

GUIDO CALVI. La condotta della dirigenza fu censurabile, nel senso che non ho avuto alcuna collaborazione. Con il dottor Demattè - potete leggere l'interrogatorio - fui molto duro, nel senso che gli ricordai che era dovere di ogni cittadino (parliamo del direttore generale della RAI) che possedeva un oggetto appartenente alla vittima e che poteva essere utile all'indagine consegnarlo immediatamente al magistrato o alla Polizia, non di consegnarlo mesi dopo, addirittura lavato, per non allarmare i genitori. L'ho trovato un gesto di insensibilità istituzionale molto grave.

PRESIDENTE. E si è dato una spiegazione?

GUIDO CALVI. L'interrogatorio fu molto duro, io fui molto severo con lui, ma non riuscii a capire le ragioni di questa sua condotta. Disse che voleva soltanto impedire che i genitori si allarmassero, ma non ho creduto a questa versione, tanto per essere chiari.

PRESIDENTE. Lei ha detto che ha avuto una sorta di rottura con il dottor De Gasperis, al quale contestava l'inerzia; a questa contestazione, a questa accusa che lei formulava nei confronti del dottor De Gasperis, egli come rispondeva?

GUIDO CALVI. Sono andato più volte a chiedere quali indagini stesse svolgendo, sollecitando a farne. Non si faceva assolutamente nulla. Rispondeva: «Faremo, vedremo», al punto che poi io andai dal procuratore della Repubblica (mi pare si trattasse del dottor Vecchione) a protestare con veemenza, e questa mia iniziativa fu così forte che indusse l'allora procuratore ad affiancare il dottor Pititto al dottor De Gasperis; per un certo tempo i due procedettero insieme.

PRESIDENTE. Per sua memoria, però, l'abbinamento fu fatto da Coiro, non da Vecchione.

GUIDO CALVI. Allora fu il dottor Coiro a procedere a questo abbinamento. Da lì sono nati altri problemi. Io ed i genitori di Ilaria Alpi facevamo naturalmente tutto insieme, ed ogni volta che andavo venivano anche loro.

PRESIDENTE. Il dottor De Gasperis, che in questa sede ha già reso le sue dichiarazioni, che posso renderle note, espresse una valutazione intorno alle possibili cause dell'omicidio; sostanzialmente si volteggia tra la rapina ed il fatto accidentale.

GUIDO CALVI. Allora avevo ragione io a protestare per farlo sostituire!

PRESIDENTE. Le ha esplicitato questa sua opinione o comunque le ha detto di non avere elementi per poter valutare altre ipotesi, come quelle che voi prospettavate?

GUIDO CALVI. Presidente, di fronte all'inerzia di un magistrato, il quale certamente a me non avrebbe mai detto una cosa di questo genere, perché l'avrei immediatamente


Pag. 17

contestato, ho capito chiaramente che non dava alcun rilievo alle mie sollecitazioni, perché pensava si fosse trattato di un puro incidente di percorso. Questo mi ha indignato ancor di più, e per questo ho protestato con forza, facendo sì che fosse sostituito; fu poi il dottor Coiro a mettere il dottor Pititto accanto a lui. Io lo considerai non voglio dire un successo, ma un risultato delle pressioni che noi facemmo con forza, un risultato positivo.

PRESIDENTE. Lei ha appreso che il dottor Pititto ed il dottor De Gasperis, ad un certo punto della vicenda, sono stati sostituiti dal dottor Ionta. Anche questo è dipeso da una sua rimostranza, oppure si è trattato di un avvicendamento al quale lei è stato totalmente estraneo?

GUIDO CALVI. No, ci mancherebbe: sono stato totalmente estraneo a questo avvicendamento, anche perché le vicende del dottor Pititto e i suoi rapporti con l'allora procuratore della Repubblica furono molto complessi e diedero origine anche ad un'azione disciplinare da parte del Consiglio superiore della magistratura. I genitori di Ilaria Alpi - io no - seguirono direttamente anche al CSM le ragioni per cui il dottor Pititto era stato estromesso dal processo, però mi sembra di ricordare che allora c'era un conflitto tra il procuratore della Repubblica ed il sostituto che aveva molte cause.

PRESIDENTE. Quando l'inchiesta ha preso, per mano del pubblico ministero dottor Franco Ionta, la strada di Hassan, tanto per intenderci, lei ha svolto degli atti defensionali e delle attività in genere di contatto con l'autorità giudiziaria per cominciare ad esplicitare quello che poi sarebbe stato il suo pensiero ma anche il suo atteggiamento professionale in sede dibattimentale, come ci ha raccontato fino ad un attimo fa?

GUIDO CALVI. No, guardi, l'arresto di Hassan naturalmente per noi è stato un fatto positivo, perché era stato accertato un responsabile; quando successivamente, per la perizia e per la qualità delle prove depositate gli atti, ho avuto modo di leggere lo sviluppo dell'istruttoria dibattimentale davanti alla corte d'assise, mi ha convinto. Però, al momento dell'arresto...

PRESIDENTE. È una critica postuma, diciamo così.

GUIDO CALVI. Certo.

PRESIDENTE. Per sua notizia, noi invece abbiamo rintracciato il verbale del sopralluogo effettuato sul cadavere sulla Garibaldi, che dice: «Imponente emorragia da ferita d'arma da fuoco in sede cranica, foro di entrata stellato parietale sinistro con fuoriuscita di materiale cerebrale. Non si evidenzia foro di uscita. Ferita d'arma da fuoco base falange prossimale quarto dito mano destra, versante dorsale, e ferita d'arma da fuoco mano destra, con perdita di sostanza interfalangea, prossimale quinto dito, versante ulnare. Ferita d'arma da fuoco con perdita di sostanza e frattura falange intermedia terzo dito mano sinistra, lato ulnare. Ferita escoriata falange intermedia quarto dito mano sinistra, versante radiale».

GUIDO CALVI. Questo rafforza ancora di più...

PRESIDENTE. Per questo l'ho letto.

GUIDO CALVI. I dottori Sacchetti ed Umani Ronchi e la nostra consulenza sono tutti sulla stessa posizione.

PRESIDENTE. La vorrei pregare di rispondere alle domande dei colleghi della Commissione, a cominciare dall'onorevole Bulgarelli, cui do la parola.

MAURO BULGARELLI. Senatore Calvi, vorrei capire una cosa rispetto all'ispezione cadaverica di Sacchetti e De Gasperis, perché dal racconto di quest'ultimo non siamo riusciti a capire alcuni passaggi. Per esempio, De Gasperis ci ha raccontato che si è trattato di qualcosa di più di un'ispezione cadaverica, quindi immagino


Pag. 18

che sia stato qualcosa di estremamente accurato, tant'è che hanno trovato la ferita alla base del collo e che il dottor Sacchetti ha inciso per estrarre il proiettile o quel che ne rimaneva. È stata fatta la perizia balistica di quel proiettile? Se è stata fatta, di che calibro si trattava? Arma corta o kalashnikov? Sicuramente vi è una differenza di calibro fra un'arma corta, quindi qualsiasi tipo di pistola, rispetto al kalashnikov.
In secondo luogo, rispetto a questa ispezione accurata, tant'è che ha inserito nel foro e nella ferita uno strumento per capire quale fosse stata la dinamica da questo punto di vista, è possibile che non sia stato trovato - immagino di sì - il frammento di vetro oppure che sia stato in quel caso che magari il frammento di vetro che era in superficie è stato spinto più all'interno e lo stesso per il frammento di stoffa del sedile?

GUIDO CALVI. Per quel che riguarda il proiettile, credo non vi siano dubbi che si trattasse di un proiettile di piccolo calibro; nessuno lo ha mai messo in discussione.

PRESIDENTE. Ma che cosa fu trovato con precisione? Un frammento o il proiettile?

GUIDO CALVI. In sede di autopsia il proiettile non fu rinvenuto, perché fu trattenuto all'interno; il dottor Sacchetti lo prelevò e quella è l'arma sulla quale si è accertata... Si trattava sicuramente di un'arma di piccolo calibro, non c'è dubbio, in quanto un kalashnikov avrebbe certamente devastato la teca cranica.

PRESIDENTE. Sparando da lontano no.

GUIDO CALVI. Non saprei, perché si è trattato di un colpo alla testa e non al torace.

ELETTRA DEIANA. Ma la corsa del proiettile non potrebbe essere stata rallentata?

GUIDO CALVI. Certo. Questa è la tesi dei periti del dibattimento. Sarebbe stata rallentata due volte, colpendo sia il vetro, e trascinando con sé tracce microscopiche di vetro, sia parte della struttura metallica del sedile, traendo anche questa struttura. Qui le posizioni sono assolutamente contrapposte. Il fatto singolare è che le perizie, condotte dai massimi esperti, tutte persone di grandissima esperienza e valore, non solo di Roma, giungono a posizioni diametralmente opposte.

PRESIDENTE. Però secondo me lei, su questo punto, è reticente.

GUIDO CALVI. No, io le ho esposto la mia tesi.

PRESIDENTE. Senatore Calvi, torna la domanda che le ho posto prima: propria per questa eclatanza del dato non ci si può non interrogare sul fatto che vi possano essere state ragioni diverse da quelle di carattere strettamente tecnico, come lo studente universitario al quale si chiedono elementi di carattere nozionistico e lo si manda a casa perché non risponde.

GUIDO CALVI. Guardi, le leggo questo...

PRESIDENTE. Lei non è certamente tenuto a darci una sua opinione, però la voce di dentro ci interessa.

GUIDO CALVI. La mia opinione è quella rappresentata nella nostra consulenza. Su questo non vi sono dubbi. D'altronde, in una perizia si legge che il nucleo di piombo estratto alla base del collo di Ilaria Alpi e il frammento ferroso repertato nella scatola cranica della vittima indicata facevano parte probabilmente di un unico proiettile di cartuccia di piccolo calibro, riferibile a classe d'arma diversa dall'AK47.

PRESIDENTE. Mi pare che più chiaro di così non potrebbe essere.


Pag. 19

GUIDO CALVI. Io ho detto che la tesi terminale, che ho contrastato... Ho interrogato per giorni e giorni questi consulenti, ci sono state molte udienze, con i miei consulenti abbiamo interrogato a lungo, contestando questa...

PRESIDENTE. Ma l'errore di questi consulenti come se l'è spiegato? Con l'ignoranza no, perché ha detto che si trattava dei massimi esperti della medicina legale e della balistica italiana. Se l'è spiegato o non se l'è spiegato? Può darsi anche che non se lo sia spiegato.

GUIDO CALVI. No, non è che...

PRESIDENTE. Lei ha il dovere di rispondere alla Commissione.

GUIDO CALVI. Io mi sono posto il problema della qualità di questa perizia, l'ho giudicata non soddisfacente, l'ho contrastata con una consulenza e con il mio interrogatorio. Poi ho ritenuto singolare che la corte d'assise non trovasse fantasiosa questa perizia, pensando invece che andasse bene, quando poi assolse perché le prove erano... Insisto nel dire che la mia interpretazione di allora, ma naturalmente non so quale sia stata la lettura fatta nei successivi gradi di giudizio...

PRESIDENTE. Va bene, non insisto.

GUIDO CALVI. No, presidente, io le rispondo. Se avessi avuto il dubbio che ci fossero...

PRESIDENTE. Ma lei lo ha esplicitato il dubbio, in questo momento. Quando lei dice che si tratta di grandi medici legali e dei massimi esperti della balistica, lei il dubbio... Io sto un po' enfatizzando, come mia abitudine.

GUIDO CALVI. Io ho detto altro; ho detto che ho contrastato con la massima energia questa perizia, dicendo la verità che ritenevo accertata con la mia consulenza.

PRESIDENTE. Comunque, abbiamo fatto bene ad andare all'estero a trovare uno specialista in balistica per capire come sono andate le cose.

GUIDO CALVI. A proposito di estero, vorrei riferirvi un'ultima circostanza che mi pare molto importante: nel corso di questa vicenda un giornalista di Repubblica, Bellu, è andato in Somalia...

PRESIDENTE. Ottimo giornalista, tra l'altro.

GUIDO CALVI. ... e ha fatto un servizio splendido, il che significa che se i magistrati o la Polizia fossero andati più a fondo, avrebbero saputo...

PRESIDENTE. Ecco, lei ha aperto un capitolo importante. Le chiedo: ha mai sollecitato l'autorità giudiziaria a svolgere indagini in Somalia?

GUIDO CALVI. Non vi è dubbio, soltanto che mi si faceva presente che, non essendoci lì un nostro ambasciatore, un nostro rappresentante, non esistevano rapporti che lo consentissero.

PRESIDENTE. A lei risultava vera questa versione? Per esempio l'avvocato Duale, che noi abbiamo ascoltato, ci ha detto che era possibile andare a fare indagini, negli anni 1997-1998, quando l'inchiesta era al clou dei risultati, perché nel 1997 abbiamo i risultati delle consulenze.

GUIDO CALVI. Presidente, io sostenevo un'altra tesi, e l'ho più volte fatto presente, vale a dire che non era necessario fare una rogatoria o che il magistrato si recasse sul posto, ma era sufficiente che ci andassero un poliziotto o un agente in borghese, così come sono andati i giornalisti.

PRESIDENTE. Verissimo.

GUIDO CALVI. Raccogliere elementi di prova, come peraltro ha fatto Bellu fotografando il registro, secondo me era un


Pag. 20

modo per acquisire elementi di prova e di conoscenza. Non c'era bisogno della rogatoria. Questo è quanto sollecitavo.

MAURO BULGARELLI. Senatore Calvi, lei non crede che le radici, oltre che naturalmente all'attività professionale - su questo concordo con la sua interpretazione - possano essere legate al viaggio precedente di Ilaria in Somalia o anche al viaggio nei Balcani? C'è un filo rosso che unisce questi viaggi fatti da Ilaria? Tra l'altro nei Balcani conobbe Miran, avvenne il primo incontro tra loro; c'era un'inchiesta giornalistica da parte di Ilaria che l'ha condotta una prima volta in Somalia, poi nei Balcani e poi di nuovo in Somalia.

GUIDO CALVI. Si, qui ritorniamo al discorso che abbiamo fatto all'inizio circa le motivazioni dell'omicidio, che si sovrappongono alla dinamica dell'omicidio stesso. Certo che questo discorso apparteneva, secondo me e secondo la mia strategia, alla fase di riapertura delle indagini, perché una volta scoperto che il quadro indiziario portato al dibattimento era crollato con l'assoluzione di Hashi, tutti gli elementi che noi avevamo portato in dibattimento riacquistavano valore. Ma nel momento in cui veniva condannato Hashi, è chiaro che queste motivazioni non si attenuavano, ma le indagini erano concluse. Per questo a me è dispiaciuto - lo dico con molto rammarico - che le cose siano andate come sono andate, perché l'assoluzione di Hashi avrebbe consentito non la riapertura ma l'apertura di una vera indagine. Ma non è stato così.

MAURO BULGARELLI. Un'ultima domanda. Se ipotizziamo che le radici del problema partissero dal 1993, dal viaggio nei Balcani, seguito dal ritorno in Somalia, siccome Ilaria Alpi non era una giornalista d'inchiesta, bensì una redattrice RAI, com'è possibile che nella redazione della RAI nessuno sapesse con un po' più di chiarezza su cosa stava indagando? È evidente che può accadere qualsiasi cosa durante un'indagine così come durante un'inchiesta giornalistica, sia nel vostro lavoro che in quello che facevo anch'io prima di essere - momentaneamente - deputato.

GUIDO CALVI. Non mi meraviglio più di tanto. Credo che i giornalisti abbiano le loro riserve a comunicare con gli altri, affinché l'indagine o la pista non sia seguita da altri.

MAURO BULGARELLI. Però, la decisione di un viaggio solitamente implica quanto meno una pista.

PRESIDENTE. Anche perché - se mi è permessa l'interlocuzione - c'era stata la volontà di Ilaria Alpi di portare con sé del personale e, trovando particolari difficoltà dentro la RAI a poter utilizzare personale interno, si rivolse a Miran Hrovatin.

GUIDO CALVI. Presidente, quando Ilaria si recò in Somalia, certamente tutta la stampa italiana era presente per assistere al ritiro delle truppe. Ma Ilaria fu l'unica giornalista a recarsi a Bosaso: lei seguiva una sua idea professionale. La traccia più evidente, quella immediatamente prima dell'azione omicidiaria è questo viaggio a Bosaso.

MAURO BULGARELLI. A maggior ragione: com'è possibile che nessuno fosse informato?

GUIDO CALVI. Infatti, è quello che sto dicendo. L'interesse che avevamo noi era quello di capire questo passaggio, la sua intervista, ma come lei sa sono scomparse le cassette: a quel punto, l'accertamento era sulla scomparsa delle cassette e, al riguardo, scoprimmo che c'era stato uno della RAI che aveva aperto i sigilli.

MAURO BULGARELLI. La ringrazio, senatore, ho concluso le mie domande.

PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Fragalà.

VINCENZO FRAGALÀ. Senatore Calvi, vorrei un chiarimento sui rapporti tra i


Pag. 21

coniugi Alpi e la vedova di Miran Hrovatin: è vero che c'è stato un atto di liberalità concreto da parte dei genitori di Ilaria nei confronti della moglie di Miran Hrovatin?

GUIDO CALVI. Onorevole, non ne ho memoria, ma tenderei a non escluderlo, nel senso che i genitori di Ilaria Alpi sono persone molto generose: hanno dato tutto per l'accertamento della verità, per capire come sia morta la propria figlia. Un atto di liberalità appartiene alla loro cultura. Io, però, debbo dirle che in questo momento non ne ho memoria. Non saprei dirle se questo fatto è avvenuto oppure no, comunque non fu un fatto a cui abbia partecipato direttamente. Non ne ho memoria, in questo momento.

VINCENZO FRAGALÀ. I genitori di Ilaria Alpi hanno partecipato attivamente - nella lettura e, credo, anche nei suggerimenti - alla sceneggiatura del film sulla tragedia della figlia, mentre abbiamo appreso dalla moglie di Hrovatin che tutto questo non è avvenuto per quanto riguarda la ricostruzione del profilo umano e professionale dell'operatore. Lei sa se questo è avvenuto per un rifiuto della famiglia Hrovatin a partecipare alla realizzazione de soggetto cinematografico oppure vi sono stati altri motivi?

GUIDO CALVI. Onorevole, nel momento in cui io ho inviato la lettera di cui ho dato lettura, non ho più avuto rapporti né con i genitori di Ilaria Alpi né tanto meno con il processo; per rispetto al collega D'Amati, che seguiva il processo, non ho neanche chiesto come stesse procedendo. Poco fa, il presidente con molta cordialità ha detto che mi darà copia del processo di appello: io non ho neppure letto la sentenza d'appello e mi sono totalmente astenuto dal partecipare a qualsiasi attività, anche solo per conoscenza, perché mi appariva un atto irrispettoso del lavoro che stava facendo un altro collega. Il film, francamente, non l'ho neppure visto, né - figuriamoci - ho notizie circa la presenza dei genitori. Immagino che vi abbiano partecipato, in quanto i genitori sono stati sempre presenti nella redazione di libri e articoli e, dunque, immagino anche per il film. Tuttavia, non ho notizie, assolutamente, perché mi sono totalmente estromesso: considerato che la mia scelta non era stata compresa, ho ritenuto che fosse giusto che altri gestissero il processo e la vicenda.

PRESIDENTE. Comunque, sabato 20 marzo, giorno in cui ricorre il decennale dell'uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, alla presenza del Presidente della Camera, commemoreremo i due scomparsi e farà seguito la proiezione del film; naturalmente, senatore Calvi, lei è invitato.

GUIDO CALVI. La ringrazio, presidente.

VINCENZO FRAGALÀ. Un'ultima domanda. Senatore Calvi, lei ha tratto delle conclusioni sulla tempistica della revoca della delega a Pititto, rispetto ad una determinata attività d'indagine preliminare che Pititto si apprestava a fare?

GUIDO CALVI. Che il dottor Pititto avesse iscritto nel registro degli indagati altri personaggi, l'ho saputo dopo. Tenga conto che il dottor Pititto - malgrado avessi con lui un rapporto cordiale, come peraltro con tutti gli altri sostituti - era estremamente riservato, forse il più riservato di tutti e tre i sostituti che si sono occupati di questa vicenda.

VINCENZO FRAGALÀ. Quindi, l'esatto contrario dell'accusa che gli è stata rivolta.

GUIDO CALVI. Almeno, con me è stato così. Con me non parlò mai di nulla. Non sapevo neppure che vi erano degli iscritti nel registro degli indagati, l'ho saputo dopo, quindi non ho avuto notizie di nessun genere. So, però, che in quel momento vi erano fortissimi contrasti tra il sostituto e il suo procuratore, che avevano ad oggetto il processo ed altre vicende, che poi sono confluite dinanzi al Consiglio superiore della magistratura.


Pag. 22

VINCENZO FRAGALÀ. Senatore, lei da difensore della parte civile come ha valutato la revoca della delega alle indagini nei confronti della Digos di Udine?

GUIDO CALVI. Ovviamente, ogni arresto d'indagine, ogni ritardo e, dunque, anche una revoca d'indagine ha un doppio significato: per un verso, si perde una possibilità di accertamento della verità; per altro verso, però, spesso la sovrapposizione di molte indagini per noi difensori è occasione di critiche, di censure e di preoccupazioni perché ognuno va per la sua via, spesso si creano situazioni confliggenti e, magari, la verità si perde.
In merito alla vicenda di Udine, le debbo dire che in quel momento, siccome non confluivano atti e non venivano dati elementi certi di prova relativamente all'atto omicidiario, quelle indagini non mi apparvero decisive; poi, può darsi che avrebbero dato esiti più favorevoli per le indagini, ma non saprei dirlo in questo momento. Le dico subito, però, che in quel momento giudicammo, insieme ai genitori, in modo critico; avremmo voluto che tutto confluisse, magari, a Roma, che tutto fosse comprensivo anche delle indagini di Udine, sebbene il giudizio che fu dato su quell'istruttoria non era positivo, nel senso che non aiutava l'accertamento della verità.

VINCENZO FRAGALÀ. La ringrazio, senatore, non ho nessun'altra domanda da farle.

PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Cannella.

PIETRO CANNELLA. Grazie, presidente. Innanzitutto, quasi a chiosare quanto precedentemente detto dal collega Bulgarelli, credo che, rispetto ai colleghi della RAI - li chiamo «colleghi» in quanto anch'io sono giornalista - ci sia qualcosa da chiarire: difficilmente un redattore fa un servizio o, comunque, ipotizza di andare a seguire qualcosa senza confrontarsi con la redazione. Sotto il profilo professionale, credo che comunque una traccia dovrebbe essere rimasta nella memoria di qualcuno e in questo panorama di reticenze, di sciatterie per quanto riguarda le indagini o di presunta malafede, andare a stimolare la memoria di chi ha lavorato in RAI, fianco a fianco con Ilaria, credo sia una cosa da fare assolutamente.
Vorrei, poi fare una domanda al senatore avvocato Calvi a proposito delle immagini dal satellite richieste agli Stati Uniti: gli Stati Uniti hanno risposto «no»?

GUIDO CALVI. Hanno risposto che non ne avevano.

PIETRO CANNELLA. Il che è difficilmente comprensibile.

GUIDO CALVI. Credo che ci siano stati rapporti ufficiali con il Ministero degli esteri italiano. Se non ricordo male, la risposta fu che, in quel momento, il satellite non aveva funzionato. Francamente, non solo io non l'ho creduto, ma questo rafforzava il convincimento che non ci si volesse dare un contributo. Non più di qualche mese prima, invece, il sostituto procuratore dottor Lapadura aveva ottenuto una sequenza fotografica impressionante: era davvero impressionante, infatti, vedere dall'alto tutta la dinamica dell'evento. Tra l'altro, ciò aveva consentito di scagionare la giornalista Carmen Lasorella dal sospetto di essere scappata, il che non era assolutamente vero, anzi: la giornalista Lasorella aveva rischiato la vita e si era salvata per miracolo. Io difendevo l'operatore che era deceduto, la cui vedova, ovviamente, era animata da ostilità e voleva capire come fossero andate le cose. Ebbene, l'accertamento dal satellite chiarì definitivamente la posizione della dottoressa Lasorella; in quell'occasione, quindi, insistetti per avere la documentazione ma a noi non fu data.

PIETRO CANNELLA. Infatti, è difficilmente credibile che non vi siano le immagini dal satellite in quanto, come si è detto, si stava reimbarcando il contingente italiano e, comunque, era zona di operazioni.


Pag. 23

GUIDO CALVI. Non c'è dubbio.

PIETRO CANNELLA. Nel corso di questa audizione abbiamo sfiorato più argomenti, ma quello che mi preme sapere sono alcune sue considerazioni, per le consapevolezze che lei ha, inerenti ad alcuni personaggi che compaiono nella vicenda, a partire da Giancarlo Marocchino, al dottor - o ambasciatore: non si è capito bene - Cassini, al generale Rajola Pescarini, al maresciallo Li Causi.

GUIDO CALVI. Mi consenta, non esprimerò giudizi nei confronti di questi personaggi.

PIETRO CANNELLA. No, ovviamente non le chiedo giudizi, bensì le consapevolezze processuali.

GUIDO CALVI. Le consapevolezze processuali, se lei ha modo di vedere gli interrogatori che ho condotto, sono tutte rappresentate negli atti processuali. Come ho detto in precedenza, Marocchino è un personaggio che ha connotazioni di ambiguità; tuttavia, è anche vero che fu il primo a giungere sul posto e a chiamare disperatamente l'esercito italiano affinché intervenisse in quanto sembrava che, addirittura, Ilaria fosse ancora viva - ovviamente non era così, perché il colpo era stato tale da determinare il decesso immediatamente; comunque egli fu colui che arrivò, chiamò disperatamente e non fu ascoltato: il suo atteggiamento in quel momento io lo giudicai positivo; successivamente, vennero fuori il suo passato e i suoi traffici, ma questo credo sia estraneo al giudizio. Il mio giudizio su Marocchino in quel momento è quello su un uomo che si è esposto, è intervenuto e si è dato da fare. Per quanto riguarda gli altri personaggi, sono autorità dello Stato e immagino che abbiano fatto il loro dovere anche se poi nel dibattimento, come giustamente si deve fare, ho fatto tutto quel che dovevo fare per accertare anche l'inattendibilità di quelle condotte, al punto che ho chiesto l'assoluzione dell'imputato.

PRESIDENTE. Sì, ma saprà certamente dei rapporti di Rajola Pescarini come esponente dei servizi, come emissario dei servizi.

GUIDO CALVI. È stato interrogato su questo.

PRESIDENTE. E di Cassini che ci può dire?

GUIDO CALVI. Cassini fu inviato per accertare ...

PRESIDENTE. Questo lo sappiamo, ma chi era Cassini?

GUIDO CALVI. Non lo so, non lo chieda a me. Non ho elementi per dirlo. Dovete capire che, se la mia posizione è quella di ritenere che l'imputato era innocente, tutto ciò che ...

PRESIDENTE. Senatore Calvi, mi permetta di intervenire: fino a quando si tratta di un problema di segreto professionale, qui siamo tutti proni alle sue volontà. Se, però, si tratta di altre cose, come quelle delle quali stiamo discutendo, qualora - certamente non sarà - lei dovesse avere consapevolezze ulteriori, il dovere impone che lei lo faccia sapere alla Commissione.

GUIDO CALVI. Presidente, mi scusi, prima ancora di avere il dovere di esporre a voi tutto ciò che è a mia conoscenza, avevo il dovere di esprimermi come difensore. Anzi, direi di più: in quella veste avrei potuto anche esprimere dubbi e formulare accuse essendo protetto, come lei sa, dalla mia toga. Ovviamente, tutto quello che potevo l'ho fatto in quella sede, attaccando anche con molta cattiveria alcuni dei personaggi di cui si è parlato.
Onorevole, le consiglio di leggere i verbali per vedere con quanta cattiveria li ho interrogati.

PIETRO CANNELLA. Lo farò senz'altro, ma in questa fase, siccome la sede è diversa, mi interessa qualcos'altro rispetto ai verbali.


Pag. 24

GUIDO CALVI. Se lei mi chiede se ho ulteriori elementi, non posso che rispondere: non li ho, altrimenti li avrei fatti valere in quella sede. Il mio giudizio è facilmente desumibile dalle conclusioni a cui sono giunto e dal modo in cui li ho interrogati. Altri elementi non ne ho.

PRESIDENTE. Senatore Calvi, le voglio dire che le domande dell'onorevole Cannella sono le domande della Commissione: certamente, si tratta di personalità, di personaggi - chiamiamoli come vogliamo - che campeggiano nell'inchiesta e che poi si disperdono nelle nebbie. E siccome di nebbie a Roma ce ne sono state sempre molte ...

PIETRO CANNELLA. È interessante capirlo per delineare un quadro. Senatore, le vorrei rivolgere un'ultima domanda: lei ha percepito se, al di là del traffico di armi, potessero esserci altre motivazioni ed altri filoni quali il traffico di rifiuti o qualcos'altro?

GUIDO CALVI. Certo, c'era il traffico di rifiuti, vi era stato un pezzo di Tangentopoli, diciamo così ...

PRESIDENTE. Per la cooperazione?

GUIDO CALVI. Sì, per la cooperazione. Debbo dire che, almeno a mio giudizio, l'elemento più convincente era quello della Shifco e del traffico di armi: questo è l'elemento che mi sembrava più attendibile. Però, debbo dirle che non vi siamo giunti proprio perché secondo me la condanna di Ashi lo ha precluso, tant'è vero che siamo qui e non vi è una indagine giudiziaria su questo.

PIETRO CANNELLA. La ringrazio, ho concluso le mie domande.

PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Schmidt.

GIULIO SCHMIDT. Senatore Calvi, lei ha detto che Ilaria Alpi è certamente morta sul colpo, mentre il padre di Ilaria, in risposta ad una mia domanda, ha detto che Ilaria era ancora viva e che fu tentata la rianimazione sulla Garibaldi.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Schmidt, ma il senatore Calvi si riferiva a quando intervenne Marocchino.

GUIDO CALVI. Sì, quando intervenne, Marocchino chiamò disperatamente...

GIULIO SCHMIDT. Dicendo che era morta.

GUIDO CALVI. No, se non ricordo male, Marocchino sosteneva che probabilmente Ilaria era ancora viva e fu tentata anche una rianimazione. Però, mi deve consentire: dopo un colpo di quel genere alla testa non credo che sia possibile...

GIULIO SCHMIDT. Difatti, il padre di Ilaria ha detto che certamente non si sarebbe salvata.

GUIDO CALVI. No. No, il punto non è che non si sarebbe salvata. C'è la morte fisiologica e la morte che viene successivamente, però non mi sembra che Ilaria fosse ...

GIULIO SCHMIDT. Era uno stato «cuor battente», come si definisce tecnicamente.

GUIDO CALVI. Questo non lo so, non risulta, nel senso che vi fu il dubbio e la perplessità che ella potesse essere ancora viva e da Marocchino fu chiamato aiuto e nessuno venne. Attenzione, questa è un'altra responsabilità: nessuno venne; fu detto che non si poteva andare per non rischiare i soldati, non lo si dimentichi. Ci fu una dichiarazione - in dibattimento - nella quale venne fuori che nel momento in cui i soldati erano già imbarcati o sul molo e Ilaria era morta o moribonda (nessuno potrà dirlo), accanto all'auto, Marocchino chiamò e non venne nessuno. Credo che vi fu soltanto un colonnello - Tedesco, mi sembra che si chiami - che tentò di arrivare. Comunque, in dibattimento si


Pag. 25

motivò che non era andato nessuno perché non si poteva far rischiare al contingente - che era in partenza e si trovava sul molo - di tornare indietro, in una zona di difficile controllo. Io lo trovai scandaloso - lo dico con molta franchezza - e immaginai, se per caso fosse accaduto lo stesso ad una giornalista statunitense, quale sarebbe stata la reazione. Trovai scandalosa l'idea che il nostro esercito fosse lì, sia pure in partenza, fosse ancora sul molo e non fosse ritornato a prelevare il corpo di Ilaria ancora viva: nel processo, ho usato questo argomento per accusarli di non essere tornati indietro, anche se sono convinto che Ilaria sia morta all'istante, anzi speriamo che sia avvenuto così. In ogni caso, questo è un argomento che usai per denunciare l'atteggiamento disumano dei nostri generali nel non utilizzare i soldati per tornare indietro. Così fu, però. Tenga in considerazione che, tra l'altro, vi era una nave su cui stavano facendo una gara di pesca.

GIULIO SCHMIDT. Era la Garibaldi o era un'altra nave? Le gare di pesca dove si facevano?

GUIDO CALVI. Sulla Garibaldi.

GIULIO SCHMIDT. Senatore Calvi, lei ha parlato di cassette scomparse. Non risulta da nessuna parte ...

PRESIDENTE. No, no, risulta.

GIULIO SCHIMDT. No, presidente, risulta la scomparsa di due blocchi notes e vi è da parte nostra la convinzione che siano scomparse anche delle cassette. Si parla, comunque, di 6 cassette partite e di 6 cassette arrivate insieme alle 4 che Hrovatin portò ad Ilaria e che erano le cassette girate in Kosovo.

GUIDO CALVI. Onorevole, se lei ha gli atti sotto mano, certamente avrà ragione lei ...

GIULIO SCHMIDT. Questo è veramente importante.

GUIDO CALVI. Ricordo che vi fu un problema di cassette che non furono trovate.

GIULIO SCHMIDT. La ringrazio, questa è un'informazione molto importante.

GUIDO CALVI. Comunque, dagli atti dovrebbe risultare con certezza. Basta ricontrollare gli atti, le sentenze e trovare il punto. Se non ricordo male, scomparvero alcune cose: oltre ai blocchi notes, anche alcune cassette, però può darsi che io abbia un ricordo non preciso.

GIULIO SCHMIDT. Lei sa che fine fece la macchina fotografica di Ilaria Alpi?

GUIDO CALVI. No.

GIULIO SCHMIDT. Il dottor De Gasperis non fece l'autopsia e la motivazione fu che si sarebbero dovuti tenere i funerali di Stato; tuttavia, non la chiese neppure dopo. Voi avreste avuto la possibilità di chiederla?

GUIDO CALVI. Io non ero difensore, allora. Appena sono stato nominato difensore l'ho chiesta e l'abbiamo ottenuta: dopo la riesumazione del cadavere, naturalmente.

GIULIO SCHMIDT. Secondo lei Ilaria conosceva Li Causi?

GUIDO CALVI. Non ho elementi per poter dire «sì» o «no», non lo so.

GIULIO SCHMIDT. Quale valutazione dà del diario del maresciallo Aloi?

GUIDO CALVI. L'ho trovato non decisivo ai fini del mio processo.

GIULIO SCHMIDT. Eppure, in quel diario c'è un passaggio estremamente importante, ovvero che già nel 1993 Ilaria aveva - secondo il maresciallo Aloi - le prove, depositate da qualche parte, dell'esistenza del traffico di armi in cambio di rifiuti tossici e radioattivi.


Pag. 26

GUIDO CALVI. Guardi, quegli atti furono travasati nel processo, ovviamente; sono agli atti. Però, come lei sa, una cosa è scrivere, dichiarare o supporre, un'altra è costruire una prova. Il problema di questa vicenda è che siamo arrivati al dibattimento con una istruttoria totalmente carente: di qui l'interesse all'apertura di una vera e propria istruttoria anche su questi elementi. Certo, il tempo è quello che è ed anche questa Commissione arriva dopo molto tempo e forse farà passi in avanti. La verità è che il dibattimento, oggi, credo abbia precluso indagini giudiziarie a meno che non ci siano fatti nuovi.

PRESIDENTE. Ci vuole poco a fare passi in avanti, senatore.

GIULIO SCHMIDT. Senatore Calvi, per quale motivo fu chiesta un'ulteriore perizia, visto che era stata fatta una super perizia, ordinata dal consigliere Pititto e consegnata al PM Ionta?

GUIDO CALVI. Perché quello che è stato fatto dal pubblico ministero sono consulenze e le consulenze nel loro complesso erano contraddittorie, proprio sulla distanza e sull'arma. A dibattimento, il presidente e la corte d'assise ritennero di dover nominare loro periti per fare un loro accertamento, e credo che sia un fatto positivo. L'esito, poi, è un altro discorso ma la richiesta era assolutamente motivata.

GIULIO SCHMIDT. La ringrazio, ho concluso le mie domande.

PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Motta.

CARMEN MOTTA. Sarò telegrafica, dato che il collega Cannella ha in parte anticipato la mia domanda. Vorrei tornare su un personaggio, ovvero il signor Marocchino. Sono stata personalmente colpita dall'audizione del dottor Tarditi; sia nella prima, sia nella seconda audizione il dottor Tarditi ribadisce in modo molto netto che Marocchino è il miglior agente italiano in Somalia, che sa tutto e conosce tutto e che probabilmente, finché le questioni processuali non saranno tutte oggetto di prescrizione, quel personaggio sarà in grado di tenere la corda tesa. Senatore Calvi, secondo lei questa definizione è eccessiva? Ha degli elementi di verità oppure ha dei contorni lati?

GUIDO CALVI. Dalle informazioni che si poterono raccogliere, il fatto che un uomo come Marocchino, nella situazione somala, potesse sopravvivere e fare anche attività di commercio non poteva non far ipotizzare suoi legami con organizzazioni istituzionali italiane, a cominciare dai servizi. Nell'udienza, debbo dire, ci lasciò molto insoddisfatti: noi cercammo di incalzarlo proprio su questo terreno. Pur tuttavia, non va dimenticato, rispetto ai rapporti tra Ilaria Alpi e Marocchino, che lei fu ospite del Marocchino e che quest'ultimo fu il primo ad arrivare, rischiando la vita. Dunque il suo atteggiamento nella vicenda è certamente da leggere in modo positivo. Poi, chi sia Marocchino è altro discorso, ma non facciamo il processo a Marocchino.

PRESIDENTE. Si interessava di traffico di armi, Marocchino?

GUIDO CALVI. Questo non mi permetterei di dirlo, se non ne fossi certo.

PRESIDENTE. Non è risultato nulla di questo genere, della presenza di Marocchino in vari tipi di traffici, ad esempio di armi o di rifiuti tossici o addirittura di diverso tipo?

GUIDO CALVI. Su Marocchino sono state dette un'infinità di cose, anche di questo genere, tuttavia...

PRESIDENTE. Non più di questo?

GUIDO CALVI. No, non più di questo. Quando si interroga un teste, si cerca di tirare fuori elementi che aiutino l'accertamento della nostra verità e non è che si


Pag. 27

può partire da un attacco frontale alla persona accusandola di chissà che cosa.

PRESIDENTE. Avete fatto investigazioni private su Marocchino?

GUIDO CALVI. No.

PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Ranieli.

MICHELE RANIELI. Senatore Calvi, nella parte iniziale della sua collaborazione...

GUIDO CALVI. Della mia audizione. Le dico questo perché solitamente si dice che gli avvocati collaborano con i giudici. Non è vero: gli avvocati fanno gli avvocati.

MICHELE RANIELI. Nella prima parte della sua audizione ho capito qualcosa, ma mi è sfuggito qualche particolare, per cui le porrò alcune domande. Innanzitutto, quando è stato interessato nel processo a sostegno e a difesa di Ilaria Alpi?

GUIDO CALVI. Sono stato interessato in una prima fase ma certamente dopo i primi eventi, dopo l'arrivo del cadavere.

MICHELE RANIELI. Mi era sembrato di capire, in un passaggio, che il responsabile del cimitero protestò per la mancata autopsia.

GUIDO CALVI. Sì, risulta dagli atti. Il fatto è questo. Al momento dell'inumazione il direttore del cimitero si rifiutò di inumare il cadavere se prima non fosse arrivato il magistrato ad autorizzarlo: trovo che questo sia scandaloso. Difatti, il magistrato arrivò insieme al dottor Sacchetti e fecero una breve visione del corpo; vi fu una breve relazione del dottor Sacchetti che, peraltro, era l'elemento fondamentale sul quale abbiamo costruito la nostra tesi (mi riferisco al colpo ravvicinato), ragion per cui abbiamo sempre dubitato della veridicità del testimone d'accusa.

MICHELE RANIELI. Nel corso dell'istruttoria del sostituto De Gasperis, lei ha sollevato più volte il problema della carenza istruttoria rappresentata dalla mancata autopsia.

GUIDO CALVI. Non solo questa: in tutta l'indagine non venne fatto quasi nulla.

MICHELE RANIELI. Lei ha detto di essersi recato più volte dal magistrato per sollecitarlo.

GUIDO CALVI. Sì, certo. Attenzione, tenga conto che andavamo io e i genitori: i genitori venivano spesso per sollecitarlo.

MICHELE RANIELI. Lo ha sollecitato anche per iscritto, con apposite istanze?

GUIDO CALVI. Questo non glielo so dire, non lo ricordo. Solitamente, andavamo con i genitori a chiedere con insistenza per sapere che cosa stessero facendo. Tenga conto che noi, come parti offese, eravamo tenuti all'oscuro; siamo andati a chiedere: il risultato era che non si stava facendo nulla. Allora, a quel punto, considerato che il sostituto aveva una sua idea della vicenda che a noi cominciava ad apparire chiara, abbiamo protestato fortemente per la sua inerzia, fino a quando il procuratore, dottor Coiro, ritenne di operare quel passaggio di consegne.

MICHELE RANIELI. Lei ci ha detto che dopo che l'indagine è stata assunta dal dottor Pititto sono state fatte non soltanto una serie di consulenze ma soprattutto l'atto prodromico, ovvero la riesumazione del cadavere e l'autopsia. È esatto?

GUIDO CALVI. Non ricordo se fu il dottor Pititto a disporre la riesumazione.

PRESIDENTE. Sì, è così.

MICHELE RANIELI. Lei ha detto di aver assistito con i suoi collaboratori ed i suoi consulenti all'atto della riesumazione e quindi dell'autopsia.


Pag. 28

GUIDO CALVI. No, non fu fatta un'autopsia: furono fatti gli esami...

MICHELE RANIELI. ... l'esame dei poveri resti.. Lei ha indicato anche il punto in cui era il foro di entrata del proiettile: lo ha anche indicato con le mani.

GUIDO CALVI. Sì, sulla sinistra vi era un foro e vidi con chiarezza che vi era ancora un cerchio scuro, che non so se fosse determinato dalla bruciatura oppure dal rimbalzo della pistola stessa, o della molla (non ricordo, ora come si chiami tecnicamente); comunque, vi era stato un rimbalzo della molla che aveva determinato l'ematoma oppure si trattava della bruciatura.

MICHELE RANIELI. Lei ha sempre sostenuto di essere convinto, soprattutto dopo aver assistito a tale atto istruttorio, che si trattasse di una ferita certamente di arma corta...

GUIDO CALVI. Sì, non ho avuto dubbi.

MICHELE RANIELI. ... e a distanza ravvicinata, se non a contatto.

GUIDO CALVI. Sì, certo.

MICHELE RANIELI. Si è mai chiesto come mai il foro di uscita non fosse stato individuato?

GUIDO CALVI. Perché non vi è stata l'uscita del proiettile; non è che non è stato individuato; il proiettile è stato trovato, poi.

MICHELE RANIELI. Mi sembra che sia stata rinvenuta una parte minuscola, residuale.

GUIDO CALVI. Se non ricordo male, il colpo andò dall'alto verso il basso; non è che il colpo sia andato solo contro la teca cranica, ma andò dall'alto verso il basso.

MICHELE RANIELI. Quindi lei ricorda una dinamica non solo della penetrazione ma anche del percorso seguito dal proiettile. La ferita al collo può essere il foro di uscita?

GUIDO CALVI. Mi scusi, non ho capito la domanda.

MICHELE RANIELI. Siccome, se non vado errato, emerge che è stato repertato anche un residuo al collo ...

PRESIDENTE. Non vi erano fori di uscita: questo è sicuro.

GUIDO CALVI. No, non c'erano.

MICHELE RANIELI. Vorrei una spiegazione logica dal punto di vista peritale, in quanto mi sorge un interrogativo. Faccio l'avvocato penalista, ho difeso almeno novanta omicidi ed ho assistito ad almeno ottanta autopsie: è impensabile che un'arma, seppure la più piccola o la più corta che vi sia, sparando da distanza ravvicinata non dia luogo ad un foro di uscita, a meno che il proiettile non incontri corpi cosiddetti consistenti o assuma una deviazione particolare prima di entrare nella teca cranica o durante il percorso itinerante del proiettile stesso. Diventa quasi aberrante pensare che non vi sia un foro di uscita, quando c'è un colpo sparato da un'arma corta da distanza ravvicinata; sorgono dubbi e perplessità, specialmente quando all'interno della teca cranica viene rinvenuta una lamina di proiettile ma non il proiettile nella sua interezza: una parte millesimale, mi sembra di capire, del proiettile stesso; si parla di camicia, addirittura, o di porzione di camicia. Allora, se è una porzione di camicia, dove è andato a finire il proiettile nella sua interezza? Lei come consulente di parte o come consulente d'ufficio, si è posto questa domanda?

PRESIDENTE. Infatti, la riesumazione del cadavere comporta anche un'analisi di tutto il corpo - attraverso lastre, eccetera - per capire esattamente se possa essere


Pag. 29

andato in questa direzione, ovvero se vi sia una ritenzione intracorporea, oltre la testa.

MICHELE RANIELI. Un'ultima domanda. Come sappiamo, la RAI fornisce un servizio pubblico. Allora, nel momento in cui predispone un servizio e consente ad un inviato speciale di recarsi all'estero, deve conoscere i motivi della missione. Mi sembra, tra l'altro, che la missione fosse così difficile che nessuno degli operatori della RAI ha voluto accompagnare Ilaria, per cui la giornalista si è avvalsa di un collaboratore esterno il quale, forse, non conosceva i pericoli a cui andava incontro o li conosceva in modo superficiale, rischiando. È possibile che negli interrogatori del direttore della RAI o del caporedattore non si sia riusciti a conoscere il perché di quella missione?

GUIDO CALVI. Forse non ci siamo capiti. La missione di Ilaria Alpi era una missione a cui partecipava l'intero corpo della stampa italiana; tutti i giornalisti italiani erano lì, perché si trattava di un evento storico: era il fallimento della missione italo-americana in Somalia; era il ritiro dell'esercito italiano dalla Somalia. L'evento era questo. Che poi Ilaria fu l'unica giornalista che riuscì ad abbinare l'evento ad una sua indagine particolare, ciò mi ha fatto pensare che questa fosse l'eventuale ragione dell'omicidio. Però lì andavano tutti i giornalisti; tutti i giornalisti italiani erano lì, perché l'evento era questo. Quindi, la RAI inviò Ilaria Alpi per questa ragione, non perché doveva andare a Bosaso.

MICHELE RANIELI. L'ultima domanda: come ha valutato la posizione del sultano di Bosaso?

GUIDO CALVI. Per me quello era un punto in cui l'indagine avrebbe dovuto essere molto penetrante, proprio perché è l'ultima persona che professionalmente ha incontrato Ilaria Alpi. L'intervista che fu fatta al sultano - non so se l'abbia letta o se abbia visto la trasmissione - era un'intervista inquietante; sicuramente in quella direzione si sarebbe potuto accertare molto.
Quando chiedemmo di interrogarlo, di andare in Somalia oppure, addirittura, di poterlo incontrare non in Somalia, ma in una zona dove il magistrato italiano potesse andare, ci fu sempre risposto che questo non era possibile.

MICHELE RANIELI. Il magistrato italiano poi lo ha interrogato; su questo esistono i documenti del processo.

GUIDO CALVI. Certo.

MICHELE RANIELI. Quando è stata disposta l'archiviazione nei suoi confronti, la difesa, che aveva queste convinzioni ...

GUIDO CALVI. Lei ricorderà che in quella fase del processo noi eravamo parti offese; di questa fascia di processo noi non abbiamo avuto mai notizia, non abbiamo mai saputo che fosse stato iscritto questo signore, che fosse stato interrogato, che poi sia stato archiviato, di tutto questo noi non avemmo notizia.

PRESIDENTE. La stampa lo sapeva, però.

MICHELE RANIELI. Tutta la stampa lo sapeva.

GUIDO CALVI. No.

MICHELE RANIELI. Ci sono gli articoli della stampa, noi abbiamo la rassegna stampa.

PRESIDENTE. L'onorevole Cannella chiede di fare un breve intervento.

PIETRO CANNELLA. Chiedo solo una precisazione. Abbiamo parlato della ferita alle mani di Ilaria Alpi, con le quali si sarebbe coperta il capo. La domanda è: la bruciatura o l'ematoma, a questo punto, dovrebbe avere traccia sulle mani più che sulla teca cranica.


Pag. 30

GUIDO CALVI. No, non c'erano.

PIETRO CANNELLA. Se ha fatto scudo con le mani ...

ELETTRA DEIANA. Questo lo capiamo.

PIETRO CANNELLA. Ma mi pare un fatto determinante, anche se non sono un perito.

PRESIDENTE. Non risultavano?

GUIDO CALVI. No, nell'analisi che fu fatta delle mani, naturalmente, c'erano tracce di rottura delle falangi.

PIETRO CANNELLA. Le mani avrebbero dovuto fare scudo rispetto ad una fiammata o ad un colpo.

PRESIDENTE. Certo.

GUIDO CALVI. Sì, però tenga conto che le mani erano messe in un certo modo.

PRESIDENTE. È in corso una perizia. Prego, onorevole Deiana.

ELETTRA DEIANA. Vorrei un chiarimento, perché la questione della mancata autopsia - lei lo ha detto - non è soltanto grave, ma anche strana. Voglio capire se c'è corrispondenza tra quello che lei ci ha detto, cioè che fu il direttore del cimitero a chiedere l'interruzione dell'inumazione e a chiamare la procura, e quello che ci ha detto il dottor De Gasperis, il quale ci ha fornito questa spiegazione della vicenda: ci ha detto che ricevette una chiamata dall'anagrafe, che c'erano i funerali in corso e che non si poteva fare l'autopsia perché erano in corso i funerali con molte persone importanti, che lui parlò con il procuratore facendogli presente questa impossibilità e il procuratore gli consigliò di andare lì con un perito, che poi era il dottor Sacchetti, e di fare l'ispezione cadaverica. È tutto molto strano.

GUIDO CALVI. Il problema vero, che abbia telefonato ...

ELETTRA DEIANA. La domanda è: anche se ci fossero stati i funerali ...

GUIDO CALVI. È assolutamente irrilevante.

ELETTRA DEIANA. La fretta dei personaggi ...

GUIDO CALVI. Ma neanche questo.

ELETTRA DEIANA. Appunto.

GUIDO CALVI. Il problema è che l'inumazione non poteva essere fatta, trattandosi di una morte violenta, senza un accertamento da parte del medico legale e del pubblico ministero. Il direttore del cimitero chiedeva l'autorizzazione all'inumazione, che doveva essere data dal magistrato, perché, essendo la morte determinata da atto violento, ci voleva questo passaggio. La cosa singolare è proprio che non fu fatto nulla di tutto questo e si lasciò ... Veramente, se non ci fosse stato lo scrupolo da parte del direttore del cimitero - poi la telefonata non so come sia avvenuta ...

ELETTRA DEIANA. Quindi, la procura di Roma fu chiamata dal direttore?

GUIDO CALVI. Non so, però così fu sempre detto. Così è stato detto, così risultava. Ma a questo punto il problema era che il sostituto di turno, a maggior ragione se c'erano funerali di Stato, e cioè era un atto pubblico e notorio che una cittadina italiana era morta, uccisa nel modo in cui fu uccisa Ilaria Alpi, avesse totalmente ignorato l'obbligo di fare quello che poi ha fatto su sollecitazione del direttore del cimitero.
Vorrei leggere un brano, anche se il collega è andato via, in cui vi è questa descrizione: dal capo della Alpi è stata repertata una porzione di teca cranica. In essa non si osservano presenze di materiale umano ad essa estraneo. La camiciatura del proiettile repertata all'interno del veicolo e recuperata ... Il nucleo di piombo estratto alla base del collo di Ilaria


Pag. 31

Alpi, il frammento ferroso repertato nella scatola cranica della vittima indicata faceva parte probabilmente di un unico proiettile di cartuccia di piccolo calibro riferibile ad una classe d'arma diversa dall'AK47.

PRESIDENTE. Senatore Calvi, noi la ringraziamo. È stato veramente importante ascoltarla e conoscere anche quali sono state le impressioni che lei ha tratto dallo svolgimento di questo processo. Forse lei ha avuto anche modo di fare qualche chiarificazione che le premeva e, quindi, anche noi siamo stati utili a lei. La ringraziamo, e buon lavoro.

GUIDO CALVI. Io ringrazio la Commissione.

PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

Back Forward