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Seduta del 4/3/2004


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Audizione del magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila, Giuseppe Pititto.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila, Giuseppe Pititto, che ha svolto l'incarico di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma fino alla data che ci saprà indicare e del quale più volte


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è stato evocato il nominativo come conduttore dell'inchiesta sull'uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
Siamo in collegamento con la sala stampa, per cui nel momento in cui il dottor Pititto dovesse ritenere che le sue dichiarazioni debbano essere rese con il crisma della segretezza, ce lo indicherà.
Rappresento al dottor Pititto che egli è ascoltato qui, come tutte le altre persone transitate dinanzi alla Commissione, come testimone, con le conseguenze che da questa qualità derivano e che ricordo soltanto per adempiere ad un obbligo formale.
Non so se lei, dottor Pititto, sia stato sentito da altre Commissioni. Comunque, le chiedo cortesemente di declinarci le sue generalità.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Giuseppe Pititto, nato a Mileto l'11 agosto 1941, residente in Roma, via della Ferratella in Laterano n. 33.

PRESIDENTE. Attualmente in servizio?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Presso la corte d'appello di L'Aquila, come consigliere.

PRESIDENTE. È stato sostituto procuratore della Repubblica a Roma fino a quando?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Fino al 1999-2000.

PRESIDENTE. Quando è entrato nell'inchiesta che ha riguardato l'uccisione di Miran Hrovatin e Ilaria Alpi.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Signor presidente, risponderò subito alla sua domanda, però, se mi consente, vorrei fare un intervento introduttivo per chiarire meglio alla Commissione quello che andrò a dire.

PRESIDENTE. Come preferisce. Intanto risponda alla mia domanda.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Sono stato designato allo svolgimento dell'inchiesta Alpi il 22 marzo 1996 e la designazione mi è stata revocata con provvedimento del 16 giugno 1997.

PRESIDENTE. Da chi è stato designato?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Sono stato designato dall'allora procuratore della Repubblica, Michele Coiro. La revoca della designazione è avvenuta da parte del procuratore della Repubblica, dottor Salvatore Vecchione.

PRESIDENTE. Le chiedo una precisazione: il procuratore Coiro all'epoca era tale, o era aggiunto presso la procura?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Era procuratore della Repubblica, che io ricordi. Non c'era nessuno al di sopra di lui.

PRESIDENTE. L'inchiesta era in carico a qualche altro magistrato?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. L'inchiesta era in carico al dottor De Gasperis.

PRESIDENTE. Per quale ragione ci fu questo inserimento? Lei entrava alla procura di Roma in quel periodo, oppure vi era già da tempo?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Ero alla procura della Repubblica


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da poco e il dottor Coiro ritenne di affiancarmi al dottor De Gasperis in questa inchiesta.

PRESIDENTE. Le dette una motivazione di questo affiancamento?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. L'esigenza di accertare la verità.

PRESIDENTE. Perché, non si accertava?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Evidentemente ad avviso del procuratore Coiro no.

PRESIDENTE. Le fu detto così dal procuratore Coiro, o fu una sua impressione?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Non fu una mia impressione. Mi disse per la precisione che sia i genitori di Ilaria Alpi, sia l'onorevole Gritta Grainer spesso si erano rivolti a lui per sollecitare un'indagine approfondita sulle cause della morte di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin e ai fini dell'individuazione dei responsabili.

PRESIDENTE. Poiché credo che lei debba partire da qui, soprattutto per dirci in quale condizione si trovasse l'inchiesta e quali furono le occorrenze immediate alle quali intese prestare la sua attenzione investigativa, la prego di andare avanti.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Come dicevo all'inizio, vorrei dare un quadro di quello che andrò a dire, per cercare, nei limiti del possibile, di agevolare il vostro difficilissimo, pressoché impossibile, compito di accertare chi siano stati i responsabili di questo duplice omicidio.

PRESIDENTE. Non dica così!

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Dico quello che penso, presidente. Mi auguro naturalmente che la Commissione ci riesca.

PRESIDENTE. Perché, qualcuno ha boicottato il processo e oggi non possiamo fare più niente?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Mi consenta di dire, presidente.

PRESIDENTE. Prego.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. In primo luogo, vorrei dimostrare alla Commissione come la disparità di vedute posta dal procuratore Vecchione a fondamento del provvedimento di revoca non solo fosse insussistente, ma non fosse neppure ipotizzabile, per il che il provvedimento di revoca...

PRESIDENTE. Che ha qui confermato.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. ... è falso nella sua motivazione. Intendo rappresentarvi il contesto investigativo in cui il provvedimento di revoca è intervenuto, rappresentarvi come tutti i massimi organi istituzionali, Presidente della Repubblica, Consiglio superiore della magistratura (mi riferisco a quello presieduto dal vicepresidente Verde), ministri di giustizia, Procuratori generali della Cassazione, pubblici ministeri competenti, siano stati informati in ordine alla sottrazione dell'inchiesta con un provvedimento che aveva a suo fondamento una motivazione falsa e come nessuno, nonostante l'evidente falsità del provvedimento, abbia anche soltanto chiamato il procuratore Vecchione per chiedergli conto delle ragioni reali di quel provvedimento.
Per converso, alla mia estromissione dall'inchiesta, presidente, signori componenti la Commissione, ha fatto seguito una serie infinita di iniziative illegittime, illegali,


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abusive ad opera di organi istituzionali, ministri di giustizia, Consiglio superiore della magistratura (il riferimento è sempre a quel Consiglio superiore), Procuratore generale della Corte suprema di cassazione, pubblici ministeri, oggettivamente convergenti verso l'obiettivo della mia distruzione, persino attraverso un procedimento penale a mio carico, illegittimamente instaurato, abusivamente portato avanti dalla procura della Repubblica di Perugia, procedimento penale che costituisce un marchio indelebile per la dignità, per la credibilità della magistratura italiana. Anche perché il procedimento penale instaurato presso la procura della Repubblica di Firenze su mia denuncia, a carico dei magistrati di Perugia e di altri, tra cui anche il dottor Vecchione, si è concluso secondo quanto io ho scritto al Consiglio superiore della magistratura l'11 febbraio 2002 con una quanto mai motivata e convincente ordinanza di archiviazione, in accoglimento di un'altrettanto motivata e convincente richiesta di archiviazione, che stupiscono per l'alto valore giuridico e morale e la fiducia che «collaudano» nella magistratura di questo sventurato paese.
La vicenda Alpi-Hrovatin e ancor più, mi si consenta di ricordarlo perché ho il dovere di farlo, la ben più grave vicenda processuale connessa con l'inchiesta che io stavo conducendo, e che pure mi è stata sottratta, in ordine ai cacciabombardieri MX stanno a provare come nel nostro sistema sia possibile attentare all'indipendenza di un magistrato, sia possibile tentare di infangarlo, sia possibile estrometterlo, perché il sistema costituzionalmente delineato a garanzia dell'indipendenza del magistrato si trasforma in un sistema di aggressione al magistrato onesto e di copertura degli aggressori.

RAFFAELLO DE BRASI. La Commissione cos'è? Una cassa di risonanza?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. No, non è una cassa di risonanza. Sto dicendo questo per dare un quadro della situazione.

PRESIDENTE. Una premessa sintetica va bene, ma noi abbiamo bisogno del suo contributo dal punto di vista dell'accertamento dei fatti.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Loro sanno benissimo che un provvedimento di per sé considerato, se non lo si inquadra nel contesto in cui si è inserito, se non lo si inquadra alla luce delle conseguenze, non si intende. Se si vuole intendere, bisogna ascoltare quello che io dico.

RAFFAELLO DE BRASI. Abbiamo delle domande da rivolgerle!

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Risponderò a tutte le loro domande. Presidente...

PRESIDENTE. Dottor Pititto, le domande le facciamo noi e lei deve rispondere.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Certo, signor presidente, però il compito della Commissione è quello...

PRESIDENTE. Lei stia tranquillo che mai come in questa occasione abbiamo la consapevolezza dei nostri compiti, dei nostri doveri e soprattutto della necessità di rendere giustizia a queste due vittime che certamente, fino a questo momento, non l'hanno avuta.
Vorremmo capire se tutto sia stato regolare anche per quanto riguarda il suo inserimento. Abbiamo sentito il dottor De Gasperis, il quale, in questa sede, ha espresso delle riflessioni critiche sul fatto che gli fosse stato tolto il processo e ha evocato un confronto, sia pure di breve durata, al quale avrebbe partecipato anche Michele Coiro e poi un incontro fra lei e lo stesso De Gasperis a proposito dello stato dell'arte del processo. Cominciamo da questo momento, il momento del suo impatto con il processo.


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GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Il procuratore Coiro disse, come ho già detto, che intendeva affiancarmi al dottor De Gasperis nella conduzione dell'inchiesta. Io gli dissi di consentirmi, prima di designarmi formalmente, di parlare con il dottor De Gasperis per informarlo. Andai dal dottor De Gasperis - che era seduto e seduto rimase - e gli dissi che Coiro intendeva affiancarmi a lui nell'inchiesta e lui mi rispose... devo dare la sua risposta testuale?

PRESIDENTE. Stiamo accertando la verità.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Lui rispose: «Non c'è un cazzo da fare». Al che io gli dissi: «Questa è la tua opinione. Consentimi di leggere gli atti, poi ti dirò qual è la mia.»

PRESIDENTE. Le dette una motivazione per questa frase sintetica?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. No, no. Nessuna motivazione. Era abbastanza espressiva e non la motivò. Io tornai da Michele Coiro e gli dissi: «Ma in che situazione mi metti? De Gasperis non gradisce questo mio ingresso nell'inchiesta».

PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, ma devo rubarle il mestiere, anche se è difficile! Le chiedo: è vero o non è vero che c'era un contrasto di tipo personale tra De Gasperis e Michele Coiro, allora procuratore delle Repubblica, che a lei risulti?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. No, assolutamente no.

PRESIDENTE. Non le risulta.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Assolutamente no.

PRESIDENTE. Prego.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Dunque, il giorno stesso in cui andai da De Gasperis, questi mi disse : «Fai quello che vuoi». Io dissi a Coiro: «Mi metti in una brutta situazione, in una situazione delicata» e questi mi rispose: «Vai avanti da solo. Io non gli revoco formalmente la designazione, ma fai l'inchiesta da solo».

PRESIDENTE. Lei sa se questa decisione del dottor Coiro fu comunicata al dottor De Gasperis? Le risulta che fu comunicata al dottor De Gasperis la decisione che, nonostante gli rimanesse la delega, lei comunque doveva andare avanti per conto suo?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Mi fece la designazione. Io non so se, poi, Michele Coiro abbia detto al dottor De Gasperis «Ti lascio formalmente...». Questo io non lo so. Quello che risulta documentalmente è che il giorno prima che io venissi designato formalmente nell'inchiesta De Gasperis trasmise il fascicolo al procuratore della Repubblica: c'è una sua missiva del giorno precedente la mia designazione. Trasmise il fascicolo e da allora non si interessò più dell'inchiesta.

PRESIDENTE. Quindi il 21 marzo, praticamente.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Dovrebbe essere appunto il 21 marzo, presidente; sì. Vorrei dire un'altra cosa: due mesi prima (non un giorno, ma due mesi prima) che io venissi designato il dottor De Gasperis aveva scritto al Ministero di giustizia, che gli aveva richiesto informazioni su questa inchiesta, cito


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testualmente: «le indagini preliminari sono prossime alla chiusura». Il che è segno che egli, lungi dal volerle proseguire, aveva intenzione di chiudere le indagini al più presto.

PRESIDENTE. Dopo che ha avuto l'incarico dal dottor Coiro, lei ha avuto altri contatti, confronti con De Gasperis, o non vi siete più visti?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. No, non ci siamo più visti. Per due ragioni: perché lui restituì il fascicolo a Coiro e perché Coiro mi disse di andare avanti nelle indagini da solo. E la riprova che Coiro mi abbia detto di andare avanti nelle indagini da solo...

PRESIDENTE. Questo non è contestato.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Bene. Il dottor De Gasperis, il 23 marzo 1998, dichiarò all'ispettore ministeriale - ci fu un'inchiesta, perché il procuratore Vecchione, sentito dall'ispettore a proposito di un'altra vicenda, sempre segnalata da Vecchione, buttò lì che io avevo sostanzialmente estromesso il dottor De Gasperis da questa inchiesta - dichiarò: «Effettivamente, il giorno stesso, o il giorno prima (e in effetti era il giorno prima) di quello in cui rimisi il procedimento al procuratore Coiro, venne nel mio ufficio il dottor Pititto, il quale mi disse di essere stato incaricato dal dottor Coiro di seguire l'indagine sull'omicidio in questione. Francamente, la cosa mi infastidì non poco. A quel punto mi limitai a rispondere al collega che avrei rimesso il procedimento al procuratore, cosa che feci immediatamente. Da quel momento, non ho più avuto notizie del procedimento, né ho cercato di averne. Da allora ho sempre considerato il processo come se fosse stato assegnato in via esclusiva al dottor Pititto».
Del resto, come concluse l'ispettore ministeriale a questo proposito? Concluse dicendo (cito dalla relazione dell'ispettore ministeriale Vitaliano Calabria al ministro): «Ne deriva che legittimamente il dottor Pititto, ritenendo del tutto a ragione di essere l'unico designato alla conduzione del procedimento, ha omesso ogni coordinamento con il collega in merito alle ulteriori iniziative istruttorie ed ha provveduto, in via del tutto autonoma, all'espletamento di atti di indagine». Ed aggiunge: «È significativo, a conferma dell'effettivo intendimento del procuratore dottor Coiro, che l'autorizzazione a recarsi nello Yemen per indagini riguardanti il procedimento in questione sia stata da lui rilasciata al solo dottor Pititto».

PRESIDENTE. Bene. Facciamo un salto e andiamo al momento in cui il processo le è stato tolto.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. No, presidente. Se mi consente, per rispondere completamente alla sua domanda vorrei aggiungere ancora qualche cosa.

PRESIDENTE. Cioè?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Era notorio che io fossi l'unico designato alla conduzione dell'inchiesta. Subito dopo l'estromissione (avete la possibilità di accertarlo) decine e decine di parlamentari, di ogni schieramento politico, scrissero che la motivazione addotta (disparità di vedute tra Pititto e De Gasperis)...

PRESIDENTE. Chiedo scusa: questa della disparità di vedute è la motivazione con la quale il processo le viene tolto.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Esatto.

PRESIDENTE. Domando: per quello che riguarda il frammento relativo all'assegnazione del processo e all'accertamento concernente l'assegnazione sostanziale soltanto


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a lei di questa inchiesta, questo è quanto lei ci ha potuto dire e che ha anche documentato con le indicazioni che provengono dalla relazione Calabria e vi dicendo. Siccome vogliamo pervenire alle cose per noi più importanti, anche se queste sono importantissime, vorremmo sapere da lei altre cose, per cui sarebbe forse il caso di passare al momento conclusivo, cioè al momento nel quale lei viene privato dell'inchiesta; perché quello è il momento in cui viene assunto il provvedimento al quale lei ha fatto riferimento, indicando come motivazione il fatto che si dica vi sarebbe stato un contrasto nella conduzione dell'inchiesta tra lei e il dottor De Gasperis. Fino a questo momento, quello che ci ha detto ci serve ad affermare che, siccome stava solo, non poteva esserci alcun contrasto.
Adesso, vogliamo accendere il riflettore sull'epoca in cui il processo le viene tolto da Vecchione?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Immagino, presidente, che lei voglia riferirsi all'ultima fase...

PRESIDENTE. All'ultimo momento, quando le è stato tolto il processo.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Come è arrivato il procuratore della Repubblica a togliermi il processo? Era venuto da me il dottor Cassini, credo, o qualcuno che faceva da ambasciatore in Somalia e mi aveva detto...

PRESIDENTE. Si trattava proprio di un ambasciatore?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. No, non credo che fosse ambasciatore. Ho detto che faceva da ambasciatore.

PRESIDENTE. Di questo parleremo quando tratteremo dell'inchiesta. Dunque, venne questo sedicente ambasciatore...

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Infatti, presidente, io avevo detto «dottor Cassini». Venne questo dottor Cassini e mi preannunciò che nel numero di Panorama della settimana successiva sarebbero state pubblicate delle fotografie di somali che sarebbero stati maltrattati da cittadini italiani, per cui una delle voci che correva era che l'omicidio di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin potesse essere stata una ritorsione rispetto a questi maltrattamenti. Era una voce; io, naturalmente, avevo il dovere di controllarla, per cui disposi che la DIGOS citasse il soggetto che aveva fatto le fotografie, tal Patruno, che poi divenne un personaggio famoso.
Dunque, dissi alla DIGOS di citare questo Patruno. L'ANSA lo venne a sapere ed emise un dispaccio, dicendo che io avevo convocato questo personaggio.

PRESIDENTE. Mentre lei non lo aveva comunicato all'ANSA?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Naturalmente no. Il procuratore Vecchione mi chiese, tra l'altro, di dirgli come l'ANSA l'avesse saputo ed io gli risposi che non ne sapevo nulla. Mi chiamò e mi disse: «Ma tu questo procedimento non ce l'hai assieme a De Gasperis?» gli risposi: «Formalmente è così, ma guarda che, sostanzialmente, le cose stanno in quest'altro modo». Si mostrò molto perplesso. Il giorno in cui dovevo sentire Patruno andai da lui e gli dissi: «Sopra c'è Patruno. Cosa vuoi che faccia? Vuoi sentirlo tu? Vuoi che lo senta io? Vuoi che lo senta assieme a De Gasperis? Vuoi che lo mandi a casa?». Lui mi rispose: «No. Voglio che tu lo senta assieme a De Gasperis».

PRESIDENTE. Allora non fu Vecchione che vi disse di sentirlo insieme; fu lei che andò a parlare con Vecchione.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Certo.


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PRESIDENTE. E perché fece questa...

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. E siccome ero andato una prima volta di prima mattina, e non c'era, dissi al maresciallo che stava nella sua anticamera di avvisarmi non appena fosse arrivato il procuratore Vecchione. Fui avvisato. Scesi e gli feci questo discorso.

PRESIDENTE. Perché fece questo discorso a Vecchione?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Perché lui mi aveva chiesto come mai la stampa avesse saputo di questo Patruno, mi aveva chiesto se non avessi l'inchiesta insieme a De Gasperis e quando gli avevo detto come stessero le cose aveva fatto un'espressione come per dire che la cosa non gli andava bene.

PRESIDENTE. Ho capito. Questa aggiunta non c'era; ora l'abbiamo, ed è bene che resti scritto.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Dunque, lui mi disse: «Desidero che tu lo senta assieme a De Gasperis» e lui stesso scrisse (lo avete): «Il dottor De Gasperis è pregato di presenziare all'escussione del teste Patruno (che poi, per la verità, non è un teste, tecnicamente parlando), convocato dal collega Pititto per le ore 10 odierne», il che significa che ero andato prima.
Viene il dottor De Gasperis nella mia stanza. Sentiamo questo Patruno: per la verità, lo sento io, perché De Gasperis non conosceva gli atti; però lo sentiamo civilmente. Firmiamo il verbale entrambi. A questo punto, naturalmente, se i fatti hanno un senso, se il problema del procuratore Vecchione era quello della conduzione congiunta dell'inchiesta, rispetto alla quale io mi ero mostrato disponibile già quando mi aveva chiamato la prima volta per chiedermi se l'inchiesta l'avessi coassegnata insieme a De Gasperis, allora il problema era risolto. Invece, presidente, non era per nulla risolto.

PRESIDENTE. Mi scusi se le formulo la domanda, ma dalle dichiarazioni spontanee risulta un po' difficile ricostruire. Lei vuol dire che nel momento in cui si verificò questo altro frammento di dinamica dei fatti, cui partecipa il dottor Salvatore Vecchione, il quale dispone che entrambi attendiate a questo atto, problemi di conduzione congiunta non ce ne erano, perché lei fino a quel momento era stato l'unico autore dell'inchiesta?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Più esattamente, se mi consente, presidente, intendo dire questo: io condussi l'inchiesta da solo perché questa fu la disposizione del procuratore...

PRESIDENTE. Ho capito, ho capito.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Voglio dire che quando Vecchione pose il problema, a seguito del comunicato-dispaccio ANSA, io gli dissi: «la situazione è questa. Però, se tu vuoi che io riprenda assieme a De Gasperis, non ho nessun problema a farlo». E, se volete, vi do la dimostrazione documentale di come io questo discorso della disponibilità a condurre l'inchiesta assieme a De Gasperis lo feci a De Gasperis stesso, in presenza di Vecchione, ancor prima che questi mi revocasse la designazione. Ho la prova documentale.

PRESIDENTE. Si fermi. Io voglio sapere una cosa: la motivazione, scritta o orale, fu che l'inchiesta aveva fatto registrare una diversità di opinioni sulla relativa conduzione, ma questa è cosa che non è oggettivamente avvenuta perché lei l'inchiesta, fino a quel momento, l'aveva condotta da solo. È esatto?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Però prima del 16, presidente, avevamo sentito assieme...


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PRESIDENTE. Dicendo «prima del 16» si riferisce a Patruno?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Prima del 13.

PRESIDENTE. Ma fino a Patruno, gli atti li ha compiuti solo lei?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Naturalmente.

PRESIDENTE. Quindi, nel momento in cui, per iscritto o a voce, è stato detto che la ragione per la quale l'inchiesta le è stata tolta consisteva nella disparità di opinioni o di vedute sulla conduzione, questo è un fatto oggettivamente non esistito. Esatto?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Mi scusi, presidente...

PRESIDENTE. Mi stia a sentire. Fino a quando non è stato sentito Patruno, da lei e da De Gasperis, la conduzione dell'inchiesta chi l'ha fatta?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Solo io.

PRESIDENTE. Solo lei. Quando si dice, a voce o per iscritto, che la ragione della sua sostituzione nell'inchiesta con colui che sarebbe intervenuto successivamente, cioè Ionta, derivava dal fatto che c'era una disparità di vedute nella conduzione dell'inchiesta, non era oggettivamente possibile.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Non era oggettivamente possibile considerato, però, presidente, che... C'è una riprova del fatto che non fosse oggettivamente possibile: non era oggettivamente possibile fino al 13 giugno perché l'inchiesta l'avevo condotta io solo.

PRESIDENTE. Va bene, ho capito.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. C'era la riprova della possibilità di condurla congiuntamente perché prima ancora della revoca io avevo...

PRESIDENTE. Questo l'ho capito, ma voglio sapere un'altra cosa. Esattamente questa: è vero o non è vero (perché la cosa è importante) che quando lei è stato convocato dal dottor Salvatore Vecchione le fu contestata la conduzione dell'inchiesta perché lei aveva rapporti troppo stretti e troppo frequenti con la stampa?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. No. Ma c'è di più, presidente.

PRESIDENTE. Nei giorni in cui lei viene chiamato da Vecchione, il quale le dice che il dottor De Gasperis era in codelega, in cui viene messo per iscritto che lei deve sentire Patruno insieme a De Gasperis, qualcuno (Vecchione, De Gasperis o chiunque altro) le ha mai contestato i suoi troppo frequenti, secondo lui, rapporti con la stampa?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. No, no.

PRESIDENTE. Nessuno. Le ho fatto la domanda perché da parte di Vecchione ed anche, in un certo senso, di De Gasperis è stato detto che la divergenza di opinioni sulla conduzione dell'inchiesta sarebbe consistita nel fatto che non si condivideva da parte del dottor Salvatore Vecchione questo contatto con la stampa. Le domando se tale affermazione abbia un addentellato di fatto.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Il dottor Vecchione non mi ha mai contestato fatti del genere. Non mi ha mai detto «non mi piace che tu abbia rapporti con la stampa». Mi ha chiesto


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per iscritto, in questa occasione, come mai l'ANSA fosse venuta a conoscenza della convocazione del Patruno. Quindi la riposta è questa per quanto riguarda...

PRESIDENTE. Quindi, la sua risposta fu negativa.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. È scritto, presidente, non è che io me lo inventi. È scritta la mia risposta.

PRESIDENTE. Dove è scritta?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Lettera del 9 giugno 1997: «Da notizie radio diffuse questa mattina risulta che la signoria vostra ha disposto la convocazione di certo Patruno, soggetto noto (...). Poiché la notizia, così come diffusa, si presenta lesiva del segreto di indagine...». Ho risposto che non sapevo nulla di questa questione, ma vorrei sottolineare, giusto per quello che vale, come sia errato in diritto sostenere che la comunicazione della convocazione di una persona informata dei fatti costituisca violazione del segreto, perché è evidente l'errore giuridico in cui si cade: si confonde il contenuto dell'atto con la notizia dell'atto. Comunque, lasciamo perdere quest'altra affermazione di diritto. Dunque, Vecchione mi chiede se risponda a verità che io avessi convocato il Patruno e, in caso risponda a verità, «con quali modalità la signoria vostra ha disposto la convocazione del Patruno, quali sono i soggetti istituzionali consapevoli dell'oggetto e la finalità della convocazione, attraverso quali canali gli organi di stampa siano venuti a conoscenza (...)».
9 giugno 1997, presidente: è la data della mia risposta riservata personale all'illustrissimo signor procuratore della Repubblica. Leggo testualmente: «con riferimento alla nota in oggetto indicata comunico quanto segue: 1) risponde a verità che ho disposto la convocazione del Patruno nell'ambito delle indagini relative all'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin; 2) la convocazione è stata disposta a mezzo della Digos di Roma, che collabora alle indagini suddette, con telefonata da me effettuata; 3) nessun soggetto istituzionale, a parte il funzionario della Digos a cui ho richiesto la convocazione del Patruno, risulta a me essere consapevole della convocazione medesima; 4) nulla sono ovviamente in grado di dire in ordine al punto 4) della sua missiva». Preciso che il punto 3) corrispondeva alla domanda: «quali sono i soggetti istituzionali consapevoli dell'oggetto e della finalità della convocazione?», mentre il punto 4) corrispondeva alla domanda: «attraverso quali canali gli organi di stampa sono venuti a conoscenza della determinazione della signoria vostra?».

PRESIDENTE. Quindi, se fosse vero quello che lei afferma, da parte del procuratore Vecchione sarebbero state fatte affermazioni non corrispondenti al vero. Poi, faremo un confronto e vedremo che cosa ne viene fuori.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Certo, naturalmente.

GIUSEPPE CALDAROLA. Non c'è una replica del dottor Vecchione a questa sua ultima lettera?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Sì, onorevole, è il provvedimento di revoca.

PRESIDENTE. Dottor Pititto, questo è il primo scontro che lei ha avuto con il dottor Vecchione o c'era stato qualcosa in precedenza, qualche avvisaglia? Era da poco, forse, che era arrivato, ma tanto può bastare per avere una disparità di opinioni.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Per quanto mi riguarda, sono sempre stato corretto e cortese - come era dovuto - con il procuratore della Repubblica,


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tant'è che lui me ne ha dato atto in sede di Consiglio superiore della magistratura. Ad una mia domanda se, al di fuori di un dissenso che c'era stato con riferimento non ricordo a quale inchiesta, mi fossi sempre comportato correttamente con lui, ha risposto: «dal punto di vista formale, sì». Dunque, non c'era stata, signor presidente, nessuna ragione di attrito tra me e lui.

PRESIDENTE. Può sinteticamente dire delle ragioni di attrito che, invece, si sono verificate dopo la vicenda riguardante Ilaria Alpi? Questa vicenda, sappiamo, si conclude con l'estromissione di Giuseppe Pititto e l'affidamento dell'incarico al dottor Franco Ionta, in codelega con lo stesso Vecchione.
Ce ne può parlare, in maniera sintetica, per capire complessivamente quale fosse il clima?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Signor presidente, non vuole che le dica com'è che ad un certo punto spunta fuori questo provvedimento di revoca, secondo la mia opinione? Sempre che lei ritenga che sia interessante.

PRESIDENTE. Come no, certamente.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Se il problema del procuratore della Repubblica era la designazione congiunta, posto che il 13 giugno 1997 io e il De Gasperis abbiamo tranquillamente ripreso la conduzione congiunta dell'inchiesta, come si spiega che il 16 giugno - cioè, dopo tre giorni -, una volta che il risultato da lui perseguito (ovvero, la conduzione congiunta) era stato raggiunto, mi abbia tolto l'inchiesta con una motivazione falsa?
Presidente, le espongo i fatti. A seguito di informative della Digos di Udine che mi forniva alcune notizie, come loro sanno, senza indicare la fonte...

PRESIDENTE. Ma qui siamo prima o dopo la revoca?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Prima, presidente.

PRESIDENTE. No, vorrei sapere dei fatti successivi alla revoca; poi, dopo, parliamo dell'inchiesta. Dividiamo bene i periodi.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. D'accordo. Mi tolse l'inchiesta proprio quando stavano giungendo quei due testimoni oculari.

PRESIDENTE. Questo lo sappiamo. Vorrei sapere gli altri motivi di scontro tra lei e il dottor Vecchione dopo la vicenda Ilaria Alpi.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Successivamente, non ci siamo più parlati. Credo che ci siamo parlati solo qualche volta, perché iniziò da parte del procuratore della Repubblica una serie infinita di rapporti al Consiglio superiore della magistratura, al ministro di grazia e giustizia, al procuratore generale della Cassazione per qualsiasi cosa potesse consentirgli di farlo. Quando dico «consentirgli» intendo dire «dargli la possibilità», non intendo dire «consentirglielo in base alle regole poste». Se vuole qualche esempio, presidente...

DOMENICO TUCCILLO. Presidente, posso rivolgere una domanda al dottor Pititto?

PRESIDENTE. Prego, onorevole Tuccillo.

DOMENICO TUCCILLO. Dottor Pititto, lei ha detto che il 13 giugno, insieme al dottor De Gasperis avete - se ho capito bene: mi scuserà ma anche noi siamo stanchi - proceduto all'interrogatorio del fotografo e che il successivo 16 giugno le è stato revocato l'incarico. Le chiedo: nel corso dell'interrogatorio, nell'esame della persona, nella valutazione dei fatti vi è


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stata qualche discussione, qualche diversità di veduta o di valutazioni tra lei e il De Gasperis?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Assolutamente no, onorevole. Il dottor De Gasperis venne nella mia stanza, io mi alzai per salutarlo, poi lui si mise accanto a me, stette lì, sentì il Patruno, firmammo il verbale e se ne andò.

PRESIDENTE. Torniamo a noi. Le chiedo di indicare brevemente fatti e circostanze del suo rapporto successivo con il dottor Vecchione non sul piano personale - che non mi interessa - ma sul piano dello svolgimento delle sue funzioni di pubblico ministero.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Da dove inizio, presidente? Innanzitutto, presidente, posso rettificarla?

PRESIDENTE. Prego, vi sono abituato...

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Allora, debbo rettificarla. Un componente della Commissione, rivolgendosi ai coniugi Alpi, ha osservato: «l'inchiesta venne avocata a Pititto in un momento particolarmente importante» e lei, da presidente terzo, ha precisato «naturalmente, secondo la ricostruzione dei signori Alpi». Io che ho il dovere della terzietà rispetto ai fatti, ma che sono una persona che viene audita devo dire: «non secondo la ricostruzione dei signori Alpi» bensì «secondo il linguaggio dei fatti». Non si può contestare, infatti, che costituisse un momento particolarmente delicato dell'inchiesta quello in cui stavo per sentire i due testimoni oculari del duplice omicidio da me individuati.

MAURO BULGARELLI. Quando stava per sentirli?

PRESIDENTE. Scusatemi, non perdiamo tempo, potrete fare le domande successivamente. Prego, dottor Pititto.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Questa è la seconda rettifica che volevo fare, signor presidente. Un componente della Commissione disse: «Pititto subì una persecuzione disciplinare in relazione alla vicenda Ilaria Alpi e Miran Hrovatin» e lei, presidente, doverosamente, perché ne era convinto, prima ancora che i coniugi Alpi rispondessero, ha detto (ed io ho apprezzato il suo senso della terzietà): «Vorrei che si tenesse conto di un particolare: gli illeciti disciplinari contestati al dottor Pititto non avevano riferimento alla vicenda di Ilaria Alpi».

PRESIDENTE. Invece, non è così? Allora, ho sbagliato; siccome le contestazioni erano una marea, quella su Ilaria Alpi mi era sfuggita.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Presidente, ci sono state sette segnalazioni del procuratore della Repubblica a mio carico, con riferimento alla vicenda Alpi. Io ho subìto uno tra i tanti procedimenti disciplinari con diversi addebiti, con riferimento alla vicenda di Ilaria Alpi, sia con riferimento a dichiarazioni da me rese...

PRESIDENTE. Dottor Pititto, sappiamo che da queste incolpazioni lei è stato sempre e soltanto assolto; abbiamo i documenti, dunque apprenderemo tutte i fatti dei quali ci sta parlando. Ora, però, abbiamo interesse a chiarire la questione dal punto di vista delle possibili anomalie processuali e sul piano dei contributi investigativi che lei stava fornendo: mi faccia chiudere il primo capitolo, così apriamo subito il secondo.
Lei ha detto che fino al 13-16 giugno non vi è stata alcuna controversia tra lei e il dottor Vecchione e, dunque, la controversia si apre con la vicenda Ilaria Alpi di cui, ormai abbiamo capito tutto, almeno per quello che mi riguarda. Per capire, in base ai comportamenti del «dopo», se sia possibile avere una chiave interpretativa del «prima», le chiedo: al di là dei procedimenti


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disciplinari, che conosciamo e sappiamo come sono andati a finire, nell'esercizio delle sue funzioni di pubblico ministero presso la procura di Roma, il dottor Salvatore Vecchione ha assunto provvedimenti, iniziative che hanno - secondo una sua logica: potrebbe darsi che sia sbagliata come potrebbe darsi che sia sbagliato quello che sto dicendo io - turbato lo svolgimento della sua attività investigativa?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. In altri procedimenti, presidente?

PRESIDENTE. Esatto.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Ma certamente! Basterebbe richiamare l'inchiesta sui cacciabombardieri AMX. Quella, presidente, è una vicenda molto più grave, infinitamente più grave di questa.
Vi espongo brevemente i fatti. In poco tempo, erano precipitati molti cacciabombardieri AMX ed erano morti diversi piloti. Dunque, ho emesso un decreto di sequestro probatorio, dichiaratamente finalizzato all'accertamento delle cause degli incidenti, ovvero per accertare per quale motivo gli AMX precipitassero. Ho affidato l'esecuzione del decreto al comandate la polizia tributaria di Roma, il quale portò a conoscenza del procuratore della Repubblica che avevo emesso un decreto di sequestro di un cacciabombardiere, senza farglielo leggere: gli disse soltanto che lo avevo emesso. Il procuratore Vecchione disse al colonnello comandante il nucleo di polizia tributaria - vorrei citare testualmente, presidente - ...

DOMENICO TUCCILLO. Mi scusi, dottor Pititto, questo fatto quando è avvenuto? Successivamente alla vicenda Alpi?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Sì, successivamente alla vicenda Alpi. Il decreto di sequestro è del 14 aprile 1999 e in esso espressamente dichiaravo: «Occorre ed è preliminare rispetto ad altri provvedimenti accertare la sussistenza dei difetti strutturali dei velivoli, che allo stato appare probabile».
Ebbene, il procuratore della Repubblica, informato del decreto di sequestro dall'ufficiale di polizia giudiziaria, lo ha invitato - ascoltate! - a recapitarglielo e ad attendere le sue direttive: l'unico magistrato designato alla conduzione dell'inchiesta emette un decreto di sequestro probatorio ed il procuratore della Repubblica, sulla base soltanto della sua posizione, invita l'ufficiale di polizia giudiziaria a recapitargli il provvedimento e ad attendere le sue direttive! Presidente, lui non aveva alcun potere giurisdizionale che gli consentisse di interferire personalmente, se prima quanto meno non mi avesse revocato la designazione. Ma Vecchione bloccò l'esecuzione del decreto senza neanche averlo letto, al solo aver saputo di cosa si trattasse. E cosa fa? Dopo aver dato quelle disposizioni, emette un provvedimento delegando un procuratore aggiunto a verificare se ricorressero le condizioni per poter emettere quel decreto di sequestro e se io fossi stato tenuto, prima di emetterlo, ad informarlo; però, ha contestualmente disposto - cito testualmente -: «l'esecuzione del provvedimento di sequestro è sospesa sino all'esito degli accertamenti». Ovvero, ha sospeso l'esecuzione di un decreto non perché avesse accertato una illegittimità o anche soltanto una irregolarità, ma solo al fine di verificare se ricorressero le condizioni per emettere quel decreto (problema che non lo riguardava, giacché non lo poteva riguardare) o se io fossi stato tenuto previamente ad informarlo.

PRESIDENTE. Poi, lei ha tenuto il processo?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. No, presidente, perché dopo quel provvedimento egli mi ha revocato la designazione, assumendo che esistevano ragioni


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di opportunità per cui io non avrei dovuto emettere quel decreto, in quanto il cacciabombardiere AMX era utilizzato per finalità belliche in corso. Poi, ha detto che io avrei dovuto informarlo prima di emettere il decreto di sequestro. A quel punto, presidente, mi sono rivolto al Consiglio superiore della magistratura...

ELETTRA DEIANA. Quando è successo ciò?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Il 21 aprile 1999, onorevole, quindi dopo la vicenda di cui vi occupate. Dunque, a quel punto, mi rivolgo al Consiglio superiore della magistratura e sostengo che la revoca non è legittima, bensì illegittima. La Commissione competente recepisce le mie ragioni e propone al Consiglio superiore della magistratura di dichiarare l'illegittimità della revoca. A questo punto, Vecchione interviene con una memoria al CSM, in cui ribadisce che io avrei avuto il dovere di informarlo prima di emettere il decreto di sequestro. Il Consiglio superiore della magistratura si trova davanti, da un lato, alla proposta della Commissione che sostiene che Pititto ha ragione (consentitemi la sintesi), dall'altro alla memoria del procuratore Vecchione che afferma che io lo avrei dovuto informare. Il CSM decide che occorre verificare se io fossi tenuto ad informare o meno il procuratore. Ma come agisce il vecchio Consiglio superiore della magistratura? Chiamando Pititto? Chiamando Vecchione? Chiedendo le circolari? No, interviene con quello che io ho sempre definito un «provvidenziale» procedimento disciplinare: per accertare se io fossi tenuto o meno ad informare il procuratore della Repubblica prima di emettere il decreto di sequestro, intanto è stato instaurato un procedimento disciplinare contro di me con l'addebito di aver emesso il decreto di sequestro senza prima aver informato Vecchione.

PRESIDENTE. Va bene.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Mi consenta, presidente, di parlarle della conclusione di questa vicenda, che è importante. Dunque, si celebra questo procedimento disciplinare con l'addebito a Pititto di avere emesso un decreto di sequestro senza avere informato il procuratore della Repubblica. Pititto viene assolto da quell'addebito. La sezione disciplinare stabilisce che Pititto non era tenuto ad informare il procuratore della Repubblica. E allora, signori onorevoli, da un lato c'è la proposta della competente commissione che dice che questa revoca è illegittima (questa è la proposta della commissione al plenum). Il plenum aveva stabilito una sospensione per accertare questo fatto. La sezione disciplinare dice: «Pititto ha ragione, non doveva informarlo». Quale era la conclusione logica che, a questo punto, il Consiglio superiore della magistratura avrebbe dovuto adottare? Che la revoca era illegittima.

PRESIDENTE. Questa è la logica.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Manco per niente. Lo ripeto: manco per niente! Il Consiglio superiore della magistratura dice che bene ha fatto Vecchione ...

PRESIDENTE. Mi scusi, ...

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Mi consenta, Presidente, ci sono i morti ...

PRESIDENTE. Ho capito, ma noi non possiamo fare la storia del suo procedimento disciplinare. Mi dia soltanto i passaggi. Abbiamo capito che la logica avrebbe portato ad agire nei confronti di Vecchione, ma la cosa non è stata fatta. Ciò appartiene alla normalità della nostra vita istituzionale.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di


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L'Aquila. Signor presidente, dopo che mi è stata tolta l'inchiesta, sono morti tre ragazzi a bordo di tre cacciabombardieri. Se mi avessero consentito di accertare le cause per cui questi cacciabombardieri cadevano, si sarebbero potute risparmiare le vite di questi tre ragazzi.

PRESIDENTE. Può raccontarci sinteticamente altri episodi?

RAFFAELLO DE BRASI. Ce ne sono diversi? Prego se ci sono li ascoltiamo.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Ne citerò solo alcuni. Stavo conducendo un'inchiesta a carico, originariamente, di Francesco Angelini, titolare dell'omonima casa farmaceutica, su denuncia della sorella, Luisa Angelini. Nel corso dell'indagine emersero degli elementi per cui ritenni di dover iscrivere Luisa Angelini, che era parte offesa, denunciante, nel registro degli indagati e, successivamente, ne chiesi anche il rinvio a giudizio. Prima ancora di chiedere il rinvio a giudizio e a termine di indagini scaduto, la Guardia di finanza mi segnalò l'opportunità di acquisire taluni documenti all'estero. Ritenni che la cosa fosse rilevante e pensai di poterlo fare nonostante la scadenza del termine delle indagini preliminari perché, come lei sa, professor Taormina e come sa l'avvocato Ranieli, lo svolgimento di indagini da parte del pubblico ministero al di là del termine rende al più inutilizzabili gli accertamenti, peraltro su eccezione della parte interessata. Feci questi accertamenti. Naturalmente, la cosa si seppe e naturalmente Pititto venne denunciato perché aveva disposto una costosa rogatoria internazionale all'estero a termine di indagini scaduto. A proposito della costosa rogatoria, il suo costo fu di un milione e sedicimila lire, giusto per pagare gli interpreti che mi avevano tradotto le richieste agli organi di polizia stranieri. Come nasce questo procedimento? Vecchione, naturalmente, riferisce all'ispettore ministeriale nell'ambito della prima inchiesta. L'ispettore riferisce al ministro. Il ministro dispone subito un'inchiesta. Il ministro di grazia e giustizia promotore di questa inchiesta è stato il professor Giovanni Maria Flick, il quale, prima di entrare a far parte del Governo come ministro, era venuto a parlarmi come difensore di Francesco Angelini, uno degli indagati. Cioè, il professor Flick, da avvocato si era impegnato quale difensore dell'indagato Francesco Angelini ...

DOMENICO TUCCILLO. Presidente, per favore, non possiamo ...
Abbiamo ancora molto da fare.

MICHELE RANIELI. Dottor Pititto, tutto questo ha valore in un altro contesto.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Non vuole che le racconti gli altri episodi, Presidente?

PRESIDENTE. A noi interessano i comportamenti del dottor Vecchione.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. È lui che lo ha promosso.

RAFFAELLO DE BRASI. C'è il problema di come procediamo nel lavoro.

PRESIDENTE. Perché, qual è il problema? Sull'ordine dei lavori? Prego, onorevole De Brasi.

RAFFAELLO DE BRASI. È chiaro che se noi facciamo l'excursus dei problemi che ci sono stati tra Pititto e Vecchione (e sono parecchie, ne abbiamo un elenco, le cose che non sono andate tra loro) e di tutti i processi e di tutte le indagini che hanno formato l'oggetto di questi rapporti, secondo me - questa è la mia impressione - perdiamo il fulcro del ragionamento, che è il seguente. Si dice: arriva il dottor Pititto e c'è una svolta nelle indagini; si toglie il dottor Pititto e c'è un'influenza negativa sulle indagini. Questa, secondo me, è la cosa che dovremmo esaminare fino in fondo.


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PRESIDENTE. Sì, ma adesso lo facciamo.

RAFFAELLO DE BRASI. Non possiamo fare la storia di tutti i processi.

PRESIDENTE. Adesso lo facciamo.
Contemperiamo tutte le esigenze in questo modo: se lei ha altri episodi di questo tipo da raccontare in due parole, con i quali possiamo individuare eventuali comportamenti, ce li può illustrare.

RAFFAELLO DE BRASI. Bisogna risentire Vecchione.

PRESIDENTE. Certo, dobbiamo risentire Vecchione.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Sono doverosamente disponibile al confronto.

PRESIDENTE. Sì, per carità, ma se farlo lo decideremo. Comunque, prendo atto della sua disponibilità. Può dunque parlarci di questi comportamenti, perché a noi interessa capire se la vicenda Ilaria Alpi sia stato l'elemento scatenante, oppure no. Tutto qua. È questo quello che vogliamo capire. Successivamente, oltre alla vicenda dei cacciabombardieri, ci sono state altre situazioni di interferenza nelle indagini da parte del procuratore della Repubblica? Sì o no, in due parole.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Interferenza? Mi è stata tolta quella sugli Amx, poi, per quanto riguarda l'inchiesta sugli autobus Acotral, era emerso che questi pullman erano stati pagati molto di più di quanto dovessero essere pagati. Io, pur non essendo tenuto a farlo, andai a dirgli che intendevo sequestrare soltanto la somma in più che si sarebbe dovuta pagare. Lui mi disse di rivolgermi all'aggiunto Torri. Mi rivolsi all'aggiunto Torri, che però mi disse di andarne a parlare con Vecchione. Vecchione mi disse di far fare una consulenza. Io feci fare una consulenza e la consulenza mi diede ragione. A questo punto, gli dissi che volevo procedere al sequestro. Mi pare che fu lui a chiedermi di risentire i consulenti. Comunque, li risentii. Essi confermarono che i prezzi erano eccessivi. A questo punto, predisposi il decreto di sequestro. Glielo mandai e rinunciai all'inchiesta. Dovetti rinunciare all'inchiesta.

PRESIDENTE. Perfetto, e questo è già un passaggio. Benissimo. Altri episodi?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Come voi sapete, la scarcerazione degli indagati (in quel caso si trattava di un indagato) per decorrenza dei termini è un compito del giudice, ai sensi dell'articolo 306 del codice di procedura penale. Alla procura di Roma, che come ho detto in un'audizione davanti al Consiglio superiore della magistratura era una procura della Repubblica fondata sulle circolari, c'era una circolare in base alla quale il pubblico ministero, in prossimità della scadenza del termine di custodia cautelare, doveva informare il giudice per dirgli: guarda che sta scadendo il termine, provvedi a scarcerarlo.
Io non conoscevo questa circolare, e quindi naturalmente non avvisai alcuno. Me ne duole, naturalmente, per la sua libertà personale, che ne risultò pregiudicata: un indagato, tal Ben Bakir, restò in carcere più del dovuto. Vecchione, naturalmente, mi scrisse: perché non hai avvisato il giudice? Gli ho spiegato che non lo avevo avvisato perché non conoscevo la circolare.
Naturalmente, ne scaturì un altro procedimento disciplinare a mio carico. Ma l'assurdo qual è? È che il capo dell'ispettorato generale del ministero, essendo pacifico che Pititto comunque avrebbe dovuto subire il procedimento disciplinare, si rendeva però conto come fosse indecente sottoporre a procedimento disciplinare il pubblico ministero che non aveva osservato la circolare e non anche il giudice che non aveva osservato la legge, e propose al ministro Flick di procedere contro entrambi,


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contro il giudice e contro il pubblico ministero. Risultato: procedimento disciplinare a carico del solo pubblico ministero Pititto.

PRESIDENTE. Va bene, questo va bene. Poi?
Siccome la stampa ne ha parlato, glielo dico io che cosa voglio sapere. C'è stata un'inchiesta che portò il procuratore della Repubblica a mandare i carabinieri nel suo ufficio a prendersi gli atti?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Sì.

PRESIDENTE. Questo è quello che ci deve dire.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Presidente, i casi sono moltissimi, ma a lei sembra semplice!

PRESIDENTE. Ma io voglio sapere questo, il resto non mi interessa.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Bene. Stavo conducendo un'inchiesta a carico di vari indagati, tra i quali vi era il Presidente del Consiglio dell'epoca o quello precedente. Il fatto si è svolto nel 1998, ma non ricordo bene. Tra gli indagati vi era il Presidente del Consiglio in carica o colui che era stato immediatamente prima Presidente del Consiglio.
Ero a Napoli per impegni personali. Mi telefonò la mia segretaria e mi disse: ha telefonato la segretaria del procuratore e mi ha detto di portargli giù il fascicolo perché lo vuole il procuratore della Repubblica. Io risposi: se il procuratore della Repubblica vuole un fascicolo ne faccia richiesta. Lei risponda che ho io il fascicolo. Era inoltre inconcepibile che io trasmettessi qualsiasi procedimento, ma soprattutto un fascicolo di quel genere, primo, senza fare l'indice degli atti; secondo, senza chiuderlo in una busta. Risposi alla segretaria: dica al procuratore che il fascicolo ce l'ho io. Il procuratore mandò un carabiniere nel mio ufficio, sempre mentre io ero fuori, trovarono il fascicolo e se lo presero. Ne seguì, naturalmente, un procedimento disciplinare.

RAFFAELLO DE BRASI. Chiedo scusa, Presidente. Il dottor Pititto denunciò Vecchione al Consiglio superiore della magistratura?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Io? Io subii un procedimento disciplinare.

PRESIDENTE. Lui ebbe un procedimento disciplinare perché non glielo aveva mandato.

RAFFAELLO DE BRASI. Lei non fece nulla nei suoi confronti, visto che gli aveva sottratto il fascicolo?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Ho fatto tutto. Mi sono sempre rivolto agli organi istituzionali. Mi sono rivolto alla stampa soltanto quando...

ELETTRA DEIANA. Il quadro è chiaro.

PRESIDENTE. Appunto, il quadro è chiaro.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Mi consente ancora due minuti, Presidente?

PRESIDENTE. Magari rispondendo alle domande.
A questo punto, direi di aprire il primo giro di domande sul capitolo rapporti personali e ufficiali tra Pititto e Vecchione. L'onorevole De Brasi ha chiesto di parlare, può intervenire.

RAFFAELLO DE BRASI. È chiaro che in tutti i casi che sono stati presentati dal dottor Pititto dovremo sentire di nuovo il dottor Vecchione, perché, quando Vecchione


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è venuto, si è soffermato soprattutto sulla questione della revoca e sugli effetti di questa revoca sulle indagini. Come dicevo prima, sono molto più interessato - anche se non dico che il resto non abbia importanza, sia chiaro - a capire per quale ragione ci sia questa tesi, che è anche apparsa in Commissione ripetutamente, secondo la quale quando lei ricevette l'incarico da parte di Coiro si dice che ci fu una vera e propria svolta dell'indagine e, così come si è sentito dire anche in Commissione, nelle audizioni, quando le fu revocato il mandato, vi fu invece una influenza negativa sulle indagini. A noi interessa capire bene questo snodo.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole De Brasi, di questo però parliamo dopo.

RAFFAELLO DE BRASI. Infatti.
Invece, sulla questione, Vecchione che cosa dice? Vecchione non dice solo - quindi vorrei conoscere il suo parere su quello che le sto dicendo - che vi è stata una disparità di vedute sulla conduzione dell'indagine. E lei ci ha spiegato che, come io penso, a un certo punto Coiro fa la scelta di coaffidare a lei l'indagine. Naturalmente, De Gasperis se ne risente, arriva a dire - come lei d'altra parte sa benissimo - che c'è stato uno spossessamento (ma non da parte sua) dell'indagine che lui conduceva. È ovvio che ci sia un atteggiamento di questo genere. Ci sono gli atti che lo dicono chiaramente.
Ad un certo punto, lei ha condotto da solo, con una posizione completamente passiva - diciamo - di De Gasperis, le indagini. Io penso che siamo arrivati ad una conclusione.
C'è invece un altro aspetto della dichiarazione di Vecchione, sulla quale ci siamo soffermati solo in parte. Vecchione dice: da quando l'indagine viene affidata al dottor Pititto - mi riferisco alle parole esatte - c'è una pubblicizzazione delle indagini e, in secondo luogo - c'è un'affermazione più specifica - in cui si dice (io non citerò l'atto, perché è stato secretato) ma in particolare si fa riferimento al fatto che lei volesse fare questo atto, che viene pubblicato prima addirittura del suo compimento, e nel decreto di revoca c'è un riferimento esplicito, preciso, a questo atto, di cui ancora non abbiamo parlato e siccome è anche secretato, a meno che non vogliamo secretarlo, posso dirlo esplicitamente.

PRESIDENTE. Ne abbiamo parlato anche stamattina.

RAFFAELLO DE BRASI. L'ho chiesto a lei.
Nel momento in cui lei, dottor Pititto, decide sulla base delle cose che ha visto e acquisito, di iscrivere nel registro degli indagati il sultano di Bosaso, la critica che le viene rivolta è che prima che l'atto venga compiuto se ne apprende la notizia sulla stampa. La mia domanda è molto specifica e riguarda la questione della pubblicizzazione: praticamente Vecchione dice che arriva Pititto e sulla stampa si comincia a parlare di queste indagini. In secondo luogo, le chiedo una cosa più specifica, visto che nel decreto di revoca il dottor Vecchione fa riferimento all'articolo 329 del codice di procedura penale dove dice che lei ha praticamente commesso un reato. Vorrei conoscere il suo parere su questo.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Innanzitutto, il mio parere è che se il dottor Vecchione interpreta l'articolo 329 nel senso da lei indicato e come parrebbe, per la verità, anche alla stregua del suo provvedimento, non sappia interpretare la norma del codice di procedura penale. Infatti, lo ripeto, l'articolo 329 del codice di procedura penale secreta il contenuto degli atti, non la notizia dell'atto. Se io, pubblico ministero, dico che domani cito Tizio, per sentirlo, non commetto nessun reato. Commetto reato nel momento in cui vado a dire alla stampa quello che Tizio mi ha riferito. Primo. Credo di aver risposto a questa domanda con riferimento all'atto specifico. Poi, lei dice che il dottor Vecchioni ha detto che


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da quando Pititto ha cominciato a condurre questa inchiesta sulla stampa se n'è parlato tanto?

MICHELE RANIELI. Non se n'è parlato per dieci anni.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. È vero, ma questo, consentitemi, rende ancora più grave e più falso questo provvedimento. Infatti, se Vecchione mi avesse tolto l'inchiesta per il fatto che io avessi fatto in ipotesi pubblicità su questa inchiesta, lui avrebbe avuto il dovere di scriverlo: io ti tolgo l'inchiesta perché tu hai contatti con la stampa a proposito di questa inchiesta, ma non può addurre un motivo falso.
Questa motivazione, onorevole, è una motivazione ex post. Mi riferisco cioè alla motivazione per cui mi sarebbe stata sottratta l'inchiesta per il fatto che determinati atti fossero stati conosciuti a mezzo stampa. Perché non l'ha detto? Se questa era la motivazione, perché non l'ha scritto? Tolgo l'inchiesta a Pititto perché Pititto ha dato notizia alla stampa sui giornali.

RAFFAELLO DE BRASI. Abbiamo il decreto di revoca e c'è scritto.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. No, mi consenta.
È scritto: rilevato che dai colloqui intercorsi tra lo scrivente e i due magistrati è emerso che non è utile che prosegua la designazione congiunta, che esiste disparità di vedute sulle modalità di conduzione dell'indagine medesima, resa palese dalla circostanza oggettiva che il consigliere Pititto omise di coordinarsi con il consigliere De Gasperis nel compimento di un atto istruttorio di notevole rilevanza, atto peraltro - e qui c'è un errore giuridico - che concernendo un procedimento nella fase di indagine preliminare doveva essere tenuto segreto ai sensi dell'articolo 329... Mi vuol dire lei, che la domanda mi ha posto, dov'è che in questo provvedimento si fa riferimento a miei rapporti con la stampa che egli abbia ritenuto di porre a fondamento della revoca?
Non esistono. Mi consenta, l'ha letto superficialmente, onorevole.

RAFFAELLO DE BRASI. Io l'ho letto!

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Mi consenta, l'ha letto superficialmente.

RAFFAELLO DE BRASI. No, l'ho letto. Lei non ha letto le parti secretate, quindi non può sapere dove lo abbiamo letto noi.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Ma io mi attengo al provvedimento, onorevole!

RAFFAELLO DE BRASI. Va bene, ma quello che è stato secretato - e che io ho letto - dice chiaramente le cose che ho detto io.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Allora, lo si metta a confronto con me!

RAFFAELLO DE BRASI. Quindi, non è che le cose me le sia inventate...

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Lo credo bene, onorevole.

RAFFAELLO DE BRASI. Io le ho lette e gliele riporto.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Ho capito, onorevole, ma la risposta è quella che le ho dato.

RAFFAELLO DE BRASI. Dice Vecchione: «menzionato nel decreto di revoca e c'è anche un allegato da vedere».


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GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Adesso lo vediamo. Intanto, nel provvedimento di revoca c'è solo un errore giuridico, sotto questo profilo. Io non so a quale allegato si riferisca, me lo si dica. Se mi si dice qual è l'allegato, posso rispondere.

PRESIDENTE. L'allegato dovrebbe essere quel manoscritto di cui abbiamo detto prima.

RAFFAELLO DE BRASI. Comunque, nell'audizione, Vecchione lo ha detto apertamente anche nella parte non secretata.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Onorevole, mi consenta. In questa vicenda io citavo quei fatti non così, giusto per uno sfogo o perché ho l'opportunità di parlare dinanzi ad un'espressione qualificata del Parlamento della Repubblica ma per dire come ci sia stata tutta una serie di azioni contro di me fondate sulla negazione della verità, sulla negazione dell'evidenza.

PRESIDENTE. Va bene, abbiamo capito che la condizione psicologica di entrambi non è delle migliori...

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. No, presidente, la mia è tranquilla.

PRESIDENTE. Dottor Pititto, se l'onorevole De Brasi mi permette di interloquire, la domanda precisa è un'altra. Leggo testualmente (questo non è un atto secretato): «omise di coordinarsi con il consigliere De Gasperis nel compimento di un atto istruttorio di notevole rilevanza». L'atto istruttorio di notevole rilevanza del quale discutiamo è l'audizione di Patruno. Le domando: che cosa significa l'affermazione «omise di coordinarsi con il consigliere De Gasperis nel compimento di un atto istruttorio di notevole rilevanza»? Ci fu o non ci fu questa omissione? Questa è la domanda cui lei deve rispondere.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Ma che cosa dovevo coordinare con lui, se lui si disinteressava dell'inchiesta da un anno e tre mesi, ovvero da quando io vi ero entrato? Quando mai gli avevo detto: «guarda, domani compio il tale atto»?

PRESIDENTE. Va bene. Su questo punto, c'era stata un'avvisaglia, un motivo per il quale - diversamente da come aveva fatto lei per un anno e mezzo - dovesse avvertire l'esigenza, magari soltanto deontologica, di coordinarsi con il dottor De Gasperis? Questo è il problema.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Presidente, se io non ritenni di coordinarmi con lui per fare l'esame autoptico, per andare a sentire l'indagato nello Yemen, vuole che mi preoccupassi di coordinarmi con lui in quel caso? Perché mai avrei dovuto farlo, se lui aveva restituito gli atti?

PRESIDENTE. Allora, c'è stato un problema di coordinamento o non c'è stato?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. No, presidente, assolutamente, no. Il problema di Patruno si è posto quando è uscita la notizia sull'ANSA e Vecchione mi chiamò.

PRESIDENTE. Sta bene. Do ora la parola all'onorevole Cannella.

PIETRO CANNELLA. Grazie, presidente. Dottor Pititto, il dottor De Gasperis ha fatto riferimento a una diversità di vedute: tra le righe, ha detto di avere la consapevolezza, la sensazione, che questo duplice omicidio sia occasionale, ma che lì si cercava necessariamente qualcos'altro (è agli atti, lo ha detto), mentre il dottor Pititto evidentemente era più lanciato su


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altro. Le chiedo: ha mai avuto un confronto, le ha mai manifestato una diversità di vedute su questa duplice individuazione di percorsi?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. La sua opinione la conoscevo e mi risultava da quella frase che ho detto all'inizio. La mia opinione, naturalmente, era diversa.

PIETRO CANNELLA. Allora, ne avete parlato?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. No, no, mai. Abbiamo parlato solo in quell'occasione.

RAFFAELLO DE BRASI. Ma è una diversità enorme!

ELETTRA DEIANA. È certo, sono due cose completamente diverse!

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. No, non parliamo di diversità, per favore!

PRESIDENTE. Mi scusi, dottor Pititto, l'onorevole Cannella le ha fatto una domanda. Ha chiesto se, su questo problema della diversità di vedute di cui il dottor Pititto ha dato conto all'inizio del suo intervento (quando, con quella frase sintetica ci ha riferito che cosa ne pensava De Gasperis), ci sia stato un confronto dialettico o uno scontro tra lei e il dottor De Gasperis. Qual è la risposta?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Mai.

PRESIDENTE. Sta bene, basta così. Do ora la parola all'onorevole Schmidt.

GIULIO SCHMIDT. Dottor Pititto, le chiedo una precisazione in merito ad una data. Lei ha dichiarato che la revoca risale al 16 giugno 1997.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Sì, onorevole.

GIULIO SCHMIDT. Mi risulta invece, in un testo (mi riferisco al libro L'esecuzione), che la data viene riferita al 15 luglio 1997, due giorni prima dell'arrivo dei due testimoni - l'autista e la guardia del corpo - a Roma. Lei ritiene falsa la data del 15 luglio?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. La data vera della revoca - ho prodotto il provvedimento - è il 16 giugno 1997. Vorrei rispondere, mi auguro, in maniera completa alla sua domanda. Quando l'inchiesta mi è stata tolta, quei due signori - mi riferisco ai testimoni oculari - erano...

PRESIDENTE. ...nell'aria.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Sì, stavano venendo in Italia, perché mi ero interessato presso il Ministero per farli venire qui. Loro risposero che sarebbero venuti, solo che io non li sentii.

RAFFAELLO DE BRASI. Li sentì qualcun altro.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Non c'è dubbio.

GIULIO SCHMIDT. Dottor Pititto, appena le fu dato l'incarico di assumere l'iniziativa di questa indagine, il 20 aprile 1996, fu intervistato dal giornalista Davide Vozzo del settimanale Vita. Il giornalista le chiese: «quale sarà la sua strategia investigativa?» e lei rispose: «Cominciare da capo, indagare a trecentosessanta gradi».


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Il giornalista, maliziosamente, disse: «La colpa, ovviamente, è anche della procura di Roma, che in questi due anni non ha brillato di iniziative», al che lei rispose: «Non sono d'accordo». Quindi, diede una valutazione...

PRESIDENTE. Ipocrisia italiana.

GIULIO SCHMIDT. Prego?

PRESIDENTE. Ipocrisia italiana.

GIULIO SCHMIDT. Dunque, lei disse: «Non sono d'accordo, abbiamo svolto molte indagini e atti. Io ho ricevuto il preciso invito da parte di Coiro a fare tutto il possibile per accertare la verità».

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Questo dimostra come io non fossi in posizione di conflitto, né volessi apparire in posizione di conflitto con De Gasperis.

GIULIO SCHMIDT. Le ho fatto apposta la domanda, per avere questa risposta.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Onorevole, c'è un punto che secondo me - e, credo, secondo l'opinione comune - è insormontabile: intendo riferirmi al problema dell'autopsia.

PRESIDENTE. Ne parliamo dopo, per cortesia. Prego, onorevole Schmidt.

GIULIO SCHMIDT. Dottor Pititto, non mi è chiaro se l'iscrizione nel registro degli indagati del sultano sia stata fatta prima o dopo che lei ha interrogato lo stesso sultano nello Yemen.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Prima, onorevole.

GIULIO SCHMIDT. La ringrazio. Ho concluso le mie domande.

PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Caldarola.

GIUSEPPE CALDAROLA. Signor presidente, qui siamo per capire: lo voglio dire al dottor Pititto, perché capisco il dato personale, ma non si deve scaldare per le domande.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Onorevole, io non mi scaldo per le domande né, mai, per fatto personale, ma non dimentico, non posso dimenticare che ci sono due morti ammazzati!

GIUSEPPE CALDAROLA. Dottor Pititto, siamo in Parlamento esattamente per questa ragione. Siccome dobbiamo ricostruire, senza tesi precostituite, ma solo perché vogliamo arrivare alla verità, vorrei che lei ci precisasse i fatti, affinché ciò resti agli atti.
Se ho capito bene, c'è un pubblico ministero che viene incaricato di seguire l'inchiesta sull'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Questo pubblico ministero, ad un certo punto - lasciamo perdere il giudizio se l'abbia fatto con accortezza, con maestria professionale o quant'altro - viene affiancato da un altro pubblico ministero, cioè da lei, dottor Pititto. A questo punto, il primo dei due si disinteressa dell'inchiesta.
Lei ci ha riferito una frase: io non l'ho apprezzata per quella frase che lei ha riferito perché...

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Avevo chiesto il permesso al presidente. Mi ha detto di dire così come era stato detto.

GIUSEPPE CALDAROLA. Il mio non è un giudizio, ma una considerazione personale: quella frase non l'ho apprezzata. Comunque, il primo pubblico ministero, che viene affiancato da lei, si dissocia dall'inchiesta e, in qualche modo, non vi


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partecipa più. Lei ne prende atto e prosegue, compie degli atti, consegue alcuni risultati, da quello che capisco.
La prima domanda che vorrei rivolgerle è la seguente: lei, che si considera, a questo punto, come il pubblico ministero pressoché unico dell'inchiesta...

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Questa è una sua opinione.

GIUSEPPE CALDAROLA. Scusi, lei non mi deve interrompere.

PRESIDENTE. Dottor Pititto, per favore.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Non è vero che mi considero così!

GIUSEPPE CALDAROLA. Dottor Pititto, lei non si può consentire di interrompere.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. E lei non può dirmi...

PRESIDENTE. Dottor Pititto, per favore, poi può rispondere.

GIUSEPPE CALDAROLA. Lei è un testimone, quindi deve rispondere alla mia domanda, anche perché vedrà che la mia domanda non le è sfavorevole.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Ma io non mi preoccupo se è favorevole o sfavorevole!

GIUSEPPE CALDAROLA. Lei deve stare zitto! Deve stare zitto! Lei deve stare zitto!

PRESIDENTE. Scusate, non è possibile! Onorevole Caldarola, la prego di continuare con la domanda.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. È il presidente che mi deve dire se devo stare zitto!

GIUSEPPE CALDAROLA. No, non lo decide lei! Voglio che sia messo a verbale che protesto contro il comportamento del dottor Pititto. Protesto, come parlamentare della Repubblica.
Allora, riprendo la mia prima domanda. C'è un pubblico ministero che inizia un'inchiesta, sul quale vi è un giudizio che lei ha dato qui, riportando una sua frase. Questo pubblico ministero viene affiancato da un altro pubblico ministero per decisione di un procuratore capo che molti di noi hanno conosciuto ed apprezzano, il dottor Coiro. Perché lei, ad un certo punto, associa nuovamente De Gasperis, quando si trova di fronte all'interrogatorio di Patruno?
Veniamo alla seconda domanda. Procedo sinteticamente, perché ho fatto un altro mestiere rispetto al suo. Mi deve dare come risposta un «sì» o un «no», perché rivolgeremo questa domanda ad un'altra persona: è sicuro di non aver mai violato il segreto istruttorio nel mentre conduceva l'inchiesta?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Onorevole, rispondo alla sua prima domanda. Perché mi sono associato al dottor De Gasperis per quanto riguarda l'audizione di Patruno? Perché il procuratore della Repubblica Vecchione me lo ha chiesto, tant'è - come ho detto - che lo ha invitato con quel bigliettino che ho prodotto, che ho fatto vedere, a venire nel mio ufficio affinché sentissimo insieme Patruno. Fino a quel momento, il procuratore della Repubblica mi aveva detto di condurre l'inchiesta da solo, e io l'ho condotta da solo; appena Vecchione mi ha detto che voleva che venisse De Gasperis, lui stesso lo ha fatto venire e abbiamo sentito Patruno assieme.
È certo che io non ho mai violato il segreto istruttorio.


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GIUSEPPE CALDAROLA. Basta così, faremo questa domanda anche ad un altro.

PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Tuccillo.

DOMENICO TUCCILLO. Grazie, presidente. Dottor Pititto, quando è che lei ha discusso per la prima volta con il dottor Vecchione in merito alla vicenda Alpi?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. È stato poco dopo che egli è arrivato alla procura di Roma.

DOMENICO TUCCILLO. Cioè, quando?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Un mese dopo che lui è arrivato; adesso, non ho idea.

DOMENICO TUCCILLO. E lui quando è arrivato?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Non me lo ricordo.

PRESIDENTE. Anch'io non lo ricordo. Lo ha dichiarato, comunque. Dovrebbe essere verso marzo-aprile. Mi pare che abbia detto che erano due o tre mesi che era procuratore capo.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Onorevole, mi lasci consultare le mie carte, così posso risponderle: dunque, il dottor Vecchione si insediò alla procura della Repubblica il 5 aprile 1997.

DOMENICO TUCCILLO. Quando parlò con il dottor Vecchione del caso Alpi per la prima volta?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Qualche mese dopo, credo.

PRESIDENTE. Allora, è un mese dopo: in Calabria, quando dicono «qualche» intendono dire «uno» (Si ride)!

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Fu quando lui mi chiamò per chiedermi quali fossero i processi più importanti che avevo e in quell'occasione lo informai anche dell'inchiesta Alpi.

DOMENICO TUCCILLO. Quindi, tutta la vicenda è accaduta tra aprile e giugno, nel giro di due mesi.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Infatti, è così.

DOMENICO TUCCILLO. In questi due mesi, se ho capito bene - mi corregga se sbaglio -, c'è stata la vicenda Patruno; mi riferisco al fatto che apparve, in modo non ortodosso, sugli organi di stampa - o meglio, sulle agenzie di stampa - la notizia relativa alla convocazione di quel soggetto.
C'è stato, poi, un altro fatto, che prima veniva richiamato dal collega De Brasi, relativo al sultano di Bosaso, dove pure apparve la notizia a mezzo stampa addirittura - se ho capito bene - prima ancora che lei emettesse il provvedimento: mi corregga, se sbaglio.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. La notizia stampa di cosa? Dell'iscrizione? Se lei intende riferirsi all'iscrizione la risposta è «no»: non poté apparire sulla stampa prima ancora che io lo iscrivessi; non vedo come sarebbe stato possibile.

DOMENICO TUCCILLO. Quindi, l'unico fatto relativo all'apparizione di notizie sulla stampa ha riguardato il comunicato ANSA che dava notizia che lei aveva convocato Patruno.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di


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L'Aquila. Onorevole, le chiedo scusa, non è che la mattina mi mettessi a leggere i giornali per vedere chi era che parlasse dell'inchiesta Alpi. Quello che posso dire è che non ho mai rivelato alla stampa notizie che dovessero rimanere segrete: su questo non c'è dubbio.

DOMENICO TUCCILLO. Però, non vi è nemmeno dubbio che per quanto riguarda la convocazione di Patruno è uscita la notizia sulle agenzie di stampa e, per quanto riguarda la questione relativa al sultano di Bosaso, anche in quel caso vi è stata una vicenda di comunicazione esterna non corretta, se capisco bene.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Che vuol dire «non corretta»?

DOMENICO TUCCILLO. Non da parte sua, non sto dicendo questo.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Non lo so, onorevole. Cosa vuole che le dica? Ripeto, il mio comportamento è stato corretto. Se poi sulla stampa è uscito che il sultano di Bosaso è stato iscritto nel registro degli indagati, se è uscito che io sarei andato a sentirlo, cosa vuole che le dica? Non ero certo in grado di controllare la stampa, io.

DOMENICO TUCCILLO. Va bene, la ringrazio.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Presidente, mi si consenta di fare un chiarimento.

PRESIDENTE. Prego.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Se comunque, questo fosse stato il comportamento addebitatomi, sarebbe dovuto risultare come comportamento posto alla base del provvedimento di revoca...

PRESIDENTE. Questo è il punto della questione.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. ... che dunque è falso.

PRESIDENTE. Dottor Pititto, «è falso» lo dirà, se dovesse dirlo qualcuno, chi lo deve dire. Qui noi non facciamo valutazioni. Mi scusi, procuratore, lei è un magistrato e...

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Presidente, «falso» significa contrario al vero.

PRESIDENTE. Appunto; allora, diciamo «contrario al vero», non diciamo «falso». Lei è un magistrato, il dottor Vecchione è un altro magistrato, per noi siete due persone, fino a prova contraria, di assoluta rispettabilità: questo deve essere molto chiaro; non consento, in questa sede, che si facciano affermazioni che non siano adeguate al momento, che è meramente accertativo e nel quale non dobbiamo gettare la croce addosso a nessuno, se vogliamo essere legalitari, non garantisti.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Questa non è la mia intenzione, presidente

PRESIDENTE. L'ho capito perfettamente. Lo dico a titolo preventivo.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. A questo punto, dirò «non vero» invece di dire «falso».

PRESIDENTE. No, non è un problema di verità o non verità. Noi siamo in circuito stampa, per cui dire che una cosa è falsa...


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GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Ma è documentata.

PRESIDENTE. Anche se è documentata, fino a che non c'è un provvedimento giudiziario che dica qual è la situazione, noi abbiamo il dovere di sentire due campane, o anche quattro o anche cinque!

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. E allora, la mia campana è in questo senso.

PRESIDENTE. Va bene, la sua campana è in questo senso. Nessuno, però, è venuto qui a dire che lei ha commesso illeciti penali o di altro genere.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Non ne ho commessi, presidente.

PRESIDENTE. Infatti. Qui si è venuto a dire di una querelle nata intorno al conferimento dell'incarico e al momento in cui l'incarico le è stato tolto, sul quale la Commissione sta facendo le sue indagini e farà le sue conclusioni. Quindi, siamo tutti sereni e tranquilli.
Detto questo, l'onorevole Ranieli ha chiesto di parlare. Ne ha facoltà.

DOMENICO TUCCILLO. Nella prima discussione che lei ha avuto con il dottor Vecchione, quando le chiese quali fossero i processi più importanti che lei stava seguendo, e quando lei rispose che stava seguendo la vicenda Alpi, della vicenda Alpi non avete parlato?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Le ho detto di sì. Le ho detto che abbiamo parlato dell'inchiesta Alpi in quel colloquio in cui lui mi chiese quali fossero le inchieste più importanti che stavo seguendo.

PRESIDENTE. Allora, la domanda ulteriore è questa: le ha fatto qualche contestazione in quella sede?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Assolutamente no.

PRESIDENTE. Questo è il problema. Lei è un tecnico del diritto e dell'inchiesta. Questo è il punto. Perché mi pare che lo stiamo sacrificando.

MICHELE RANIELI. Intanto, preciso che nella mia funzione di parlamentare e di commissario non mi interessa il rapporto personale tra il procuratore capo e il sostituto procuratore, dottor Pititto. Capisco e comprendo gli atti che sono stati assunti e, a seguito di questi atti assunti da parte del procuratore capo, certamente si saranno deteriorati anche alcuni rapporti, in termini di collaborazione e in termini di rapporti umani, ma non dovuti all'ufficio.
A me interessa sapere se alcuni atti assunti dal procuratore capo della Repubblica Vecchione - e mi pare di avere capito che si tratta di una serie di atti nel corso di circa un anno e mezzo o due ...

PRESIDENTE. Doverosamente, il dottor Pititto ha fatto riferimento ad alcuni di questi, mentre avrebbe voluto fare riferimento anche ad altri, ma noi glielo abbiamo non sconsigliato ma impedito.

MICHELE RANIELI. La sensazione che ho come commissario, e la sensazione che deriva dalla vicenda Ilaria Alpi e negli altri casi di ingerenza, o giudicata tale, da parte del procuratore capo della Repubblica, è che taluni fatti abbiano rallentato le indagini e abbiano in ogni caso impedito l'accertamento di alcune verità.

PRESIDENTE. Mi pare che sia stato già dichiarato dal dottor Pititto. I sequestri non eseguiti mi pare che siano la cosa peggiore che possa esistere.

MICHELE RANIELI. Questa è la domanda che pongo.


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GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Onorevole, lei mi ha chiesto un'opinione, e io gliela do. Quella intromissione illegittima nell'inchiesta sui cacciabombardieri ha molto probabilmente provocato la morte di tre ragazzi innocenti, e ne sono stati informati tutti gli organi istituzionali. Tutti, da me, ma nessuno è intervenuto.

DOMENICO TUCCILLO. Tutti pericolosi eversori gli organi dello Stato.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Scusi onorevole, ma io non ho fatto commenti. Sto raccontando dei fatti.

DOMENICO TUCCILLO. Si astenga dal dire questi fatti.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Mi ha fatto una domanda. Abbia pazienza, rispondo a modo mio.

DOMENICO TUCCILLO. Moderi i suoi giudizi.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Sono giudizi fondati sui fatti.

PRESIDENTE. Onorevole Tuccillo, per cortesia, colleghi.
Dottor Pititto, noi ci troviamo - quando dico noi uso il pluralis maiestatis - nella particolare condizione di avere il senso delle aule di giustizia e, adesso, anche delle aule parlamentari. Noi abbiamo tutta un'altra logica rispetto alla sua. Quindi lei deve consentire che i parlamentari svolgano le loro osservazioni, anche se vi è qualche intemperanza. Le abbiamo perdonato parecchie intemperanze, perdoniamole anche al collega Tuccillo.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Ci mancherebbe altro!

PRESIDENTE. Però, voglio dire, nessuno deve battibeccare nel momento in cui si attende all'assunzione di testimonianze. Non lo consento. Ci sono domande e ci sono risposte. Questo è il regolamento al quale dobbiamo attenerci oltre che alle regole di buona educazione, che non voglio ricordare a nessuno.
Prego, onorevole Ranieli.

MICHELE RANIELI. Nel caso di Ilaria Alpi, che lei stava seguendo, dopo aver raggiunto obiettivi e risultati significativi, per i quali tutti le hanno riconosciuto competenza e professionalità, stava per compiere alcuni ulteriori atti nel giugno 1997?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Sì, finalmente eravamo riusciti ad individuare due testimoni oculari del duplice omicidio.

PRESIDENTE. Questo è importante.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Questi stavano venendo in Italia, ripeto, perché io non potevo andare in Somalia perché il ministero non me lo consentiva per la situazione politica della Somalia. Si raggiunse questo accordo, nel senso che loro erano disponibili a venire in Italia. E io mi adoperai per farli venire il più presto possibile, perché questa era l'esigenza che si prospettava.

PRESIDENTE. Lei si avvalse della Digos per compiere questa operazione?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Mi avvalsi della Digos di Udine.

PRESIDENTE. Della Digos di Udine, e non della Digos di Roma?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. No.


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PRESIDENTE. E quando lei si è riferito alla convocazione di Patruno, si avvalse della Digos di Roma?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Sì.

PRESIDENTE. E perché si avvalse della Digos di Udine? Non si fidava di quella di Roma?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Assolutamente.

PRESIDENTE. E allora, perché l'ha fatto?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. La Digos di Udine era già nel processo. Quando io vi entrai la Digos di Udine aveva già svolto delle indagini in questa inchiesta, e c'erano diverse informative.

PRESIDENTE. ... poi ne parleremo. D'accordo.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Per la convocazione di Patruno mi rivolsi alla Digos di Roma per comodità.

PRESIDENTE. Perché era una cosa di poco conto?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. No, no, assolutamente no.

PRESIDENTE. Prego onorevole Ranieli.

MICHELE RANIELI. Tra le informative che il suo ufficio aveva ottenuto dalla Digos di Udine, c'era anche l'informativa nella quale si fa riferimento alla cosiddetta alla fonte confidenziale riservata?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Sì.

MICHELE RANIELI. Questa informativa lei l'ha trovata nel fascicolo o l'ha ottenuta nel momento in cui si interessò del caso?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Lessi negli atti delle informative in cui si parlava d'una fonte confidenziale secondo la quale Tizio era il mandante e Caio era l'esecutore...

PRESIDENTE. Sì, ma quanto tempo prima del defenestramento? La domanda è questa.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Quanto tempo prima? Qualche mese...

PRESIDENTE. Insomma, poco tempo. Quindi, non da quando lei ebbe il processo in carico?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. No.

PRESIDENTE. Molto dopo. Va bene.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Più esattamente, vorrei dire che quando io presi cognizione di queste informative contattai e sollecitai la Digos di Udine affinché individuasse qualcuno che noi potessimo sentire utilmente. Se vuole sapere quanto tempo dopo, glielo posso dire.

PRESIDENTE. Non ha importanza, lo accerteremo noi.
Prego, onorevole Ranieli.

MICHELE RANIELI. Mi riferisco all'iscrizione nel registro degli indagati del


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sultano di Bosaso. Ricorda lei, più o meno, in quale periodo è stato iscritto nella lista degli indagati?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Sì, onorevole, qualche giorno dopo che io ebbi l'incarico. Lessi gli atti. C'era l'intervista, in modo particolare, e quindi, dopo qualche giorno, ho iscritto il sultano.

MICHELE RANIELI. Dopo quanto tempo è riuscito a sentirlo nello Yemen, nonostante tutte le difficoltà?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Non fu semplice perché il sultano stava in Somalia, quindi dovemmo trovare un altro paese. Infatti, il ministero non mi consentiva di andare in Somalia.

PRESIDENTE. Comunque, prima che entrasse in servizio Vecchione?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Sì.

PRESIDENTE. Ecco, questo è importante.

GIULIO SCHMIDT. Prima settimana di giugno del 1996.

PRESIDENTE. Perfetto, quindi poco dopo la data del 21 marzo.

MICHELE RANIELI. Ha ritenuto interessante l'interrogatorio del sultano, ai fini della prosecuzione delle indagini?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Ma sa, tutto è importante, non direi decisivo. Non direi decisivo.

PRESIDENTE. La richiesta di archiviazione l'ha fatta lei?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. No.

MICHELE RANIELI. Ho un'altra domanda, presidente.
Lei ha ritenuto determinante o interessante la notizia della Digos di Udine? Cioè, lei, da magistrato inquirente, si è sentito vicino alla porta della verità, vicino alla soluzione del caso? Ha avuto questa sensazione, questa soddisfazione, anche umana e professionale?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. La Digos di Udine era determinata e competente tant'è - lo ripeto - che riuscimmo ad individuare due testimoni oculari. E io annettevo grande, fondamentale importanza all'audizione di queste due persone ai fini dell'indagine, e del resto mi pare ovvio che in un omicidio a carico di ignoti avere la possibilità di sentire due testimoni oculari offra delle prospettive ai fini dell'accertamento della verità.

MICHELE RANIELI. Dopo la sua estromissione illegittima, com'è emerso anche da alcuni provvedimenti assunti dal Consiglio superiore della magistratura, ha seguito seppure indirettamente, dalla stampa ...

PRESIDENTE. Chiedo scusa, onorevole Ranieli. Non è stata ritenuta illegittima dal Consiglio superiore della magistratura. Quello che è stato ritenuto illegittimo dal Consiglio superiore della magistratura è stato il provvedimento con il quale fu sospeso il sequestro dei cacciabombardieri.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Fu ritenuto legittimo.

PRESIDENTE. Sì, voglio dire, una dichiarazione di illegittimità del provvedimento di sostituzione non c'è mai stata.


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MICHELE RANIELI. Sì, ho capito e mi correggo.
Dopo la sua estromissione lei ha continuato a seguire il caso Ilaria Alpi attraverso i mezzi pubblici di diffusione?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. No. Se mi capitava di leggere qualcosa sui giornali la leggevo, ma non la seguivo più in maniera particolare. Non avevo ragione per farlo.

MICHELE RANIELI. In sostanza, lei si è sentito ostacolato durante la conduzione di questa indagine, in vario modo, soprattutto quando si trovava sempre più vicino a scoprire fatti nuovi, elementi nuovi?

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Sono stato estromesso.

CARMEN MOTTA. Non abbiamo ancora concluso la prima parte.

PRESIDENTE. La domanda non è ammessa perché è una valutazione che al teste non compete.
Prego, onorevole Motta.

CARMEN MOTTA. Avevo una domanda sulla prima parte.
Oltre al dottor Pititto, abbiamo udito il dottor De Gasperis, come è stato ripetuto più volte anche oggi. Alla fine della sua audizione, il dottor De Gasperis ha detto, rispondendo ad alcune nostre precise domande, che insomma si era fatta l'idea che l'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin fosse senza premeditazione.
Lei ha detto e ribadito, e noi sappiamo, che l'affiancamento nelle indagini sul caso Alpi è stato fatto su indicazione del dottor Coiro che è stato reso necessario per l'accertamento della verità. E questo è un punto assodato. La mia domanda è molto semplice: data questa premessa, nel momento in cui lei ha affiancato il dottor De Gasperis, avete avuto uno scambio di vedute su questo preciso punto, cioè sul fatto che il dottor De Gasperis, in qualche modo, avesse formulato espressamente, o vi avesse fatto intendere che si era fatto un'idea su quell'omicidio? Credo infatti che anche questo sia importante per la discussione che abbiamo avuto sulla prima parte. Mi fermo qui, ma aggiungo solo una cosa, presidente (ma so che lei l'ha detto con ironia): noi non impediamo niente a nessuno in questa Commissione.

PRESIDENTE. Era ironia, ma capisco la posizione psicologica di chi vuole dire perché ha la rabbia in corpo.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Non ho rabbia in corpo, presidente.

PRESIDENTE. Io ce l'avrei, anzi ce l'ho io.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. E io non ce l'ho.

PRESIDENTE. Va bene...ma non mi è sembrato.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Presidente, lei sa benissimo che il mio modo di parlare è questo, ma non è rabbia assolutamente. Sento un profondo dolore per questa vicenda.

PRESIDENTE. Noi abbiamo prima di tutto il dovere del rispetto per le istituzioni e fino a quando non ci sono ragioni per le quali questo rispetto debba essere messo in crisi, non è consentito, nelle aule di giustizia, come in questa, che accada qualsiasi forma di delegittimazione: né la sua, né quella del dottor Vecchione.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. A me, però, nel frattempo è sfuggita la domanda.

PRESIDENTE. La domanda è se c'è stato un colloquio o una qualsiasi ragione


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di incontro o di confronto sul punto specifico. De Gasperis parla di una rapina o di una cosa comunque estemporanea e occasionale. Lei, quando ha preso in mano l'inchiesta, ha detto che bisognava accertare la verità, una verità che poi è andata per la strada che lei indicava. Vorrei sapere se su questo punto poi c'è stato il confronto.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Forse non mi sono spiegato...

PRESIDENTE. Ma è sì o no.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Presidente, l'ho detto: ho avuto solo quell'incontro quando sono andato, prima di essere destinato, nella stanza...

PRESIDENTE. Noi vogliamo sapere altre cose da lei.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila....mi ha tenuto in piedi, mi ha detto quella frase, che neppure a me piace, per la verità, ma quella è la frase che mi è stata detta, e da allora non ci siamo più visti, tranne dopo, quando abbiamo sentito Patruno.

PRESIDENTE. Ecco, così anche l'onorevole Caldarola ha avuto le giuste scuse per la frase che è stata pronunciata nella nostra aula.
Prego, onorevole Tuccillo.

DOMENICO TUCCILLO. Intervengo sull'ordine dei lavori, visto che alle 19 era prevista anche l'audizione dell'avvocato Calvi. Penso che per entrare nel merito della questione con il dottor Pititto c'è bisogno anche di un ulteriore tempo di approfondimento delle questioni. Vorrei capire un attimo come ci regoliamo.

PRESIDENTE. Colleghi, vorrei provare a terminare, vediamo cosa succede nei prossimi quindici minuti.

GIULIO SCHMIDT. Penso che si possa fare con tre o quattro domande rapide.

PRESIDENTE. Terminiamo il primo giro di domande con l'onorevole Deiana.

ELETTRA DEIANA. Voglio riferirmi al momento in cui c'è stato il suo affiancamento al dottor De Gasperis. Lei, dottor Pititto, allora o dopo si è fatta un'idea se questo affiancamento da parte del dottor Coiro fosse in ragione del fatto che lui aveva una valutazione su come fosse stata condotta l'inchiesta nel merito specifico dell'inchiesta, oppure se questo affiancamento, questa iniziativa, fosse una risposta che si voleva dare rispetto ad una opinione pubblica che in quel periodo manifestava una certa insofferenza? E mi riferisco anche alle pressioni dei genitori, in particolare. Vorrei sapere se aveva avuto modo di parlare di questo aspetto con il procuratore.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Parlai con il procuratore Coiro. Esattamente, lui manifestò a me l'intenzione di affidarmi questa inchiesta, e in quella occasione, ancora prima della designazione formale, mi disse che c'erano i genitori di Ilaria Alpi, che c'era l'onorevole Gritta Grainer, che premevano perché si accertasse la verità, e che ancora non si era raggiunto alcun risultato, per cui decise di designarmi alla conduzione dell'inchiesta assieme al dottor De Gasperis.

PRESIDENTE. Dottor Pititto, chissà che riusciamo a fare il miracolo. Voglio capire una cosa per cui le farò alcune domande in maniera sintetica.
Dunque, lei prende in mano questa inchiesta. Questa inchiesta era nella condizione che era stata indicata: De Gasperis aveva già scritto una lettera al Ministero nella quale diceva che l'inchiesta era in via di chiusura.

GIUSEPPE PITITTO. Magistrato di Cassazione presso la Corte d'Appello di L'Aquila. Circa due mesi prima della mia designazione.


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PRESIDENTE. Lei prende in mano questa indagine. Naturalmente avrà, com'è suo costume, e com'è d'altronde necessario, letto e approfondito tutti gli atti dell'inchiesta. Dunque, le domando: al di là del problema dell'autopsia di cui parleremo, una retrospettiva delle indagini fatta sulla base della conoscenza degli atti che lei si procurò in quei giorni, in quei tempi successivi al conferimento dell'incarico, si tradusse in una rilevazione di dati, ripeto, al di là dell'autopsia, per cui atti di indagine che si sarebbero dovuti fare non erano stati fatti, o atti di indagine che si sarebbero dovuti fare in un certo modo, non sarebbero stati fatti?
E le chiedo, ed è una domanda che ci interessa anche per il conferimento dell'incarico peritale che abbiamo fatto noi oggi: lei ha visionato le cose sottoposte a sequestro, ha visto dove fossero, o comunque, nell'ufficio corpi di reato, quando ha preso contatto con il fascicolo?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Cosa rilevai quando presi cognizione degli atti? Rilevai quell'intervista al sultano di Bosaso, che secondo me avrebbe imposto l'iscrizione del sultano nel registro degli indagati; rilevai, altresì, che mancava l'autopsia.

PRESIDENTE. Queste sono state le sue prime rilevazioni?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Sì, diciamo le circostanze che maggiormente mi colpirono, naturalmente in misura diversa: molto di più mi colpì il fatto che non si fosse proceduto ad autopsia.

PRESIDENTE. Prese visione dei corpi di reato?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. A quali si riferisce, presidente?

PRESIDENTE. A quelli che c'erano: mi riferisco agli elementi utili per l'indagine balistica, agli indumenti di Ilaria Alpi, a tutti questi materiali oggetto di sequestro. Le domando se lei ha avuto modo di visionarli.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Io vidi gli indumenti di Ilaria Alpi, allorquando la riesumammo.

PRESIDENTE. Dove stavano gli indumenti?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Presidente, l'avrò scritto; sarà scritto nel verbale, ma adesso non ricordo.

ELETTRA DEIANA. Sono quelli nel sacchetto...

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Onorevole, non sono in grado di dirlo.

PRESIDENTE. E il materiale balistico?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. No, io non vidi materiale balistico direttamente.

PRESIDENTE. Sa dove si trova questo materiale?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. No.

PRESIDENTE. Le consulenze tecniche di indagine le ha fatte fare lei o non le ha mai fatte fare?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Le ho fatte fare io.

PRESIDENTE. Ha fatto fare anche consulenze balistiche?


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GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Certo, ho disposto consulenze balistiche, non c'è dubbio, però non ne ho visto i risultati, perché nel frattempo sono stato estromesso.

PRESIDENTE. Quindi, non arrivarono in tempo?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. No.

PRESIDENTE. I consulenti da lei nominati le hanno mai fatto qualche segnalazione relativamente ai corpi di reato o alle cose pertinenti al reato, sullo stato di conservazione o sui luoghi di conservazione e su chi li conservasse?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Naturalmente, tutto risulta dai documenti. Ricordo - vado a memoria - che disposi un primo accertamento i cui risultati, però, non coincidevano con i risultati delle consulenze di parte, se non ricordo male. Per cui decisi di procedere ad una consulenza collegiale e chiesi alle parti di indicarmi consulenti di loro fiducia tra cui, poi, io avrei scelto. Infatti, procedetti conferendo un incarico collegiale in merito all'aspetto balistico.

PRESIDENTE. E il medico legale?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso a Corte di appello di L'Aquila. Mi pare di ricordare - anche questo risulta dai documenti - che nominai qualcuno per l'esame autoptico, ma non ricordo chi; risulta, comunque, dai documenti.

PRESIDENTE. Io vorrei sapere un'altra cosa: se, rispetto ai materiali, sia per l'aspetto medico-legale - e qui, ovviamente, lei si può riportare all'autopsia -, sia per l'aspetto balistico, ci sono state...

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Presidente, credo di aver capito che cosa vuol chiedermi. Mi pare che ci furono dei problemi perché certi reperti non si trovavano; c'era un problema del genere; sì, questo lo ricordo.

PRESIDENTE. Le chiedo di fare uno sforzo di memoria sulle possibili anomalie a lei segnalate o dai consulenti da lei incaricati - o altrimenti - rispetto alla conservazione e all'individuazione dei reperti oggetto di sequestro.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Non ho buona memoria, comunque ricordo che i consulenti - mi pare di ricordare in particolare il consulente della famiglia Alpi ma, ripeto, potrei sbagliare - mi fecero presente che non si trovavano certi reperti: ho questo ricordo.

PRESIDENTE. È possibile che tra questi reperti ci fossero anche reperti balistici?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Sì, credo di sì; è possibile.

PRESIDENTE. Va bene. Veniamo alla seconda parte della domanda. Quindi, lei rilevò che c'era stata un'intervista al sultano che avrebbe dovuto condurre a determinate conseguenze tecnico-giuridiche processuali che, invece, non erano state tratte e che vi era stato il solo esame esterno del cadavere senza alcun altro approfondimento autoptico, mentre Hrovatin, al contrario, era stato regolarmente sottoposto ad autopsia prima di essere cremato.
Le chiedo quali siano gli aspetti più importanti che lei ha ritenuto di mettere in pista, sul piano della strategia investigativa. In secondo luogo, che tipo di collaborazione hanno dato gli organi di polizia giudiziaria che erano alle sue dipendenze? Sono pervenute a lei delle difficoltà operative - non obiettive, ovviamente


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- per cui le sue strategie o le sue direttive di indagine trovavano qualche difficoltà a transitare?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Per quanto riguarda l'esame autoptico, fu qualcosa che mi colpì subito, perché in caso di omicidio è il primo esame al quale si procede. Dopo, leggendo gli atti - in particolare un atto, che richiamerò -, la cosa mi riuscì ancora più incomprensibile.
Leggendo i resoconti delle audizioni dei coniugi Alpi, della vedova Hrovatin e dell'avvocato D'Amati, ho constatato che alcuni onorevoli hanno chiesto alla signora Hrovatin e ai signori Alpi se qualcuno avesse chiesto loro se si poteva procedere ad autopsia. Mi sembra che sia stata lei, onorevole...

ELETTRA DEIANA. Sì, sono fissata con la questione dell'autopsia.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Si è chiesto loro se vi fosse stata un'opposizione oppure un consenso. Queste domande, onorevole, le fanno onore sotto il profilo della sensibilità umana...

PRESIDENTE. E, se mi permette, dell'intelligenza.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. ... e dell'intelligenza, non c'è dubbio. Però, non v'è dubbio che sul piano giuridico il parere dei genitori o della vedova sono assolutamente irrilevanti. Bisogna procedere, naturalmente, con il massimo rispetto per i morti e per i vivi, però l'autopsia andava fatta. E perché non è stata fatta? Io non so se questo aspetto sia stato richiamato all'attenzione della Commissione.

PRESIDENTE. Dottor Pititto, sotto questo profilo, voglio un contributo da lei.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Dica, presidente.

PRESIDENTE. Lei ha fatto indagini per capire perché non sia stata fatta l'autopsia?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Presidente, io sono rimasto scandalizzato quando ho letto l'interpretazione autentica del perché non sia stata fatta l'autopsia. Già senza aver letto quella interpretazione, ero rimasto colpito - come credo chiunque - dal fatto che, in un caso di omicidio, non si fosse proceduto all'autopsia del cadavere. Ma sono rimasto scandalizzato quando ho letto la spiegazione che di questa incredibile omissione è stata data. Ripeto, sono rimasto profondamente, fortemente sorpreso ed incredulo quando ho letto la spiegazione di questa omissione...

PRESIDENTE. La conosciamo: i funerali, che si dovevano fare alla presenza delle autorità.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Il pubblico ministero dottor De Gasperis ha scritto - immediatamente dopo aver ricevuto la comunicazione della morte della Alpi - «mi attivai per disporre l'esame autoptico sul corpo della Alpi». Il che significa che riteneva di doverlo fare! «Dopo vari contatti» - prosegue - «mi venne risposto dalla questura che ciò non era possibile, per l'imminenza della cerimonia funebre, alla quale avrebbero partecipato varie autorità, cerimonia insuscettibile di intralci»: cioè, la presenza dell'autorità sarebbe una ragione per non fare un'autopsia! Non si poteva far aspettare l'autorità e, dunque, non si fece l'autopsia! Notate che questa spiegazione...

ELETTRA DEIANA. Ma De Gasperis era stato autorizzato dal procuratore.


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GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Onorevole, lasciamo stare la memoria del buon Coiro.

PRESIDENTE. Dottor Pititto, queste cose le conosciamo, già ci siamo sufficientemente addottorati e abbiamo fatto le nostre valutazioni. Io le ho rivolto un'altra domanda, alla quale ancora non mi ha risposto. Vorrei sapere se lei ha fatto delle indagini - riservate o non, scritte o non - o se ha contattato il dottor Sacchetti per conoscere la ragione per cui non si è fatta l'autopsia.
È vero quanto da lei detto, ma è anche vero che, secondo quanto dichiarato dal dottor De Gasperis, fu il dottor Sacchetti a dire che era talmente chiara, palese e lampante la situazione - dal punto di vista dell'arma usata, del proiettile rinvenuto e della causale della morte - che non vi era bisogno di procedere con l'autopsia. Questo è, in sintesi, quanto ci ha detto il dottor De Gasperis.
Allora, le domando: lei ha svolto delle indagini - riservate o non, occulte o non, segrete o non - o, comunque, si è fatto un'opinione precisa delle ragioni per le quali ci si trova dinanzi a quella situazione particolare (Hrovatin è stato autopsiato, Ilaria Alpi no)?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Intanto, presidente, voglio dire che la causa della morte era talmente chiara che ancora oggi, a distanza di dieci anni, la Commissione parlamentare d'inchiesta ritiene - l'ho appreso ieri sera da internet - di dover riesumare il cadavere!

PRESIDENTE. Sì, lo abbiamo già deciso.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Comunque, presidente, non è mia abitudine avere rapporti - come dire - privati con gli investigatori.

PRESIDENTE. Ma ha fatto indagini su questo punto?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Naturalmente ho tratto dei convincimenti, sulla base degli atti, sul perché non si fosse fatta l'autopsia. Non esiste spiegazione corretta dal punto di vista giuridico, né dal punto di vista tecnico. Ovvero, dal punto di vista giuridico, dal punto di vista tecnico, dal punto di vista della prassi non si spiega, non si giustifica.

PRESIDENTE. Allora, la mancata autopsia è il frutto di una intenzionalità oppure di una corbelleria incredibile che ha affastellato pubblici ministeri, polizia giudiziaria e consulenti? Questo vogliamo sapere.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Presidente, non devo essere io a dirglielo. Io espongo i fatti: vi è stato un omicidio; su Ilaria Alpi non è stata fatta l'autopsia; su Miran Hrovatin - come normalmente accade - l'autopsia è stata fatta. Non è stata fatta - stando a quello che dice colui che avrebbe dovuto procedere - perché non si potevano creare intralci alle autorità. A questo punto, le conclusioni le tragga la Commissione, non io.

PRESIDENTE. Va bene; comunque, lei ha fatto questa rilevazione e non altro.
Le vorrei rivolgere un'altra domanda. Dal punto di vista testimoniale, rispetto a quelle che erano le consapevolezze dell'investigazione fino al momento in cui lei ha preso in mano il fascicolo, ha dovuto attendere all'acquisizione di dichiarazioni di persone informate sui fatti che si sarebbero dovute assumere prima, oppure tutto quello che lei ha fatto ha riguardato persone che le sue indagini hanno consentito di individuare e, quindi, di ascoltare?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Presidente, io ho sentito il sultano di Bosaso come indagato e l'ingegnere


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Mugne, anche lui nello Yemen. Erano nominativi che risultavano già dagli atti.

PRESIDENTE. Al di là di queste persone, lei ha sentito testimoni oculari, testimoni di riferimento, eccetera, che già fossero nell'inchiesta condotta fino a quel momento e che non erano stati sentiti, anche se avrebbero potuto esserlo?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. No, ai testimoni oculari siamo giunti attraverso lo sviluppo delle indagini da parte della Digos di Udine.

PRESIDENTE. Quindi, sono frutto della sua indagine, ovvero dell'indagine compiuta sotto la sua direzione.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Sì, sono stato io a chiedere che venissero individuati.

PRESIDENTE. In precedenza, dunque, tutte queste cose non risultavano agli atti.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. C'erano queste informative della Digos, però i due testimoni oculari sono stati identificati dalla Digos sulla base di mie direttive fatte alla stregua degli atti che avevo trovato nel fascicolo.

PRESIDENTE. Ecco, ci parli un po' di questa storia di Udine. Che rapporti ha avuto con la Digos di Udine? E con chi? Perché Udine? Solo perché l'informativa è arrivata lì o per altre ragioni? Il fatto di Hrovatin c'entra niente?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Credo di no. Quando presi il fascicolo, vidi che vi erano queste informative della Digos di Udine. Naturalmente, anche perché si parlava di una fonte confidenziale che poteva riferire, mantenni i rapporti con la Digos stessa. Generalmente, venivano da me la dottoressa Motta e anche taluni ispettori.

PRESIDENTE. Ad un certo punto, questa informativa Digos si incrocia con una informativa del Sisde, del servizio di sicurezza civile. Ricorda questo particolare della quasi sovrapponibilità tra l'informativa della Digos di Udine e l'informativa del Sisde?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Sì, presidente.

PRESIDENTE. Anche questo è uno sviluppo di indagine che avrebbe fatto, poi, lei e che in precedenza non era stato fatto oppure l'informativa non c'era?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Non ricordo.

PRESIDENTE. Questa informativa, come lei sa, parte da un personaggio di cui non conosciamo l'identità. Tutti quanti capiamo chi è, ma non possiamo dirlo con certezza. Non le chiedo di rivelare il segreto, ma lei pensa che ci sia una strada, al di là degli organi pubblici, che trovano impedimento nel segreto d'ufficio, per far conoscere la fonte alla Commissione?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Non saprei indicare una strada, presidente, anche perché l'autista è morto, un altro testimone, il Gelle, non si è mai visto, è scomparso; resterebbe quello della scorta: vive?

PRESIDENTE. Non lo sappiamo. Marocchino è passato per le sue mani?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Marocchino è una persona su cui la mia attenzione restava vigile, perché


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l'impressione che ne trassi fu quella di un personaggio molto influente e molto a conoscenza dei fatti.

PRESIDENTE. Era legato a servizi italiani, secondo le sue indagini, o no?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. No, non mi risulta.

PRESIDENTE. A servizi somali?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. So che in Somalia è un personaggio.

PRESIDENTE. Lei in Somalia è mai andato?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Non sono andato perché il Ministero non mi diede l'autorizzazione.

PRESIDENTE. Il Ministero italiano?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Sì, il nostro Ministero non mi diede l'autorizzazione.

PRESIDENTE. Perché non dette l'autorizzazione?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Perché allora, in Somalia, non c'era un Governo.

PRESIDENTE. C'era un incaricato d'affari italiano, però.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Probabilmente sì; comunque, il Ministero non mi diede l'autorizzazione. Ricordo, anzi, che ad un certo momento dell'inchiesta mi arrivò una telefonata in cui si diceva che la sorte di un cittadino italiano poteva dipendere dal fatto se io fossi andato in Somalia a sentirlo o meno e, comunque, di intercedere per lui. Io scrissi al ministro di giustizia dell'epoca dicendo che se era necessario - o anche soltanto utile - per salvare la vita di quel cittadino italiano, ero disponibile ad andare in Somalia.

PRESIDENTE. Marocchino come si incrocia con lei e con i sospetti che lei ha anche qui ribadito?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Marocchino risultava negli atti e nelle informative.

PRESIDENTE. Anche in quella della Digos?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Anche in quella della Digos, credo; non ricordo, ma credo di sì. Mi riservavo di sentire il Marocchino dopo aver acquisito degli elementi che mi consentissero eventualmente di contestare le sue dichiarazioni.

PRESIDENTE. Lei lo ha mai sentito Marocchino?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. No, non ho fatto in tempo.

PRESIDENTE. Aveva in animo di sentirlo?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Certo.

PRESIDENTE. Lo aveva detto a qualcuno, che voleva sentire Marocchino?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. No, non lo preannunciai.

PRESIDENTE. Lei conosce il dottor Tarditi di Asti?


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GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. No.

PRESIDENTE. Non ha avuto contatti con lui?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. No; non lo conosco personalmente, voglio dire.

PRESIDENTE. Certo. Lui stava lavorando su Marocchino. Lo abbiamo avuto anche in audizione.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Ho letto le sue dichiarazioni alla Commissione.

PRESIDENTE. Con Sebri lei si è incrociato?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Sebri? Non mi dice nulla questo nome.

PRESIDENTE. E con Mugne che rapporti ha avuto?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. L'ho sentito nello Yemen perché nell'intervista che il sultano rilasciò ad Ilaria si faceva riferimento alle navi della Shifco, che erano gestite - come loro sanno - da Mugne; quindi, lo sentii per cercare di comprendere e di acquisire degli elementi utili.

PRESIDENTE. Sulla Shifco, ha fatto indagini?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. No.

PRESIDENTE. Nessuna indagine?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. No.

PRESIDENTE. Anche questo rientrava in un programma di lavoro?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Presidente, il mio programma di lavoro era il seguente: intanto sentire il sultano di Bosaso, poi acquisire i risultati delle consulenze, perché soltanto una volta che io avessi avuto i risultati delle consulenze avrei potuto - come dire? - procedere a ritroso e cercare di individuare i responsabili. Se dalle consulenze fosse emerso che i due erano stati uccisi con un colpo a contatto, allora si potevano ipotizzare determinate responsabilità e viceversa.
Si offrì, poi, all'inchiesta l'opportunità di sentire quei due testimoni oculari: quelli sarebbero stati fondamentali! Presidente, lei ha detto che, secondo i coniugi Alpi, quello era un momento cruciale; mi consenta, ma non era un momento cruciale secondo i coniugi Alpi, bensì secondo i fatti! Quale momento più importante, in un'inchiesta per omicidio a carico di ignoti, di quello in cui sia dato all'inquirente di poter sentire due testimoni oculari? Sta poi all'abilità dell'inquirente trarre dall'atto che va a compiere il massimo risultato possibile.

PRESIDENTE. Chi stava facendo le procedure per sentirli?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Erano già compiute, presidente.

PRESIDENTE. E chi le aveva compiute?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Risulta dagli atti. Io ricordo che intervenni al Ministero ...


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PRESIDENTE. Le avevano compiute Roma o Udine?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Probabilmente, collaborò anche la Digos di Udine a definire i particolari burocratici, come quello di provvedere per i biglietti. Certo, la Digos di Udine era sempre in primo piano, non c'è dubbio.

PRESIDENTE. Quindi, era proprio imminente, questa cosa.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Ma credo che quei due testimoni fossero addirittura in volo per l'Italia, presidente.

PRESIDENTE. Dottor Pititto, al di là della sua qualità di testimone, le chiedo la sua opinione da conoscitore delle carte, ma distaccato dalle carte e con la pista investigativa in testa, da lei elaborata il giorno in cui ha preso in mano questo fascicolo, che ha portato avanti per un certo periodo e che, ad un certo momento, ha dovuto abbandonare.
Abbiamo parlato di tante cose; abbiamo parlato della rapina; abbiamo parlato della occasionalità di un conflitto a fuoco nel quale, in maniera estemporanea, si sarebbero trovati Hrovatin e Ilaria Alpi. Si è parlato, persino, di integralismo islamico. Infine, si è parlato delle varie piste, sulle quali non la intrattengo perché saprà tutto e di più di noi.
Vorrei farle anche un'altra domanda. Lei sa che nell'ambito del dibattimento di primo grado fu fatta una raffica di perizie, nell'ultima delle quali, quella posta a fondamento della ricostruzione (Assan sarebbe stato assolto per altre ragioni), si afferma che Ilaria Alpi fu uccisa da un colpo di kalashnikov sparato a distanza, a fronte dei risultati assolutamente diversi che riflettevano la risultanza dell'ispezione cadaverica fatta dal dottor Sacchetti, secondo cui Ilaria Alpi sarebbe stata uccisa con un colpo a contatto. Su questo punto, la sua intuizione - non assume, quindi, nessuna responsabilità - dove la porta?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Non ho letto le consulenze.

PRESIDENTE. Non si trinceri dietro il formalismo, perché io le sto chiedendo un'opinione su due fatti precisi.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Per esprimere un'opinione avrei dovuto leggere le consulenze. Mi riesce difficile farlo.

PRESIDENTE. Però lei sa che cosa hanno detto le consulenze!

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Ho letto le sentenze, ma non ho elementi per dirle...

PRESIDENTE. La sua inchiesta dove andava?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Non voglio trincerarmi dietro le formule: mirava all'accertamento dei fatti.

PRESIDENTE. Questo lo facciamo anche noi.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Mi riesce difficile...

PRESIDENTE. Dove andava? Verso una causale...

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Su questo non ho dubbi. Non posso esprimere un'opinione sull'ipotesi che sia stata uccisa con un colpo a contatto o a distanza, perché non conosco gli accertamenti tecnici che sono stati svolti, ma sulla causale non ho dubbi, presidente.


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PRESIDENTE. Qual è?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Trovo al limite del risibile l'ipotesi del tentativo di sequestro di persona. Non ho mai visto un tentativo di sequestro di persona in cui i sequestratori uccidono la persona che dovrebbe essere poi la fonte del loro profitto. Circa la rapina, non fu sottratto assolutamente nulla. Certamente dietro l'omicidio di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin ci sono interessi molto grossi e forti. Quali sono gli elementi alla cui stregua io posso e ritengo di dover fare questa affermazione? Le profonde, le tante anomalie da cui è stata contrassegnata l'inchiesta. Questi sono dati certi. E un dato certo a mia conoscenza è che l'inchiesta è stata profondamente distorta.

PRESIDENTE. La magistratura è stata bloccata.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. La magistratura è stata bloccata e lo è stata con un provvedimento dalla motivazione non veritiera. Perché mai un procuratore della Repubblica deve sottrarre un'inchiesta al magistrato designato con una motivazione non veritiera? Posto che questa non è veritiera, ce ne deve essere un'altra! E non stiamo a dire che quella sottesa potesse essere quella che sulla stampa era comparsa questa o quella notizia: siamo seri! C'è dunque una ragione diversa da quella addotta che non è stata detta.

PRESIDENTE. Ce la dica lei.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. La cosa ancora più rilevante è la seguente: nonostante tutti gli organi istituzionali sappiano che questa motivazione non è veritiera, nessuno è mai intervenuto per chiedere al dottor Vecchione qual è la vera ragione per cui è stata tolta l'inchiesta a Pititto. Se non si accerta questo punto, secondo me, è difficile accertare la verità. Questo è un punto nodale della vicenda.

PRESIDENTE. Lei ha un'opinione in proposito?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Signor presidente, se sto conducendo un'inchiesta, sono sul punto di sentire i due testimoni oculari, sono in attesa degli accertamenti tecnici da me disposti e qualcuno me la sottrae senza nessuna ragione, cosa devo pensare? Che lo faccia per farmi un piacere, o per favorire l'accertamento della verità?

PRESIDENTE. La mia domanda era se avesse un'opinione sulla ragione vera.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Si collega a quello che ho detto a proposito della causale dell'omicidio di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin. Io non posso dire, perché non mi è stato consentito di accertarlo, come siano stati uccisi. Non ho potuto sentire i testimoni oculari e non ho potuto acquisire i risultati degli accertamenti tecnici.

PRESIDENTE. Dottor Pititto, noi abbiamo tutti sufficiente esperienza e sappiamo cos'è il colpo a contatto, sappiamo che cosa produce; sappiamo cosa produce il colpo a distanza. Sappiamo come si stabilisce se un proiettile proviene da un kalashnikov o no. Come fa un medico legale con un'esperienza, non dico eccezionale, ma media di un certo livello (non dobbiamo parlare del dottor Pascali che oggi abbiamo incaricato della perizia), a confondere un colpo a contatto con un colpo di kalashnikov a distanza? Non è possibile.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Sono d'accordo con lei.


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PRESIDENTE. Adesso le «estorco» la conclusione.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Presidente, non mi faccia esprimere un'opinione, perché potrebbe o non essere tenuta in conto, e allora sarebbe inutile, o influenzare qualcuno ed io non voglio influenzare nessuno se non sono convinto di quello che dico. È in gioco un compito delicatissimo come il vostro.

PRESIDENTE. Lei mi pone come problema dell'indagine il motivo per cui le hanno tolto l'inchiesta. Io mi pongo come problema dell'indagine, e la Commissione se ne fa carico, la ragione per la quale un medico legale sbagli colpo a contatto con colpo di kalashnikov e dieci medici legali sbagliano il colpo di kalashnikov con il colpo a contatto.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Questa è una delle cose che non si spiegano, a prima vista.

PRESIDENTE. E a seconda vista?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Poi ognuno dà la propria interpretazione.

PRESIDENTE. Va bene, non voglio insistere di più.
Onorevole Bulgarelli ha chiesto di intervenire. Ne ha facoltà.

MAURO BULGARELLI. Dottor Pititto, quali sono gli atti di indagine già svolti nel momento in cui lei è stato incaricato dal procuratore della Repubblica ed è stato affiancato al dottor De Gasperis?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Non posso dirle quali documenti ci fossero, perché in questo momento non lo ricordo, però il procedimento era ancora a carico di ignoti e non era stata fatta l'autopsia.

MAURO BULGARELLI. Circa la Digos di Udine, vorrei sapere se le siano stati dati degli elementi per ritenere, da parte loro, attendibile la fonte confidenziale.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Sì. Elementi in questo senso: la Digos di Udine mi assicurava che la fonte era credibile.

MAURO BULGARELLI. Sappiamo che non ha potuto interrogare i testimoni oculari, per i motivi che lei ha detto. Chi li ha interrogati dopo? Lo sa?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Immagino il pubblico ministero che è stato designato al mio posto.

MAURO BULGARELLI. Le risulta che la Digos di Udine abbia avuto la possibilità di interrogare questi testimoni oculari?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Da quello che ho appreso, no. Mi pare che ve lo abbia detto l'avvocato D'Amati.

MAURO BULGARELLI. Nel momento in cui le hanno tolto l'indagine, realmente a che punto era arrivata secondo lei? Ci poteva essere una svolta delle indagini da quel momento in poi?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. In un'inchiesta per omicidio a carico di ignoti è fondamentale poter ricostruire la dinamica dei fatti. Questo è intuitivo. La dinamica dei fatti avrebbero dovuto rappresentarla a me per l'acquisizione agli atti due testimoni oculari; contavo moltissimo su quell'atto, ritenevo cioè che, sentendoli con la dovuta professionalità e con il dovuto impegno, sarebbe stato


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possibile acquisire da questi notizie utili all'accertamento dei fatti. D'altro canto, perché altrimenti questi sarebbero stati disponibili a venire in Italia, perché avrebbero sollecitato per poter venire presto in Italia per essere sentiti? Evidentemente intendevano fornire elementi utili all'accertamento della verità. Loro sapevano di dover essere sentiti da me su questa vicenda; hanno affrontato questo viaggio che rappresentava anche un rischio per loro, perché si sarebbe potuto sapere in Somalia che venivano per deporre sull'omicidio; la fonte confidenziale era credibile e io naturalmente, come ogni altro inquirente, contavo e facevo affidamento su quest'atto, che avrei dovuto compiere entro qualche giorno, perché loro stavano già venendo dalla Somalia. Ecco perché dico: il 13 sentiamo Patruno; ricostituiamo la conduzione congiunta dell'inchiesta; stanno arrivando i testimoni e mi si toglie l'inchiesta in nome di un'incompatibilità, di una diversità di vedute che non c'era mai stata e che, nel momento in cui Vecchione mi ha chiesto di sentire la persona informata dei fatti insieme con lui, abbiamo sentito congiuntamente, tranquillamente e serenamente? Questo è un aspetto inquietante. Ecco perché io dico che, se non si accerta la ragione reale, non si va molto lontano.

PRESIDENTE. Riprendo la domanda dell'onorevole Bulgarelli a proposito dell'attendibilità della fonte: cosa le dissero per convincerla che era una fonte attendibile? Le hanno dato qualche elemento, considerato che lei non si fa convincere facilmente?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Certamente non mi accontentai del fatto che mi dicessero che era attendibile. Non ricordo gli elementi precisi, non ricordo se si fece riferimento a parenti che stavano all'estero o ad esigenze della fonte in Italia.

PRESIDENTE. Che significa «esigenze della fonte in Italia»?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Se la fonte stesse in attesa di qualche pratica. Ho ricordi molto vaghi. Comunque mi fornirono elementi in base ai quali io mi convinsi che la fonte era attendibile. E del resto i due testimoni oculari in Italia arrivarono.

PRESIDENTE. Perché i due testimoni oculari vengono dall'informativa della Digos?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. La Digos su mia direttiva ha sviluppato le indagini sui fatti riferiti dalla fonte confidenziale arrivando ad individuare...

PRESIDENTE. Su questa fonte Cassini non ha mai detto niente?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. No, a me no.

PRESIDENTE. Lei ha parlato mai con Cassini?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Credo una volta, può darsi due. Una volta certamente quando venne a dirmi delle fotografie che sarebbero apparse su Panorama. Non ricordo se qualche volta l'ho anche sentito.

GIUSEPPE CALDAROLA. Le hanno mai detto se a questa fonte sia stato proposto un programma di protezione, per ottenere che diventasse riconoscibile e quindi utilizzabile processualmente?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Non ricordo.

GIUSEPPE CALDAROLA. Non le risulta.


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GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Non ricordo se mi abbiano parlato di un programma di protezione.

GIUSEPPE CALDAROLA. Di fronte al fatto che la fonte è considerata da lei, ma anche da altri, attendibile, coloro che la gestivano non hanno proposto alla fonte, che le risulti, un programma di protezione, posto che la fonte volesse restare coperta per timore?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Se l'abbiano proposto alla fonte a me non risulta.

MAURO BULGARELLI. Lei ha motivi per ritenere che ci fossero rapporti tra il sultano di Bosaso e Marocchino? Rispetto al sultano di Bosaso, è ipotizzabile che avesse in atto attività sul versante dei rifiuti tossici e radioattivi (cosa ancora non chiarita fino in fondo) oppure del traffico d'armi?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello de L'Aquila. Lei mi ha chiesto se sia ipotizzabile: se dovessi esprimere la mia opinione sulla base di un dato, ipotizzerei di più il traffico di armi.
Infatti, quando Ilaria intervistò il sultano, nel porto di Bosaso c'era una nave della Shifco che era stata sequestrata proprio dagli uomini del sultano. E stando ad alcune dichiarazioni - mi sembra, di un marinaio che era su quella nave e di qualcun altro che si trovava su altre navi - risultò che si effettuasse un traffico di armi con quelle imbarcazioni.
Quindi, sulla base di quanto risultava dagli atti, era maggiormente ipotizzabile - utilizziamo il termine «ipotizzabile» nel modo corretto - che Ilaria avesse scoperto un traffico di armi effettuato con le navi della Shifco che, come loro sanno, sono appunto le navi della cosiddetta cooperazione.

MAURO BULGARELLI. E riguardo ai rapporti tra Marocchino e al sultano di Bosaso?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. A me non risultava documentalmente che vi fossero dei rapporti tra Marocchino e il sultano. Tuttavia, ho sempre pensato che un omicidio di due italiani - tra l'altro, Ilaria era stata una volta a cena a casa del sultano di Bosaso -, ovvero che l'omicidio di due giornalisti italiani - una dei quali era stata ospite del Marocchino - in Somalia, a Mogadiscio, non potesse avvenire non dico senza il consenso del Marocchino (perché non ho elementi per dirlo), ma senza che il Marocchino comunque avesse saputo come erano andate le cose. Ecco perché, nella mia strategia investigativa, tenevo presente il Marocchino, però mi riservavo di sentirlo nel momento in cui avessi avuto elementi per contestargli quello che probabilmente mi avrebbe detto, ovvero di non sapere nulla di tutto questo.

MAURO BULGARELLI. Dottor Pititto, per caso nelle indagini che lei ha svolto - devo dare onore al merito per quanto lei ha fatto per la sua parte di indagine - ha anche valutato il precedente viaggio di Ilaria Alpi in Somalia? Magari, avrà tentato di capire se le origini della vicenda potessero rinvenirsi non tanto nel 1994 - cioè, al momento in cui avviene l'omicidio di Ilaria e di Miran - quanto, ad esempio, nel 1993, ovvero se vi potesse essere il seme di tutto ciò quando Ilaria si recò in Somalia senza Miran Hrovatin.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Ipotizzai che l'omicidio fosse da ricondurre a qualcosa che Ilaria poteva avere scoperto in merito al traffico di armi in quell'occasione - nell'ultima occasione in cui si recò a Mogadiscio - e anche, perché no?, in occasioni precedenti.

PRESIDENTE. Mi scusi, non vorrei perdere un frammento della risposta: mi riferisco alla cena di Ilaria Alpi con il sultano.

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L'Aquila. No, presidente, non la cena, bensì l'intervista. Con il sultano ci fu l'intervista.

PRESIDENTE. No, lei ha detto che una volta andò a casa del sultano.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. No, intendevo dire a casa del Marocchino, presidente. Ilaria andò a cena dal Marocchino; l'intervista la fece al sultano.

PRESIDENTE. Va bene. Prego, onorevole Bulgarelli.

MAURO BULGARELLI. Dottor Pititto, in un paio di interviste a Famiglia Cristiana e a Il Giornale, nonché in un'intervista televisiva andata in onda nella trasmissione Report, lei ha detto che avrebbe rivelato al CSM la vera ragione dell'avocazione dell'inchiesta e che questa ragione avrebbe chiarito molte cose riguardo alla verità sul caso Alpi-Hrovatin.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Non più di quello che ho detto alla Commissione.

MAURO BULGARELLI. Non più di quello che ha detto alla Commissione?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. No, onorevole.

MAURO BULGARELLI. Siamo sicuri di questo aspetto?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Certamente, onorevole. Assolutamente.

PRESIDENTE. Secondo me, ha detto di più.

MAURO BULGARELLI. La ringrazio. Ho concluso le mie domande.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bulgarelli. Do ora la parola all'onorevole Schmidt.

GIULIO SCHMIDT. Dottor Pititto, per quale motivo lei iscrisse nel registro degli indagati il sultano e non Mugne, visto e considerato che comunque lei si recò nello Yemen per sentire sia l'uno sia l'altro?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Iscrissi il sultano di Bosaso perché egli ebbe un contatto con Ilaria Alpi, sapeva che Ilaria Alpi stava indagando sul traffico d'armi e poteva - sulla base di queste conoscenze - avere un interesse ad eliminarla.
Per quanto riguarda Mugne, nulla mi risultava che egli sapesse dell'attività di Ilaria Alpi. Il sultano di Bosaso sapeva che Ilaria Alpi stava indagando sul traffico d'armi, dunque poteva avere interesse ad eliminarla: questo è sufficiente ai fini dell'iscrizione ex articolo 335. Per quanto riguarda Mugne, non avevo nulla in atti. Mugne era colui che gestiva le navi della Shifco e, siccome nell'intervista rilasciata dal sultano di Bosaso ad Ilaria si parlò di queste navi come navi attraverso le quali si sarebbe potuto effettuare un traffico di armi, io dovetti sentire il Mugne. Tuttavia, neanche all'esito dell'audizione del Mugne emersero elementi perché io potessi iscriverlo nel registro degli indagati.

PRESIDENTE. Mi si consenta una domanda. Dottor Pititto, lei avrebbe archiviato la posizione del sultano di Bosaso?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Io anzitutto avrei dovuto valutare gli sviluppi dell'inchiesta. Comunque, credo di no, per la seguente ragione: l'ultima persona, per quel che risulta, ad aver visto Ilaria, è il sultano di Bosaso, il quale sostanzialmente ammise, nell'interrogatorio da me condotto: «tutti i somali dicevano che le navi della Shifco facevano traffico di armi e di droga. Tutti i somali dicevano che tutte le navi della Shifco


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portavano il pesce in Italia e tornavano in Somalia con le armi. Vennero da me personalmente delle persone a dirmi che le navi della Shifco facevano traffico di armi». Dunque, le navi della Shifco - sto cercando di ricostruire il ragionamento che in coscienza mi sarei trovato a dover fare all'esito delle indagini preliminari sulla base degli elementi che avevo acquisito...

PRESIDENTE. Il traffico di armi, però, era un fatto noto.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Certo; tuttavia, una delle navi della Shifco - che erano appunto le navi attraverso cui il traffico di armi si operava - era stata sequestrata dai miliziani del sultano di Bosaso: era lì, nel porto di Bosaso, mentre Ilaria lo intervistava. Ilaria chiese al sultano di poter vedere quella nave e non le fu consentito. Dunque, l'interesse del sultano rispetto a questo traffico di armi c'era, tant'è che per la liberazione di quella nave fu pagato - attraverso un avvocato - un riscatto notevole; adesso, non ricordo quale sia stato il prezzo, però, affinché i miliziani del sultano restituissero quella nave fu pagato un riscatto. C'era un interesse del sultano a questo traffico d'armi.
Allora - ipotizzo il ragionamento che avrei dovuto fare -, se il sultano di Bosaso aveva interesse al traffico d'armi, se sapeva che Ilaria Alpi si interessava al traffico d'armi, se Ilaria Alpi è stata uccisa immediatamente dopo aver parlato con lui del traffico d'armi, è seriamente ipotizzabile che egli potesse avere delle responsabilità nell'omicidio. Poi, nel dibattimento, il giudice avrebbe valutato la richiesta di rinvio a giudizio che probabilmente io avrei formulato.
Quello che posso dire è che, sulla base di questi elementi, richiedere una archiviazione, mi sembra, per la verità...

PRESIDENTE. Erano elementi già agli atti quando lei ha lasciato l'inchiesta?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Naturalmente.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Schmidt.

GIULIO SCHMIDT. Grazie, presidente. Dottor Pititto, l'autopsia non fu richiesta per le ragioni che abbiamo sentito dal dottor De Gasperis e che lei ha ricordato. Dopo i funerali, era comunque possibile chiedere la riesumazione della salma per fare l'autopsia?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Certamente, onorevole.

GIULIO SCHMIDT. E non fu fatta?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. No, l'autopsia non fu fatta.

GIULIO SCHMIDT. Quando prese in mano l'indagine, lei chiese immediatamente - il 23 aprile 1996 - la riesumazione della salma, che fu affidata a Sacchetti e a Farneti, quest'ultimo come esperto balistico. Contrariamente alla rilevanza esterna, che fu fatta da Sacchetti, questa volta Farneti affermò che si trattava non di un colpo di pistola, bensì di un colpo di AK-47: immagino che si tratti di un kalashnikov.
Successivamente, sulla base di questo riscontro della perizia e su opposizione dei periti di parte, lei chiese un'ulteriore perizia con un collegio di super periti, immagino di grande rilevanza, data l'importanza della contraddizione tra l'esame esterno fatto dal dottor Sacchetti e la perizia che lei si trovò in mano. Questa super perizia confermò che si trattava di un piccolo calibro.
Lei che idea si è fatto di questa continua alternanza tra kalashnikov e pistola, tra valutazioni così apparentemente difficili e contraddittorie? Questo fatto è possibile?


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GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Lo trovai un fatto non convincente, tant'è che, appunto, disposi ulteriori accertamenti. Non posso che ripetere l'osservazione del presidente: non è possibile non distinguere una lesione da arma corta rispetto ad una lesione provocata da un kalashnikov.

GIULIO SCHMIDT. Dottor Pititto, risulta che sulla nave Garibaldi era stata fatta una serie di fotografie in bianco e nero del capo di Ilaria e del tipo di ferita. Il 22 maggio 1996 lei fece richiesta di questa documentazione, ma non fu mai consegnata e rimase per due anni e mezzo nei cassetti. Questa documentazione lei ebbe il tempo di vederla oppure no?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Onorevole, le chiedo scusa: a quale documentazione si riferisce?

GIULIO SCHMIDT. Alla documentazione del capitano di vascello Armando Rossitti, che fotografò in bianco e nero e a colori il capo di Ilaria, a documentazione della ferita riportata. Questa documentazione rimase per due anni e due mesi nei cassetti del Ministero. Il 22 maggio del 1996 lei chiese - così si riferisce - tale documentazione. Le arrivò mai? È agli atti?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Se arrivò, deve essere agli atti. Io non ho ricordo, però, di una serie di fotografie del capo di Ilaria in bianco e nero...

GIULIO SCHMIDT. ... e a colori.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. No, a colori lo escluderei. Io non ho ricordo di queste fotografie.

ELETTRA DEIANA. Ma ha ricordo della richiesta?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la Corte di appello di L'Aquila. Neppure, per la verità; l'onorevole Schmidt mi dice che l'ho richiesta, però non ho ricordo di queste fotografie.

GIULIO SCHMIDT. La ringrazio, non ho altre domande da fare.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Schmidt. Do ora la parola all'onorevole Deiana.

ELETTRA DEIANA. Grazie, presidente. Dottor Pititto, la prima domanda che voglio farle riguarda l'iscrizione del sultano di Bosaso nel registro degli indagati; in parte, forse, il collega Schmidt ha già posto questa domanda, ma mi interessa sottolineare un aspetto. Lei ha preso la sua iniziativa come atto di routine per avviare l'indagine oppure perché, nell'intervista fatta dalla giornalista, ha rilevato elementi che, in qualche modo, le hanno aperto una pista di indagine? Vorrei sapere se, a suo giudizio, l'intervista contenesse elementi interessanti o, per lo meno, suscitasse interrogativi specifici (e non interrogativi generali, del tipo: i due giornalisti italiani erano in un posto a rischio, c'era la questione della nave e così via). Insomma, vorrei sapere se, dal punto di vista conoscitivo, dell'indagine, vi siano elementi.
In secondo luogo, ci risulta che l'ufficio della Digos di Udine - non ricordo con quali tempi - è stato smembrato: praticamente, il pool della Digos di Udine ad un certo punto - non so se in contemporanea o dopo la sua revoca - è stato smembrato; a quegli agenti, a cominciare dalla dottoressa Motta, che era il capo della Digos di Udine, sono stati affidati altri incarichi, peraltro - da quello che è dato capire - non di promozione ma di spostamento. Visto che lei dà una interpretazione che lega molto la vicenda generale alla sua vicenda personale, vorrei capire se ritiene che anche questo fatto relativo alla Digos sia casuale o abbia attinenza con i fatti che conosciamo. Che opinione si è fatto su questo vicenda?


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Inoltre, vorrei una precisazione in merito all'inchiesta avviata dal dottor De Gasperis (mi rifaccio alla domanda che le ha già posto il collega onorevole Bulgarelli): sostanzialmente, se ho ben capito, il dottor De Gasperis non ha avviato nessuna indagine, nel senso che il giudizio che lui si era fatto (mi riferisco all'archiviazione richiesta ben due mesi prima che lei subentrasse) si basava sul nulla di fatto dal punto di vista dell'indagine: sostanzialmente, c'era un'autopsia non compiuta e nient'altro.
Infine, i risultati dell'autopsia che lei ha richiesto dicono che Ilaria Alpi è stata uccisa da un colpo di kalashnikov. L'elemento più probante a conferma di questa ipotesi, secondo quanto ho capito leggendo e seguendo altre audizioni, sarebbe rappresentato dal frammento di tessuto dello schienale; praticamente, l'ipotesi balistica è che la forza cinetica del proiettile e della lontananza dell'arma a canna lunga sarebbe stata rallentata dall'impatto con il sedile, trascinando addirittura materiale nel cranio di Ilaria Alpi e quindi, di fatto, conformando l'impatto in maniera simile allo sparo di un'arma ravvicinata a canna corta. È chiaro che il reperto di tessuto nel cranio della giornalista è un dato importante; le chiedo se lo stesso reperto, trovato ad una settimana o a più di due anni dalla morte, possa essere valutato allo stesso modo. Questo al fine di comprendere il valore del reperto in questione.
Le rivolgo, poi, una domanda di tipo più generale. Prendendo per buona l'ipotesi - perché noi lavoriamo su ipotesi: lei ne ha una molto chiara, io non ne ho affatto e voglio soltanto capire - dell'agguato preordinato, secondo la sua esperienza è necessario dimostrare che l'arma era a canna corta e che fu appoggiata sulla testa della giornalista? Cioè, l'agguato non avrebbe potuto esser fatto da gente che usava armi lunghe, anche considerando che i due italiani vennero uccisi, mentre i due somali miracolosamente sfuggirono all'agguato?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Inizierei dall'ultima parte, anche perché è quella che ricordo meglio! Certamente, la premeditazione è compatibile con l'uso sia di armi lunghe che di armi corte.
Adesso andrei alla prima domanda che ricordo, avendo già risposto ad una domanda analoga del suo collega riguardo alle ragioni per cui ho iscritto il sultano di Bosaso. L'ho iscritto perché con Ilaria questi parlò di traffico d'armi...

ELETTRA DEIANA. Nell'intervista?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Nell'intervista, sì. Egli seppe che Ilaria si interessava a questo aspetto e aveva interesse al traffico d'armi, perché una nave della Shifco era stata sequestrata dai suoi uomini e con le navi della Shifco...

ELETTRA DEIANA. Vorrei però capire se nell'intervista ci sono dei passaggi, per il modo in cui l'intervistato risponde alle domande, che suscitano qualche inquietudine. Se ci siano dei tentativi di non rispondere o di depistare o di essere evasivo, insomma elementi di curiosità indagativa.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Certamente, onorevole. La mia risposta è sì. Se vuole, posso ripetere quali sono gli elementi sulla cui base ho iscritto il sultano di Bosaso, ma l'ho già detto.
Qual era l'altra domanda?

ELETTRA DEIANA. Era sulla Digos di Udine.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Questo bisogna chiederlo agli interessati.

PRESIDENTE. Praticamente, è stata smantellata. I tre sono stati tutti e tre dislocati in qualche scantinato d'ufficio.


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GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Naturalmente non conosco le ragioni. Posso fare delle ipotesi, come chiunque altro.

ELETTRA DEIANA. Altra domanda era se lei confermi che, praticamente, nel momento in cui il dottor De Gasperis ha chiesto l'archiviazione l'indagine era a zero, non era stato fatto alcun atto.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Anzitutto devo chiarire che il dottor De Gasperis non ha fatto mai richiesta di archiviazione.

PRESIDENTE. La collega intendeva dire che aveva preannunciato la chiusura.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Però, presidente, siccome rispondo io...

PRESIDENTE. L'onorevole Deiana aveva premesso di parlare in modo atecnico.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Sì. De Gasperis aveva preannunciato, più o meno un paio di mesi prima che io venissi designato, l'opinione che le indagini stessero per essere concluse. Questo è quello che ha fatto. Io rilevo quello che non ha fatto. Quello che ha fatto è agli atti. Io ripeto che sono rilevabili la mancata iscrizione del sultano nel registro degli indagati e, ancor prima, la mancata autopsia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Cannella.

PIETRO CANNELLA. Dottor Pititto, mi ha colpito la prima frase che lei ha pronunciato sedendosi accanto al presidente. Lei ha detto: «un duplice omicidio sul quale non scopriremo mai la verità».

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Io me lo auguro!

PIETRO CANNELLA. «È impossibile», ha detto.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Non ho detto che è impossibile!

PIETRO CANNELLA. Ma noi abbiamo inteso la sua frase nel senso giusto, cioè nel senso della difficoltà.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Difficoltà sì, lo confermo.

PIETRO CANNELLA. Allora, vorrei che lei ci specificasse se al di là delle difficoltà, che ha abbondantemente descritto, circa i suoi rapporti con il dottor Vecchione, difficoltà oggettive, che poi hanno portato all'avocazione dell'inchiesta, lei abbia avuto altro tipo di segnali che le facessero intendere che si trattava di un'inchiesta che dovesse essere affrontata senza troppa passione (per usare un eufemismo).

PRESIDENTE. Cioè, autorità diverse.

PIETRO CANNELLA. Esattamente. O segnali vari, non meglio specificati.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. No, mai.

PIETRO CANNELLA. Posso passare, allora, al resto. Lei ha fatto riferimento alla convocazione del caporale Patruno. Quando ha pensato di convocare il caporale Patruno, che aveva denunziato, insieme ad altri, le presunte torture e violenze dei militari italiani in Somalia, riteneva che questa fosse una pista che avrebbe potuto portare a qualche riscontro che avesse a che fare con l'omicidio di Ilaria Alpi, oppure lo considerava un atto dovuto ma, comunque, fuori strada rispetto a quell'omicidio?


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GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Non diedi grande importanza all'ipotesi. Non la valorizzai assolutamente. Naturalmente, mi si prospettò ed io avevo il dovere di verificarla, ma assolutamente non le diedi grande importanza.

PIETRO CANNELLA. Abbiamo parlato di fotografie che lei non ha mai visto, verosimilmente scattate sulla portaerei Garibaldi. Lei ha visto dei reperti che indichino in quale parte del cranio il proiettile ha attinto Ilaria Alpi? Cioè, sappiamo con certezza dove è stata colpita?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Io credo di ricordare dove è stata colpita, quindi da qualche parte l'ho visto, l'ho letto.

PIETRO CANNELLA. Era alla nuca, alla sommità del cranio, alla fronte?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Credo che fosse...

PIETRO CANNELLA. La domanda non è casuale, perché il dottor De Gasperis ha detto una cosa precisa, ha indicato il punto con il dito, dicendo che Ilaria Alpi si era chinata in avanti. Io vorrei capire se lei ricordi la stessa cosa. Se si tratti del cranio o della nuca, la cosa è diversa.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Io non credo che la mia risposta possa avere alcuna importanza, perché è un dato oggettivamente verificabile. Quindi adesso non mi chieda di indicare questo o quel punto; non sarei in grado.

PIETRO CANNELLA. Il suo collega l'ha fatto. Si riferiva, come sottolinea un commissario, alle foto.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Lo capisco perfettamente, ma non sono in grado di risponderle. Comunque, voi avete la relazione autoptica.

PRESIDENTE. Sì, certo.

PIETRO CANNELLA. Un'altra domanda, sempre con riferimento alla modalità di esecuzione. Alcuni investigatori sostengono che determinate modalità di esecuzione sono caratteristiche di realtà e paesi differenti, hanno un'identità precisa, un «marchio di fabbrica», diciamo.

PRESIDENTE. Le donne non vengono uccise.

PIETRO CANNELLA. Il presidente Taormina ha anticipato la mia domanda. Si dice, ad esempio, che in Somalia le donne non vengano uccise.

PRESIDENTE. Si lasciano morire lentamente!

PIETRO CANNELLA. Lei ha avuto evidenze di tal tipo? Qualcuno ha investigato sulle modalità di esecuzione per capire se abbia un «marchio di fabbrica» somalo o se si tratti di un tipo di esecuzione che non ha riscontri nella cultura somala?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Accertamenti di questo genere non vedo, per la verità, come avrei potuto farne, perché io dovevo compiere accertamenti tecnici, attraverso tecnici esperti. Potevo utilizzare solo consulenti. Comunque - mi auguro di rispondere così alla sua domanda - nessuno mi pose questo problema.

PIETRO CANNELLA. Perfetto. Lei ha parlato di traffico di armi: ha mai sentito parlare, invece, durante la sua inchiesta, del Progetto Urano, che riguarda il traffico di rifiuti?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Non credo che ci fosse qualcosa


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che abbia potuto richiamare la mia attenzione sui rifiuti tossici. Ripeto che stavo investigando per vedere di accertare, però l'ipotesi che rimane nella mia mente come quella che io ritenevo, e ritengo, più probabile è quella collegata a conoscenze di Ilaria Alpi sul traffico di armi attraverso le navi della Shifco.

PIETRO CANNELLA. Perfetto. Le chiedo due giudizi, due valutazioni, secondo le sue conoscenze: una sul dottor Cassini. Che idea se ne è fatto? Chi era, che faceva?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Nessuna. Nessuna perché credo di averlo visto quando venne a parlarmi di queste fotografie e non ricordo se l'ho sentito, se ho assunto sommarie informazioni qualche altra volta. Se lo vedessi, non lo riconoscerei neanche.

PIETRO CANNELLA. Il dottor Cassini è legato, peraltro, al rientro del testimone che poi accusò Hassan, in maniera anche rocambolesca.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Questo l'ho letto.

PIETRO CANNELLA. L'omicidio del maresciallo Li Causi è mai entrato...

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. No.

PIETRO CANNELLA. Almeno nel periodo di sua competenza...

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. No.

PIETRO CANNELLA. Va bene, la ringrazio.

PRESIDENTE. Rajola?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. No, non sono nomi che abbiano richiamato la mia attenzione. Può darsi che negli atti ci fossero, ma non hanno richiamato la mia attenzione.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Caldarola.

GIUSEPPE CALDAROLA. So che lei non mi può rispondere, però cercare di capire un po'di più riguardo a questa fonte sarà il leit motiv della Commissione, almeno per quanto mi riguarda.
Di questa fonte non si fa il nome perché è stato messo il segreto di Stato?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. No, onorevole. Hanno applicato la norma del codice di procedura penale che consente alla polizia giudiziaria di non rivelare i nominativi.

GIUSEPPE CALDAROLA. Esattamente. Che a lei risulti, questa fonte è italiana o somala?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Le rispondo in base ai miei ricordi: credo che fosse somala, e dico questo perché mi pare di ricordare che una delle ragioni per cui non si dichiarava questa fonte era che ci potessero essere delle ritorsioni in Somalia contro i suoi familiari.

GIUSEPPE CALDAROLA. Questa fonte, secondo quello che può aver percepito, più che saputo, immagino, è una fonte utile al servizio segreto civile italiano o anche ad altri servizi segreti?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. A me non fu detto di alcun collegamento tra questa fonte e alcun servizio segreto.


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GIUSEPPE CALDAROLA. Passo subito ad altro, tornando sulla domanda dell'onorevole Deiana. Abbiamo capito quale fosse la situazione in Somalia; lei mi conferma di esser convinto che Ilaria fosse arrivata a qualcosa di più della denuncia di un generico traffico di armi, che fosse arrivata a cogliere gli anelli di questo traffico, che si accingesse non già a denunciare solo attività illegali ma avesse colto qualcosa in più, qualcosa che potesse in qualche modo creare un turbamento? La denuncia di situazioni illegali in teatro di guerra è un dato non sconvolgente; se, però, la giornalista avesse scoperto qualcosa in più, diverrebbe più delicato.

PRESIDENTE. Una settimana prima delle elezioni politiche in Italia!

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. La mia valutazione è sulla base degli atti: quel qualcosa in più erano le navi della Shifco.

PRESIDENTE. Questo è il punto.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Il traffico d'armi effettuato con le navi della Shifco, che erano collegate alla cooperazione.

GIUSEPPE CALDAROLA. Perfetto, grazie.

PRESIDENTE. E Loche, il giornalista di RAITRE, lei lo ha ascoltato?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Credo - dico: credo - di no.

PRESIDENTE. La parola all'onorevole Ranieli.

MICHELE RANIELI. Non le destò sospetto il fatto che l'aereo sul quale avrebbe dovuto imbarcarsi il 18 Ilaria Alpi sia arrivato, stranamente, in anticipo, sia partito in anticipo pur sapendo che c'erano soltanto due passeggeri da prelevare?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Lo trovai strano, sì. Non convincente, non spiegabile ragionevolmente, per le ragioni che lei ha detto: solo loro due dovevano viaggiare.

MICHELE RANIELI. Ha avuto tempo di fare qualche indagine?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. No, non ne ho avuto il tempo.

MICHELE RANIELI. Non ha trovato strano il fatto che Ilaria si sia spostata per raggiungere quel famoso albergo, da cui pur sapeva che i giornalisti amici erano già partiti?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Delle due l'una: o l'autista dice il falso, quindi non è vero che egli avrebbe detto alla Alpi che Benni, il giornalista dell'ANSA, non era più in quell'albergo; oppure Ilaria Alpi è stata attratta lì perché ci andasse, è stata attirata in un tranello. Perché avrebbe dovuto andare per trovare una persona che sapeva non avrebbe trovato? Non mi pare logico. Se l'autista dice il vero, e dunque Ilaria sapeva che Benni non era più lì, significa che Ilaria ci andò per un'altra ragione.

MICHELE RANIELI. La ragione può essere che aveva intuito il pericolo e voleva allontanarsi da Bosaso? Quindi fuggiva da Bosaso?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Ma lei da Bosaso era tornata a Mogadiscio. Poi sarebbe dovuta ripartire...

MICHELE RANIELI, Confondo la geografia...


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GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Infatti. Quindi, lei era già tornata da Bosaso e era a Mogadiscio.

MICHELE RANIELI. Un'altra domanda: è vero che l'ultima persona che Ilaria incontrò è stato il sultano di Bosaso, ma era stata anche ospite di Marocchino contestualmente, nella stessa giornata?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte di appello di L'Aquila. Nella stessa giornata certamente no, perché Ilaria intervistò ...

MICHELE RANIELI. Marocchino viveva a Bosaso?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte di appello di L'Aquila. No, Marocchino viveva a Mogadiscio, mentre il sultano viveva a Bosaso. Quindi, lei intervistò il sultano a Bosaso e poi ritornò a Mogadiscio. Dopo essere ritornata da Bosaso, escluderei che possa essere stata anche soltanto a pranzo ... potrebbe essere stata a pranzo, è l'unica possibilità, perché lei fu uccisa nella stessa giornata in cui tornò da Bosaso.

MICHELE RANIELI. I miliziani del sultano avevano sequestrato la nave della Shifco, società che era gestita da Mugne. Nell'intervista al sultano si fa riferimento al traffico di armi e, quindi, anche alla nave.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte di appello di L'Aquila. L'intervista è lì e, quindi, la si può vedere bene. C'è un riferimento: ad un certo punto il sultano dice che venivano da Brescia, eccetera. C'era poi quella nave che era sequestrata nel porto di Bosaso e c'è un riferimento a questa nave, perché mi pare di ricordare che Ilaria abbia chiesto se poteva vederla, o qualcosa del genere. Quindi, ci sono questi riferimenti, che comunque risultano, più precisamente di quanto io possa riferire, nell'intervista. C'erano questi riferimenti a questo traffico d'armi, a queste navi della Shifco, quanto meno ad una nave della Shifco.

MICHELE RANIELI. In conclusione, quando lei diventò titolare dell'inchiesta - questo è emerso - non era stata fatta l'autopsia né erano stati fatti altri atti istruttori, perché non erano stati richiesti i referti della nave Garibaldi, non era stato chiesto l'elenco di tutto ciò che era stato censito sulla nave Garibaldi, né il referto medico, né le fotografie, né è stato audito o sentito qualcuno, per cui l'istruttoria era in una fase di assoluta stasi.

PRESIDENTE. D'altra parte, De Gasperis l'ha detto: io ho sempre ritenuto che fosse una cosa ... senza niente e che non ci fosse niente da fare. Ne prendiamo atto.
L'onorevole Schmidt ha chiesto di intervenire.

GIULIO SCHMIDT. Dottor Pititto, dopo l'intervento della collega Deiana, il suo non è stato un lapsus quando ha parlato di frammento metallico. Quindi, vorrei riportare bene la ricostruzione su questi frammenti perché rimanga agli atti una successione corretta. Risulta, come lei stesso ha detto, che nella prima perizia autoptica che lei richiese fu trovata una scheggia metallica infissa nel cranio di Ilaria. Risulta altresì che nella seconda perizia del collegio dei superperiti, chiamiamolo così, non si fece assolutamente riferimento a questa scheggia metallica. Risulta che solo successivamente fu trovato un frammento di tessuto che poteva riferirsi al sedile. Mi pare corretta come ricostruzione.

PRESIDENTE. Sì, è così.

GIULIO SCHMIDT. È sulla base del frammento del sedile che si è dedotta tutta una serie di ...

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte di appello di L'Aquila. Il particolare cui accennava l'onorevole - lei ha detto che non è stato un lapsus -, il particolare del frammento


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di stoffa a me non risultava, ecco perché avevo parlato di frammento metallico.

GIULIO SCHMIDT. Il pezzo di stoffa c'entra, ma in una fase successiva, che è alla base di tutta una teoria che portò ...

PRESIDENTE. Speriamo che non sia frutto di una contaminazione.

ELETTRA DEIANA. Per questo l'ho chiesto: un'autopsia fatta subito è una cosa, fatta dopo due anni è un'altra cosa!

GIULIO SCHMIDT. Non era una critica, assolutamente. Detto questo, le chiedo: lei sa che nell'arco dei sei mesi, in cui al sesto mese ci fu il delitto Alpi-Hrovatin, che certamente non fu il solo, ci fu un contesto di morti, a partire da Li Causi, un tentato omicidio nei confronti di un incaricato amministrativo, il dottor Franco Oliva, che per una circostanza assolutamente fortuita e favorevole riuscì a salvare la pelle, altrimenti avremmo certamente un altro morto, visto che era stata lesa l'arteria femorale; ci fu un delitto, non in Somalia, ma collegato alla Somalia, di Eros Stagno e ci fu poi il delitto Alpi (magari ci mettiamo anche Mandolini). Quindi, vi è stata una serie di eventi sempre e comunque collegati al traffico di armi o al traffico di rifiuti tossici o ad entrambi in quanto scambio tra fornitura di armi e cessioni di territorio per lo smaltimento di rifiuti. In questo contesto lei fece qualche riflessione preliminare di contestualizzazione del delitto Alpi?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte di appello di L'Aquila. No, onorevole.

GIULIO SCHMIDT. La ringrazio di questa risposta. Vorrei rivolgerle un'ultima domanda. Le ipotesi fatte sulle motivazioni della morte di Ilaria e di Miran - le lo ha già accennato - furono, nell'ordine: estremismo islamico, da scartare in quanto, in base alla dichiarazione stessa del generale Loi, non c'erano situazioni di questo genere; rapina, da scartare in quanto non fu prelevato nulla, pur essendoci nella borsa di Miran una quantità di denaro estremamente alta, cosa che ovviamente gli attentatori o i presunti rapinatori non sapevano, ma che comunque avrebbero dovuto prendere; sequestro, ed a questo proposito lei giustamente ha osservato che non si uccide chi si vuole sequestrare.
Rimangono due ipotesi: la rappresaglia, collegata ovviamente alla violenza fatta sui somali, e l'esecuzione. Io credo che su questo fondamentalmente si debba lavorare, perché in effetti né l'una né l'altra sono da escludere o da includere, perché la stessa rappresaglia, salvo la dichiarazione del generale Loi, comunque è dimostrabile e non dimostrabile, è un'ipotesi, ma certamente non è da rifiutare in termini teorici.
È evidente, a mio avviso, che comunque rimane un punto - e vorrei sentire il suo parere - estremamente oscuro, ed è giusto quello che lei ha detto: o l'autista ha mentito o, se non ha mentito, è assurdo ciò che Ilaria e Miran ... perché non dobbiamo dimenticare che non Ilaria da sola, ma Ilaria e Miran si spostarono immediatamente all'albergo Hamana, abbastanza vicino all'albergo in cui avevano le camere.
Io credo, leggendo gli atti, che comunque, se lei avesse avuto ancora in mano l'inchiesta, avrebbe valutato con molta attenzione la contraddittorietà delle dichiarazioni dell'autista, che prima dichiarò di non conoscere assolutamente nessuno dei sette somali e che improvvisamente, lo stesso giorno in cui venne arrestato il giovane somalo, a distanza di poche ore, essendo l'autista sotto interrogatorio, alla fine di una pausa di due ore e mezza, dalle 20 alle 22,30, cambiò immediatamente versione e disse: io ho visto viaggiare con lei uno dei sette somali.
Ed è anche evidente che, se la perizia dovesse confermare che la pallottola che uccise Ilaria fu una pallottola di pistola, l'unico ad avere una pistola in quel momento era l'autista. Sulla base di queste riflessioni, che faccio tenendo conto ovviamente dello studio da lei fatto, anche


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della meccanica, sugli atti, che impressione ne ricava, che impressione ha sul ruolo dell'autista, sullo spostamento da un albergo all'altro, sull'attesa o meno da parte degli attentatori presso l'albergo, sulla casualità che potrebbe derivarne - visto che stavano prendendo il tè, secondo le dichiarazioni di alcuni - di una improvvisa decisione, vedendo due italiani, di ucciderli?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte di appello di L'Aquila. Risponderò nei limiti in cui potrò alla sua domanda, onorevole, sulla base di quello che ho appreso dopo che l'inchiesta mi è stata sottratta e sulla base degli atti disponibili per chiunque, quelli che ho tratto adesso da internet, le sentenze che mi sono procurato.
Lei mi chiede un'opinione. Potrei riassumere in due parole: io ho fatto il presidente del collegio penale per moltissimi anni, in Calabria, occupandomi di processi delicatissimi, come i processi per il sequestro di persone in linea di massima. Ho letto le sentenze, le ho lette attentamente. Se fossi stato io a dover giudicare, non avrei condannato, perché vi è questo testimone - chiamiamolo così impropriamente - che all'ultimo momento sale sull'aereo e vede l'indagato, colui che poi accusa, il quale viene in Italia pur avendo commesso, in ipotesi, un omicidio, per prendere le duecento o le trecentomila lire, che si trova all'estero e torna in Italia per assistere alla sua richiesta di condanna e resta in Italia per essere condannato. Sono elementi che in me avrebbero suscitato perplessità notevoli, che suscitano perplessità notevoli.
Lei mi chiedeva anche dell'ipotesi della ritorsione o del traffico di armi: ritorsione rispetto a che?

ELETTRA DEIANA. Alle azioni degli italiani contro i somali.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte di appello di L'Aquila. Non mi pare che ci fosse ...

GIULIO SCHMIDT. Dall'analisi di tutte le ipotesi ne restano in piedi ...

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte di appello di L'Aquila. Ma in atti non c'era nulla.

GIULIO SCHMIDT. Questa non è dimostrabile né indimostrabile.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte di appello di L'Aquila. C'era molto di più a sostegno dell'ipotesi del traffico di armi che dell'ipotesi della ritorsione.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Deiana.

ELETTRA DEIANA. Ci sono alcuni punti che mi sembrano importanti, cioè mi sarebbero sembrati importanti allora, non so se adesso si possa rimediare, ma lo dico per capire la dinamica delle indagini.
A proposito della questione dell'aereo a Bosaso, è misterioso questo fatto, come accennava prima il collega: Hrovatin e Alpi arrivano il giorno dopo l'intervista con il sultano per prendere l'aereo che sarebbe dovuto partire alle 17, credo, mentre l'aereo è partito due ore prima e loro devono aspettare due giorni là. A me pare che sia un elemento importante, se si batte la pista del delitto non casuale.
Vorrei sapere da lei come sia venuta fuori questa notizia dell'aereo perso in maniera misteriosa, cioè se quando lei ha preso in mano l'indagine questo dato era chiaro, se risultava dagli atti oppure è venuto fuori dopo e come. D'altra parte credo che, a differenza di altri aspetti dell'inchiesta, di difficile indagine in loco, in un luogo in cui non c'era corrispondenza tra noi e loro, questo poteva essere facilmente verificato perché l'aereo, se ricordo bene, era un aereo dell'Unosom; tra l'altro chiedo anche al presidente che si faccia una nostra indagine su questo aspetto, perché credo che si debbano acquisire piani di volo, ragioni di spostamenti,


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eccetera. Vorrei capire se abbiamo elementi per sapere se ciò è emerso dalle indagini giornalistiche o da altro.
L'altra questione è la seguente: lei prima ha detto che non ha sentito il responsabile del telegiornale, credo fosse Loche allora ...

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte di appello di L'Aquila. Non lo so, non ricordo.

PRESIDENTE. Massimo Loche.

ELETTRA DEIANA. Però Massimo Loche è un testimone importante, perché è colui al quale Ilaria Alpi ha detto - lui ha testimoniato - che aveva preparato un servizio su «cose grosse», che sarebbe dovuto andare in onda la sera durante il telegiornale delle 19. Questo è un dato che esisteva al momento in cui De Gasperis ha preso in mano l'indagine e comunque già da allora era il primo elemento.
Lei non ha pensato che sarebbe stato importante, anche se a due anni di distanza, sapere lo spazio nel menabò del telegiornale in cui Loche aveva collocato il servizio di Ilaria Alpi? Ciò perché uno degli elementi importanti di questa nostra inchiesta, ma credo anche dell'inchiesta che avrebbe dovuto fare la magistratura, è stabilire esattamente la natura di queste «cose grosse», se cioè rientravano nel quadro generale dell'accusa che veniva fatta con riferimento al traffico delle armi, all'utilizzazione di certe zone del terzo mondo per il mercato delle armi, in maniera generale, oppure se c'erano delle specificità che Ilaria Alpi aveva individuato e, quindi, lo spazio da dedicarvi, per capire come era stato percepito dal collega.
È chiaro che se aprivano il telegiornale con quel servizio era una cosa, se lo inserivano tra le notizie di routine dall'estero, dalla guerra e via dicendo, era un'altra. Dovremo cercare di capire, se possibile ritrovare i menabò di allora per comprendere come fosse stato percepito dai colleghi, perché una cosa è una testimonianza generica, anche di Loche, riguardo a quanto aveva detto la collega, altra cosa, appunto, avere il polso della situazione.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Quello che risultava era che Ilaria avesse preannunciato un servizio molto importante.

PRESIDENTE. Sì, a Massimo Loche.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Questo è quello che a me risultava. Io non sentii Massimo Loche. Adesso non ricordo se già emergesse agli atti questo contatto di Ilaria con Loche...

PRESIDENTE. Sicuramente non l'ha sentito perché avete acquisito le cassette.

ELETTRA DEIANA. Nel telegiornale di quella sera salta tutto, il problema è vedere il menabò.

PRESIDENTE. Ma lì è la telefonata...

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Ricordo che sono stato anche alla RAI, perché ho voluto visionare delle cassette, delle riprese dell'autovettura. Però non ho ricordi per quanto riguarda questo servizio che doveva andare in onda; quello che a me risulta è che era stato preannunciato come servizio molto importante.

PRESIDENTE. Qual era la prima domanda?

ELETTRA DEIANA. Riguarda l'aereo. A me sembra stranissimo che non si sia indagato su quest'aereo; mi sembra una cosa assurda.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Certo, sono d'accordo con lei. Allora, delle due l'una: o questa circostanza non emergeva; o, comunque, io mi


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riservavo... Io avevo, per così dire, un obiettivo primario in questa inchiesta.

PRESIDENTE. La perizia.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Esatto. Vedere come l'omicidio si fosse verificato. E nel contempo lavoravamo con la Digos di Udine per vedere di trarre il più possibile da quella fonte. Questi erano i miei due obiettivi primari.

PRESIDENTE. Sta bene. Noi ringraziamo il dottor Pititto per la grande disponibilità che ci ha riservato. Ora tornerà in sede. Dove esercita, adesso, dottor Pititto?

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Io esercito a L'Aquila, a seguito di trasferimento d'ufficio collegato a questa vicenda...

PRESIDENTE. Ho capito.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Onorevole, se non volete non lo dico!

PRESIDENTE. Lo ha già detto.

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Che è collegato a questa vicenda l'ha detto il TAR Lazio ed uno dei fatti è che io avrei estromesso il collega De Gasperis. Io ho detto che non è vero e il TAR Lazio mi ha risposto così: «Non sarebbe sussistente l'addebito mosso al ricorrente di aver di fatto estromesso il collega De Gasperis dall'inchiesta sull'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin». Chiosa il TAR Lazio: «La doglianza non è condivisibile, perché l'addebito si fonda sulle dichiarazioni rese in sede di audizione dal dottor De Gasperis e riassunte nella deliberazione impugnata». De Gasperis non ha mai detto che io lo ho estromesso.

PRESIDENTE. Comunque, all'Aquila c'è una buona neve e si possono fare belle sciate!

GIUSEPPE PITITTO, Magistrato di Cassazione presso la corte d'appello di L'Aquila. Questo non significa che si possano commettere ingiustizie a danno di magistrati.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Pititto e dichiaro conclusa l'audizione.

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