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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del dottor Luciano Tarditi, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti, che ha già declinato le sue generalità ed ha già reso dichiarazioni, per le quali lo abbiamo ringraziato e continuiamo a ringraziarlo.
Faccio presente che è stato attivato l'impianto audiovisivo a circuito chiuso, sempre che da parte del dottor Luciano Tarditi non provengano indicazioni perché si proseguano i lavori in seduta segreta. Questa è la prima domanda che le rivolgo.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. A questa prima domanda rispondo che non c'è un problema di segretazione in relazione alle cose che dirò adesso, perché ho portato, e vi lascio a disposizione, 212 fogli relativi al procedimento penale 296/98, nel quale veniva contestata al signor Giancarlo Marocchino l'imputazione di cui all'articolo 255 del codice penale, perché, in concorso con ignoti, sottraeva atti e documenti riservati all'ambasciata italiana in Mogadiscio, Somalia, e del fondo per la cooperazione con i paesi in via di sviluppo, conservati presso la predetta ambasciata, atti e documenti da qualificarsi come concernenti un interesse politico interno ed internazionale dello Stato, in Mogadiscio, nel marzo 1994 e nel novembre 1995.
PRESIDENTE. Questo riguarda il procedimento che doveva essere oggetto di archiviazione o quello già archiviato?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. No, quello già archiviato, che è quindi, a mio avviso, del tutto e pienamente ostensibile ed è significativo in ordine al ruolo avuto ...
PRESIDENTE. Di cui adesso parleremo. Le voglio fare un'altra domanda: invece, per quello che riguarda l'altro procedimento, quello per il quale c'è richiesta di archiviazione?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Dovrebbe essere imminente.
PRESIDENTE. Quindi, quando affronteremo quei temi, ci dirà. Prima di sentirla su questi aspetti, mi dovrebbe togliere due curiosità: lo dico a nome della Commissione ed eventualmente con le integrazioni che i componenti della Commissione vorranno fare. Lei ha ricordato due episodi: uno relativo ad un'intercettazione telefonica da lei spedita a Roma e rispetto alla quale si sarebbe verificata quella che io volgarmente chiamo una fuga di notizie. Le dico questo perché noi abbiamo interpellato su questo punto il dottor Ionta per sapere se ricordasse di questo accaduto, di questa particolarità, e il dottor Ionta ha detto di non saperne assolutamente nulla. Ci può dire qualcosa di più o no?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Visto che si parla di cose che non sono contenute in questo fascicolo, chiedo che ci sia la segretazione.
(La Commissione delibera di procedere in seduta segreta. I lavori procedono in seduta segreta. Indi riprendono in seduta pubblica).
PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta pubblica.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. A me pare abbastanza significativo - quindi ne possiamo parlare in termini estesi, a parte le notifiche del procedimento n. 296/98 - ricordare alcune frasi
da cui si evince che, ad un certo punto, Marocchino decide di scrivere un libro: «Sul libro usciranno certe cosucce, perché se devi dire la verità, devi dire la verità che fu la mia vita. Io ti mando su i punti e su cosa parla, dalla fine del Governo di Siad Barre, perché è andato alla fine, le cazzate della politica italiana che sono successe prima nella politica di Siad Barre, le esperienze di guerra, eccetera». È sintomatico perché poi noi intercettammo anche il fax con cui lui mandava a Roghi il canovaccio. L'obiettivo era abbastanza semplice: «Prendete contatto con un editore». Infatti, registrammo anche le telefonate con cui conseguentemente Roghi e la moglie prendevano contatto con gli editori, in relazione alle vicende di Marocchino, rispetto alle quali uno dei punti accreditanti era la vicenda di Ilaria Alpi. La casa editrice interpellata non si mostrò particolarmente interessata alla cosa.
Io l'ho rimarcato perché dice molto sul personaggio, venendo da lui. Qui spiega la sua infanzia; il trasferimento a Genova; i primi lavori; parla di nazionale giovanile di rugby; rally con la Lancia HF; vita di stress; fuga nel paese di Punt, la Somalia (Puntland); una vita molto dura ma pulita; unico bianco autista di camion; l'amore e una famiglia in Somalia; il primo lavoro con gli americani; la ricerca del petrolio; l'arrivo del FAI; boom di lavori: strada Garoe-Bosaso, acquedotto di Berbera, pozzi, aziende agricole e centrali elettriche; primi sintomi di un Governo malato; assassinio di monsignor Colombo; convogli mortali; attacchi della SNM ai convogli: morti infermieri e autisti; fuga verso l'Etiopia; distruzione di Haghesia e Borao; attacchi dei MDS a Barre; declino di un regime; indifferenza del Governo italiano; rivolta di Mogadiscio; evacuazione; organizzo la partenza di bambini. Perché mettevo l'attenzione sull'evacuazione? Perché poi, nelle telefonate, dirà «durante l'evacuazione mi sono rimaste nelle mani casse di documenti con i quali io ricatto tutti»; organizzo la partenza di bambini, suore e donne, poi parto anch'io, con le navi Orsa e Stromboli; ritorno in Somalia dopo tre mesi; lavoro con la cooperazione italiana; guerra civile tra i clan di Ali Mahdi e Aidid; attacco all'ambasciata italiana ed evacuazione (perché fu sgomberata varie volte); Ritorno in Somalia dopo quattro mesi; Progetto SOS Kinderdorf (che è l'ONG per la quale anch'egli lavora); banditismo; morti per fame e epidemie; arrivo dei contingenti militari internazionali; la Somalia fa notizia; lavoro con Unisom, il contingente italiano; guerra tra Aidid e americani; cominciano i miei guai; abbandono della zona controllata da Aidid dopo l'uccisione degli italiani; accuse di appoggio ad Aidid e traffico d'armi; espulsione da parte dell'ONU; ritorno dopo due mesi senza autorizzazione degli americani, richiamato dal popolo somalo; lettera ufficiale di scuse e di benvenuto in Somalia dell'ammiraglio Howe (che ne aveva ottenuto la cacciata).
A questo proposito, ricordo che Marocchino viene arrestato il 28 settembre 1993 e viene riammesso ufficialmente quando cade l'ostracismo, che appariva prima marcatissimo, degli americani alle lettere di richiesta dei notabili somali, tra i quali si muoveva moltissimo la moglie. Gli americani rispondevano che Giancarlo - così scriveva Howe - aveva totalmente disatteso le risoluzioni dell'ONU, fornendo artiglieria contraerea (lanciarazzi, in sostanza) a favore del clan di Aidid, era un pericolo pubblico e sarebbe ritornato sole se e quando le condizioni l'avessero reso possibile. Tant'è che nella richiesta di archiviazione di cui ho parlato più volte scrivevo che, evidentemente, doveva avere buoni appoggi, perché il 18 gennaio 1994 Marocchino rientra a Mogadiscio. Non c'è lettera di scuse degli americani, ma si dice «considerato che appare opportuno per la pacificazione e che tu per il futuro cesserai di fare le marachelle che ha fatto per il passato, puoi rientrare».
Prosegue l'elenco: «Costruzione del compound per l'ambasciata italiana; verità sulla morte di Ilaria Alpi e del suo compagno; contingenti militari abbandonano la Somalia; rimango solo in Somalia.
PRESIDENTE. «Verità sulla morte di Ilaria Alpi» era il titolo?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Del capitolo. Lui manda la distinta dei capitoli all'amico Roghi perché cerchi un editore ai fini della pubblicazione.
«Unico bianco. Unico italiano per la costruzione del primo porto privato in Somalia (che appunto è El Maan, che è la sua creatura); lavoro col VFP (che non so cosa sia); attentato con mina telecomandata; incendio ai magazzini; imprigionato dalla Corte islamica; un figlio tratto dal destino; progetto dello shuttle; speranze di un governo; prospettiva normale; conclusione. Claudio, questo è il sommario del mio libro (sua mano grafica), Giancarlo».
PRESIDENTE. Lei lo ha interrogato su questo titolo di capitolo? Non gli ha mai chiesto quali fossero le consapevolezze?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. No, perché quando lo interrogammo diede una serie di risposte... Quando si presentò lo interrogò il GIP, c'è il verbale delle dichiarazioni, e a me interessava di più chiedergli conto e ragione di chi fossero gli «omini» con cui si incontrava a Mogadiscio e lui diede delle risposte dalle quali si capiva, in pratica, che non voleva rispondere.
PRESIDENTE. Avete mandato a Roma copia di queste carte?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. No, perché ad un certo punto c'è stata l'udienza preliminare ed è uscito un 425 del GIP. Le carte sono a disposizione, e basta.
Torno al discorso precedente. Per esempio, era importante perché nelle telefonate, ad un certo punto, si faceva riferimento al fatto che lui di queste carte che possedeva, e con le quali diceva di essere in condizione di condizionare..., ne aveva parlato con gli «omini» dei servizi; questi gli avevano chiesto conto di queste carte e lui aveva detto: «sì, un po' le ho, un po' sono andate perdute nell'incendio...». Poi, sempre riferito da lui: «Va bene, allora diciamo che sono andate perse nell'incendio». Allora, nella scansione, c'è un inciso del 27 novembre di Repubblica: «Mogadiscio: incendio al deposito di un italiano. In fiamme duemila tonnellate di aiuti alimentari dell'ONU, per un valore di un milione di dollari». Anche questa notizia noi la ponemmo in relazione col fatto dell'incendio, che diventava la giustificazione alla sparizione di quelle carte e al fatto che, invece, lui adesso le avesse in mano per i fini che io reputavo avesse, e che mi avevano portato alla enucleazione di quel capo di imputazione di cui ho parlato in precedenza.
Apprendemmo, poi, che c'era stato un attentato con una mina telecomandata, di cui lui parla, che viene in cronologico subito dopo la notizia dell'incendio e che quindi collochiamo con una certa sicurezza intorno al 25-26 novembre 1995. Ed era uno degli argomenti che io ponevo nella richiesta di misura cautelare a suo carico.
Misura cautelare che il GIP non respinse con la motivazione che non c'erano indizi (è nelle carte e lo potete verificare). Io avevo cercato di illustrare i profili di 255 circa la rilevanza di queste carte, che non sono solo quelli inerenti la sicurezza nazionale, che pacificamente non attenevano, ma un interesse di carattere nazionale. Siccome escutemmo l'onorevole Gritta Grainer, che aveva fatto parte della Commissione parlamentare sulla cooperazione e che ci aveva fornito elementi rispetto ai quali risultava, appunto, che le carte dei FAI, a detta di Andreatta, erano finite a Mogadiscio e che in Commissione tutti i responsabili della cooperazione non avevano saputo spiegare dove fossero finite queste carte, ecco che questo ci servì, da un lato, a supportare quello che noi ritenevamo e, dall'altro, anche alla qualificazione dell'interesse nazionale, posto che anche dalle carte della cooperazione risultava qualcosa come oltre 1.500 miliardi, dei quali la Commissione dava atto che erano andati in totale spreco. C'erano impegni umanitari e sovranazionali dell'Italia,
tutte argomentazioni rispetto alle quali io ritenevo sussistente la contestazione.
Il GIP rispose dicendo che il pubblico ministero doveva accertare ulteriormente, perché non era ancora provato che ci fosse qualcosa oltre a prove di peculati, di ogni genere di reati o di fatture false, eccetera, cioè che quelle carte non assumevano ancora un significato così univoco rispetto alla qualificazione che era stata data al fatto, di tal che non dava la misura cautelare.
PRESIDENTE. Ma i fatti, nella sostanza, erano ritenuti sussistenti.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Certamente sussistenti. E nell'interrogatorio che poi renderà davanti al GIP, all'udienza, (leggo, ma è scritto male) sostanzialmente il Marocchino dichiara - dichiarazione al GIP nell'udienza del 15 giugno 1999, ad Asti: «Sono a disposizione dell'autorità giudiziaria. Nego l'addebito. Quando è stata evacuata l'ambasciata, quei pochi documenti che erano rimasti, in quanto i documenti dei FAI erano stati bruciati (e questa, secondo me, è una fissazione sua) o portati via nell'evacuazione del 1990 e nel successivo saccheggio del novembre 1991, sono stati portati via tutti dai carabinieri. È stato lasciato a me un container da 20 piedi, al cui interno vi erano essenzialmente mobili, al cui interno vi erano documenti come bolle di consegna, lettere, fogli di servizio dei militari, e quindi documenti di nessun pregio. Quanto alla telefonata che mi viene contestata» (perché il GIP, a un certo punto, ha perso un po' la pazienza) «mi riferisco a documenti miei personali, polizze di carico, da cui risultavano trasporti da aziende italiane assegnatarie degli appalti ai vari cantieri in Somalia. La merce trasportata era diversa da quella indicata nelle bolle. In particolare, ho visto automobili Mercedes, mobili e marmi pregiati, mentre nelle polizze si parlava di materiale elettrico, legname... È vero che nelle telefonate ho detto che si trattava di un archivio, ma intendevo dire che era un mobile pieno di documenti; poteva trattarsi di tre o quattro valigie di documenti. Quando dicevo che avevo in mano delle cose che facevano saltare il Ministero per la cooperazione, mi riferivo a documenti» (non so se c'è un «non», non vorrei dire un'eresia; non vedo il «non» però non ha coerenza: forse è stato saltato) «in mio possesso. Quando parlo del contenitore...» (non riesco a leggere). «I documenti in mio possesso dimostrano di anomalie nelle spese sostenute per gli elicotteri che dovevano essere a disposizione delle ditte italiane per i cantieri, mentre pur essendo presenti in loco non hanno mai volato». Poi ci sono altre parti che non riesco a leggere: ci vorrebbe un po' più di calma. «Altro episodio di mala cooperazione è quello dei silos di grano (...). Quanto alle telefonate faccio riferimento a tre uomini. Due persone che da tempo erano in Somalia, e che quindi conoscevo da tempo; erano nomi di battaglia, Alfa e Beta. Ebbi con loro un colloquio: erano stati mandati ad assumere informazioni dal generale Rajola. Le informazioni riguardavano i rapporti tra Ali Mahdi e Aidid in vista della costituzione di una forza di polizia somala organizzata dall'Italia. Si trattava, comunque, di persone del SISMI. Chiesi ai predetti cosa dovevo fare dei documenti trovati durante l'evacuazione dell'ambasciata, che sono documenti militari; mi dissero di farne quello che volevo. Nella telefonata col Roghi questi mi assillava e io nella risposta ho un po' accentuato i toni».
PRESIDENTE. Lei ha confrontato queste dichiarazioni che ha fatto Marocchino con riferimento, ad esempio, a questi suoi rapporti col SISMI? Ha sentito Rajola?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. No. Preferii astenermi da questa audizione per una ragione semplice, che è nelle carte: di fronte a notizie stampa che parlavano di rapporti tra il SISMI e il Marocchino c'era una Ansa secondo la quale i servizi dicevano di non avere mai
avuto contatti con Marocchino; quindi, mi sembrava inutile andare a sentire il capo di un servizio che aveva dato una notizia del genere, perché non avrebbe potuto che ribadire quanto già affermato. Peraltro, l'aveva detto anche alla Commissione parlamentare sulla cooperazione, al tempo in cui ne faceva parte la Grainer, precisando di aver dato ordine ai suoi uomini di non avere contatti con il Marocchino, perché era una persona non affidabile. Anche a questo riguardo io ho scritto che trovo ridicolo che il capo di un servizio segreto militare, che per definizione deve rovistare nelle peggiori cloache, non prenda contatti con uno che, se guardate sul certificato penale, ha quattro assegni a vuoto e una bancarotta fraudolenta (per un imprenditore, sostanzialmente, è impossibile fallire senza fare bancarotta), per cui non mi pare che avesse precedenti tanto gravi. Per questo, ripeto, non l'ho sentito.
In più, c'erano le comunicazioni che Roghi faceva a Marocchino dicendo che i suoi molti amici del FAI non lo volevano più tra palle e quindi stesse molto attento, perché poteva essere in pericolo. È anche per questo, forse, che lui rispondeva dicendo... «C'è un gruppo di quelle persone - gli diceva Roghi - che hanno parlato con persone del luogo, diciamo, perché Giancarlo può rompere i coglioni, capito», questa è la telefonata che fa a Faduma, che è la moglie di Marocchino, da non confondere con la Faduma Aidid, che è tutt'altra posizione.
RAFFAELLO DE BRASI. Che è del clan di Ali Mahdi.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Sì, c'è un grado di parentela strettissimo; tant'è che c'è, poi, un'altra telefonata in cui dice, in buona sostanza, che si sta barcamenando tra Aidid e Ali Mahadi. Lui prima parteggiava di più per Aidid; quando poi ci sono gli scontri con gli americani, i morti americani e italiani del luglio 1993, Aidid diventa il pericolo pubblico numero uno, tutti quelli che stanno con Aidid hanno terra bruciata e lui, a questo punto, viene arrestato dagli americani e quando rientra ha messo, a mio avviso, testa a partito, per cui questa volta sarà con Ali Mahdi.
PRESIDENTE. Ma le risulta che avesse rapporti in Somalia con i servizi somali, facenti capo a ciascuna delle due fazioni?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Beh, si ricava da molte conversazioni, non dalla viva voce di Marocchino, che ci solo contatti... che recita una parte importante un certo Gilao, che è capo della polizia ed è anche rilevante ai fini della vicenda Alpi. Questo Gilao era in rapporti strettissimi con il gruppo degli italiani, perché, come risulta dalle carte, aveva una figlia che aveva sposato un italiano, direttore dell'albergo di una certa Nurta, moglie di Ali Mahadi, che è un può uno dei centri della vita sociale di Mogadiscio. Questo tipo risultava legato ai vari giri italiani, nei quali non mancava Marocchino, proprio in collegamento con un progetto gigantesco, faraonico che ci fu per esportare rifiuti tossico nocivi in Somalia e che fu bloccato; è l'operazione Achair & Partners, che erano un gruppo di svizzeri, un gruppo di italiani di Camaiore e che poi fu bloccata da liti interne e dall'intervento di Mustafà Tolba dell'Unep, che denunciò alla stampa internazionale questa mega operazione, che fu stoppata. In mezzo a questa operazione ci entravano tutti questi personaggi dei quali parlo. C'entrava anche Gilao come suocero di uno di questi italiani che si muovevano.
In questo momento dovrei vedere, ma da frasi, telefonate, conversazioni dirette di Marocchino sul punto circa i rapporti con il servizi somali, non sono in grado di dire. Mi pare di no, ma lo ricavo, inevitabilmente... Come deduzione logica sono pronto a sottoscriverlo un milione di volte, non una sola.
PRESIDENTE. E dei rapporti di Marocchino con la Shifco?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di
Asti. Non sono informato, nel senso che nelle nostre intercettazioni ve ne sono anche di significative che noi facemmo sull'utenza di cui si serviva Faduma Aidid da Roma, di una certa Aua, che è una donna sposata a un italiano - un certo Zangrandi, che faceva parte già del servizio militare, non so se all'epoca si chiamasse già SISMI, o forse era un servizio con precedente - perché in intercettazione sull'utenza di questa Aua chiamano gli uomini del SISMI; chiama un ufficiale, un certo De Lorenzo, chiama Fortunato Massitti per parlare con Faduma Aidid. In particolare, De Lorenzo dice «io ricordo tuo marito (questo signor Zangrandi) che era uno del mio servizio, che operava già a Mogadiscio», tanti anni prima, e la stessa Aua doveva essere stata nella polizia somala. Questa è una zia di Faduma Aidid, è il suo referente a Roma e fa un può da punto di riferimento dei somali a Roma. Tant'è che su quell'utenza di Aua chiamerà anche l'avvocato Duale, sempre collegatamente alla gestione del processo.
PRESIDENTE. Questo avvocato Duale chi è?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Io poco so. So quello che leggo dai giornali. So che era il difensore di Hassan.
PRESIDENTE. Parla con Duale per dire cosa?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Guardo nella mia documentazione...
PRESIDENTE. Quindi, della Shifco non le risulta nessuna...
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Ecco: ci sono riferimenti dove la Faduma Aidid, però secondo me un po' in libertà, fa un unico crogiuolo, come spesso ha la tendenza a fare - va detto - mettendo insieme Marocchino con Mugne «che si è fregato le navi della Shifco», eccetera. Tant'è che su questa parte, con riferimento a Shifco e Mugne, facemmo uno stralcio e fu uno di quelli che inviammo a Torre Annunziata, per quello che poteva valere; ma non valeva granché. Quindi, in tutto il settore d'indagine che abbiamo seguito non siamo mai riusciti a focalizzare la figura di Mugne e della Shifco...
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Già da subito, rispondendo un po' a quella ripartizione che, poi, veniva dai fatti, non sentivamo mai nulla di Mugne. Solo su Marocchino.
Stavo guardando...
PRESIDENTE. C'è la questione Duale che mi interessa.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Chiedo scusa, può essere importante: fra quelle che vi deposito - poi vengo a Duale e, se mi dimentico, mi chiederete nuovamente - c'è una conversazione molto significativa circa le vicende connesse all'arresto del somalo per la vicenda Alpi. È un'intercettazione del 16 gennaio 1998, la telefonata 1001, in cui Roghi parla con Marocchino. Claudio Roghi dice: «Hanno arrestato un somalo di quelli che hanno mandato». Marocchino: «Niente, non c'entra un cazzo quello lì», e poi Claudio: «Sì, poi Duale ha detto che c'è due italiani a Mogadiscio che sanno tutta la verità. Non so quanti italiani ci siano a Mogadiscio». Marocchino: «Due. Ha sbagliato: uno sono» (o uno solo, il fonetico non ...). Claudio: «Lui ha detto due» (e ride). Marocchino: «Chi è l'altro?». E Claudio: «Che ne so?». Marocchino: «Sarai te l'altro». Roghi continua a ridere: «Io che cazzo ne so». Marocchino: «Di italiani ce n'è uno solo». Claudio: «Ti giuro, dice che ci sono due italiani che sanno tutto giù, che fanno i direttori d'orchestra. Io ho pensato, così per essere cattivo, a te» (risata di entrambe le parti)
«e poi il nipote di Aidid» - che è un certo Dirà, medico somalo, residente in Perugia, presentatosi alla commissione Gallo - «che ha dichiarato, ha fatto i nomi e i cognomi degli italiani, del traffico d'armi, dice, perché la storia lì chiaramente è venuta fuori per questo discorso, un monte di bla bla. Insomma, a quel somalo lì gli hanno fatto il fermo, ma proprio convalidato, lo fanno a strisce, ha due testimoni che hanno testimoniato e gli hanno dato la protezione locale, c'è riserva di istruttoria, c'è massimo riserbo sulla cosa. Cassini ha detto che loro non hanno pagato questi somali per venire in Italia. E Cassini ha pagato per questi somali, per farli venire in Italia». Poi parla della manifestazione sotto casa, in cui dice che ce l'hanno con gli italiani e dice: «Hanno fatto un po' di cartelli sotto casa mia ... Ci sono dei cartelli con un italiano che ha dei rapporti abnormi con bambini, o una donna, insomma. Poi i miei sono usciti» - devono essere usciti sventagliando - «e sono spariti tutti quanti. Hanno fatto un po' di cartelli e la cosa è finita lì». E Claudio: «Ma comunque le allusioni ci sono tutte, sei sempre in prima pagina dei filmati di Ilaria, tutti i giorni, tutti i giorni che si vede il solito filmato, lo girano tre volte al giorno, sei diventato importante oramai». Poi dava atto che un certo Giannini lo chiamava: «È quello che mi chiamava sempre, è Giannini».
PRESIDENTE. Chi è Giannini, quello della Digos?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Quello della Digos. Infatti, Claudio dice: «È tutto organizzato dalla Digos», i giornali, dicono, ed elogiano l'ambasciatore che ha fatto un ottimo lavoro per portare il carnefice di Ilaria (gli legge i testi dei giornali). «Che schifo», dice Marocchino, «vorrei scrivere due righe al giornale e mandarli a quel paese». «Senti, se tu mi mandi, le rimetto per bene in italiano e le facciamo pubblicare domani». «Siete proprio stronzi, quello lì proprio non c'entra un cazzo con questa roba qua, ma tanto», e ribadisce quel discorso: «Io volevo, io gli ho detto: volete sapere la verità? Venite giù, venite qua, state qua due giorni e partite, sapete la verità, il motivo, il perché quella ragazza lì è morta». «Tanto è inutile parlarci», dice Claudio Roghi. Poi ribadisce: «La dichiarazione di Duale è stata così semplice, la verità, i segreti della Somalia li sanno due italiani». Dice Claudio: «Io non so niente, ma l'altro sicuramente sei tu». «E si vede che mi hanno messo per due». Marocchino: «Io perchè te l'ho detto, mi è arrivato giù il capo, quello che hanno messo adesso al posto di Ali Mahdi, è venuto da me perché c'è un po' un mezzo conflitto fra loro. Io sto tenendo la gamba in due ... sto nella parte di là e nella parte di qua», questa è proprio la figura di Marocchino; d'altronde, in quelle condizioni, nessuno potrebbe ... anzi, interpreta al meglio una situazione difficilissima.
Poi c'è questa, che è già a disposizione, la 1046 del 18 gennaio 1998, in cui Roghi chiama Giancarlo Marocchino, parlano di Ali Mahdi e poi entrano nel discorso delle persone fermate in Italia per l'omicidio di Ilaria Alpi. Dice Claudio: «Domani vado a Roma, passo anche da quelli del ... vedo un pochino di vedere le altre persone». E Marocchino: «Ma, mi dici anche quelle cose là?». Venendo al punto, Claudio dice: «Quelli della Digos ti hanno più richiamato?». E Marocchino: «No, niente, a parte che è sabato, domenica e via di seguito, però se mi chiamano, gli dico: cazzo, adesso sarete contenti, avete preso tutto quanto, il caso è finito, no? Ci dirò. Vediamo che cosa dicono. Però io adesso ... è possibile, è possibile, non dico che è certo, perché fin quando non ce l'ho in mano ... è possibile che ... e sarà una grossa bomba ... è possibile che mi danno domani o dopodomani un documento dove c'è tutti i nomi di quelle persone che hanno fatto quel fatto». «Ah». «Pronto, mi senti?». «Sì, benissimo.» «Ecco», dice Marocchino, «tutti i nomi di quelli che hanno fatto, di quelli che erano sulla macchina, tutti i nomi e questi nomi, tutti lì ... è un documento che dicono che l'hanno rubato alla polizia che aveva indagato».
«Ho capito». Marocchino: «Allora, se è così, la polizia ... ti dico il nome, il nome, è uno che ... è un capo di qua che lavora con ... con quegli stronzi che stanno in Italia, hai capito chi sono?». Claudio: «Sì, sì». Marocchino: «E lui è pagato da quegli stronzi e allora se è così loro sapevano già tutto dall'inizio e hanno nascosto tutto. Hai capito?». «Oh, benissimo», dice Claudio. Marocchino: «Ecco, mi hanno, mi ha ... in più questo qua mi dà anche un documento dove questi qua, questo qua prendeva roba da quegli stronzi, prendeva roba. Prendeva roba e una parte di roba, una parte di roba ce l'ho portata io e lui ha rilasciato come una specie di ricevuta, perché uno di questi ... hanno bisticciato tra di loro, hanno bisticciato e lui ha ... questo qua ha rubato i documenti, in archivio diciamo. Ha rubato i documenti e dice che me li dà, me li dà. Non me li dà direttamente a me, li dà a un altro che ... un altro dovrebbe darli a me. E se è vero così che mi danno questi documenti in mano è come avere una bomba atomica». Marocchino: «Un documento che loro sapevano già, dopo una settimana, dopo una settimana sapevano già il caso in sé, che poi in realtà è quello che so io, in realtà. Però, ecco lì, è una documentazione effettiva, fatta. E le indagini le hanno girate tutte storte, han fatto fare le indagini da uno stronzo, eccetera, che è dalla parte di Aidid che era contro di me, e quello lo ha messo ... su di me e quel primo con la prima indagine». Quindi, ci pare abbastanza significativo e questa è pienamente a disposizione. Sono 212 fogli, già numerati.
PRESIDENTE. Questi atti li prendiamo in carico per la Commissione. Non sono assoggettati a nessuna forma di segretezza, perché sono atti provenienti da un'archiviazione già disposta, mentre noi attendiamo dal dottor Tarditi, non appena fatta l'archiviazione, salvo che vada diversamente, che ci faccia pervenire, oppure ci avverta perché noi possiamo recuperarli, gli atti dell'altro procedimento, sempre a carico dello stesso Marocchino.
La vorrei pregare ora di sottoporsi alle domande dei componenti della Commissione. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bulgarelli: ne ha facoltà.
MAURO BULGARELLI. Innanzitutto, la ringrazio per l'opera che ha svolto. Credo sia stata una delle poche persone che ha fatto chiarezza, soprattutto rispetto al traffico di rifiuti, nonostante i limiti oggettivi di una legislazione mancante in quel periodo.
Ho una serie di domande da farle. Preferirei farle tutte insieme, se per lei non è un problema. La prima è relativa a Ezio Scaglione, che nella sua inchiesta ha avuto un ruolo centrale. Se non sbaglio, Scaglione era legato, oltre che a Marocchino, anche a Garelli e al finanziere Nickolas Bizzio, rispetto al progetto Urano.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Sì.
MAURO BULGARELLI. Mi risulta anche, dalle cose che lessi allora e poi anche dalle sue dichiarazioni fatte alla Commissione su rifiuti ed ecomafie, che, in realtà, la prima volta che Marocchino ha fatto irruzione nella sua inchiesta è stato in relazione ad una registrazione fatta con Scaglione, se non sbaglio.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Sì.
MAURO BULGARELLI. Se ci può, quindi, dire quali erano i rapporti tra Marocchino e Scaglione rispetto a questo.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Se posso recuperare un attimo le carte che vi ho dato ....
MAURO BULGARELLI. Abbiamo parlato tanto di Roghi, ma poco del rapporto
tra Marocchino e Scaglione. Vorrei sapere, inoltre, se anche questo è stato girato alla procura di Roma, cioè gli stralci.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. No.
Parto dalla seconda domanda e confermo che l'irruzione di Marocchino nelle vicende avviene quando, a seguito della visita di Scaglione da un imprenditore astigiano - intercettazione ambientale registrata, autorizzata a suo tempo -, sentiamo questo discorso fatto da Scaglione che dice: «io parlo a nome di Marocchino e del gruppo che lui rappresenta in Somalia» e, segnatamente, Ali Mahdi, perché siamo in piena conversione verso Ali Mahdi. Rappresento che i colloqui si svolgono tra la fine del 1996 e la primavera del 1997. Poi parla dello spedizioniere di Livorno, che dovrebbe incaricarsi di fare i trasporti, e il destinatario, in zone militari riservate, comunque nel controllo totale di Marocchino, avverranno sotto il controllo e la responsabilità di Marocchino.
Di talché, a questo punto, si mette sotto l'utenza di Scaglione, ed è sull'utenza di quest'ultimo che si sentono le chiamate di Scaglione a Marocchino, nelle quali concordano sulle modalità di effettuazione. C'è il discorso nel quale Scaglione sta cercando di operare con vari elementi dell'imprenditoria italiana del nord-ovest, del Piemonte, eccetera, i quali però contro di lui avevano, opportunamente per noi, segnalato la cosa per cui lo tenevamo sotto. In definitiva, c'è appunto questo piano che loro vogliono attuare, di portare laggiù rilevanti carichi di materiale, intorno a 5 mila tonnellate per carico, per nave. Però devono trovare un simulacro di documentazione per poter far uscire questa cosa.
Nel frattempo, ci colpì quando Marocchino disse, ad un certo punto: ma, in attesa che questi magari mettano assieme tutte le carte, eccetera, per queste esportazioni sistematiche, perché poi il punto era: badate che non è un viaggio singolo, deve essere una cosa ..., perché Ali Mahdi deve recuperare un sacco di spese belliche, quindi non fa una cosa «mordi e fuggi». Allora lui disse: nel frattempo non possiamo fare noi un'operazione, 2 o 3 mila fusti da mandarmi. E lui gli dice: io te ne mando anche di più, però in questo momento qui per me è pericoloso, vorrei continuare a mangiare a mie spese. Poi ci sono altre due telefonate in cui indicano molto bene l'area che a questo scopo verrà adibita, e telefonate nell'ambito delle quali si rappresenta qual è la motivazione ufficiale in base alla quale Marocchino otterrà di poter disporre di quest'area: si racconterà ai capi somali, e questa è la loro gente, che c'è bisogno di un inceneritore, rispetto al quale devono arrivare molti rifiuti di vario tipo, in modo da far passare la cosa, perché così si darà elettricità alla zona.
MAURO BULGARELLI. Non hanno mai parlato di Ilaria Alpi nelle registrazioni tra i due?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. No. In queste registrazioni, ad un certo punto ... No, c'è un riferimento indiretto, nel senso che, per quel che riguarda l'imprenditore che ci coadiuvava, questo ad un certo punto ci ha detto: io mi trovo adesso nella situazione di dover commettere un reato. Gli è stato detto: ci mancherebbe altro che tu lo debba commettere; guadagniamo tempo, teniamo questo pesce agganciato per vedere se ci porta in qualche altra direzione e tu raccontagli una scusa credibile sul perché non stai quagliando, come imprenditore, per cercare di ottenere qualche autorizzazione un po' compiacente presso i ministeri romani per mandare via la roba. Allora, suggerimmo al nostro uomo, che ci aiutava e che aveva i colloqui registrati con lo Scaglione, di raccontargli che, siccome c'era molta attenzione dei mass-media sulla vicenda di Ilaria Alpi, il momento non appariva tanto opportuno. A questo punto Scaglione conveniva dicendo: sì, anche Ali Mahdi ha detto che bisogna essere un tantino più tranquilli e, quindi, per il momento soprassediamo. Questo è il
profilo. Nell'ambito delle indagini emerse, quindi, il contatto costante tra il 1996 e il 1997 di Scaglione con Marocchino.
Quanto a Garelli, negli atti che vi ho portato esiste una escussione di Marocchino, interrogato proprio ad Alessandria l'11 novembre 1993, quando è in Italia dopo l'espulsione, dopo l'arresto da parte degli americani, in cui viene interrogato, il 10, dalla Digos di Roma in ordine ai traffici di armi in Somalia, per i quali è stato espulso dagli americani, e, l'11, ad Alessandria, dove si trova a casa di Scaglione e dove rende dichiarazioni che sono a vostra disposizione circa i traffici di auto che facevano con Scaglione e Garelli. Di Scaglione dice semplicemente: Scaglione era interessato a comprare qualche Toyota fuoristrada e lo misi in contatto con Garelli, il quale, con il grado di commodoro dell'ATS, aveva molti veicoli, quei veicoli rispetto ai quali è stato poi condannato a pesanti pene detentive per ricettazione e traffico di questi veicoli. Quindi, conferma il discorso che la conoscenza risaliva già al 1992-1993, quando c'è il primo progetto Urano e la lettera di intenti che firmano Garelli, Marocchino e Scaglione per la sistemazione di rifiuti nella Somalia, Urano trasferito dall'ex Sahara spagnolo, fantomatica area in cui insisteva l'ATS, alla Somalia. L'ATS - amministrazione territoriale del Sahara - è un'entità sicuramente inventata per coprire certe realtà, ma c'è in effetti una zona geograficamente, storicamente e politicamente contesa. Quando la Spagna, a metà degli anni settanta, lascia gli ultimi possedimenti - Sahara, Rio de Oro, eccetera - inizia un po' di parapiglia, intanto, tra il Regno del Marocco e l'Algeria, l'Algeria che sponsorizza il fronte Polisario ed il Marocco che invece rivendica ... In mezzo si inserisce questa struttura che Garelli - non so se dicendo il vero - ricollega direttamente alla NSA, la National Security Agency, di cui lui in qualche modo ... Invece, nell'ambito del discorso di Scaglione, eccetera, il discorso di Bizzio, per quel che riguarda le mie carte, non viene fuori.
MAURO BULGARELLI. L'altra cosa che le chiedo è questa. Ha citato anche adesso la deposizione ad Alessandria di Marocchino, nel momento in cui era stato accusato di traffico di armi.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Chiedo scusa, non per il traffico di armi. Ad Alessandria fu sentito come persona informata sui fatti, cioè: cosa sai tu di queste cose? Allora, parla dell'associazione italo-somala di Zaramella a Milano, degli incontri a Milano con Garelli, Zaramella e tutto questo entourage di persone.
MAURO BULGARELLI. La domanda è questa: l'inchiesta era stata affidata al pubblico ministero Saviotti di Roma, intendo quella sul traffico di armi ...
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Ma della quale non so nulla.
MAURO BULGARELLI. Lì ci sono dei documenti che sono chiusi in una busta sigillata, con la scritta: «Atti - vietata la divulgazione».
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Questo l'ho detto su Famiglia cristiana recentemente.
MAURO BULGARELLI. Infatti, la cosa che volevo sapere è: non le sono mai stati forniti, pur sapendo che lei comunque stava ...
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. No. Intendiamoci: io non li ho mai chiesti. Sapevo che c'era questa cosa, perché nella memoria difensiva del difensore di Marocchino per la vicenda di cui ho parlato adesso, la sottrazione di quelle carte, fra le tante cose che lui deposita, dice: badate, quest'uomo è oggetto di una serie di persecuzioni dalle quali esce regolarmente pulito, come prova la vicenda vergognosa dell'arresto e della cacciata da
parte degli americani, il processo per traffico di armi, che si è risolto in un nulla di fatto. E mi produce il decreto di archiviazione del GIP di Roma in ordine alle contestazioni. L'unica cosa che sapevo della vicenda era che la vicenda, collegata al fascicolo istruito dopo il suo arrivo in Italia, si era conclusa in quel modo molto sintetico, come quando fanno i GIP che ratificano la richiesta ... Non c'era la richiesta del PM negli atti che depositò il difensore, c'era solo questo, che era la parola «fine» su questa indagine. Nulla di più io ...
MAURO BULGARELLI. Adesso, rapidamente, tre domande collegate. L'ingegner Brofferio, capo dei lavori di costruzione della strada Garoe-Bosaso, ha recentemente raccontato di aver ricevuto da Marocchino la richiesta di seppellire container sigillati in qualche scavo del cantiere.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Sì.
MAURO BULGARELLI. Volevo sapere se questa informazione può essere sufficiente per riaprire la sua inchiesta e se aveva altri elementi su quella zona e su sospetti di interramento. A questo collego le altre due domande, brevissime. Ormai è accertato che il traffico dei rifiuti è un business anche per la criminalità organizzata. Le chiedo se le risulta che il gruppo di Garelli, Scaglione, eccetera, fino a Nickolas Bizzio, abbia mai avuto rapporti diretti, rispetto alla Somalia, oppure c'è il sospetto che abbia avuto rapporti con elementi della criminalità organizzata.
L'ultima domanda è la seguente. Abbiamo ormai trovato diverse tracce di malattie sospette in Somalia, dovute ad agenti chimici o a traffici di rifiuti. Le chiedo se ha sfiorato la questione nella sua inchiesta oppure se anche lei ha sospetti su alcune delle malattie segnalate che ci provengono dalla Somalia: si parla di qualche migliaio di morti in alcune aree, anche se naturalmente tutto è da verificare perché abbiamo visto che qualche migliaio di morti a volte diventano 30, 40 o 100, per quel che ci dice in Somalia, come ci è stato detto dall'avvocato Duale. Queste tre cose, per chiudere.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Quanto a Brofferio, confermo, nel senso che, pur essendo scaduti abbondantemente i termini dell'indagine, ho saputo della cosa e ho mandato un ufficiale di polizia giudiziaria a Milano a sentirlo. Al massimo c'era l'inutilizzabiltà e potenzialmente se ripetesse la dichiarazione essa diventerebbe utilizzabile. Brofferio ha risposto nei termini che lei ha indicato: era responsabile di un tratto della Garoe-Bosaso; ebbe la richiesta di Marocchino nell'ambito della quale c'era la possibilità di guadagnare buone somme di denaro, solo interrando i container; la condizione era che non venissero aperti. Lui declinò immediatamente l'offerta e ne parlò col suo responsabile di area, un certo ingegner Keller, che gli disse che aveva fatto bene, perché non erano lì per quello. Gli è stato anche chiesto se, rispetto all'ubicazione in cui doveva operare in quel tratto di strada, il luogo si prestasse, apparisse confacente, da un punto di vista generale di riservatezza. Lui dice di non poter affermare di avere visto; lui non ha dato corso, né sa di altri che abbiano dato corso a queste richieste, ma dice che certamente il posto ha le caratteristiche ideali a fini di occultamento.
Non ho trovato alcun aggancio di personaggi coinvolti in questioni relative al 416-bis.
Circa le malattie, aleggiano sulla vicenda, ma con la stessa genericità alla quale lei fa riferimento.
PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cannella. Ne ha facoltà.
PIETRO CANNELLA. Ci può sinteticamente spiegare in cosa consistesse il progetto Urano e se fosse localizzato soltanto nella porzione di Sahara contesa? Esiste
qualche consapevolezza circa luoghi di interramento o smaltimento di rifiuti tossici in Somalia?
Vorrei anche sapere se sia emerso qualcosa circa il traffico di droga e se sia stata individuata qualche forma di collegamento, a vario titolo, con elementi del fondamentalismo islamico coinvolti in questi traffici.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Circa Urano, sappiamo che il progetto primitivo verteva sull'interramento e l'utilizzo di aree immense del Polisario, dell'ATS. Venivano individuati anche i riferimenti latitudinali e longitudinali; si parlava di una vastissima depressione con prati di 20 chilometri, destinati ad interramenti di milioni di quintali di materiale. Le carte contengono anche le modalità di trasporto: erano previsti degli shuttle che dovevano effettuare degli spiaggiamenti e poi dovevano essere portati - sempre secondo questo progetto che non so dire se fosse fantomatico - attraverso una ferrovie in quelle zone. Il contratto era stipulato con la Instrumag, forse riferibile a Bizzio. Anche questi sono aspetti importantissimi, però purtroppo sono legati a documenti e a personaggi come Garelli, sul quale, con l'alone che lo circonda, non si sa fino a che punto fare affidamento, per cui potrebbe anche trattarsi di brillanti rappresentazioni cartacee fuorvianti. Ho cercato di apprezzare e tenere in considerazione come punti di partenza queste carte e questi collegamenti per quel che valgono, ma ho sempre preferito agganciarmi quantomeno alle conversazioni delle persone con un minimo di attualità. Quindi, so che Instrumag sembra faccia riferimento a Bizzio; c'è questo accordo per esportare milioni di tonnellate nelle aree del Sahara spagnolo; se ciò si sia realizzato non lo so.
Mi sembra che, più realisticamente, il progetto Urano 1 sia diventato Urano 2, non con le forme gigantesche prospettate inizialmente, e quindi abbia avuto qualche concreta possibilità di applicazione.
Circa i luoghi, nelle carte che abbiamo raccolto, Garelli nei suoi interrogatori indica determinati luoghi con una certa precisione, come la cosiddetta «isola del sale», cioè la penisola di Haifun, dove ci sarebbe questo parallelepipedo. Lui giura su questo come sul fatto che si tratti di rifiuti radioattivi di provenienza americana in una zona sostanzialmente irraggiungibile perché protetta da gente con missili spalleggiabili Stinger, per cui non sembra consigliabile andarli a visitare. Si ricollega al discorso, che apparve anche su Famiglia cristiana, legato a certi pericoli: lo dà per certo e indica altre località citate anche in documenti che abbiamo acquisito da fonti confidenziali, che hanno quindi il limite che è loro proprio, ma provengono dai servizi segreti etiopici, attraverso strade rispetto alle quali processualmente si fa poco o nulla e comunque storicamente o giornalisticamente hanno una rilevanza.
Nessun aggancio con la droga nella maniera più assoluta e nessun aggancio, per quel che mi consta, con i fondamentalisti.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tuccillo. Ne ha facoltà.
DOMENICO TUCCILLO. Chiedo scusa in anticipo se, nel groviglio di fatti e di notizie estremamente interessanti che lei ci ha fornito, cercherò di non disperdermi e le rivolgerò una domanda molto banale e diretta. Alla fine di tutto ciò, qual è la convinzione che lei si è fatto rispetto al livello di conoscenza ed eventualmente di coinvolgimento del signor Marocchino nella vicenda Ilaria Alpi?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Penso che sia il miglior agente che l'Italia ha tra Gibuti e Nairobi, anche se non ha la «tessera» né la pensione. Ciò vuol dire che è un uomo che sa tutto: non lo dico io, ma lo dice lui e c'è da credergli, perché, in una situazione difficilissima e terribile come quella che si trova a vivere, opera magistralmente. Credo che nessuno
potrebbe fare meglio di lui e, tutto sommato, penso anche che, pur non disdegnando di fare ogni genere di affari, a suo modo, abbia una sua morale ed un suo patriottismo. Non che io sia diventato un ammiratore di Marocchino, però penso che sia un uomo che laggiù recita una parte significativa, è quello che sa tutto di tutti e, secondo me, li tiene in pugno tutti in quell'area, sia gli italiani che i somali, almeno finché i reati sono prescritti (nell'arco di dieci anni dagli accadimenti). Per quello che riguarda la cooperazione, certamente lui ha avuto modo di «aggiustarsi» significativamente, anche perché ha il monopolio dei movimenti terra, perché nei momenti in cui tutti scappavano da Mogadiscio - abbiamo i documenti che lui produce, ma che sono stati sequestrati - gli sono state affidate tutte le macchine di movimento terra della Salini, della Lofemon; gli americani lasciano una stazione radio piuttosto imponente... Quindi, nei fatti, ha acquisito una rilevanza enorme, tanto che ha una forza armata di 300-400 uomini (a quanto lui afferma); qualsiasi giornalista debba recarsi in quei luoghi non può non passare da lui, o quantomeno avere rapporti non conflittuali, altrimenti potrebbe avere problemi, anche solamente logistici ed organizzativi. Marocchino incontra la Commissione parlamentare italiana per la cooperazione, che svolge l'inchiesta: nel verbale dell'onorevole Grainer viene descritta la gestione... quando fortunosamente, solo una parte ridotta della delegazione (sembra che ci fossero minacce, per cui buona parte della delegazione aveva escluso Mogadiscio dove si volevano fare domande proprio sulla vicenda Alpi), Grainer e qualche altro, insistendo, andarono a Mogadiscio, tutta la gestione del rapporto con la Commissione era tenuta da Marocchino. Questo la dice lunga.
DOMENICO TUCCILLO. Il rapporto con chi?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Con la Commissione parlamentare sulla «malacooperazione» che in Africa ha fatto il giro dei siti più attinti.
DOMENICO TUCCILLO. A volte le domande più banali sono quelle a cui è più difficile dare una risposta. Ho capito perfettamente il profilo che lei traccia del personaggio e ritengo che sia abbastanza attendibile e fondato, in base ai riscontri che lei ha fatto e ha avuto modo di acquisire, ma la mia domanda era un'altra: poiché il cuore della vicenda sulla quale indaghiamo è se l'omicidio di Ilaria Alpi sia stato un fatto casuale, legato a determinate circostanze, ovvero sia stato un fatto organizzato e da chi, che convinzione ha lei circa la conoscenza di fatti da parte del signor Marocchino o circa il suo coinvolgimento rispetto a tale vicenda?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Sarei un presuntuoso se le dicessi che sono in grado di dare una risposta, perché non sono e non sono mai stato in alcun modo titolare delle indagini. Comunque, posso avere un'opinione in proposito che è la seguente: quando Marocchino dice qualcosa, io gli credo perché, secondo me, è un uomo serio. Quando dice che sa tutto...
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Non posso costringerlo. Però, come tutte le persone molto serie...
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Quando lui dice di sapere, gli credo. Ci sono altri personaggi di questa vicenda ai quali credo di meno quando dicono di sapere. Lui non è né un affabulatore, né un assemblatore di notizie lette qua e là; a mio modesto parere, è quello che rappresenta e dimostra di essere.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Ranieli.
MICHELE RANIELI. Vorrei ringraziare il sostituto procuratore per il lavoro che ha svolto, dimostrando sensibilità e capacità investigativa.
Ho letto a proposito di alcuni titoli della Repubblica di Weimar: non ho ben capito, per cui vorrei un chiarimento. Vorrei anche sapere di quale ammontare si parli. Mi stupisce il fatto che in una banca di Roma, o nella casa privata di un banchiere di Roma siano stati rinvenuti alcuni titoli...
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Non si tratta di titoli, ma di conversazioni e di documentazione inerenti alla trattazione...
MICHELE RANIELI. La vicenda coinvolge anche Marocchino ed altri.
PRESIDENTE. Ne siamo a conoscenza, in quanto abbiamo già scandagliato questo problema.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Se tutto ciò si intersechi con le vicende connesse con lo smaltimento dei rifiuti lo ignoro, ma ritengo che non vi sia una connessione diretta. Questi titoli esistono e sono stati individuati; posso dirle quante procure li hanno individuati: intanto quella di Torre Annunziata e poi quelle di Aosta, Venezia, Firenze (il tema è quasi sempre gestito a livello di DDA, per i profili associativi e con coinvolgimento di soggetti per i quali è previsto il 416-bis). Di questa realtà non solo parlano alcune nostre indagini rispetto alle quali non capivamo bene come orientarci, ma su di essa hanno fatto molta chiarezza i servizi doganali americani, lanciando l'allarme sul proliferare di questi titoli, delle promissory notes indonesiane e di titoli del Banco di Santo Spirito di anni fa, le cosiddette «primarie garanzie bancarie».
PRESIDENTE. Quelle della Parmalat.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Non so. Si tratta delle primarie garanzie bancarie nell'ambito delle quali, assumendo che si detiene un titolo...
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Assumendo che si hanno in deposito questi titoli, almeno per quanto riguarda i german gold bond, la Germania federale non dice che si tratta di cartaccia, ma lo può diventare per due profili: se sono stati oggetto di falsificazione fisica (la cosiddetta patacca) e nel caso in cui vi sia un problema giuridico su quelli autentici che circolano, per i quali vi è un massiccio contenzioso (dell'ordine di un miliardo). Qui possiamo ricollegarci a Weimar e all'inflazione spaventosa di quel periodo, con il pane che costava decine di milioni. Per quanto riguarda i german gold bond, c'era un accordo del 1956 con gli americani, detentori della maggiore quantità di questi titoli, che ne reclamavano il rimborso, ma ciò non era possibile fino alla riunificazione della Germania, considerata piuttosto lontana.
Quando nel 1989 si verifica l'assolutamente inatteso, questa roba comincia a circolare da tante parti: la Germania chiede una serie ininterrotta di girate, certificate da notai, e cominciano a fioccare notai compiacenti. Ce ne è uno in Svizzera coinvolto in varie operazioni di questo genere e inquisito, uno molto autorevole che certifica falsamente la continuità delle girate, perché la condizione che la Germania pone è che vi sia una serie continua di girate, dalle quali emerga che al 1o gennaio 1945 i titoli erano detenuti da persone, diciamo così, affidabili, che li detenevano ex ante, posto che non vuole pagare quelli che erano stati oggetto della razzia conseguente alla conquista di Berlino da parte dei russi, per non pagare i russi. Questo è quello che ci dicono gli americani, quello che ci dice la rogatoria che abbiamo fatto in Germania. Inoltre, i tedeschi, dicono: per quelli che riteniamo
buoni, comunque per ogni bond deve essere instaurata una causa davanti alle autorità tedesche, all'esito della quale, caso per caso, la corte tedesca stabilisce se il titolo è buono, se c'è una serie continua di girate, se sono stati rispettati i tempi e i modi rispetto ai quali, poi, obbligare il Governo tedesco a pagare.
MICHELE RANIELI. Potrebbe saltare l'economia tedesca, con incidenze forti anche nel sistema europeo, visto l'ammontare di questi titoli?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Non credo.
MICHELE RANIELI. È stato fatto uno studio in questo senso?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Io riporto solo, ed è nelle mie carte, il discorso che fanno gli americani. Sono volumetti in inglese, che abbiamo tradotto, in cui i funzionari dell'US Customs che abbiamo sentito parlavano addirittura di operazioni messe su dalla Corea del Nord (questo lo dicono loro, non c'ero io!), di operazioni di destabilizzazione in certi settori economici. Questo per dire della rilevanza di quella che loro chiamano la frode del secolo, descrivendone tutte le modalità un po' col sistema americano, molto pratico, con tutte le freccette e le indicazioni... In questa vicenda noi abbiamo trovato un grossissimo costruttore edile di Brescia (non faccio nomi) che, a un certo punto, si è trovato per le mani questi titoli e ha preso una solenne fregatura: non era certo uno che volesse riciclare o fare imbrogli, ma gli servivano per finanziare; poi, ci ha rimesso l'osso del collo. Quindi, questa roba circola ed è finita in mano anche a grossi imprenditori. Servono ad ottenere il credito. Il discorso è questo: io ti certifico che in un fondo laggiù ho questi titoli; sulla base di questo, tu banca, che non hai mai contattato... e, chiaramente, se ci vado io mi fanno correre o chiamano i carabinieri, ma se ci vanno certe persone no; ti danno la garanzia bancaria, una lettera di garanzia; con questo, tu costruisci il villaggio turistico, per esempio.
PRESIDENTE. Con una schermata informatica.
Sta bene. Ringrazio l'onorevole Ranieli, ma, soprattutto, ringrazio il dottor Tarditi, che ora salutiamo, ma con l'intesa che restiamo in attesa degli atti dell'altra inchiesta in corso di conclusione.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Se lei gradisce, presidente, ho qui l'atto con il quale ho effettuato lo stralcio...
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Esatto, della parte inviata a Venezia e di quella inviata a Pistoia, con i capi di imputazione.
PRESIDENTE. La ringrazio. Sono tutti atti liberi, questi?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Sì.
PRESIDENTE. Perfetto. Ringrazio nuovamente il dottor Tarditi e dichiaro conclusa l'audizione.
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