![]() |
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'ingegner Oscare Cicchetti.
È stato mai sentito da altra autorità in merito alla vicenda Telekom-Serbia?
OSCARE CICCHETTI. Sì, dai pubblici ministeri di Torino.
PRESIDENTE. Quindi, è generalizzato in atti.
PRESIDENTE. Si è mai recato a Belgrado e, in caso affermativo, in che data ed insieme a chi?
OSCARE CICCHETTI. Sono andato a Belgrado per la prima volta il giorno della firma del contratto di acquisizione di Telekom-Serbia, con il dottor Tommasi e, credo, con Desario...
PRESIDENTE. C'era anche De Iulio?
OSCARE CICCHETTI. No, non credo che ci fosse.
OSCARE CICCHETTI. Non lo so dire. Di sicuro c'era Tommasi ed io ero con lui. Da allora in poi, sono stato molte volte a Belgrado perché ho assunto la responsabilità di gestione di Telekom-Serbia; quindi sono stato nei consigli e nei border come vicepresidente della società.
PRESIDENTE. Non abbiamo chiesto quali incarichi ha ricoperto perché era esplicitato nell'atto di generalizzazione.
Il 4 giugno 1997 lei si reca a Belgrado con partenza da Ciampino, lo ricorda? In genere partiva da Ciampino?
OSCARE CICCHETTI. Qualche volta da Ciampino, altre volte da Fiumicino. Si partiva da Ciampino quando si andava con voli privati.
PRESIDENTE. Ricorda la compagnia aerea?
OSCARE CICCHETTI. No, assolutamente.
PRESIDENTE. Ricorda qualche pilota o altri elementi che possano supportare la memoria?
PRESIDENTE. Il 4 giugno 1997 lei si reca con Tommasi, De Iulio, Desario e Battiato...
OSCARE CICCHETTI. De Iulio lo escluderei, Tommasi c'era, Desario è quasi sicuro, Battiato penso di sì, ma non lo ricordo.
PRESIDENTE. Ha qualche ricordo particolare di quel giorno, quando siete partiti per la firma il 4 giugno?
OSCARE CICCHETTI. Ricordo la cerimonia finale del contratto e ricordo che subito dopo la firma mi presentarono alcune persone come Maslovaric (ambasciatore presso la Santa Sede), le autorità del PTT, tra cui Jokic e la presidentessa di cui non ricordo il nome. Non ricordo altro.
PRESIDENTE. Questo avviene il 9 giugno, cioè il giorno della conclusione...
OSCARE CICCHETTI. Prima non sono stato a Belgrado.
PRESIDENTE. Il 4 lei non c'era?
OSCARE CICCHETTI. No, assolutamente. Forse ho fatto confusione sulla data.
PRESIDENTE. È chiaro. Comunque, in quell'occasione, erano presenti personalità istituzionali o governative italiane?
OSCARE CICCHETTI. Assolutamente no.
PRESIDENTE. In data 5 giugno 1997 lei sottoscrisse un contratto con la società Mak Enviroment per 30 miliardi di vecchie lire. Potrebbe specificare per quale prestazione d'opera fu versata tale cifra, a chi materialmente andarono i soldi e chi le conferì la delega di firma dell'atto in questione?
OSCARE CICCHETTI. Andiamo in ordine. Fino al giorno della firma non ho mai seguito le fasi di acquisizione di Telekom-Serbia; sapevo dell'esistenza del progetto e di alcuni gruppi che lavoravano su valutazioni, accertamenti ed altro; il giorno che lei ha citato, e che io non ricordavo assolutamente, mi venne chiesto di firmare un contratto e per la prima volta ho appreso dell'esistenza del tema in quel giorno, in quella data.
Ho chiesto a che cosa si riferisse; chiesi agli avvocati di Telecom Italia se fossero stati vagliati tutti gli aspetti di correttezza legale e loro mi dettero assicurazione mostrandomi una serie di pareri di avvocati, di expertises. Ho chiesto anche al responsabile della negoziazione, il mio amico ingegner Gerarduzzi,...
GIUSEPPE CONSOLO. Mi scusi, lei ha detto «una serie di pareri...»
GIUSEPPE CONSOLO. Favorevoli alla firma del contratto?
OSCARE CICCHETTI. Una serie di pareri legali secondo cui il contratto era corretto dal punto di vista legale.
Ho chiesto all'ingegner Gerarduzzi di quale prestazione si trattasse e mi fu raccontato, con dovizia di dettagli e di aneddoti, che si riferiva ad un lavoro continuo, protrattosi per molto tempo, che era stato molto impegnativo per la società Mak ed efficace per la conclusione del deal perché aveva contribuito sicuramente al successo dell'operazione. Per quanto riguarda il prezzo, mi fu raccontato che si era partiti da un richiesta superiore; che si era negoziato fino alla cifra di 30 miliardi; che era stato chiesto di pagare le spese fisse, mentre Telecom aveva imposto
di sostenere solo il success fee; che era stato previsto il pagamento in due tranches. A fronte di questo ho firmato il contratto.
PRESIDENTE. Lei ha parlato di rispetto nei confronti dei pareri e rispetto non significa vincolo, perché un parere può non essere accolto. I pareri vengono chiesti e pagati per avere un orientamento in una determinata materia, il che è una premessa corretta, quindi le domando: è al corrente del parere redatto dall'avvocato Perrone, dello studio legale Pavia e Ansaldo, nell'estate 1995 su incarico della Telecom, avente ad oggetto gli eventuali profili di illiceità - si parlò addirittura di reato -, nella conclusione dell'affare Telekom-Serbia? Le risulta se si tenne conto di questo parere e, in caso negativo, perché no?
GIUSEPPE CONSOLO. E anche dell'avvocato Zanchini.
PRESIDENTE. Suggerimento opportuno.
OSCARE CICCHETTI. Ho riletto i pareri successivamente, nel momento in cui si è parlato di Telekom-Serbia, e mi sento di dire che i pareri erano concordi nell'affermare che - fatte le premesse delle rappresentazioni, eccetera - l'operazione era assolutamente corretta dal punto di vista tributario, per quanto riguarda i problemi di valuta e di embargo.
PRESIDENTE. Le ricordo un particolare perché quel parere lo ricordo a memoria. In esso si parlava di un controllore-controllato, il che era causa di illiceità penale e si rischiava di commettere un reato.
OSCARE CICCHETTI. Mi scusi, le risulta questo sui problemi tributari?
PRESIDENTE. L'affare è stato sottoposto per intero e sono state date delle risposte; dato che una persona sommava due cariche - parlo di Tommasi - nel senso che era controllore-controllato, il parere vi richiamò alla responsabilità dicendo di fare attenzione perché vi trovavate in una situazione di possibile illecito penale.
OSCARE CICCHETTI. Credo di non aver visto questo parere: controllore controllato per STET Telecom?
OSCARE CICCHETTI. Non credo di averlo visto.
PRESIDENTE. Se l'avesse visto, si sarebbe comportato diversamente?
OSCARE CICCHETTI. Avrei sollevato il problema.
PRESIDENTE. Come spiega il fatto che non sia mai stato stipulato un contratto di prestazione d'opera per il pagamento dei 30 miliardi di vecchie lire alla Mak, di cui abbiamo parlato?
OSCARE CICCHETTI. È una delle cose che ho chiesto in quel periodo e mi fu risposto che l'intera trattativa è stata oggetto di una serie di stop, di riprese e quant'altro, tanto da cambiare il profilo dell'operazione; infatti, inizialmente era una società con il Governo serbo per rinnovare la rete di telecomunicazioni, poi è diventata una transazione di acquisto vera e propria. Ci sono state continue negoziazioni sull'importo, sul pagamento, sulle modalità e solo a quel punto è stato definito un accordo. Mi è stato anche detto che, per come era scritto, il contratto dal punto di vista legale copriva retroattivamente l'attività svolta nei sedici mesi precedenti.
PRESIDENTE. Oltre alla sottoscrizione dell'atto, svolse qualche altra attività nella conclusione del contratto di compravendita del 29 per cento di azionariato della Telekom-Serbia?
PRESIDENTE. Ha mai avuto problemi professionali con il professor De Leo?
OSCARE CICCHETTI. No, ho lavorato con lui, era il mio capo.
PRESIDENTE. Si può lavorare con il capo e avere problemi professionali. Lei non li ha avuti?
OSCARE CICCHETTI. No, al di là della dialettica capo-collaboratore.
PRESIDENTE. Corrisponde al vero il particolare secondo cui il conte Vitali ha lavorato per Telecom successivamente all'acquisizione del 29 per cento di Telekom-Serbia?
OSCARE CICCHETTI. Assolutamente sì ed è una mia precisa responsabilità e scelta. Sono stato io a chiedere al conte Vitali, conosciuto dopo l'acquisizione, di prestare una consulenza per noi per una serie di motivazioni che posso anche spiegare nel dettaglio.
PRESIDENTE. È sufficiente sapere che vi era una motivazione.
Potrebbe indicare la funzione che svolse l'ambasciatore italiano a Belgrado, Sessa, successivamente all'acquisizione del 29 per cento? Lo chiedo perché a Bascone succede Sessa.
OSCARE CICCHETTI. Bascone non l'ho mai conosciuto a differenza di Sessa, che era molto vicino ai problemi che stavamo affrontando. Dall'acquisizione in poi la situazione peggiorò e noi cominciammo ad avere problemi; l'ambasciatore Sessa era molto presente, tanto che io ho parlato molte volte con lui per telefono; credo di essere stato due o tre volte da lui per parlare dei problemi che affrontavamo in Telekom-Serbia, di come indirizzarli e risolverli.
Se non sbaglio, nella seconda riunione del consiglio di amministrazione di Telekom-Serbia invitammo l'ambasciatore ad assistere.
PRESIDENTE. Avendo lei questa dimestichezza di rapporti con l'ambasciatore Sessa, ebbe mai quest'ultimo - a noi sembra ovvio, ma questa è una deduzione del presidente di cui lei non deve tener conto - a dirle se il Governo veniva informato?
OSCARE CICCHETTI. No, abbiamo sempre parlato dei problemi della società.
PRESIDENTE. Ma l'ambasciatore Sessa, in ragione della sua funzione, dette questa spiegazione - o voi intuiste - cioè che per le dinamiche di questa operazione informava il Governo?
OSCARE CICCHETTI. Non ho memoria specifica di una cosa di questo genere. Non ricordo che mi abbia detto «di questo sto informando», «di questo ho informato», o cose del genere.
PRESIDENTE. In genere, secondo la sua esperienza, l'ambasciatore era un tramite tra le aziende e il Governo?
OSCARE CICCHETTI. Nella mia esperienza ho sempre avuto - sia in questo caso sia successivamente con Colaninno in Telecom Italia - la responsabilità di gestire operativamente attività internazionali: mi sembra che l'ambasciatore possa definirsi sicuramente molto autonomo e molto operativo. Nel periodo in cui mi sono occupato di Telekom-Serbia, tra l'altro, non ci sono state emergenze particolari per cui si sia parlato di coinvolgimento del Governo, di persone diverse da lui. Pertanto, ho immaginato che lui fosse pienamente consapevole ed informato.
PRESIDENTE. C'è stata una riunione apicale - lei poteva anche non essere presente - di Telecom in Serbia cui un uomo politico, un uomo di Governo italiano, non fu ammesso e, proprio perché la riunione presso la sede del Governo serbo si protrasse tanto a lungo, spazientito, se ne andò?
OSCARE CICCHETTI. Non mi risulta.
PRESIDENTE. Lei ha avuto modo di vagliare la documentazione contenuta nel closing memorandum allegato al contratto di compravendita del 29 per cento? Ha notato qualche abnormità?
OSCARE CICCHETTI. Ho avuto modo di rileggere questa documentazione un paio di anni fa, quando, insieme con tanti altri colleghi, abbiamo predisposto un'informativa per il collegio sindacale. Non ho notato alcuna abnormità.
PRESIDENTE. Quali furono nell'ambito delle trattative intercorse tra Telecom e OTE per l'acquisto delle quote di Telekom-Serbia i costi sostenuti dalle parti e in che modo vennero ripartiti?
OSCARE CICCHETTI. Cito anche qui a memoria e quindi posso commettere errori sui numeri o le date. L'accordo già siglato nel contratto con OTE prevedeva la ripartizione pro quota di tutti gli oneri sostenuti per l'acquisizione; pro quota significa il rapporto tra 29 e 20. Ricordo - perché è una questione che ho gestito personalmente nei 9 mesi successivi - che abbiamo indicato tutti i costi sostenuti per l'acquisizione (il costo Mak, i costi legali e tutti gli altri costi relativi). Se non sbaglio, nel contratto con OTE era già indicato quanto valesse il rapporto tra 20 e 29 dell'intera cifra che avevamo sostenuto: credo si trattasse di qualcosa come 14 miliardi di lire (14 milioni di marchi). Nel periodo in cui ho gestito io la questione loro erano ovviamente pronti ad onorare l'impegno ma reclamavano che anche noi, come era previsto dal contratto, sostenessimo pro quota le loro spese, che ammontavano a qualcosa nell'ordine di 4 milioni di marchi, cioè 4 miliardi di lire. Qui posso commettere un errore anche del 50 per cento in più o in meno.
Chiedemmo più volte, anche per iscritto, e dovrei avere le relative lettere, le loro fatture e i loro pagamenti - così come avevamo trasmesso le nostre - per fare il clearing, per pagare la nostra quota dei loro quattro o cinque miliardi che fossero e affinché pagassero la loro quota dei nostri costi. Questa storia si è protratta nel tempo; loro non portavano la documentazione, noi non la chiedevamo; alla fine è stata chiusa, se non sbaglio nel 2000, attraverso una compensazione con la loro quota del management fee.
PRESIDENTE. Un'ultima domanda. In riferimento alla qualità dell'operazione e non con il senno di poi, come giudica l'affare?
OSCARE CICCHETTI. Con il «senno di prima», il mio giudizio è positivo, anche se dato dopo, cioè ricollegandomi a come eravamo prima. La positività deriva da questo. Innanzitutto, in quel periodo una operazione come quella della Serbia rientrava pienamente nelle nostre strategie di sviluppo internazionale. Telecom cercava di uscire dall'Italia ed avere nel proprio portafoglio attività internazionali sostanzialmente in tre modalità.
La prima era l'acquisizione di quote di minoranza in gestori in monopolio, in gestori incumbent, o in paesi emergenti, in cui si scommetteva sull'evoluzione del paese e sulla crescita dello stesso. Si accettava la minoranza avendo in mente che in questi paesi (nella stessa situazione della Serbia erano sicuramente l'Argentina, la Bolivia, Etecsa Cuba, Brasil Telecom) quello che Telecom Italia poteva portare in termini di creazione di valore era l'esperienza nel razionalizzare le strutture e tagliare i costi, ribilanciare i costi squilibrati dei sistemi telefonici (stiamo parlando di un periodo in cui la lunga distanza costa molto e la telefonata urbana è quasi gratis)...
PRESIDENTE. Mi consenta un'interruzione. Renda compatibili le sue indicazioni da tecnico con le oggettive informazioni in nostro possesso. Il rischio paese, misurato da uno a cinque su scala internazionale, per la Serbia era cinque, cioè il massimo; tra i 20 paesi a rischio la Serbia è al primo posto. Tutte le operazioni che continuavate a fare con Telekom-Serbia sono compatibili con il rischio paese, nel senso che quest'ultimo incideva nella valutazione che lei assumeva?
OSCARE CICCHETTI. Non sono un tecnico finanziario ma un ingegnere; vorrei però chiarire due cose, perché a mio avviso in questa domanda possono essere presenti due quesiti. Il primo è: nel fare la valutazione di Telekom-Serbia avete tenuto conto che non eravamo negli Stati Uniti o in Inghilterra ma in Serbia? A questa domanda la risposta è «sì », perché quando si fanno le valutazioni sulla base dei flussi di cassa si assume un costo del capitale che viene corretto dal rapporto tra il costo del denaro in un paese come gli Stati Uniti e/o altri e il costo del denaro in un paese ad alto rischio. Tecnicamente, quindi, la risposta è: in tutte le valutazioni si è tenuto conto del rischio paese.
La sua domanda è: avete pensato che di lì a poco poteva scoppiare la guerra del Kosovo? Avete pensato che la Serbia poteva essere smembrata? Vi è venuto in mente che sarebbe stato meglio agire in Croazia?
PRESIDENTE. Che il dinaro era carta straccia...
OSCARE CICCHETTI. Il dinaro non era carta straccia.
PRESIDENTE. Lo abbiamo appreso da tutti: non era convertibile.
OSCARE CICCHETTI. No, attenzione. Sempre con la volontà non di contraddirla, ma di darle informazioni, le dirò questo. È un numero che mi si è inchiodato nella memoria: il dinaro era fermo a 3,3 per marco. Il dinaro è stato per un periodo in parità con il marco; non ricordo da quando, è andato a 3,3 per marco - quindi si è deprezzato - ed è rimasto stabile su questo valore per molto tempo. Attenzione - credo sia riportato in qualche nostro documento - era fermo al 3,3 sia nel cambio ufficiale sia nel cambio nero. Insomma, non c'era la possibilità di comprare dinari, come accade di solito in questi paesi, al cambio nero ad un valore maggiore. Allora la Serbia era sicuramente un paese in crisi, ma c'erano state Dayton e altre cose: non sono certo una persona adatta ad addentrarsi in temi di geopolitica o di geostrategia. La nostra speranza - e lo dico anche in base all'esperienza diretta che ho avuto successivamente nella gestione - era che, a fronte di un percorso di risoluzione dei problemi serbi, si potesse man mano riaprire il paese, scommettere di nuovo sull'ammissione della Serbia al Fondo monetario, al circolo di Londra e quant'altro e quindi contare su una ripresa di quel paese.
Presidente, se sto divagando la prego di fermarmi.
PRESIDENTE. Mi permetto di fermarla e di chiedere solo questo, a titolo di conclusione.
Noi, come dato oggettivo e non come libera interpretazione, sappiamo che non solo il dinaro era inconvertibile, ma la Banca centrale della Jugoslavia non aveva neppure la possibilità di negoziare il dinaro con altre monete dette « forti », senza aggiungere che chi l'ha preceduta su questo tavolo, il signor Garau, forse con particolare agitazione, ha voluto ricordare che trovò un disastro, la cassa a zero e soprattutto una serie di debiti che caddero su questa operazione. Quindi, pioveva sul bagnato, come suol dirsi.
OSCARE CICCHETTI. Per quanto riguarda il dinaro, il cambio e la convertibilità qualcuno potrà darle più informazioni di me, perché sicuramente può essere più aggiornato dal punto di vista finanziario. Ricordo che immaginavamo continuamente una normalizzazione di Telekom-Serbia, una riammissione nei circoli finanziari e quindi una possibilità di indebitare la società. Vengo così alla seconda domanda. La società di cui stiamo parlando - credo che su questo occorra dare qualche chiarimento anche a persone operative come Gianni Garau - fu da noi trovata indebitata come l'avevamo comprata. La società era stata comprata con l'assunzione di un debito (questo numero può essere sbagliato)...
PRESIDENTE. Una sorpresa è stata!
OSCARE CICCHETTI. Su questo punto credo di potervi fornire qualche elemento. Abbiamo comprato Telekom-Serbia con un debito - che credo sia riportato anche nelle valutazioni - dell'ordine di 60 milioni di marchi (ripeto che questo numero può anche essere sbagliato). Questo era il debito che Telekom-Serbia aveva presentato nell'acquisizione, nelle valutazioni, nelle due diligence, eccetera.
GIUSEPPE CONSOLO. Nelle due diligence?
OSCARE CICCHETTI. In tutto ciò che è stato fatto prima dell'acquisizione.
MAURIZIO EUFEMI. Ma la due diligence non è mai stata presentata!
OSCARE CICCHETTI. Posso tornare subito dopo su questo aspetto?
GIUSEPPE CONSOLO. Lei, mentre rispondeva, ha detto: questo era il debito evidenziato nella due diligence.
PRESIDENTE. È un dato oggettivo: la due diligence era un desiderio, ma non c'era: la sorpresa ci è stata data da Garau, il quale ha detto che, siccome era - uso la sua espressione - un «bandito», un decisionista, fu mandato per questo, e trovò uno sfacelo. L'ha detto lui.
OSCARE CICCHETTI. Penso davvero di potervi fornire qualche elemento in più.
GIUSEPPE CONSOLO. Ingegnere, se il presidente mi consente di intervenire, vorrei dirle questo: usciamo dall'equivoco. Lei ha detto: questo era il debito evidenziato nella due diligence. Chiedo al presidente di contestarle che due diligence non ci sono è che questo è un dato certo ed acquisito dalla Commissione.
PRESIDENTE. Con tono ancora più amichevole io gliel'ho contestato.
MAURIZIO EUFEMI. Ce l'ha detto Baldizzone!
PRESIDENTE. Non c'è nessuno che abbia detto che c'è, perché non esiste: è come se dovessi parlare di quando sono andato in Bolivia: non ci sono mai stato. È inutile che mi si chieda di descrivere il paesaggio, perché non ci sono mai stato.
OSCARE CICCHETTI. Credo che su questo punto possiate chiedere di nuovo a Baldizzone o all'UBS. Vi prego quindi di prendere la mia come una dichiarazione da verificare con chi ne sa più di me. Vi sono state delle due diligence, veloci quanto volete, che sono durate due o tre settimane, eseguite da personale tecnico di Telecom Italia.
PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo. È venuto Lardera il quale, con tutta la circospezione possibile, ci ha detto quello che avevano già affermato i suoi colleghi dirigenti: non si poteva fare una due diligence perché non era consentito l'ingresso nel territorio, perché non si poteva controllare l'impiantistica, perché non si potevano verificare i libri, eccetera. Tutti questi risultati sono ormai per noi acquisiti.
OSCARE CICCHETTI. Non discuto di questo, allora. Vi chiedo soltanto di domandare a chi si è occupato dell'acquisizione esattamente quali attività di due diligence siano state compiute, perché sicuramente ci sono state: non le due diligence che avremmo potuto fare per un'acquisizione negli Stati Uniti, ma ci sono state. Non voglio dilungarmi su questo, altrimenti parlerei di cose che non conosco.
PRESIDENTE. Lei assume che ci siano state.
OSCARE CICCHETTI. Credo che ci siano state e vi chiedo di verificarlo.
PRESIDENTE. Ci fermiamo a questo.
OSCARE CICCHETTI. Se mi consente, termino il discorso sul debito. Stavo dicendo - si tratta di un aspetto più tecnico
di quello che può conoscere Gianni Garau - che abbiamo trovato la società con i milioni di debito che aveva al momento della valutazione. Non abbiamo trovato debiti ulteriori né abbiamo trovato soldi: abbiamo comprato una società senza soldi ma con un debito. Se guardate le valutazioni, abbiamo comprato una società - ed è stato scontato nella valutazione - che aveva un debito dell'ordine di grandezza di cui ho parlato. Il disastro a cui si fa riferimento e che ho vissuto anch'io sulle mie spalle consiste nel fatto che sicuramente in questa società, dal momento dell'acquisizione in poi, tutto è andato gradualmente peggiorando, tranne per i primi tre o quattro mesi, in cui sembrava confermarsi l'ottimismo della preacquisizione.
Sicuramente non c'è stato accesso ai circoli finanziari e sicuramente questa azienda prevedeva il ricorso al debito. Sapete quanto me che un'azienda con quel fatturato, con un debito di 60 miliardi di lire, è assolutamente sottoindebitata, nel senso che va indebitata di più, proprio in termini di creazione del valore.
PRESIDENTE. Ho colto il termine «disastro»: lo ha detto lei poco fa.
OSCARE CICCHETTI. Il disastro cui si riferiva Garau - ho citato lui - sicuramente riguardava tutto ciò che non siamo riusciti a risolvere...
PRESIDENTE. Non le chiedo di ripeterlo: possiamo siglarlo, per concludere l'interrogatorio da parte del presidente, come un disastro che avete trovato.
OSCARE CICCHETTI. Il disastro che da quattro mesi...
PRESIDENTE. Perché voi, massimi dirigenti, siete così «caramellati» nelle parole?
PRESIDENTE. Non è un giudizio suo; ha detto «il disastro di cui parla Garau». Io non le chiedo: dica che è un disastro.
OSCARE CICCHETTI. Non lo dico.
PRESIDENTE. Le chiedo: possiamo continuare a parlare, secondo quello che abbiamo appreso...
OSCARE CICCHETTI. Il disastro Garau!
PRESIDENTE. ... del disastro di cui parla Garau? Solo questo le chiedo.
PRESIDENTE. Sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 16.05, è ripresa alle 16.10.
PRESIDENTE. Do la parola al senatore Consolo.
GIUSEPPE CONSOLO. Non tornerò sulla due diligence, però al responsabile di questa operazione chiedo: sa che l'UBS fece una valutazione di cui voi acquirenti contestaste il valore troppo alto anziché troppo basso? Non è un'anomalia, dato che normalmente chi compra tende al valore più basso possibile? Parliamo della UBS, non di una società qualsiasi!
OSCARE CICCHETTI. Tutto quello che conosco sull'acquisizione mi deriva da conoscenze ex post, quando cioè per conto del collegio sindacale ho fornito alcuni dati.
GIUSEPPE CONSOLO. Sì, ma lei ad una domanda precisa del presidente, tendente ad acquisire il suo parere sull'operazione, ha risposto che era positivo. Mi permetto di contestarle - e lo faccio gentilmente, altrimenti l'onorevole Zanotti mi richiama - che ci fu una valutazione della UBS, ossia di una delle maggiori banche mondiali, di cui voi contestaste l'eccessivo risparmio.
OSCARE CICCHETTI. Non sono a conoscenza di questo. Riguardando le carte...
GIUSEPPE CONSOLO. Guardi, con me è bene andare alla sostanza senza girare intorno agli argomenti.
Il signor Garau, ascoltato prima di lei, ha detto che lei gli impartì delle istruzioni quando fu mandato in Jugoslavia. Vuole ricordare alla Commissione che istruzioni diede al signor Garau?
OSCARE CICCHETTI. Giovanni Garau era il vicedirettore generale...
GIUSEPPE CONSOLO. Questo lo sappiamo; vogliamo sapere che istruzioni impartì al signor Garau.
OSCARE CICCHETTI. La premessa mi serviva per circostanziare la risposta. Le istruzioni potevano essere sicuramente di proteggere moltissimo il nostro investimento, perché lì avevamo puntato sulla corporate and governance affinché avvenissero certe cose.
GIUSEPPE CONSOLO. Quindi non ricorda istruzioni precise?
OSCARE CICCHETTI. In questo momento no. Posso immaginarle.
GIUSEPPE CONSOLO. Le risulta che il signor Garau fosse contitolare di un conto in Svizzera insieme ad un responsabile della Telekom-Serbia?
OSCARE CICCHETTI. Assolutamente no.
GIUSEPPE CONSOLO. Le contesto che il signor Garau ha ammesso l'esistenza di questo conto, dando una spiegazione di assoluta liceità.
OSCARE CICCHETTI. Di un conto di Giovanni Garau?
GIUSEPPE CONSOLO. Un conto posseduto da Garau insieme ad un dirigente della Telekom-Serbia.
OSCARE CICCHETTI. Forse è il conto di clearing del traffico internazionale.
PRESIDENTE. Era un conto non operativo perché era stato bloccato.
GIUSEPPE CONSOLO. Che sa di questo conto?
OSCARE CICCHETTI. La risposta sarebbe che non so nulla. Se è il conto di clearing del traffico internazionale, in esso venivano fatte le compensazioni tra i gestori del traffico internazionale.
GIUSEPPE CONSOLO. Che sa lei di questo conto e della sorte del denaro su di esso versato?
OSCARE CICCHETTI. Se è il conto di Telekom-Serbia, è stato gestito da Telekom-Serbia.
GIUSEPPE CONSOLO. Era un conto congiunto tra il vicedirettore generale Garau e il responsabile di Telekom-Serbia.
OSCARE CICCHETTI. Ripeto, se è il conto relativo al traffico internazionale, è stato gestito direttamente da Telekom-Serbia per pagare e ricevere contributi al traffico internazionale, questo è a mia conoscenza.
GIUSEPPE CONSOLO. Mi permetto di contestarle che il conto non fu operativo e che Garau - da noi testé ascoltato - ha affermato che, pur lasciando la società, non diede nessuna autorizzazione al suo successore (che mi pare fosse l'ingegner Aceto) a gestire il conto in sua vece.
OSCARE CICCHETTI. Non sono informato.
GIUSEPPE CONSOLO. Agli atti di questa Commissione c'è una nota del marzo 1997 di Efibanca, indirizzata al dottor Masini - che credo lei conosca - dalla quale risulta che la Serbia era stata collocata al primo posto tra gli undici paesi più rischiosi al mondo. Conosce questa valutazione?
GIUSEPPE CONSOLO. Ho ricordato questo per sottolineare l'importanza del rischio paese, dato che la Serbia era al primo posto nell'elenco degli undici paesi più rischiosi.
PRESIDENTE. Scusi l'interruzione, ma i paesi erano venti.
GIUSEPPE CONSOLO. Oggi lei ha dato una risposta che definirei sorprendente, nel senso che il dinaro era convertibile, ed ha indicato anche il rapporto di convertibilità.
OSCARE CICCHETTI. No, non ho detto che era convertibile.
GIUSEPPE CONSOLO. Poi spiegherà. Poiché a noi il dinaro risultava non convertibile, se ipotizzassimo degli utili - a cui voi avreste dovuto pensare - come si sarebbero potuti convertire?
OSCARE CICCHETTI. Il dinaro era sicuramente inconvertibile; dal punto di vista del rapporto di cambio era 3,3 sul marco.
GIUSEPPE CONSOLO. Se leggesse il resoconto stenografico si accorgerebbe di aver detto che il dinaro era convertibile.
OSCARE CICCHETTI. Ho sbagliato.
GIUSEPPE CONSOLO. Poiché non era convertibile, come abbiamo entrambi convenuto, come potevate porre in essere un'operazione con una società che incassava dinari, cioè valuta non convertibile? Non ci vuole il premio Nobel Milton Friedman per capire una cosa del genere!
OSCARE CICCHETTI. Sicuramente l'operazione è stata fatta nell'ipotesi che ci fosse una progressiva normalizzazione della situazione in Serbia, non un aggravamento.
GIUSEPPE CONSOLO. Mentre Efibanca ed altri parlano del rischio guerra, lei ne parla meno. Oltre a questo, vigeva la non convertibilità della valuta e ciò nonostante lei continua, come un soldato giapponese - mi passi la battuta -, a proteggere ex post la bontà dell'operazione.
OSCARE CICCHETTI. No, senatore Consolo, non sto proteggendo la bontà dell'operazione. Il presidente mi ha chiesto un giudizio sull'operazione ed io l'ho dato ricollegandomi al prima. Guardando la situazione politica di allora (Dayton, le prospettive, eccetera), la situazione telefonica, il crollo verticale del PIL, che in un anno si era dimezzato, e considerando che le tariffe erano accettabili per un paese emergente, ripeto ricollegandomi a prima, non al dopo...
GIUSEPPE CONSOLO. Ma prima c'era la non convertibilità, una valutazione alta della UBS ed altro... Comunque, passo all'ultima domanda. Come è possibile che abbiate acquistato una quota minoritaria senza neanche l'inserimento di una clausola golden share? Lei mi insegna che il 51 per cento vale tanto, mentre il 49 vale poco; voi invece avete sovvertito ogni regola economica, per cui il 51 vale poco e il 49 vale tanto, di conseguenza avete sovrapagato - per i motivi che abbiamo visto adesso - una quota minoritaria. Come lo giustifica oggi?
OSCARE CICCHETTI. In tutte le acquisizioni di operatori in monopolio - almeno nella mia memoria - Telecom ha sempre comprato quote di minoranza
GIUSEPPE CONSOLO. Sì, ma pagandole come minoranza, ingegnere.
OSCARE CICCHETTI. Non voglio turbare le sue certezze...
GIUSEPPE CONSOLO. Noi non abbiamo certezze. L'unica cosa che, in questa Commissione, abbiamo saputo è che la valutazione iniziale di 1.500 miliardi, in realtà, era di 800. Quindi, abbiamo visto che è stato pagato in più. Qualcuno avrebbe potuto dire che era stato pagato il
prezzo di maggioranza, invece è stata acquistata una minoranza: una spiegazione lei, forse, la potrebbe dare.
OSCARE CICCHETTI. Io so, avendo riletto dopo, la valutazione che è stata data dalla fairness opinion di UBS, che è quella che è stata assunta per negoziare il prezzo. Il prezzo finale negoziato rientra nel range di valutazione: questo lo dico avendo letto le carte dopo, non avendola vissuta prima. Rientra perfettamente nel range di valutazione indicato da UBS.
GIUSEPPE CONSOLO. Io ho finito, presidente.
PRESIDENTE. Poiché il Senato è convocato per le 16,30, se i colleghi non hanno obiezione darei la parola ai senatori, che devono allontanarsi, mentre i deputati possono trattenersi sino al termine dell'audizione.
Prego, senatore Eufemi.
MAURIZIO EUFEMI. Ingegner Cicchetti, poco fa il signor Garau ha parlato di una nota informativa inviata, credo, a lei sulla situazione di Telekom-Serbia, nota nella quale si evidenziava la tragedia che stavano vivendo, le difficoltà che stavano incontrando. Che sviluppi ha dato, che lettura ha fatto di tale nota? Ha preso iniziative al riguardo?
OSCARE CICCHETTI. Le cose che lamentava Garau erano essenzialmente - spero coincida con ciò che egli ha detto - queste: difficoltà a gestire un'azienda che non era ancora perfettamente separata dalle poste; cioè, c'era stata una separazione delle telecomunicazioni dalle poste ma, in realtà, erano ancora condivisi servizi, sistemi, edifici; quindi, il primo problema che Garau segnalava era di velocizzare l'autonomia di Telekom-Serbia. Il secondo riguardava la presenza molto forte dei serbi nella gestione e la non trasparenza di alcune decisioni che venivano prese. Il terzo riguardava - vado a memoria - la difficoltà dei rapporti con il gestore greco, quindi con il nostro alleato che, tra l'altro, soprattutto nel primo periodo di gestione, per noi è stato un po' una delusione, perché non era molto presente, non era molto impegnato, non era al nostro fianco nel sostenere alcuni diritti dei minoranzisti (le situazioni in cui si trovavano, senza poteri e senza deleghe effettive, perché l'organizzazione non era ancora stata realizzata), i manager di Telecom Italia e credo altre cose. Noi siamo andati subito nei consigli, abbiamo avuto incontri con PTT, abbiamo messo in atto una serie di misure: alcune hanno avuto successo, tante altre no.
MAURIZIO EUFEMI. Dai documenti che abbiamo letto risulta che alla Mak Environment sono stati pagati 30 miliardi per una consulenza informale e poi formalizzata. Ma quando il conte Vitali le chiese, poi, da quanto abbiamo sentito, di lavorare a Telecom, lei rispose che era necessario stipulare un preventivo contratto di consulenza - se ho inteso bene - secondo le procedure aziendali. Ciò significa che era stata anomala la procedura seguita precedentemente per la consulenza fornita dalla Mak, per cui erano stati pagati 30 miliardi a ratifica dei sedici mesi precedenti?
OSCARE CICCHETTI. Io ho chiesto ai legali di Telecom e mi hanno risposto che non era assolutamente scorretto un modo di operare di quel genere.
MAURIZIO EUFEMI. Ma se lei dice che bisognava fare un contratto per seguire le procedure aziendali...
OSCARE CICCHETTI. No. Innanzitutto, ho chiesto io del conte Vitali per i bisogni che avevo per Telekom-Serbia - che, se ha tempo, posso spiegarle - ed ho agito come normalmente avviene. Ho chiesto «Sei disposto a lavorare per me? A me servono 30 giornate di consulenza, 40» (non ricordo con esattezza ma ho con me i numeri); ho fatto un contratto regolare e lui me le ha prestate. Con questo non intendo interferire se l'altro fosse o meno regolare. L'altro contratto - prevedendo
una dicitura nella lettera contrattuale che si riferiva espressamente a sedici mesi di attività già prestate - mi hanno spiegato i miei legali che era regolare. Quindi io l'ho accettato.
MAURIZIO EUFEMI. Vedo che lei ha ascoltato molto i legali. Si è domandato come mai alla Mak Environment venissero pagate queste cifre, credo in Svizzera, rispetto a procedure che potevano benissimo essere altre?
OSCARE CICCHETTI. Non in maniera...
MAURIZIO EUFEMI. Lei ha seguito, poi, la fase del pagamento? Come è stata pagata questa fattura?
OSCARE CICCHETTI. Io ho autorizzato, ho firmato personalmente il benestare al pagamento della prima quota dei 15 milioni di marchi. L'ho autorizzato io perché erano avvenute le cose che dovevano avvenire. La seconda è stata autorizzata dal mio successore all'internazionale, ma soltanto per motivi di tempo, poiché io nel frattempo avevo cambiato mestiere.
No, non sono informato delle modalità di pagamento. Ma avendo sentito, anche qui, i legali - dopo, non prima -, mi dicono che si trattava di una prestazione all'estero, estero su estero, che poteva essere pagata l'estero. Però, la ricito più sul dopo che sul prima.
MAURIZIO EUFEMI. Ultima domanda. Lei sa, ingegner Cicchetti, che all'interno di STET International c'erano state resistenze a tutta l'operazione complessiva e che Masini si rifiutò di firmare l'accordo dei 1.500 miliardi? Si è posto questa domanda? Era venuto a conoscenza dei rumori all'interno dell'azienda?
OSCARE CICCHETTI. No. Per quanto riguarda l'acquisizione in quanto tale - dalla quale, ripeto, sono stato completamente fuori - quello che le posso dire, per provare a dare una visione il più possibile corretta e verosimile del clima di allora, è che sicuramente all'interno dell'azienda vi era una conflittualità organizzativa, per cui tutti volevano far vedere di essere più bravi nel fare l'internazionale. Questa vicenda è nata nell'Iritel, per competenza...
MAURIZIO EUFEMI. Questo lo sappiamo.
OSCARE CICCHETTI. Allora, ho risposto.
MAURIZIO EUFEMI. La ringrazio.
PRESIDENTE. La parola all'onorevole Zanotti.
KATIA ZANOTTI. Chiedendo preliminarmente scusa all'ingegner Cicchetti per il fatto che dovrò allontanarmi prima del termine dell'audizione, desidero smentire il senatore Consolo: lei non è il primo degli auditi che afferma che l'operazione Telekom-Serbia rientrasse pienamente nelle strategie di sviluppo internazionale.
PRESIDENTE. Le do atto che ci sono state altre deposizioni in questo senso.
KATIA ZANOTTI. Grazie, presidente. A proposito di ciò, lei dice anche, ingegner Cicchetti, che non ha prodotto alcuna sorpresa il fatto che, dopo la firma del contratto, non siano stati trovati i soldi, poiché era stata acquistata una società che si sapeva essere con debiti e senza soldi. Quindi, questo disastro, con il quale si sono concluse anche le domande del presidente, si manifesta alcuni mesi dopo e - mi ha anticipato nella domanda il senatore Eufemi - lei ha spiegato un poco la natura di tali disastri.
Lei, per intervenire e per cercare di gestire questi disastri, chiede al conte Vitali una consulenza, qualche giorno di disponibilità; afferma anche di aver conosciuto il conte Vitali dopo la firma del contratto, quindi in un periodo molto recente. La domanda che le rivolgo è questa: quali considerazioni ha ricavato per affidare al conte Vitali un ruolo che
era considerevole, stante, appunto, la difficoltà di gestione della società e considerato che al riguardo aveva anche, più volte, aperto una interlocuzione con l'ambasciatore Sessa, per cui il tema suscitava di certo preoccupazione?
PRESIDENTE. Se posso permettermi, aggiungerei: un conte Vitali che, per come ci ha detto, non conosceva una parola di serbo e non aveva specificità di competenza sul tema.
OSCARE CICCHETTI. Sicuramente, il conte Vitali, per come io l'ho conosciuto, non parlava serbo, anche se diceva, e mi sembra credibile, di comprenderlo. Lo diceva e, in effetti, qualche volta ha dato prova di ciò. Ma non voglio concludere nulla.
Mi hanno raccontato che il conte Vitali era persona che sicuramente conosceva bene l'ambiente politico e istituzionale serbo ed a lui io ho chiesto di darmi una mano essenzialmente su questo. In primo luogo, di aiutare i miei manager, i manager che erano con Gianni Garau e gli altri, ad inserirsi meglio nel contesto politico e istituzionale serbo. Cioè, Telekom-Serbia non è un operatore economico qualsiasi: è il gestore in monopolio delle telecomunicazioni. Tipicamente, nei paesi in cui c'è un monopolista il gestore in monopolio ha rapporti frequentissimi, o li deve avere, con autorità, istituzioni, eccetera e mentre i serbi nuotavano nel loro mare, i miei erano pesci fuor d'acqua. Gli ho chiesto di darmi una mano perché stavamo trovando una serie di vischiosità nell'approvazione dei primi adeguamenti tariffari. Gli ho chiesto, poi, una mano importante sull'approvazione della struttura organizzativa.
La struttura organizzativa di Telekom-Serbia era stata decisa in fase contrattuale: c'era un impegno a realizzarla, con i relativi poteri; doveva però passare attraverso una delibera del consiglio. Nel consiglio c'erano rappresentanti della PTT. Io avevo delle difficoltà a far rispettare il contratto, a farlo eseguire da parte degli uomini della PTT. Conoscendo la capacità lobbistica del conte Vitali, gli ho chiesto aiuto anche su questo tema. Questo, più o meno. Per cui, la consulenza (ho i numeri; se vuole, li posso citare) è stata per 40 giorni, con un compenso di 3 milioni al giorno, più le spese telefoniche, più le spese di viaggio. Mi pare che il totale di consulenza pagato al conte per queste prestazioni sia stato, nella mia gestione, di 160 milioni di lire complessivi.
KATIA ZANOTTI. Ha mai conosciuto Dimitrijevic?
OSCARE CICCHETTI. Non l'ho mai conosciuto prima dell'acquisizione e credo di non averlo conosciuto neanche dopo. Una mattina, insieme con il conte - che veniva con me per svolgere queste attività - mi è stata presentata una persona al bar dell'albergo, di cui non ricordo il nome. Chi ha conosciuto Dimitrijevic, mi ha detto che non è lui; a meno che mi sbagli, non l'ho mai incontrato.
PRESIDENTE. Ci può descrivere questa persona?
OSCARE CICCHETTI. Era un signore grosso, senza capelli.
OSCARE CICCHETTI. Mi dicono che Dimitrijevic abbia i capelli.
PRESIDENTE. Le hanno mentito, perché è grosso e con pochi capelli. Lei si considera con pochi o con molti capelli?
OSCARE CICCHETTI. Assolutamente pochi.
PRESIDENTE. Allora, è lui. Prego, onorevole Zanotti. È una pausa ... tricologica; non impegna la Commissione la quantità di capelli di Dimitrijevic, che non ricordiamo neppure ... Prosegua, onorevole Zanotti.
KATIA ZANOTTI. Lei firma il contratto con la Mak pochi giorni prima della partenza per Belgrado per firmare l'accordo e
ha dichiarato di aver sempre sentito parlare di Telekom-Serbia, ma di non essersene mai occupato direttamente. Poiché in questa circostanza se ne occupa direttamente, forse per la prima volta, non le è venuto in mente di chiedere la ragione sociale, la natura e chi era l'amministratore della società Mak?
OSCARE CICCHETTI. Sì, mi è stato detto che Dimitrijevic era il legale rappresentante; non ho notato quella strana coincidenza, cioè che svolgesse più attività diverse, più attività commerciali. Mi hanno detto che le prestazioni erano fornite da Dimitrijevic, che era Mak ed era il legale rappresentante, quindi non ho avuto difficoltà nel firmare il contratto.
KATIA ZANOTTI. Cosa ha fatto quando ha saputo che la società produceva cibo per animali?
OSCARE CICCHETTI. Oltre al cibo per animali svolgeva anche altre attività.
PRESIDENTE. La parola all'onorevole Vito.
ALFREDO VITO. Lei ha firmato a favore della Mak nella qualità di ...?
OSCARE CICCHETTI. Di responsabile della direzione internazionale.
ALFREDO VITO. E in questa veste si è recato a Belgrado con Tommasi, Desario e via dicendo?
ALFREDO VITO. Era responsabile della direzione internazionale della STET o della Telecom?
OSCARE CICCHETTI. Era immediatamente post fusione, quindi si trattava della nuova struttura STET-Telecom.
PRESIDENTE. Scusi l'interruzione, onorevole Vito, ma avrei bisogno di una precisazione dall'ingegner Cicchetti. Le ho domandato spiegazioni circa il parere dell'avvocato Leonardo Perrone e lei ha risposto che vi avevano rassegnato una serie di fatti e di circostanze da cui risultava che tutto era in regola. Così non è, perché a pagina 19, il professor Perrone dice: «È necessario ricordare, a tal riguardo, che laddove il fisco avesse fondati dubbi dal punto di vista soggettivo ed oggettivo sull'attività svolta dalla società Mak, non solo potrebbe considerare il costo fiscalmente indeducibile, ma addirittura potrebbe ipotizzare l'esistenza di reati tributari ed in particolare di quello consistente nella 'utilizzazione di documenti relativi ad operazioni inesistenti', ovvero di quello di frode fiscale, che si realizza quando si indicano in dichiarazioni di reddito nel bilancio proventi e spese in misura diversa da quella effettiva, utilizzando documenti attestanti fatti materiali non corrispondenti al vero o ponendo in essere altri comportamenti fraudolenti».
Ancora. «In ordine alla deducibilità del costo di mediazione dal reddito di impresa, si deve escludere che nel caso di specie possa trovare applicazione la disciplina del cosiddetto transfer pricing». Non mi addentro nei particolari per la riservatezza dell'atto, ma cito un'altra frase «Parimenti si deve escludere l'applicabilità delle norme che sanciscono la indeducibilità e così via».
Si concludeva che quanto era stato fatto avrebbe richiamato, indipendentemente dalla questione dell'embargo, l'esistenza di reati di cui dovevate essere allertati perché lo studio vi aveva avvisato, il che è in rotta di collisione con quanto da lei dichiarato. Altri soggetti qualificati avevano illustrato il tema del controllore-controllato, riferendosi alla posizione di Tommasi.
OSCARE CICCHETTI. Posso chiederle la cortesia di mostrarmi quel parere, sempre nell'ottica di portare elementi di conoscenza?
Proviamo a contestualizzare quanto da lei letto. Paragrafo 6): «Per quanto concerne i profili tributari si deve rilevare che non sembrano sorgere particolari problemi», poi si scende nel dettaglio e si dice che il fisco potrebbe voler verificare l'effettività dell'opera di mediazione svolta e, se trovasse che non vi è stata opera di mediazione, il rischio sarebbe frode fiscale. Il titolo di tutto è «Non sembrano sorgere particolari problemi», poi si scende nel dettaglio e si dice che, se per caso la prestazione fosse falsa, cioè inesistente, la sua deduzione sarebbe un falso; ma questo si inserisce nell'ambito di una dichiarazione in base alla quale non ci sono problemi.
PRESIDENTE. Deve leggere il secondo periodo: fare l'avvocato è il mio mestiere che, per un attimo, le presto. Leggo: «Ove il fisco italiano dovesse procedere a controlli sull'operazione, è possibile che voglia verificare l'effettività ... vista la sostanziale impossibilità ... in considerazione di ciò è opportuno che voi disponiate di maggiore ... Mi avete chiesto di esprimere un parere ...a tal fine...da tale documento emerge quanto segue: il contratto con le autorità serbe prevede la realizzazione di un programma di adeguamento... prevede il vostro obbligo ... la stessa lettera prevede inoltre ...la considerazione e così via ...». Si arriva ad una conclusione, che è la seguente: «Ove il fisco italiano dovesse procedere a controlli sull'operazione è possibile che voglia verificare l'effettività dell'opera di mediazione svolta dalla società Mak e richieda a voi maggiori dettagli in proposito, vista la sostanziale impossibilità di poter effettuare verifiche direttamente in Macedonia. In considerazione di ciò è opportuno che voi disponiate del maggior numero di elementi possibili circa il ruolo svolto dalla società Mak nella conclusione del contratto ...». Ma non avevate neppure una carta straccia perché era in parola, come suol dirsi, per cui: «È necessario ricordare a tale riguardo che laddove il fisco avesse fondati dubbi dal punto di vista oggettivo ...sull'attività della società Mak non solo potrebbe considerare il costo fiscalmente indeducibile, ma addirittura potrebbe ipotizzare l'esistenza di reati tributari» fino alla frode fiscale. Questo era nelle cose!
OSCARE CICCHETTI. Presidente, non mi voglio addentrare in cose che non conosco bene, credo però che una lettura attenta, come la feci all'epoca, possa aiutare. Leggete quel parere non con gli occhi degli avvocati ...
PRESIDENTE. Scusi, ma noi l'abbiamo sottoposto a chi era maggiormente affidabile - per parte vostra - vale a dire l'avvocato Petralia ed il capo dell'ufficio legale, l'avvocato Domenico Porpora. Entrambi hanno detto che si trattava di pareri utili per una visione d'insieme, il che è un altro discorso perché, come ho già detto, il parere può non essere accolto. Nel caso di specie, lei ha detto che l'operazione era trasparente dal punto di vista tributario, il che non è!
OSCARE CICCHETTI. Per essere sicuro di aver detto tutto quello che penso ribadisco di aver letto quel parere da ingegnere, non da avvocato. Lì si dice che dal punto di vista tributario non dovrebbero esserci problemi ...
PRESIDENTE. Vada alla sintesi, lei l'ha interpretato in bonam partem, nel senso che non si è sentito allertato, è così?
PRESIDENTE. Grazie. Prego l'onorevole Vito di continuare.
ALFREDO VITO. Lei ha firmato la nota di 30 miliardi alla Mak; ha firmato anche altri compensi in qualità di direttore dell'internazionale?
OSCARE CICCHETTI. Sicuramente altre cose non relative a questa vicenda.
ALFREDO VITO. Io mi riferivo esclusivamente alla vicenda Telekom-Serbia.
OSCARE CICCHETTI. No, credo di no.
ALFREDO VITO. Non ricorda un compenso pagato ad un certo Cunellis della OTE?
OSCARE CICCHETTI. No, era STET International a curare queste cose.
ALFREDO VITO. Non fu firmata da lei?
ALFREDO VITO. Quando STET International ha pagato l'importo del contratto, secondo lei era a conoscenza degli ulteriori esborsi da sostenere come mediazione?
OSCARE CICCHETTI. L'importo è stato pagato da Telecom e poi riaddebitato a STET International. Nella fase di riaddebito è stata fornita a STET International una dichiarazione di congruità circa l'effettiva corrispondenza degli importi alle attività svolte, che è stata firmata dall'ingegner Gerarduzzi, il quale conosceva l'operazione, non da me che non la conoscevo.
ALFREDO VITO. E perché si dovette adottare questa procedura?
OSCARE CICCHETTI. Perché era necessaria una delibera di consiglio.
ALFREDO VITO. Perché STET International forse non voleva pagare queste somme ulteriori?
OSCARE CICCHETTI. No, le somme erano già state pagate.
ALFREDO VITO. A STET International fu detto una prima volta che si doveva acquisire il 29 per cento e quindi che doveva mettere a disposizioni 890 miliardi (e certamente STET International dovette chiedere: come mai, visto che si che mi sono sempre occupata io di questi problemi, mentre ora all'improvviso arrivate voi e mi dite, nel giro di due o tre giorni, che avete compiuto un'operazione del genere) e poi, solo in un secondo momento, si disse che bisognava pagare 30 miliardi di mediazione. Perché vi fu questo lasso di tempo?
OSCARE CICCHETTI. Non glielo so dire.
ALFREDO VITO. Lei non pensa (visto che non me lo sa dire glielo suggerisco io) che questo fu fatto perché si riteneva che già la prima operazione fosse borderline, e la seconda un'operazione assurda?
OSCARE CICCHETTI. Credo proprio di no. Ripeto che sul prezzo pagato per l'acquisizione, pur non avendo partecipato alla valutazione..
ALFREDO VITO. Lei sa che poi ci fu una delibera del consiglio di amministrazione di STET International molto motivata e molto critica nei confronti di questa operazione?
OSCARE CICCHETTI. Ho letto dopo questa delibera, quando abbiamo effettuato la ricostruzione per il collegio sindacale.
ALFREDO VITO. Quando lei firmò per la Mak non tenne presente questa delibera?
OSCARE CICCHETTI. Non era assolutamente quella necessaria.
ALFREDO VITO. Mi riferisco alla criticità della delibera.
OSCARE CICCHETTI. No, le ripeto: comincio ad occuparmi di Telekom-Serbia dal giorno dell'acquisizione.
ALFREDO VITO. Va bene, ma il fatto che se ne sia occupato dopo non significa... Lei ha firmato per 30 miliardi.
OSCARE CICCHETTI. Non voglio assolutamente eludere questa domanda. Per
quanto riguarda la firma dei 30 miliardi, come dicevo prima al presidente - e chiedo scusa se mi ripeto -, ho chiesto informazioni e rassicurazioni all'ufficio legale; ho chiesto al responsabile della trattativa se ci fosse stata una prestazione, se essa fosse effettiva ed efficace...
ALFREDO VITO. Quando lei parlò con Gerarduzzi gli chiese: come mai si danno 30 miliardi al conte Vitali?
OSCARE CICCHETTI. Questa è la spiegazione che Gerarduzzi mi diede: questi signori hanno lavorato per 16 mesi...
ALFREDO VITO. Due miliardi al mese quindi: lei invece dopo quanto gli ha dato? Tre milioni al giorno, cifre diverse...
OSCARE CICCHETTI. Credo siano due cose diverse: non era una mediazione per fare una operazione.
ALFREDO VITO. Per quanto riguarda i debiti, Baldizzone ci disse che non si sapeva quali potessero essere perché la società era incorporata nella PTT. Garau questa mattina ha parlato di 300 miliardi, lei ha parlato di 60 miliardi. A parte questa diversità di valutazione, come si fa a stabilire i debiti di una società che non ha un suo bilancio? Quando avete acquistato Telekom-Serbia, essa non aveva un bilancio, perché era incorporata nella PTT; quindi non c'erano libri contabili. Sono numeri; ed infatti qui si sparano numeri: 60, 300, non sapevamo quanto. Mi sembra logico che sia così.
OSCARE CICCHETTI. C'è stato (posso sbagliare su date ed episodi) un bilancio di apertura di Telekom-Serbia che è stato redatto subito dopo con un post closing audit realizzato da Arthur Andersen, che ha verificato la congruenza dei numeri dichiarati nel post closing audit con quello che noi ipotizzavamo. Credo che, se andaste veramente a fondo sul problema del debito, verifichereste che il debito di Telekom-Serbia era quello previsto. Poi è successo che non siamo riusciti in nessun modo a finanziarne lo sviluppo, e quindi ci sono stati problemi...
ALFREDO VITO. Questo volevo sapere. L'operazione viene vista come molto negativa dal punto di vista del pagamento di 890 miliardi per il 29 per cento; ma io penso che l'operazione fosse molto negativa per un altro aspetto. In effetti voi andaste ad acquisire una partecipazione che, anche con OTE, era minoritaria - quindi il 49 per cento - rispetto ad una partecipazione maggioritaria del 51 per cento, ma con un socio che sapevate benissimo non essere in grado di poter cacciare una lira per il successivo sviluppo dell'operazione. Insomma, voi concludete un contratto come soci di minoranza, sapendo che ci vorranno centinaia di miliardi di investimento: infatti, solo con la Ericsson, ha detto Garau, si è concluso un contratto per 200 miliardi di lire per la piattaforma della rete mobile, ed altri investimenti saranno stati operati. Chi ha messo successivamente i soldi per questi investimenti?
OSCARE CICCHETTI. Gli investimenti nella prima fase sono stati finanziati con un debito da parte degli azionisti di 129 miliardi, di cui 65 dati dal Ministero delle poste serbo, 37 da SIN e 25 da OTE, quindi in totale proporzione rispetto agli investimenti. Nel nostro business plan si profilava continuamente l'ipotesi di indebitare l'azienda verso le banche, di avere accesso al circuito finanziario. Inizialmente speravamo di averlo alla fine del 1997; quando facemmo il piano del 1998 ipotizzammo, con questo prestito, di superare la prima metà dell'anno, confidando in un riaccesso ai finanziamenti internazionali o al vendor financing da parte dei fornitori (tutte formule che possono essere previste nella seconda metà dell'anno). Quindi la risposta tecnica alla sua domanda è che nel nostro piano c'erano due cose: la cassa prodotta dalla società (perché la società produceva cassa e l'ha prodotta fino al 2000) e la possibilità di indebitare un'azienda che lo era poco.
Queste erano le due forme con cui pensavamo di finanziare gli investimenti.
ALFREDO VITO. Quindi non ci furono mai momenti in cui i soci dovettero versare dei soldi?
OSCARE CICCHETTI. Questo che le ho appena detto: c'è stato un debito di 129 miliardi.
ALFREDO VITO. E furono versati materialmente dalla parte serba i 65?
OSCARE CICCHETTI. Mi scusi, può essere accaduto qualcosa di simile: la parte serba non fece pagare a Telekom-Serbia delle quote relative a servizi condivisi; invece di dargli denaro, non prese denaro dovuto. Insomma, compensò.
ALFREDO VITO. Il dottor Lardera dell'UBS ci ha detto la volta scorsa che il contratto prevedeva un primo pagamento di una quota degli 893 miliardi che fu effettuato immediatamente e poi una seconda ed una terza tranche. La somma degli 893 miliardi poteva essere considerata eccessiva o valida, ma bisognava tener conto del fatto che c'era la clausola molto importante secondo la quale il prezzo poteva essere rivisto qualora l'acquisto si fosse rivelato meno conveniente in relazione, ad esempio, alla situazione della rete, ai debiti, eccetera.
Stanti le sue dichiarazioni e quelle di Garau, che ha parlato di «disastro», in ordine ai debiti che furono trovati, alla condizione della rete, alla scarsa partecipazione dell'autorità serba ad opere di finanziamento, a tutto quello che successe dopo (la guerra), ed in considerazione del fatto che Garau ha detto di aver riportato con note scritte questa situazione al consiglio di amministrazione di Telekom-Serbia, non riteneste di suggerire a Telecom-Italia di fermare i pagamenti?
OSCARE CICCHETTI. Vado a memoria e quindi credo sia necessario verificare quanto dico. In primo luogo, il contratto non prevede nessuna forma di revisione del prezzo; eravamo di fronte soltanto ad un pagamento dilazionato. L'unica condizione - parlando mi sono ricordato - era che un pagamento di qualcosa che somigliava a 170 miliardi era relativo alla concessione della licenza mobile ed alla risoluzione di alcune controversie regolatorie sul mobile. Ma questo va davvero verificato.
ALFREDO VITO. Presidente, noi abbiamo chiesto l'acquisizione del contratto?
PRESIDENTE. È già in archivio.
OSCARE CICCHETTI. Credo - ripeto che posso sbagliarmi e vorrei verificarlo anche io - si trattasse di differred payments senza alcuna possibilità di ridiscutere, tranne questa conditio sul mobile. Quindi furono regolarmente pagati.
ALFREDO VITO. Un'ultima domanda. Quando lei ha firmato i 30 miliardi per la Mak - il 5 giugno, ha detto - dove si trovava? A Roma? A Belgrado?
ALFREDO VITO. In una riunione di STET International?
OSCARE CICCHETTI. Eravamo ad una convention interna su alcuni temi aziendali.
ALFREDO VITO. Una convention Telecom?
ALFREDO VITO. Lei il giorno prima è stato a Belgrado?
OSCARE CICCHETTI. No, non sono stato a Belgrado prima. Sono stato a Belgrado la prima volta il giorno della firma del contratto.
OSCARE CICCHETTI. Credo che sia stato il 9.
ALFREDO VITO. Ma lei il 4 giugno è stato a Belgrado: a noi risulta.
OSCARE CICCHETTI. Credo proprio di no.
PRESIDENTE. Lo ha escluso nella precedente domanda che le ho rivolto.
OSCARE CICCHETTI. Se è così, è un clamoroso buco di memoria, ma penso proprio di no.
ALFREDO VITO. Quindi lei è stato per la prima vota a Belgrado il 9 giugno?
OSCARE CICCHETTI. Ci sono stato in vacanza da ragazzo e poi il 9 giugno.
PRESIDENTE. D'accordo, ma quel viaggio... è prescritto.
ALFREDO VITO. Il 4 giugno, il giorno prima che lei firmasse per i 30 miliardi della Mak, lei è stato a Belgrado?
OSCARE CICCHETTI. No, ci sono stato il 9 giugno.
ALFREDO VITO. Ho concluso, presidente.
PRESIDENTE. Ringrazio l'ingegner Cicchetti e i colleghi intervenuti.
Dichiaro conclusa l'audizione.