XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 4579
Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge si
prefigge l'obiettivo di incentivare nel nostro Paese la
realizzazione e la diffusione di infrastrutture e di servizi
di telecomunicazioni (TLC) a banda larga, prioritariamente in
quelle zone caratterizzate da una bassa densità abitativa o da
vincoli morfologici del territorio o dall'assenza di
condizioni economiche favorevoli, attraverso adeguate
politiche di sostegno da parte del Governo, favorendo forme di
aggregazione della domanda sia delle amministrazioni, sia dei
soggetti pubblici e privati presenti nella comunità locale.
La diffusione capillare ed omogenea della banda larga
costituisce un fattore strategico di competitività e di
inclusione sociale, soprattutto per un Paese come il nostro,
dove lo sviluppo della tecnologia digitale presenta un
andamento generalmente preoccupante alla luce degli obiettivi
definiti dal Consiglio europeo di Lisbona (marzo 2000) e
confermati nel piano e-Europe 2005.
Tutti gli studi recenti, che utilizzano la tecnica del
benchmarking fra i Paesi del G7 o fra i 15
partners comunitari, rilevano che l'Italia occupa una
delle ultime posizioni, se non l'ultima, in quasi tutti gli
indicatori presi in considerazione: diffusione di personal
computer (PC) in famiglie, scuole e imprese, penetrazione
di e-commerce fra le imprese (il cosiddetto "B2B"),
spesa in ricerca e sviluppo e spesa per impresa di
telecomunicazioni (ICT), in percentuale del prodotto interno
lordo (PIL), spesa pubblica per ICT per abitante, export
ICT in percentuale del PIL, eccetera.
Ad eccezione del tasso di penetrazione della telefonia
cellulare, in cui siamo al primo posto, si può dire che
l'Italia risente di un ritardo tecnologico quasi emergenziale,
che rende prioritaria una nuova fase di interventi pubblici,
ispirati ad una visione organica dell'innovazione.
Lo sviluppo della "società della conoscenza" dipende da un
insieme di fattori che coinvolgono le imprese, la pubblica
amministrazione, il sistema formativo, la ricerca, le famiglie
e i cittadini: tuttavia, nessuno di questi fattori può essere
incentivato in maniera efficace se non si rimuove l'ostacolo
rappresentato dalla scarsa e disomogenea copertura
territoriale delle tecnologie di banda larga.
Infatti, la diffusione delle infrastrutture digitali, che
rendono più veloci i collegamenti via INTERNET e consentono la
convergenza fra i diversi media, rappresenta la vera e
propria discontinuità, la rivoluzione tecnica che può spingere
in avanti tutti gli altri fattori di modernizzazione sociale e
di crescita economica.
L'accesso universale alla banda larga, indipendentemente
dalla piattaforma tecnologica prescelta (rame, fibra,
satellite, wireless, local loop, eccetera), è il
pilastro su cui poggia l'innovazione del "sistema Paese", il
passaporto per il futuro che purtroppo solo in parte può
essere garantito dalla dinamica del mercato.
Tipicamente, le infrastrutture digitali sono distinte su
tre livelli principali: "dorsali", ovvero tratte a lunga
distanza per collegare punti geograficamente lontani; "reti
metropolitane" (MAN), ovvero anelli intorno ad un centro
urbano; "ultimo miglio" (local loop), ovvero il
collegamento fino al cliente finale.
Gli investimenti privati nella realizzazione di tali
infrastrutture, dopo un iniziale entusiasmo riferibile agli
anni 1995-2000, hanno visto un sensibile ridimensionamento e
si sono indirizzati prevalentemente nelle tratte a lunga
distanza e nelle più importanti reti metropolitane.
I recenti risultati del monitoraggio effettuato dalla
società Between, per conto del Ministro per l'innovazione e le
tecnologie, sulla diffusione della banda larga in Italia
evidenziano che l'estensione complessiva delle dorsali in
fibra ottica è abbastanza buona, anche se distribuita in
maniera disomogenea: la rete di Telecom Italia copre
complessivamente oltre 32.000 chilometri, mentre Wind - tra
gli elettrodotti dell'Ente nazionale per l'energia elettrica e
la rete delle ferrovie dello Stato - può contare su
un'estensione di 18.000 chilometri. Quasi il 50 per cento di
fibra risulta posata nelle regioni settentrionali e i valori
medi di densità della stessa per superficie sono doppi nelle
regioni settentrionali rispetto a quelle del Mezzogiorno.
Le regioni con più alta densità di fibra sono Lazio,
Lombardia e Liguria, mentre quelle con valori più bassi sono
Basilicata, Sardegna, Molise e Valle d'Aosta. Perfino
nell'area del nord-est il ritardo delle iniziative a banda
larga è sensibile, soprattutto se comparato con la situazione
di Paesi concorrenti, come la Germania, che per prima ha
avviato la liberalizzazione del mercato della TLC.
L'area metropolitana con la maggiore estensione di
infrastruttura a banda larga è quella di Milano, grazie ai
progetti di Telecom e Fastweb; Roma, Napoli e Torino seguono a
grande distanza.
Quanto alle altre città, solo i capoluoghi di provincia e
circa 200 comuni non capoluogo sono raggiunti dalle grandi
dorsali. Le altre città e gli altri centri minori sono
scoperti o sono serviti solo dalla tecnologia ADSL di Telecom,
che del resto copre solo il 74 per cento del territorio
nazionale, con uno standard di servizi già insufficiente
per aprire il mercato dei servizi avanzati (e-learning,
telemedicina, videoconferenza, business, eccetera).
Quanto all'ultimo miglio, le realizzazioni hanno raggiunto
finora solo una certa tipologia di utenti: grandi imprese,
comunità scientifiche, distretti industriali o famiglie ad
alto reddito.
Risulta evidente che la flessione della cosiddetta "new
economy" ha scoraggiato gli operatori dall'investire e
soprattutto li ha tenuti lontani dai territori in cui
l'investimento comporta una minore redditività sia a causa
della minore densità abitativa, sia per il ritardo nello
sviluppo dei servizi e nell'aggregazione della domanda.
D'altra parte, la diffusione delle infrastrutture a banda
larga è la precondizione per lo sviluppo delle imprese - in
particolare nel settore dell'ICT, ma anche nei settori
tradizionali - e per l'implementazione di tutti i servizi
on line, pubblici (e-government) e privati.
Si profila, dunque, un vero e proprio digital divide
territoriale fra le varie aree del nostro Paese, tanto più
grave perché coincide con altri fattori di marginalità: se
nella "società dell'accesso" (J. Rifkin) le opportunità di
attingere alla conoscenza costituiscono un nuovo discrimine
sociale, allora l'esclusione dai servizi e dalle
infrastrutture digitali si traduce in un moltiplicatore di
diseguaglianze.
In queste condizioni, siamo molto lontani dall'obiettivo
del "servizio universale" indicato dall'Unione europea in
molti atti e in particolare nella direttiva 2002/21/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002. E siamo
molto lontani dall'obiettivo di Lisbona, che è quello di
costruire lo spazio più avanzato di economia basata sulla
conoscenza, mettendo ciascun cittadino dell'Unione in
condizione di detenere pari opportunità di accesso ai
contenuti e ai servizi offerti dalle nuove tecnologie
digitali.
Per questi motivi, è necessario ed urgente un preciso
impegno pubblico che fissi gli obiettivi e gli standard
minimi da raggiungere per tutto il territorio nazionale e ne
promuova la concreta realizzazione attraverso l'uso di risorse
dello Stato, che agiscano come moltiplicatore delle risorse
private.
E' avvenuto così in Francia, in Irlanda, in Svezia, in
Canada e sta avvenendo anche nelle regioni italiane più
avanzate, come l'Emilia Romagna e la Toscana.
Non mancano, dunque, i modelli positivi a cui si può
attingere. Nell'innovazione tecnologica ogni ritardo può
trasformarsi in drammatica retrocessione.
La proposta di legge individua all'articolo 1, capo I, le
finalità di promozione e sviluppo di progetti volti a
sostenere e attuare le applicazioni e i servizi di interesse
pubblico, per i quali è necessario l'utilizzo della banda
larga, e disciplina la materia nei successivi capi, fino al
V.
Il capo II (articoli 2-4) attiene alla previsione di forme
di incentivazione di progetti per l'aggregazione della domanda
di servizi a banda larga da parte delle amministrazioni locali
e di soggetti delle comunità, sia pubblici che privati, i
quali, al fine di stimolare gli investimenti da parte di
operatori del settore e ottenere, in tale modo, migliore
accesso al servizio, possono costituirsi in consorzi secondo
le disposizioni vigenti. Il territorio interessato ai suddetti
programmi non può eccedere l'ambito provinciale, prevedendo
prioritariamente l'inserimento delle aree montane o insulari,
nonché i distretti industriali (articolo 2).
Ai sensi dell'articolo 3 i progetti finanziabili devono
contenere: l'indicazione dei benefìci sociali ed economici
derivanti dalla diffusione dei servizi di banda larga,
l'impegno dei soggetti ad aggregare la domanda, la valutazione
della domanda esistente e potenziale, le risorse economiche e
professionali disponibili, il programma di conseguimento degli
obiettivi e i tempi relativi, nonché l'indicazione delle
risorse finanziarie per la realizzazione del progetto.
In ragione dell'estensione territoriale delle aree
interessate all'intervento e agli obiettivi indicati nel
progetto, è riconosciuto un contributo compreso tra 100.000 e
400.000 euro, per un valore comunque non eccedente il 50 per
cento del costo complessivo del progetto, anche laddove i
soggetti indicati abbiano usufruito di finanziamenti previsti
sia da disposizioni regionali che dell'Unione europea
(articolo 4).
Il capo III (articoli 5-7) disciplina le forme di
incentivazione riconosciute a soggetti pubblici e privati per
la realizzazione delle reti di telecomunicazione a larga
banda, soprattutto in quelle comunità caratterizzate da una
insufficiente disponibilità di infrastrutture di accesso. Il
territorio interessato ai suddetti programmi di sviluppo è
individuato dalle amministrazioni regionali e locali
interessate, prevedendo prioritariamente l'inserimento di aree
montane o insulari, nonché i distretti industriali. La
proposta di legge prevede che, a tale fine, i soggetti
proponenti si costituiscano in consorzio, risolvendo in tale
modo il nodo della proprietà delle nuove installazioni che
sarebbe in capo al soggetto consorziato (articolo 5).
L'articolo 6 individua le caratteristiche proprie dei
progetti finanziabili che, oltre a quelle individuate
dall'articolo 4, devono riguardare: la specificazione del
ricorso alla diversificazione delle tecnologie disponibili in
funzione delle caratteristiche socio-economiche e di sviluppo
tecnologico delle zone interessate, l'accessibilità alla rete
da parte dei singoli fornitori di servizi, anche non
partecipanti al progetto. La selezione dei soggetti incaricati
della realizzazione delle infrastrutture necessarie avviene
con procedura di evidenza pubblica, in coerenza con le
disposizioni comunitarie in materia. Per il finanziamento dei
progetti (articolo 7), la disposizione individua i contributi
statali di sostegno, compresi tra 500.000 e 2.000.000 di euro,
cumulabili con analoghi strumenti di sostegno finanziario
previsti da disposizioni regionali e dell'Unione europea, ma
comunque in misura non eccedente il 50 per cento.
Il capo IV (articoli 8-10) riconosce incentivi a quei
progetti volti alla realizzazione di reti di interscambio di
informazioni e cooperazione tra piccole e medie imprese
appartenenti ad un distretto industriale, per la cui
realizzazione è richiesta una partecipazione di non meno del
10 per cento delle imprese appartenenti al distretto medesimo.
A detti progetti è riconosciuto un contributo statale,
cumulabile anch'esso con altri strumenti finanziari ma in
misura non eccedente il 50 per cento, ricompreso tra 100.000 e
400.000 euro.
Il capo V (articoli 11-13) in tema di disposizioni comuni
e finanziarie, prevede che i criteri per la valutazione e la
selezione dei progetti da finanziare, nonché le modalità di
concessione delle agevolazioni, siano disciplinati con decreto
del Ministro per l'innovazione e le tecnologie, di concerto
con il Ministro per la funzione pubblica e il Ministro
dell'economia e delle finanze, da emanare di intesa con la
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Il decreto è sottoposto al
parere delle competenti Commissioni parlamentari. L'articolo
11 prevede che la selezione dei progetti sia effettuata,
d'intesa con le regioni, dal Ministro per l'innovazione e le
tecnologie, che provvede, poi, alla attribuzione dei relativi
contributi.
Ai sensi dell'articolo 13, il Ministro per l'innovazione e
le tecnologie presenta annualmente una relazione al Parlamento
sull'attuazione delle disposizioni della legge.