XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 4513




        Onorevoli Colleghi! - L'articolo 727 del codice penale, avente ad oggetto il maltrattamento degli animali, è norma che, pur se già riformulata dalla legge 22 novembre 1993, n. 473, necessita oggi di un nuovo intervento correttivo, considerata l'inadeguatezza rilevata dall'attuale sistema rispetto all'evoluzione della coscienza sociale nei confronti degli animali.
        In effetti la normativa in materia ha subito una costante riforma, le cui tappe sono state contrassegnate dal diverso atteggiarsi degli interessi via via tutelati. La punizione della crudeltà, nei confronti degli animali, nella prima formulazione della norma, rappresentava la reazione allo sdegno che l'uomo prova allorquando un essere indifeso viene aggredito. Erano i sentimenti dell'uomo, la sua pietà e sensibilità, che trovavano risposta nella norma e nella pena previste.
        La ratio punendi si identificava nell'offesa al sentimento di pietà e nella ripugnanza che gli atti compiuti sugli animali possono destare nella comunità.
        Uno degli elementi costitutivi del reato risultava essere, infatti, il "destare ribrezzo" che ovviamente nulla aveva a che fare con la sofferenza, oggettivamente considerata, inferta all'animale, ma con la condotta, oggettivamente ingiusta, meritevole di punizione.
        Con la riforma del 1993, l'attenzione del legislatore è stata rivolta, invece, verso quello che rappresentava l'oggetto fisico del reato: l'animale che, in quanto autonomo essere vivente, è dotato di sensibilità fisica e psichica, reagisce a tutte le modifiche che si verificano attorno a lui, ai contatti, alla temperatura, agli odori, ai suoni, alle luci, al cibo, allo stress, all'eccitazione e al trattamento, ovviamente entro determinati limiti fisiologici.
        E' quando questi limiti vengono superati che l'animale prova dolore e la sua sofferenza, che desta sdegno nella comunità, è l'oggetto della tutela evidenziato dal legislatore riformista che punisce chi oltrepassa queste soglie: l'animale diventa quasi soggetto di diritto.
        La protezione dell'ordinamento, quindi, cambia il proprio oggetto e viene rivolta ai legittimi destinatari, quali esseri viventi e in considerazione della loro natura e, pertanto, la reazione all'offesa risulta divenire più severa.
        L'articolo 727 del codice penale incrimina attualmente non solo i comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e di protezione verso gli animali o che destano ripugnanza, ma anche, grazie all'intelligente interpretazione estensiva dei magistrati che hanno applicato la norma, quelle condotte ingiustificate che incidano sulla sensibilità dell'animale, che infliggano sofferenza anche se non accompagnate dall'intenzione cosciente e volontaria di infierire sull'animale, ma determinate da condizioni oggettive di abbandono o di incuria.
        Allo stato attuale la tutela penale è, dunque, rivolta agli animali in considerazione della loro natura e, quindi, le utilità morali e materiali che essi procurano all'uomo devono essere assicurate nel rispetto delle leggi naturali e biologiche, fisiche e psichiche, di cui ogni animale, nella sua specificità, è portatore.
        La previsione codicistica del reato risulta, però, lacunosa perché considera solo genericamente alcuni comportamenti.
        E' scopo della presente proposta di legge colmare tale lacuna per rendere la tutela degli animali il più possibile completa ed efficace.
        L'animale, giova ricordare, è soggetto di diritti naturali che non sono avulsi dalla complessa realtà che costituisce la vita e la vicenda umana sul pianeta terra. Il rapporto "uomo-animale-ambiente" si impone, infatti, sorretto dalle varie forme di protesta ecologica che non corrispondono soltanto alla moda di una stagione, ma diventano solide e coscienti tanto da spingere il legislatore verso le modifiche.
        L'articolo 1 della proposta di legge compendia l'evoluzione di cui si sono scandite sommariamente le tappe: è punibile ogni maltrattamento di animali (che in sé ricomprende strazio, sevizie, assoggettamento a comportamenti e a fatiche insopportabili e anche la semplice detenzione, pure se colposa, in condizioni incompatibili con la natura dell'animale), che causa la sofferenza o comunque uno stato di alterazione emotiva o biologica in riferimento alla fisicità dell'animale e alle sue normali attività etologiche e fisiologiche.
        La previsione, tra gli elementi caratterizzanti il maltrattamento perseguibile, della provocazione nell'animale di uno stato di alterazione biologica, oltre che della sofferenza, risolve, tra le altre, l'annosa questione portata all'attenzione della Consulta e rimasta irrisolta per via dell'impossibilità di creare, con una decisione della Corte costituzionale, una nuova fattispecie penale, giusto il principio di legalità di cui all'articolo 25, secondo comma, della Costituzione.
        Posto come evidente, infatti, che la morte non può che conseguire ad un'alterazione biologica, la legge racchiude in sé anche la previsione della punibilità dell'uccisione di animali, anche ove essa, per ipotesi, non consegua a torture fisiche.
        La condotta è poi ulteriormente specificata e si identifica anche nell'abbandonare l'animale domestico o che ha acquisito l'abitudine alla cattività. Si è ritenuto, infatti, di dover espressamente specificare la fattispecie, onde non incorrere in future eventuali problematiche interpretative, che distinguano tra maltrattamento e abbandono, escludendo il primo nell'eventualità del secondo.
        Oltre ai maltrattamenti fisici, dunque, diventano punibili anche i maltrattamenti di ordine psicologico, biologico ed etologico, nonché l'incuria, che può sostanziarsi, per espressa previsione normativa, anche nell'omissione della somministrazione delle profilassi sanitarie di base.
        Parità di sanzione colpisce infatti chi, avendo l'obbligo di curare l'animale, omette di prestare o di procurare le cure veterinarie necessarie.
        Ulteriore novità risiede nella pena: reclusione fino a un anno, congiunta alla pena pcuniaria della multa fino a 10.000 euro; inoltre viene previsto il divieto di detenere animali. Un provvedimento inibitorio di tale tipo, che infatti viene introdotto ex novo dall'articolo 6 della proposta di legge nel codice penale, è un'assoluta novità in materia: lo scopo è quello di tenere lontani i responsabili dalle vittime potenziali, una sorta di interdizione temporanea che invita il reo a riflettere sulla gravità della condotta posta in essere.
        La previsione della reclusione cambia la natura dell'illecito: esso, nato come reato contravvenzionale, assurge a delitto, a segno dell'ulteriore modifica dell'interesse tutelato perché l'animale è un essere vivente e in quanto tale soggetto di diritti meritevoli di tutela. La Dichiarazione universale dei diritti degli animali, proclamata a Parigi il 15 ottobre 1978, presso la sede dell'UNESCO recita all'articolo 2: "Ogni animale ha diritto al rispetto; l'uomo, in quanto specie animale, non può attribuirsi il diritto di sterminare altri animali, o di sfruttarli, violando questo diritto. (...) Ogni animale ha diritto alla considerazione, alle cure e alla protezione dell'uomo".
        La proposta di legge mira a creare nell'ordinamento gli strumenti affinché questo tipo di dichiarazione non resti solo il mero soddisfacimento della sensibilità zoofila dell'uomo.
        Necessario corollario, inoltre, è il prevedere l'inasprimento della pena in proporzione alla maggiore gravità del reato qualora per effetto del maltrattamento o dell'omissione si sia verificata la morte dell'animale o se il fatto sia stato commesso con modalità e con mezzi particolarmente dolorosi. Ulteriori deterrenti che rafforzano la tutela così prevista sono la confisca obbligatoria dell'animale, caso che viene altresì ex novo introdotto nell'articolo 240 del codice penale, dall'articolo 6, comma 1, lettera c), della proposta di legge, e la pubblicazione della sentenza al fine di rendere noti il comportamento sanzionato e il suo autore.
        L'articolo 2 prevede l'ipotesi specifica in cui il reato venga commesso da chi svolge attività di commercio, trasporto, traffico, allevamento, mattazione di animali e di spettacolo: in questi casi la pena detentiva è aumentata fino a tre anni di reclusione. L'incisivo inasprimento trova la sua ratio nella maggiore rilevanza che la condotta assume se posta in essere da coloro i quali materialmente operano con gli animali e ne traggono profitto.
        La previsione di una maggiore responsabilità a carico degli operatori del settore spinge ad una riconsiderazione di tutta la normativa in materia di animali, che trova il suo punto di partenza nella previsione di un reato, ma dovrebbe avere significative radici nella legislazione sanitaria e amministrativa.
        Infatti, al momento, la materia è oggetto di una riserva di legge a favore delle regioni, ma solo poche di esse hanno legiferato nella specifica materia del trasporto degli animali d'affezione e regolamentato la loro vendita da parte dei commercianti, previa certificazione sanitaria di buona salute da rilasciare agli acquirenti.
        Le lacune legislative lasciano ampi spazi di manovra a quanti operano nel settore del trasporto, del commercio e dell'allevamento e la proposta di legge mira a salvaguardare gli animali, funzionando la legge penale da deterrente per tutti coloro che, ben lungi dall'amare gli animali, facendone commercio ne traggono maggiore profitto risparmiando sia sulla qualità di vita che sulle cure veterinarie ad essi spettanti. A tale proposito è significativa la preoccupante diffusione di un malcostume riguardante la vendita di cuccioli di cane importati illegalmente dai Paesi terzi, specie dell'est Europa, che crea condizioni di mancata tutela del benessere animale e gravi danni socio-economici e sanitari agli ignari acquirenti, che molto spesso si ritrovano ad avere in casa animali malati, oltre che di malattie proprie della specie (cimurro, gastroenterite infettiva, eccetera) anche di malattie a carattere zoonosico quali le parassitosi intestinali, le dermatomicosi, la rogna sarcoptica, eccetera. Attualmente la tutela del benessere animale nella legislazione evidenzia il ruolo che l'animale ha avuto nella società e l'attenzione che l'uomo ha posto verso l'animale. Essa risulta differenziata a seconda del tipo di animale: l'animale come fonte di lavoro e di alimento è stato quasi subito oggetto dell'azione di protezione da parte dell'uomo perché è finalizzata esclusivamente al suo interesse egoistico e alla sua sopravvivenza. La presente proposta di legge, invece, cambia la lettura "antropocentrica" perché è in linea con l'evoluzione della coscienza civile che riconosce dignità all'essere vivente animale in quanto tale e non per l'uso o la funzione che riveste. Di qui un maggiore rigore nel sanzionare l'operato di coloro i quali lavorano nel settore, giungendo ad impedire loro l'attività commerciale o di allevamento in caso di violazione della normativa, conferendo così alla pena una funzione concretamente deterrente.
        Risponde ad un'esigenza della società non più dilazionabile intendere gli animali non come oggetti da sfruttare, il cui benessere si evidenzia dal fatto che l'animale produce e si riproduce, ma come esseri viventi che, dipendendo dall'uomo, hanno bisogno di protezione che dovrebbe sostanziarsi nella ricerca di indicatori e indici di benessere affinché siano allevati a "misura di animale" e non a misura d'uomo.
        L'articolo 2, al comma 2, prevede la penale responsabilità di chiunque organizza, promuove, favorisce o partecipa attivamente a spettacoli, giuochi e manifestazioni che comportano l'utilizzo di animali in violazione dell'articolo 1, nonché di chi produce, importa, esporta, distribuisce, commercializza, anche via INTERNET, video produzioni o materiali riproducenti scene o immagini delle attività di cui al citato articolo 1 e al medesimo comma 2, salvo che per fini scientifici.
        L'ambito di operatività della norma viene ampliato fino a comprendervi non solo coloro che materialmente maltrattano l'animale, ma anche chi ha svolto solo il ruolo di organizzatore o di promotore con gli stessi criteri interpretativi già evidenziati con riferimento alla previgente disciplina. La novità riguarda la seconda parte del comma 2, che incrimina anche tutti coloro che traggono lucro dalla sofferenza degli animali diffondendone e commercializzando video o immagini. Tale previsione mira, tra l'altro, ad impedire la sconcertante produzione e distribuzione di film zoo-pornografici, in cui vengono coinvolti animali assoggettati a violenza sessuale da parte di umani, spesso legati, fasciati e drogati per meglio adempiere alla propria parte scenica e, successivamente, uccisi. Tali film vengono per lo più girati all'estero, con la conseguenza di non poter perseguire i responsabili nel nostro Stato per il reato di cui alla vigente formulazione dell'articolo 727 del codice penale, e vengono fatti circolare tramite canali per adulti, così da non "offendere la pubblica morale".
        L'articolo 4 provvede a rafforzare la già prescritta competenza sull'accertamento delle violazioni delle guardie zoofile dell'Ente nazionale per la protezione degli animali (ENPA) che, quali agenti di polizia giudiziaria, potranno collaborare attivamente con le altre Forze di cui all'articolo 55 e seguenti del codice di procedura penale, fornendo alla lotta contro il crimine le proprie conoscenze zootecniche, necessarie per fare opportuna luce su fattispecie criminose in questa materia.
        La formulazione dell'articolo permette di risolvere definitivamente la questione interpretativa esistente circa il potere concesso, ex articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1979, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 2 giugno 1979, all'ENPA, di richiedere e ottenere, previa verifica dei requisiti ex lege, la nomina prefettizia di proprie guardie giurate zoofile con funzioni di polizia giudiziaria in tema di protezione degli animali, a prescindere da previe richieste di collaborazione da parte dei comuni. Sarebbe infatti inutile descrivere delle condotte illecite e prevedere delle pene severe se poi di fatto non vi fossero degli organi deputati alla verifica, al controllo e all'accertamento, e, data la materia, si ritiene che occorra la collaborazione di una forza specifica a ciò deputata. E' doveroso dare atto dell'impegno costante dell'ENPA che ha suggerito e collaborato alla stesura della presente proposta di legge.




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