XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 4268




      Onorevoli Deputati! - L'ordinamento sportivo - inteso quale insieme organico di regole, tecniche e disciplinari, applicabili alle discipline sportive ed ai soggetti affiliati alle Federazioni sportive - è tradizionalmente riconosciuto quale ordinamento autonomo, secondo la nota teoria del pluralismo degli ordinamenti giuridici.
        L'ordinamento sportivo ha costituito un proprio sistema di giustizia sportiva che risponde alla necessità di affidare ad organi muniti di competenza specifica la risoluzione delle controversie e di ottenere decisioni in tempi rapidi, garantendo in tale modo alla comunità dello sport la propria autonomia.
        Costituisce significativa espressione dell'autonomia dell'ordinamento sportivo il cosiddetto "vincolo di giustizia" che si sostanzia nell'inserimento, negli statuti e nei regolamenti delle singole Federazioni sportive, di clausole compromissorie che impongono alle società ed ai singoli tesserati di adire, per le controversie connesse all'attività sportiva, gli organi della giustizia sportiva. Conseguentemente gli interessati non possono rivolgersi alle autorità giurisdizionali dello Stato per la risoluzione delle controversie.
        La questione della relazione tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria si inquadra, ovviamente, nell'ambito del rapporto tra i due ordinamenti, rapporto che, come detto, deve qualificarsi, in via generale, in termini di autonomia.
        Per stabilire le forme di tutela giustiziale relative alle controversie attinenti allo svolgimento dell'attività sportiva, è necessario accertare se le norme che si assumono violate attengano alla vita interna della Federazione ed ai rapporti tra società sportive e tra le società stesse e gli sportivi professionisti ovvero alla realizzazione di interessi fondamentali ed istituzionali dell'attività sportiva (confrontare Cassazione civile, III Sezione, 5 aprile 1993 n.4063; Cassazione, Sezioni unite, 26 ottobre 1989, n.4399).
        In effetti l'ordinamento statale deve manifestare completa indifferenza verso la normativa tecnica delle attività sportive. In tale evenienza, quindi, v'è la massima espressione dell'autonomia dell'ordinamento sportivo.
        La giurisprudenza ha pertanto escluso la possibilità di adire il giudice statale in relazione alle decisioni di carattere tecnico degli organi della giustizia sportiva, non configurandosi in materia l'esistenza di diritti soggettivi o di interessi legittimi (Cassazione, Sezioni unite, 26 ottobre 1989, n. 4399).
        In tale caso la valenza disciplinatrice delle regole tecniche si risolve esclusivamente nell'ambito del particolare settore nel quale esse sono destinate ad operare, in forza dell'accettazione convenzionale che di tali regole fanno i singoli organizzati.
        E' stato peraltro rilevato che all'autonomia dell'ordinamento sportivo si accompagna la necessità di garantire le situazioni giuridiche soggettive ogni qualvolta l'attività sportiva assuma rilevanza nell'ordinamento statale (Cassazione, Sezioni unite 26 ottobre 1989, n. 4399, 9 maggio 1986, nn. 3091 e 3092).
        Il decreto-legge intende valorizzare tali orientamenti, che risultano da giurisprudenza consolidata e, anche in relazione a taluni recenti interventi dei tribunali amministrativi non esattamente in linea con i princìpi sopra esposti, chiarire in modo preciso gli ambiti che assumono rilevanza per l'ordinamento giuridico dello Stato separandoli da quelli che devono restare confinati nel "giuridicamente indifferente" nella prospettiva statuale.
        Tutto ciò che l'ordinamento ritiene per sè indifferente non può naturalmente dare luogo a situazioni giuridiche soggettive qualificate e, come tali, tutelabili davanti agli organi giurisdizionali dello Stato.
        Al contrario, il sindacato giurisdizionale rimane pieno nei confronti di tutte le altre situazioni giuridicamente rilevanti, rispetto alle quali, peraltro, occorre realisticamente prendere atto che il giudice è opportuno che intervenga solo quando si sono esauriti i rimedi interni alla giustizia sportiva e comunque nel rispetto delle clausole compromissorie eventualmente previste da statuti e regolamenti.
        D'altro canto, il mondo sportivo, per la sua peculiarità, ha bisogno di decisioni adottate in tempi brevissimi.
        A tutte tali esigenze risponde il presente decreto-legge, che all'articolo 1 pone la premessa generale volta, sul piano sistematico, a giustificare l'esclusione, dal novero di ciò che è "giuridicamente rilevante", delle questioni che sono indicate nell'articolo 2. In altri termini, ci si può sottrarre all'obbligo di sottoposizione alla giurisdizione statale (civile o amministrativa che sia) prevista dall'articolo 24 della Costituzione, solo postulando che la situazione di fatto di cui si tratta non sia "giuridicamente rilevante" per l'ordinamento, vale a dire che l'ordinamento sia, nei suoi confronti, del tutto indifferente.
        Spetta all'ordinamento giuridico determinare ciò che sia o non sia rilevante per lo stesso. Nel caso dell'ordinamento sportivo, quindi, l'articolo 1 pone la base teorico-sistematica per affermare che determinati rapporti interni all'ordinamento dello sport sono indifferenti per l'ordinamento giuridico dello Stato. Il percorso, in questi termini, risulta perfettamente conforme alla Costituzione.
        L'articolo 2 prevede la riserva all'ordinamento sportivo della disciplina sostanziale di determinate questioni, rispetto alle quali l'ordinamento dello Stato non ravvisa interessi giuridicamente rilevanti; ne deriva, sul piano processuale, che tali situazioni non possono più essere qualificate come diritti soggettivi né come interessi legittimi, sicché ne risulta esclusa ogni tutela giurisdizionale statuale.
        L'articolo 3 opera come una sorta di "doppia chiave", destinata a garantire l'effettiva tenuta, anche sul piano pratico, della configurazione proposta: esso, da un lato, prevede per tutti i casi la necessaria pregiudizialità del ricorso alla giustizia sportiva, con esaurimento dei relativi rimedi, prima di potersi adire la giurisdizione dello Stato.
        D'altro lato esclude espressamente, pur dopo esperita la "pregiudiziale sportiva", che le questioni di cui all'articolo 2 possano essere sottoposte alla cognizione delle giurisdizioni dello Stato.
        Per le altre questioni, invece, è mantenuta ferma la giurisdizione ordinaria sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti (si tratta, in pratica, delle questioni relative al pagamento di stipendi, premi, ingaggi, eccetera), mentre ogni altra questione che involga atti giuridici (di qualunque tipo, e cioè sia di natura pubblicistica sia privatistica) del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) o delle Federazioni è demandata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (la giurisprudenza, infatti, anche dopo la riforma del CONI che ha privatizzato le Federazioni, le quali non sono più, come prima, "organi" dell'Ente, ritiene che, ciò nonostante, ad esse siano affidati taluni compiti pubblici, di promozione dello sport, eccetera, che vengono esercitati mediante atti sostanzialmente amministrativi, e quindi giustiziabili dinanzi al giudice amministrativo).
        In sintesi, escluse le questioni riservate alla giustizia sportiva, che sono quelle di cui all'articolo 2, le altre, previo esaurimento dei rimedi propri di questa, si propongono dinanzi al giudice civile se di natura patrimoniale e non involgenti né il CONI né le Federazioni, dinanzi al giudice amministrativo in tutti i casi residuali che sarebbe impossibile prevedere preventivamente.
        L'ultimo periodo dell'articolo 3, comma 1, chiarisce che resta ferma la possibilità di continuare a prevedere clausole compromissorie, eventualmente alternative rispetto alla tutela giurisdizionale sia negli statuti e nei regolamenti del CONI e nelle Federazioni cui le singole società, associazioni ed atleti vogliano aderire, sia nei contratti individuali di lavoro sportivo di cui all'articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91.
        La competenza per la materia cautelare - e non più solo per il giudizio di merito, come attualmente previsto dalla normativa vigente - è accentrata al Tribunale amministrativo regionale (TAR) di Roma; l'incompetenza si rende rilevabile d'ufficio.
        Si prevedono modalità accelerate di definizione del giudizio nel merito quali la sentenza in forma abbreviata e la riduzione di tutti i termini processuali, salvo quello per la proposizione del ricorso in primo grado, alla metà.
        Il comma 4 dell'articolo 3 sospende l'efficacia delle misure cautelari emanate da un tribunale amministrativo diverso dal TAR del Lazio, cui è peraltro rimessa la possibilità di confermare, modificare o revocare dette misure, in applicazione della normativa che viene introdotta dal presente decreto-legge, ove la parte ricorrente riproponga il ricorso e l'istanza cautelare al TAR di Roma entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.
        Inoltre, in considerazione della particolare situazione che si è venuta a determinare in relazione ai diversi casi di contenzioso aperti, il decreto-legge (articolo 3, comma 5) consente al CONI, su proposta della Federazione competente, di adottare provvedimenti di carattere straordinario e transitorio - anche in deroga alle disposizioni vigenti dell'ordinamento sportivo - al fine di assicurare il regolare inizio dei campionati 2003-2004.




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