XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 3983
Onorevoli Colleghi! - La legge 5 ottobre 2001, n. 367,
recante "Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra Italia e
Svizzera che completa la Convenzione europea di assistenza
giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 e ne agevola
l'applicazione, fatto a Roma il 10 settembre 1998, nonché
conseguenti modifiche al codice penale ed al codice di
procedura penale" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.
234 dell'8 ottobre 2001, reca due ordini di disposizioni: al
capo I sono dettate le disposizioni preordinate alla ratifica,
esecuzione ed attuazione dell'Accordo tra Italia e Svizzera -
concluso il 10 ottobre 1998 allo scopo di completare la
Convenzione di Strasburgo assistenza giudiziaria in materia
penale e di "agevolarne" così l'applicazione -; al capo II
sono previste invece una serie di "conseguenti" modifiche al
codice di procedura penale, destinate ad avere generale
applicazione non solo nei rapporti tra Italia e Svizzera. E'
inoltre previsto che le disposizioni processuali, come
modificate dalla legge n. 367 del 20021 si applicano ai
procedimenti in corso che versano nella fase delle indagini
preliminari ovvero nei quali è in corso o deve aver luogo
l'udienza preliminare.
Nella passata legislatura, i parlamentari della Casa delle
Libertà avevano preferito affossare il disegno di legge di
ratifica presentato dal Governo D'Alema; così dopo avere
votato a favore del provvedimento alla Camera dei deputati, lo
bloccarono al Senato della Repubblica con la presentazione di
centinaia di emendamenti pochi giorni prima dello scioglimento
delle Camere, per il rinnovo del Parlamento. Il disegno di
legge fu poi ripresentato, nel testo originario del Governo
D'Alema, all'inizio di questa legislatura, da un gruppo di
senatori della Casa delle libertà (atto Senato n. 371), salvo
poi essere ampiamente modificato nel corso dell'iter,
dagli emendamenti presentati da esponenti del Centrodestra. In
forza della legge n. 367 del 2001 si prevede la radicale
inutilizzabilità nei processi italiani dei documenti e delle
altre prove acquisiti mediante rogatorie all'estero, ogni
qualvolta siano state violate le norme delle convenzioni
internazionali concernenti la loro "acquisizione" o la loro
"trasmissione".
In pratica il provvedimento venne utilizzato come una
sorta di "cavallo di Troia".
Le modifiche apportate dalla legge n. 367 del 2001 ai
nostri codici avevano e hanno una ricaduta diretta su una
serie di processi ben noti nei quali erano più o meno
direttamente coinvolti l'attuale Presidente del Consiglio dei
ministri, onorevole Silvio Berlusconi, o alcuni dei suoi più
stretti collaboratori; processi nel corso dei quali era stato
necessario acquisire documenti e prove attraverso lo strumento
delle rogatorie internazionali (processo Lentini, All Iberian,
Lodo Mondadori, Sme, eccetera). Ancora una volta, dunque, la
maggioranza di Centrodestra ha deciso di mandare avanti un
progetto di legge che al di fuori dell'interesse generale
mirava esclusivamente a "complicare" lo svolgimento di
procedimenti nei confronti di propri appartenenti.
Il provvedimento - come fece notare in sede di
dichiarazione di voto l'onorevole Pierluigi Castagnetti, il 28
settembre 2001 - fu criticato non soltanto dai maggiori
quotidiani italiani, da editorialisti solitamente vicini a
questa maggioranza, ma anche da autorevoli uomini di Governo
ed esponenti della maggioranza stessa; "uomini che non hanno
rinunciato ad essere liberi e responsabili". Non soltanto, fu
criticato anche dal procuratore nazionale antimafia e dal
Consiglio superiore della magistratura "per le gravi
conseguenze in termini di sicurezza sociale e difesa della
legalità", ma anche da uno dei più autorevoli magistrati
elvetici, il procuratore Bernard Bertossa, che ha definito
questa legge una catastrofe per la giustizia
internazionale.
Fortunatamente, grazie a un conforme indirizzo della Corte
di cassazione e della Corte costituzionale (ordinanze n. 315 e
n. 487 del 2002), deve ormai "ritenersi consolidata una saggia
ed equilibrata interpretazione della legge sulle rogatorie
che, accantonando ogni inutile formalismo ha finora consentito
di evitare i guasti che, altrimenti la stessa legge avrebbe
arrecato alla giustizia penale" (La Consulta e i formalismi
delle rogatorie, di Vittorio Grevi, Corriere della Sera, 31
dicembre 2002).
A questo punto gli effetti per i quali la legge sulle
rogatorie era stata pensata e voluta, non essendo stati
raggiunti, determinano solo una pericolosa confusione nella
normativa generale, e comunque, risultano anacronistici. La
norma, insomma, nata per risolvere casi particolari, visto che
questi casi sono ormai superati, risulta avere perso di
utilità ed essendo dannosa appare necessaria di
soppressione.
Per annullare completamente il rischio che queste norme
ancora vigenti possano produrre danni alla nostra giustizia
riteniamo comunque opportuno intervenire ripristinando quelle
norme del codice di procedura penale modificate dalla legge n.
367 del 2001 o tutt'al più sostituirle con le disposizioni
originariamente previste dal disegno di legge presentato dal
Governo D'Alema, nel testo approvato all'unanimità dalla
Camera nella XIII legislatura (atto Senato n. 5031).