XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 3870




        Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge si propone di introdurre nel nostro ordinamento una deroga al generale principio di divieto dei patti successori di cui all'articolo 458 del codice civile, prevedendo la liceità di accordi diretti a regolamentare la successione dell'imprenditore o di chi è titolare di partecipazioni societarie.
        Il vigente articolo 458 del codice civile recita infatti: "E' nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione. E' del pari nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi".
        La norma, di facile lettura, da una parte consacra il principio per cui il solo atto di "ultima volontà" riconosciuto dall'ordinamento è il testamento, atto unilaterale revocabile, inconciliabile con le bilateralità e l'irrevocabilità del contratto, dall'altra fa divieto di disporre di diritti che potrebbero derivare da una successione non ancora aperta.
        Non è facile individuare la ratio di tali divieti, risalenti al diritto romano; ma ormai va diffondendosi sempre più, sia nel mondo accademico, sia in quello delle professioni, sia nella pubblica opinione, la convinzione della necessità se non di annullare tali divieti, quanto meno di ridimensionarli, ammettendone deroghe sempre più ampie; infatti la rigidità di questo nostro ordinamento contrasta non solo con il fondamentale diritto all'esercizio dell'autonomia privata, riconosciuto e tutelato in via generale dal codice civile e, ancor più, dalla Costituzione, ma altresì e soprattutto con la necessità di garantire la dinamicità degli istituti collegati all'attività di impresa, assicurando la massima commerciabilità dei beni nei quali si traduce giuridicamente l'attività stessa: l'azienda, nella quale si realizza l'impresa individuale, e le partecipazioni sociali nelle quali si concretizza l'impresa collettiva, quella svolta cioè in forma societaria.
        Resta da rilevare che analogo impulso riformatore proviene oggi dalla stessa Commissione europea, come risulta dalla comunicazione n. 98/C 93/02 relativa alla trasmissione delle piccole e medie imprese, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee n. C93 del 28 marzo 1998, in cui si rileva che "specialmente nel caso delle imprese familiari, gli accordi (interfamiliari) possono essere utilizzati per tramandare determinati criteri gestionali da una generazione all'altra", così come peraltro già avviene "nella maggioranza degli Stati membri". Ne consegue che "gli Stati membri che vietano i patti successori (Italia, Francia, Belgio, Spagna, Lussemburgo) dovrebbero provvedere a consentirli, dal momento che il predetto divieto complica inutilmente la buona gestione del patrimonio (familiare)".
        Da qui, dunque, l'esigenza di consentire anche nel nostro Paese all'imprenditore di disporre in vita della propria azienda in favore di uno o più dei propri discendenti, purché con l'accordo dei rimanenti discendenti e dell'eventuale coniuge.
        In proposito, occorre tener presente la tutela prevista dall'ordinamento a favore dei soggetti (coniuge, discendenti in linea diretta e, in assenza di questi, ascendenti) cui l'ordinamento stesso riconosce il diritto di conseguire, anche in caso di contraria volontà del de cuius, una quota di eredità attraverso la previsione di una precisa azione giudiziaria, l'azione di riduzione, pure essa dichiarata irrinunciabile durante la vita della persona della cui successione si tratta; infatti, a completare il sistema fissato dall'articolo 458 del codice civile, soccorre la disposizione di cui all'articolo 557 del medesimo codice che sancisce il divieto per i legittimari di rinunciare all'azione di riduzione loro spettante nei riguardi di donazioni, finché il donante è in vita, sia con dichiarazione espressa sia prestando il loro assenso alle donazioni stesse.
        La presente proposta di legge provvede a conciliare il diritto dei legittimari con l'esigenza dell'imprenditore che intende garantire alla propria azienda (o alla propria partecipazione societaria) una successione non aleatoria a favore di uno o più dei propri discendenti, prevedendo da una parte la liceità di accordi in tal senso, dall'altra la predisposizione di strumenti di tutela dei legittimari che siano esclusi dalla proprietà dell'azienda stessa.
        In particolare, l'articolo 1 provvede a coordinare l'articolo 734-bis (Patto di famiglia) del codice civile, introdotto dall'articolo 2, con l'articolo 458 del medesimo codice.
        L'articolo 2 introduce l'articolo 734-bis del codice civile. Nel primo comma si definisce il patto di famiglia come il contratto con cui l'imprenditore assegna l'azienda ad uno o più discendenti.
        Nel secondo comma si stabilisce che a tale contratto devono partecipare anche i discendenti che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione, nonché il coniuge; con tale disposizione si offre la massima tutela agli altri discendenti e al coniuge coinvolgendoli necessariamente nel contratto, ma, nel contempo, si garantisce la massima stabilità all'acquisto dell'azienda, escludendo che legittimari in quel momento "ignoti" possano mettere in discussione il contratto stesso; possono partecipare inoltre al contratto coloro che potrebbero divenire legittimari a seguito di modificazioni dello stato familiare dell'imprenditore (ad esempio, gli ascendenti in caso di scomparsa o rinuncia all'eredità da parte di tutti i discendenti, ovvero i discendenti di secondo grado in caso di premorienza o incapacità a succedere o rinuncia dei figli), con il risultato di rendere il contratto opponibile anche a costoro e di escludere il diritto di cui al sesto comma.
        Il terzo comma impone a coloro che acquistano l'azienda la liquidazione agli altri partecipanti al contratto, non assegnatari, ove questi non vi rinunzino in tutto o in parte, di una somma non inferiore al valore delle quote previste dagli articoli 536 e seguenti del codice civile; tale obbligo può essere soddisfatto, in tutto o in parte, anche con il trasferimento di beni in natura, sempre che, si intende, ci sia accordo sul punto.
        Il quarto comma disciplina l'ipotesi in cui l'imprenditore effettui altre assegnazioni ai propri legittimari, nel qual caso i beni assegnati saranno imputati alle loro quote di legittima; tale imputazione si determina non solo nel caso di assegnazioni contenute nello stesso contratto, ma anche in un contratto successivo; in quest'ultimo caso, però, sono richiesti il collegamento espressamente dichiarato di tale contratto con il primo e l'intervento nel medesimo di tutti i soggetti che hanno partecipato al primo o di coloro che li sostituiscono (legittimari nel frattempo subentrati).
        Il quinto comma chiude il sistema, prevedendo che quanto pattuito nel contratto non possa essere rimesso in discussione dopo l'apertura della successione, inibendo l'esperimento dei due diritti tipicamente attribuiti al legittimario per far valere le proprie ragioni, cioè la collazione e la riduzione.
        Il sesto comma riconosce comunque al coniuge ed agli altri legittimari che non abbiano partecipato al contratto il diritto di chiedere ai beneficiari del contratto stesso il pagamento della somma prevista dal terzo comma, aumentata degli interessi legali; naturalmente tale diritto potrà essere esercitato nei confronti del solo assegnatario dell'azienda nel caso in cui non vi sia stata liquidazione in favore degli altri legittimari partecipanti al contratto, ovvero nei confronti dei (o anche dei) legittimari partecipanti che abbiano ricevuto la liquidazione di cui ai commi terzo e quarto.
        Il settimo comma parifica alla fattispecie dell'assegnazione di azienda quella di assegnazione di partecipazioni, in società di qualsiasi specie.
        Infine l'ottavo comma dispone che le controversie relative all'applicazione delle nuove norme siano preliminarmente devolute, per analogia, ad uno degli organismi di conciliazione stragiudiziale previsti dall'articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, recante definizione dei procedimenti in materia di diritto societario in attuazione dell'articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366.




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