XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 3833
Onorevoli Colleghi! - La proposta di modifica degli
articoli 66 e 68 della Costituzione tenta di mediare tra due
opposte esigenze: quella di rendere effettive le prerogative
del Parlamento e quella di evitare che il legittimo esercizio
di tali garanzie scada nell'arbitrio della maggioranza.
La introduzione del sistema elettorale maggioritario ha,
infatti, modificato il meccanismo della rappresentanza
parlamentare sicché i giudizi sui titoli di ammissione e sulle
immunità dei membri del Parlamento devono essere frutto di una
valutazione scevra da logiche di coalizione, esclusivamente
ancorata alla corretta applicazione della disciplina
costituzionale.
Con la presente proposta di legge costituzionale si
intende intervenire sulle procedure e sulla composizione degli
organi di ciascuna delle Camere, competenti in materia di
ineleggibilità, di incompatibilità e di immunità.
L'articolo 1 sostituisce l'articolo 66 della Costituzione
prevedendo l'istituzione di organi di garanzia con il compito
di proporre all'Assemblea le deliberazioni in tema di titoli
di ammissione, di cause sopraggiunte di ineleggibilità e di
incompatibilità, e le deliberazioni relative ai giudizi
previsti dall'articolo 68 della medesima Costituzione.
L'articolo proposto innova significativamente l'attuale
sistema.
Esso prevede, infatti, che tali organi devono essere
composti in modo tale da garantire la rappresentanza paritaria
dei gruppi parlamentari di maggioranza e di opposizione (il
modello è mutuato dal Comitato per la legislazione istituito
presso la Camera dei deputati).
Si tratta, pertanto, di trasformare le attuali Giunte
della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica in
organi interni a rilevanza costituzionale con funzioni
tecnico-giuridiche di carattere istruttorio che mettano
ciascuna Assemblea parlamentare nelle condizioni di deliberare
serenamente e al riparo da logiche maggioritarie.
Si intende favorire la formazione di una vera e propria
giurisprudenza parlamentare che esprima al meglio il regime di
giurisdizione interna proprio di tutti i Parlamenti
democratici.
La conseguenza di un siffatto sistema è che le
deliberazioni assunte dalle Assemblee devono essere
considerate definitive e, quindi, non soggette a sindacato
esterno.
L'articolo 2 della proposta di legge costituzionale
sostituisce l'articolo 68 della Costituzione.
Come è noto, l'esistenza di un sistema di immunità è
generalmente ricondotta al concetto di indipendenza
dell'organo parlamentare.
Fin dalle origini del parlamentarismo moderno, si è
affermato che il mandato elettivo deve essere adempiuto in
condizioni di assoluta indipendenza sia nei confronti degli
altri poteri dello Stato sia nei confronti dei singoli
elettori.
Tutte le esperienze parlamentari conoscono guarentigie o
prerogative in virtù delle quali il membro del Parlamento è
sottratto in maniera più o meno estesa al diritto comune.
La concreta esperienza del nostro e di altri ordinamenti
democratici evidenzia, infatti, che non si può prescindere
dalla previsione di un'area di garanzia rinforzata posta a
tutela delle funzioni degli organi legislativi.
Il sistema delle immunità parlamentari si è da sempre
basato su due diversi pilastri: quello della insindacabilità
delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle
funzioni e quello delle immunità procedurali.
A tale schema si è uniformata l'Assemblea costituente
nella stesura originaria dell'articolo 68 della Costituzione
del 1948.
Tale impostazione è stata, in parte, confermata anche in
occasione della modifica del citato articolo avvenuta con la
legge costituzionale n. 3 del 1993.
Il primo comma dell'attuale articolo 68 della Costituzione
prevede che "I membri del Parlamento non possono essere
chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati
nell'esercizio delle loro funzioni".
La prerogativa della insindacabilità affonda le sue radici
nelle origini del parlamentarismo e trova un espresso richiamo
in tutte le attuali Costituzioni dei Paesi occidentali.
Essa appare più di ogni altra forma di immunità
immediatamente collegata con l'esercizio della funzione
essendo finalizzata a sottrarre il parlamentare ad ogni tipo
di sindacato, al di fuori di quello posto in essere dal corpo
elettorale.
Sulla interpretazione dell'espressione "nell'esercizio
delle loro funzioni" si sono da sempre registrate posizioni
contrastanti in dottrina e in giurisprudenza, soprattutto a
seguito della soppressione dell'autorizzazione a procedere e
quindi della "pregiudizialità parlamentare", che hanno
determinato un conflitto sistematico tra potere giudiziario e
potere legislativo.
L'inflazione di tali conflitti ha accentuato, in maniera
eccessiva, il ruolo arbitrale della Corte costituzionale che,
in assenza di previsioni normative il più possibile definite,
è chiamata a individuare il punto di equilibrio fra le
esigenze di protezione della prerogativa parlamentare e quelle
di tutela delle attribuzioni di altri poteri nonché dei
soggetti lesi dalle opinioni espresse dal parlamentare.
La presente proposta di legge costituzionale, riformulando
il primo comma dell'articolo 68 della Costituzione, intende
dare riferimenti più precisi e puntuali in ordine alla
estensione della prerogativa della insindacabilità.
Secondo la proposta sono coperte dalla insindacabilità le
opinioni comunque e ovunque espresse nell'esercizio delle
funzioni parlamentari.
Con tale locuzione si intende chiarire che qualora sia
possibile rintracciare un nesso con le funzioni parlamentari,
anche le dichiarazioni rese al di fuori dalle sedi delle
Camere, sebbene non riproduttive di atti tipici, devono essere
coperte dalla prerogativa.
L'estensione anche extra moenia della
insindacabilità appare in linea anche con la volontà del
Costituente, il quale scelse, nel 1948, di non riprodurre la
medesima dizione utilizzata nello Statuto albertino che,
all'articolo 55, dichiarava che la prerogativa era limitata
alle opinioni espresse e ai voti dati "nelle Camere".
A ciò si aggiunga la necessità di collegare in maniera
sistematica il precetto dell'articolo 68 con la disciplina
recata dall'articolo 67 della Costituzione, che, come è noto,
garantisce il libero esercizio del mandato parlamentare.
La garanzia della libertà del mandato parlamentare ha,
infatti, un raggio di azione che supera la sfera della mera
discussione parlamentare.
Le prerogative parlamentari si radicano, infatti, in un
più intenso e sofisticato rapporto tra il parlamentare e la
società civile sicché esse diventano funzionali ad assicurare
libertà, pubblicità e trasparenza al mandato elettivo e al
principio della rappresentanza.
Peraltro, l'evoluzione della nostra democrazia
parlamentare ha evidenziato il superamento della tradizionale
condizione di separatezza tra istituzioni e comunità e ciò
conduce verso un'inevitabile estensione dell'area coperta
dalla insindacabilità.
Per tali ragioni, anche per le esperienze vissute in altri
ordinamenti quale quello tedesco, la presente proposta di
legge costituzionale specifica che la insindacabilità non si
applica alle "espressioni formulate al di fuori delle sedi
parlamentari che sono, per i modi e i termini usati, di per sé
lesive della altrui dignità".
Si tende, infatti, a individuare un giusto ed equo
contemperamento dei princìpi costituzionali in gioco.
La esplicita affermazione della massima estensione
spaziale della prerogativa trova, infatti, un bilanciamento
nella norma che esclude la copertura della insindacabilità per
le espressioni che, per modi e i termini usati, sono
oggettivamente lesive della altrui dignità.
Una espressione che sia gratuitamente offensiva non può
rientrare nella garanzia costituzionale.
A tale riguardo, già l'articolo 46 della Legge
fondamentale tedesca conosce un analogo istituto.
In forza di tale disposizione, infatti, la prerogativa
della insindacabilità "non vale in caso di ingiurie
diffamanti".
Nella presente proposta di legge costituzionale si esclude
la insindacabilità per le affermazioni di per sé lesive
dell'altrui dignità formulate al di fuori delle sedi
parlamentari.
Viene, infatti, mantenuto il principio, confermato dalla
Corte costituzionale con sentenza n. 379 del 1996, secondo cui
i fatti "esaustivamente qualificabili alla luce del diritto
parlamentare" si "sottraggono ad ogni rimedio diverso dai
mezzi di tutela del corretto svolgimento dei lavori previsti
dal regolamento parlamentare".
Il diritto parlamentare conosce, soprattutto attraverso i
poteri ordinatori assegnati ai presidenti delle Camere, rimedi
e strumenti per sanzionare e circoscrivere tali fenomeni,
qualora commessi all'interno delle sedi delle Camere.
Quanto alle immunità processuali, è opportuno
preliminarmente evidenziare che la modifica dell'articolo 68
della Costituzione approvata nel 1993 è frutto di una stagione
emergenziale che ha influenzato eccessivamente le scelte del
legislatore, creando uno scompenso oggettivo tra i diversi
interessi costituzionalmente protetti.
L'istituto dell'autorizzazione a procedere esiste,
infatti, nella stragrande maggioranza dei Paesi occidentali,
perché è funzionale al sereno svolgimento delle funzioni
parlamentari.
La tutela immediata della libertà psichica e fisica dei
membri delle Camere nei confronti degli effetti intimidatori
nascenti dal procedimento penale e la difesa della posizione
delle Camere da indebite ingerenze sono, infatti,
indispensabili strumenti di salvaguardia dei meccanismi della
rappresentanza politica.
Da questa (corretta e unica) prospettiva si comprendono la
limitazione del principio di uguaglianza e la eventuale
limitazione temporanea dell'azione penale.
A ciò si aggiunga che la prassi applicativa degli ultimi
anni ha evidenziato un aumento della conflittualità
istituzionale che conduce, di fatto, a una reciproca
delegittimazione del potere giudiziario e del potere
legislativo.
Il conflitto provoca, inoltre, l'attenuazione dei princìpi
costituzionali di indipendenza e di autonomia della
magistratura da un lato e della sovranità popolare
dall'altro.
La proposta di legge costituzionale non intende, pertanto,
reintrodurre una sorta di "supremazia speciale" delle Camere,
ma vuole semplicemente riequilibrare le posizioni dei diversi
poteri mettendo un freno alla proliferazione dei conflitti
istituzionali.
La reintroduzione, in versione riveduta e corretta,
dell'istituto della autorizzazione a procedere si pone quindi
come strumento di riequilibrio costituzionale tra la garanzia
effettiva del libero l'esercizio del mandato elettivo, e la
garanzia, posta a presidio della autonomia e della
indipendenza della giurisdizione, della inamovibilità dei
magistrati.
A tale fine, la proposta di legge costituzionale definisce
in maniera chiara ciò che in passato era rimesso alla prassi e
alle valutazioni dottrinarie e giurisprudenziali. Infatti, si
afferma esplicitamente che le Camere potranno negare
l'autorizzazione solo qualora accertino che l'azione è stata
intrapresa per fini persecutori o quando la privazione della
libertà personale può pregiudicare lo svolgimento
dell'attività parlamentare.
In tale caso si prevede che l'esecuzione del provvedimento
restrittivo sia sospesa per la durata del mandato.
A fronte, quindi, della reintroduzione della
autorizzazione a procedere in senso stretto, è posto un
preciso onere di motivazione a carico delle Camere che
dovranno, di volta in volta, specificare quali sono le ragioni
di fatto e di diritto che legittimano il ricorso alla deroga
al diritto comune.
Le motivazioni potranno riguardare, infatti, solo le
esigenze costituzionali di preservare l'integrità della
funzione parlamentare o da indebite e strumentali azioni
giudiziarie ovvero da richieste di esecuzione di provvedimenti
restrittivi della libertà dei parlamentari il cui effetto
potrebbe essere quello di compromettere il regolare
svolgimento della attività delle Camere.
La proposta di legge costituzionale, inoltre, innova il
vigente testo dell'articolo 68 della Costituzione anche in
materia di autorizzazioni per sottoporre i membri del
Parlamento a intercettazioni.
Al riguardo si propone, infatti, di specificare che tale
autorizzazione sarà necessaria per procedere a intercettazioni
in qualsiasi forma anche indiretta e ciò anche in
considerazione di alcuni casi recenti di prassi giudiziaria i
quali dimostrano la necessità di procedere a una esplicita
definizione delle fattispecie.
La sanzione della nullità e della irripetibilità degli
atti compiuti in violazione dei precetti costituzionali,
unitamente all'obbligo dell'immediata distruzione della
documentazione, ha lo scopo di rendere effettiva tale garanzia
ponendo, comunque, al riparo dall'eventuale uso strumentale
degli atti stessi.
La modifica in esame individua, infine, quali fonti
esclusive, per la disciplina sostanziale e procedurale
integrativa, i Regolamenti parlamentari, che costituiscono la
sede propria nella quale regolamentare tutto ciò che riguarda
l'esercizio della giurisdizione interna.