XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 3788




        Onorevoli Colleghi! - Sono molti i casi di violazione della legge sulla privacy, (legge n. 675 del 1996) sulla tutela dei dati personali da parte di banche e, in particolare, di società finanziarie. Le denuncie partono da molteplici segnalazioni non solo di operatori commerciali, ma anche di semplici cittadini che vedono respinte le istanze per le rateizzazioni degli acquisti.
        Maggiori imputati sono gli istituti di monitoraggio dei rischi e della tutela della correttezza commerciale (Centrale dei Rischi presso la Banca d'Italia), deputati a censire milioni di informazioni per consentire la conoscibilità, agli istituti di credito e di credito al consumo, del rischio complessivo collegato a un cliente e a dare, quindi, la possibilità di valutare meglio l'affidabilità del cliente stesso sia ex ante, cioè al momento della verifica dell'opportunità di concludere un contratto che preveda un'esposizione dell'istituto, sia nel corso dell'esecuzione di un rapporto già concluso.
        Il cittadino nel momento in cui sottoscrive l'acquisto rateale deve concedere la liberatoria per il censimento dei suoi dati personali che poi saranno catalogati e trattati in un "cervellone" generale a cui tutti gli operatori commerciali hanno accesso, comprensivo anche di eventuali insolvenze o ritardi nei pagamenti.
        Oggi esistono almeno tre strumenti ufficiali per segnalare una posizione di rischio o un cattivo pagatore: il bollettino protesti presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, la Centrale dei rischi e l'Archivio informatico della Banca d'Italia. Oltre a questi esistono altri strumenti non ufficiali: si tratta di quei consorzi ed imprese che privatamente forniscono agli operatori commerciali tutti i dati disponibili relativi a un soggetto economico.
        Chiunque opera nel mondo del credito fa riferimento tassativo alle informazioni commerciali censite su tali banche dati, informazioni che sempre più frequentemente risultano immotivatamente pregiudizievoli per l'accettazione delle istanze.
        In Italia circa 10 milioni di soggetti, tra individui e società, sono esclusi dal circuito creditizio e finanziario a causa dell'errato censimento di dati presso le molteplici centrali informatiche, pubbliche e private.
        Le informazioni pregiudizievoli maggiormente censite sono le seguenti: pubblicazione protesti, pignoramenti, decreti ingiuntivi, ritardo nei pagamenti, insolvenza.
        Il danno è duplice, sia per il soggetto che si vede rifiutato il credito sia per l'imprenditore che non può vendere il bene di consumo, generando così un circolo vizioso negativo non solo per l'economia, ma anche per il mantenimento dei livelli occupazionali.
        Pertanto, ciò che doveva essere un ausilio per tutelare la correttezza commerciale e la fede pubblica, nei fatti, si è trasformato in una lista di proscrizione che impedisce, a persone e a imprenditori perfettamente solvibili e in regola con la legge, di svolgere il proprio lavoro a causa dell'impossibilità di intrattenere rapporti commerciali con gli istituti di credito e, quindi, di ottenere un finanziamento per l'attività o la concessione di un mutuo o, più semplicemente, l'apertura di un conto corrente. La maggior parte di tali soggetti spesso è vittima, nella ricerca di forme alternative di finanziamento, di società e di gruppi finanziari che operano ai limiti della legalità.
        Una seria politica di sviluppo non può prescindere dalla riabilitazione e dal reinserimento nel mondo dell'economia di tutti i soggetti sostanzialmente solvibili che producono ricchezza e che attualmente non godono di alcuna forma di assistenza bancaria.
        L'articolo 17 della legge 7 marzo 1996, n. 108, attribuisce al debitore protestato, che abbia adempiuto all'obbligazione per la quale era stato levato il protesto, il diritto ad ottenere la riabilitazione. Si tratta di una norma importante per risolvere il problema dell'usura alla quale spesso imprese e commercianti sono costretti a rivolgersi per mancanza di fiducia finanziaria da parte degli istituti di credito.
        Ottenuta la riabilitazione dal tribunale ed eseguita la cancellazione dei dati relativi al protesto dalla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, il protestato non è più tale in quanto il provvedimento del magistrato è pubblicato nel Bollettino dei protesti cambiari e, successivamente, il nominativo è cancellato dall'Anagrafe nazionale. Pertanto, a causa della riabilitazione, agli effetti della legge, si considerano i protesti come mai avvenuti.
        Sotto il profilo commerciale il vantaggio è duplice: a) consente il recupero e quindi il reinserimento nel mondo economico e sociale di soggetti che prima ne erano tagliati fuori, con grandi benefìci per il singolo e per l'economia in generale; b) consente al debitore protestato di avere nuovi stimoli e un incentivo che, nella maggior parte dei casi, lo porta ad adempiere ai propri doveri pur di avere i titoli per poter chiedere la riabilitazione.
        Eppure molte banche e società finanziarie non solo non rispettano tale norma ma violano anche la legge n. 675 del 1996, sulla privacy, il cui scopo è quello di tutelare i dati personali di ogni soggetto, dati che si possono riferire a informazioni di vario tipo. Il soggetto sottoposto al trattamento dei dati personali deve dare il suo assenso scritto e deve conoscere il motivo e le finalità per i quali sono richiesti i dati stessi. L'interessato ha inoltre diritto a richiedere al titolare del trattamento una serie di adempimenti quali la cancellazione, la rettifica, l'aggiornamento e l'integrazione delle informazioni che lo riguardano. Sono vietate le comunicazioni per le quali è stata ordinata la cancellazione, sono altresì vietate la comunicazione e la diffusione dei dati non aggiornati o comunque falsi. Il trattamento è permesso solo con il consenso scritto dell'interessato e questi ne può richiedere la cancellazione quando non sussiste più il motivo per il quale le informazioni sono state raccolte.
        Appare chiaro che il legislatore ha voluto che i dati raccolti siano continuamente aggiornati e che siano usati lecitamente e correttamente, prevedendo sanzioni sia amministrative che penali fino a due anni di carcere per coloro che violano la legge.
        Molte banche e società finanziarie, invece, continuano illegittimamente a tenere nei loro archivi privati computerizzati i nominativi dei protestati che non lo sono più, proseguendo imperterriti a vietare loro l'accesso al credito.
        Sono numerose le persone che quotidianamente denunciano questo increscioso problema, lamentandosi dell'assurdo trattamento subìto dalle banche o dalle società finanziarie che non rispettano la normativa sulla riabilitazione e quella sulla privacy.
        Ci si chiede perché molti istituti finanziari non rispettano tali norme emanate per evitare il ricorso all'usura e per consentire l'accesso al credito ai protestati riabilitati.
        In un momento di difficoltà di occupazione e di ristagno dell'economia si esclude dal mondo economico un bacino di utenza di milioni di persone che sono censite con diciture del tipo "cattivo pagatore", motivate dal ritardato pagamento di qualche rata o da banali disguidi commerciali.
        Se immaginassimo che anche le bollette per l'utenza telefonica o per il consumo dell'energia elettrica venissero censite per ritardato pagamento, quasi tutti risulterebbero "cattivi pagatori".
        E' evidente come una segnalazione erronea o la mancata rettifica o aggiornamento dei dati relativi al soggetto censito alla Centrale dei rischi possa causare una lesione del diritto di impresa, potendo creare notevoli difficoltà all'imprenditore che voglia accedere al credito delle banche e degli istituti finanziari o al credito al consumo, o potendo determinare la revoca del credito già concesso. In un sistema informativo generalizzato, infatti, teso proprio a consentire a tutti gli aderenti del circuito creditizio la possibilità di valutare i rischi dell'affidamento richiesto, l'eventuale segnalazione di una posizione di rischio, con connessa difficoltà a verificare le effettive cause, comporta, o comunque può comportare, un effetto a catena di mancati affidamenti o, ancora più grave, di revoca di quelli già concessi.
        Inoltre, una errata segnalazione può incidere anche sul regime della libera concorrenza e sullo stesso sistema creditizio: il mancato accesso al credito di un'impresa o la revoca degli affidamenti porta ad avvantaggiare le altre imprese operanti nel medesimo settore, così come può essere fuorviante per gli altri istituti creditizi condizionando la loro politica. Pertanto l'erronea segnalazione alla Centrale dei rischi crea un danno sia all'utente che agli altri istituti creditizi.
        Non è quindi corretto ritenere che la segnalazione sia un fatto automatico e non implichi, invece, una valutazione in ordine all'insolvenza del cliente, insolvenza che deve essere tale da legittimare l'apposizione del credito a sofferenza. Spetta all'istituto decidere se lo stato di insolvenza del cliente è tale che non vi sono più possibilità o vi sono rilevantissime difficoltà di recuperare il credito.
        Va inoltre evidenziato come tutta la procedura si svolga senza contraddittorio: è l'istituto di credito cioè che procede nell'istruttoria e può anche non interpellare il cliente, ma effettuare la segnalazione senza comunicarglielo. La procedura, in conseguenza dei rilevantissimi effetti pratici che può determinare, appare di per sé anomala e comunque poco garantista: deve perciò richiedersi, in virtù dei generalissimi princìpi di correttezza e di buona fede, all'istituto una più che attenta diligenza nell'istruttoria e nella conseguente, eventuale, segnalazione.
        Nel decidere sullo stato di insolvenza l'istituto deve ancorare la sua valutazione a qualche elemento oggettivo a sua disposizione, elemento che non può essere il mero ritardo nel pagamento o la sussistenza della pendenza di un giudizio per l'accertamento del credito. Il mero inadempimento del debito verso l'istituto, eventualmente accompagnato anche da un esplicito rifiuto ad adempiere, se non è correlato a un oggettivo stato di difficoltà di adempiere alle obbligazioni, non comporta la qualificazione della posizione del credito come in sofferenza. L'eventuale iscrizione, da parte dell'istituto, del credito in tale categoria, nonostante il mero inadempimento senza insolvenza, costituisce un comportamento illecito suscettibile della conseguenza del risarcimento del danno.
        Alla luce di queste considerazioni, la presente proposta di legge ha l'obiettivo di risolvere la problematica sul censimento e sulla pubblicazione pregiudizievole delle informazioni commerciali e dell'accesso al credito, che ha arrecato e arreca molti danni a singoli individui e società, con notevoli ripercussioni sull'intero sistema economico.




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