XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 3329
Onorevoli Colleghi! - Il momento in cui il giovane
laureato in giurisprudenza decide di avvicinarsi al mondo
della pratica legale è caratterizzato da ansie, timori,
incertezze legate alla necessità di acquisire gli strumenti
per affrontare in modo diverso il diritto studiato solo sui
volumi universitari. Si entra infatti in un mondo nuovo, in
cui la scienza giuridica va applicata al fatto concreto e
l'operatore del diritto è chiamato a mettere in pratica le
nozioni apprese.
Per rendere più agevole e proficuo questo passaggio dalla
"teoria" alla "pratica" sono state istituite presso le
università sedi di facoltà di giurisprudenza, a decorrere
dall'anno accademico 2001-2002, le scuole di specializzazione
per le professioni legali (SSPL) previste dall'articolo 16 del
decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e
successivamente disciplinate dal regolamento di cui al decreto
del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e
tecnologica 21 dicembre 1999, n. 537.
Tali scuole provvedono alla formazione comune dei laureati
in giurisprudenza attraverso l'approfondimento teorico,
integrato da esperienze pratiche, finalizzato all'assunzione
dell'impiego di magistrato ordinario o all'esercizio delle
professioni di avvocato o notaio. L'attività didattica per la
formazione comune dei laureati in giurisprudenza è svolta
anche da magistrati, avvocati e notai; in particolare, le
attività pratiche sono condotte anche presso sedi giudiziarie,
studi professionali e scuole del notariato.
Il consiglio direttivo delle SSPL è composto da dodici
membri, di cui sei professori universitari in discipline
giuridiche ed economiche, due magistrati ordinari, due
avvocati e due notai.
Alle SSPL si accede mediante concorso pubblico annuale per
titoli ed esami, per il numero di posti determinato
annualmente, indetto con decreto del Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro
della giustizia, con unico bando pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale.
La scuola ha la durata di due anni non suscettibili di
abbreviazioni ed è articolata in un anno comune e negli
indirizzi giudiziario-forense e notarile della durata di un
anno. La frequenza alle attività didattiche della scuola è
obbligatoria, nel periodo ricompreso fra il mese di ottobre e
il mese di aprile dell'anno successivo, per un totale di 500
ore annue di attività didattiche, di cui almeno il 50 per
cento dedicato alle attività pratiche quali esercitazioni,
discussione e simulazione di casi, stage e tirocini,
discussione pubblica di temi, atti giudiziari, atti notarili,
sentenze e pareri redatti dagli allievi.
Il passaggio dal primo al secondo anno di corso e
l'ammissione all'esame di diploma sono subordinati al giudizio
favorevole del consiglio direttivo sulla base della
valutazione complessiva dell'esito delle verifiche intermedie
relative alle diverse attività didattiche.
Infine, il diploma di specializzazione è conferito dopo il
superamento di una prova finale consistente in una
dissertazione scritta su argomenti interdisciplinari con
giudizio espresso da una apposita commissione composta da
sette membri di cui quattro professori universitari, un
magistrato ordinario, un avvocato e un notaio.
Anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale
n. 5 del 1999, la quale afferma che "il legislatore può
stabilire che in taluni casi si prescinda dall'esame di Stato
quando vi sia stata in altro modo una verifica di idoneità
tecnica", la presente proposta di legge prevede che sia
riconosciuto il diritto all'iscrizione all'albo degli avvocati
presso il tribunale nella cui circoscrizione hanno la propria
residenza, per coloro che abbiano conseguito il diploma
rilasciato dalle SSPL e siano altresì in possesso del
certificato di compimento della pratica rilasciato dal
Consiglio dell'Ordine degli avvocati per aver compiuto
lodevolmente e proficuamente un periodo di pratica
frequentando lo studio di un avvocato, come previsto
dall'articolo 17, primo comma, numero 5^, del regio
decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36.
La modifica legislativa proposta tutela qualità e
responsabilità, valori centrali nell'esercizio delle
professioni intellettuali, evitando nel contempo antistoriche
ed irragionevoli barriere nell'accesso alle stesse.