XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 3024




        Onorevoli Colleghi! - Recenti iniziative parlamentari e note vicende giudiziarie rendono necessaria una riflessione seria da parte del Parlamento sull'istituto della rimessione del processo disciplinato agli articoli 45 e seguenti del codice di procedura penale.
        Nei giorni scorsi è stata annunciata la presentazione di un disegno di legge al Senato della Repubblica (atto Senato n. 1578, primo firmatario: Cirami) volto ad allargare i casi di rimessione del processo, previsti all'articolo 45 del citato codice, includendovi anche l'ipotesi di "legittimo sospetto" sull'imparzialità del giudice, richiamando l'ordinanza della Corte di cassazione a sezioni unite n. 18 del 29 maggio 2002
        Il giudice di legittimità, con tale decisione, ha demandato alla Corte costituzionale la valutazione sulla legittimità dell'articolo 45 in relazione all'articolo 76 della Costituzione sotto il profilo dell'attuazione delle direttive previste all'articolo 2, comma 1, n. 17, della legge delega per l'emanazione del codice di procedura penale (legge n. 81 del 1987) che prevedeva come causa di rimessione anche il "legittimo sospetto".
        Nelle more del giudizio della Consulta appare assai opportuna una precisazione in sede legislativa della delicata materia onde evitare negative strumentalizzazioni che possono incidere sul principio costituzionale del giudice naturale (articolo 25 della Costituzione) in relazione a processi che vedono imputati il Presidente del Consiglio dei ministri e autorevoli parlamentari.
        E' opportuno, in sostanza, farsi carico di un'interpretazione legislativa dell'istituto della rimessione, che sia conforme alla Costituzione, e di una parziale modifica della disciplina degli effetti al fine di meglio conciliare, in specie dopo la decisione della Corte costituzionale n. 353 del 1996, le esigenze specifiche dell'istituto con quelle generali di salvaguardia dell'efficienza e della celerità del processo.
        Siamo convinti che la Consulta, investita della questione, non potrà che concludere nel senso della perfetta conformità dell'articolo 45 del codice di procedura penale ai precetti imposti dalla legge delega e ai princìpi costituzionali.
        L'attuale formulazione dell'articolo 45, risultando pacifica e incontroversa la prima ipotesi di rimessione relativa al pregiudizio per "la sicurezza o l'incolumità pubblica", prevede come seconda ipotesi di trasferimento della sede processuale il pregiudizio per la "libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo". Con questa formula si è attuata, addirittura ampliandola da un punto di vista soggettivo, la direttiva del citato articolo 2, comma 1, n. 17, della legge delega, con riferimento al "legittimo sospetto". L'ipotesi del "legittimo sospetto", infatti, lungi dal dover essere trasfusa letteralmente nell'articolato del codice, necessitava di una specificazione normativa data l'estrema genericità dei suoi contorni.
        Il termine "sospetto" è di estrema vaghezza, perché indica una mera supposizione più o meno genericamente motivata e plausibile. Infatti, l'applicazione dell'istituto della rimessione sotto la vigenza del vecchio codice, che prevedeva letteralmente l'ipotesi di "legittimo sospetto", ha dato luogo a non pochi problemi applicativi lasciando troppo ampi margini di discrezionalità. Da ciò discende che la formula "legittimo sospetto", se adottata nel testo di legge senza essere tradotta in parametri obbiettivi, sarebbe in assoluto contrasto con le caratteristiche di determinatezza e di tassatività che devono necessariamente assistere l'eccezionalità dell'istituto della rimessione che comporta una deroga al principio del giudice naturale precostituito per legge e renderebbe, quindi, l'articolo 45 del codice incostituzionale per violazione dell'articolo 25, primo comma, della Costituzione.
        Ecco perché il codificatore delegato, che doveva preoccuparsi di attuare le direttive della legge delega, ma nel rispetto dei princìpi costituzionali, ha tradotto il concetto di "legittimo sospetto", attuandolo e concretizzandolo, in pregiudizio della "libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo". In questo modo è stata salvaguardata la legittimità costituzionale del testo dell'articolo 45 del codice di procedura penale in relazione all'articolo 25, primo comma, della Costituzione e, nel contempo, sono state pienamente rispettate le direttive della legge delega. Infatti, all'articolo 2, comma 1, alinea, della legge delega è scritto: "Il codice di procedura penale deve attuare i princìpi della Costituzione e adeguarsi alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai diritti della persona e al processo penale. Esso inoltre deve attuare nel processo penale i caratteri del sistema accusatorio, secondo i princìpi ed i criteri che seguono: (...)". Da ciò si deduce che il legislatore delegato aveva il compito di predisporre un articolato che realizzasse le direttive impartite dal delegante, valutandole e modellandole in conformità ai princìpi costituzionali, ai quali la stessa legge delega ha espressamente attribuito un valore preminente.
        Alla luce di queste considerazioni, l'ampliamento dei casi di rimessione in modo indistinto, generico e imprecisato e tale da concedere un potere assoluto al giudice nell'applicazione della norma, come pure prospettato in alcuni disegni e proposte di legge, risulta chiaramente incostituzionale.
        Altre sono, invece, le modifiche che occorrono alla disciplina dell'istituto della rimessione, soprattutto in relazione agli effetti che la presentazione della domanda produce.
        E' quantomeno opportuno adattare il vigente articolo 47 del codice di procedura penale alle considerazioni espresse dalla Corte costituzionale con la sentenza n.353 del 1996, dopo averle rilette alla luce dei nuovi princìpi del giusto processo introdotti all'articolo 111 della Costituzione e segnatamente di quello che impone alla legge di assicurare la ragionevole durata del processo.
        Come noto, con la decisione richiamata la Corte ha dichiarato l'incostituzionalità dell'articolo 47, primo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui fa divieto al giudice di pronunciare la sentenza fino a che non sia intervenuta l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di rimessione. Occorre interpretare tale pronuncia alla luce del nuovo articolo 111 della Costituzione in tema di giusto processo. Questo dettato deve indubbiamente ispirare l'intervento del legislatore che, nell'introdurre istituti o nel riformare quelli esistenti, è tenuto a garantire la loro economicità processuale. In generale, sembrerebbero contrastare con tale principio tutte quelle disposizioni di legge capaci di provocare una stasi del procedimento, pregiudicando la sua rapida definizione, se non giustificate da esigenze di acquisizione della prova, di concessione di termini a difesa o di tutela di altri princìpi costituzionali più meritevoli. Con riferimento all'istituto della rimessione, in particolare, la paralisi del procedimento alle soglie della sentenza in attesa della decisione della Corte di cassazione determinerebbe, in caso di rigetto della richiesta di remissione, un irragionevole allungamento della durata del processo contrario all'articolo 111 della Costituzione.
        La proposta di legge, quindi, è nel senso di consentire al giudice di merito, in pendenza della richiesta di rimessione, di valutarne non solo l'ammissibilità ma anche la fondatezza, sia essa la prima o una successiva, al fine di decidere se pronunciare la sentenza o disporre la sospensione del processo dopo la chiusura del dibattimento.
        Una tale disciplina non contrasta con l'altro principio costituzionale di cui al primo periodo del secondo comma dell'articolo 111 della Costituzione, in base al quale ogni processo si svolge davanti ad un giudice terzo ed imparziale. Infatti, da un lato, terzietà, imparzialità e, quindi, libertà di convincimento del giudice, si devono presumere fino a che non ci sia una decisione che accerti il contrario e, dall'altro, il principio può essere garantito attraverso l'attribuzione al giudice di merito o alla Corte di cassazione del potere di sospendere il processo.
        Occorre, poi, una modifica all'articolo 48 del codice di procedura penale al fine di inserire la previsione della nullità della sentenza emessa in pendenza della richiesta di rimessione e delle misure cautelari eventualmente adottate in occasione del suo pronunciamento, in caso di accoglimento della richiesta da parte della Corte di cassazione. Ciò in conformità al principio di tassatività delle nullità previsto all'articolo 177 del medesimo codice di procedura penale.
        Infine, per garantire l'esigenza di giustizia e di punizione del colpevole, è opportuno introdurre delle ipotesi di sospensione del corso della prescrizione nei casi di stasi del procedimento, determinati dalla presentazione della richiesta di rimessione.




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