XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 2999




        Onorevoli Colleghi! -Numerosi cittadini si sono rivolti e si stanno rivolgendo alle associazioni dei consumatori per lamentare l'illecita applicazione dell'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) praticata alle famiglie dalle aziende erogatrici di gas metano.
        La normativa è disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, al n. 127-bis della parte III della tabella A allegata al decreto, e successive modificazioni, e stabilisce che l'aliquota IVA applicabile alle forniture di gas metano è del 10 per cento per quanto riguarda la somministrazione di gas metano usato come combustibile per usi domestici di cottura cibi e per la produzione di acqua calda.
        In realtà su tutto il territorio nazionale numerose aziende erogatrici di gas metano applicano, nei contratti di fornitura alla cittadinanza, contratti stipulati in assenza di reale concorrenza in quanto la rete è unica, un'aliquota IVA del 20 per cento sull'utilizzo di gas metano.
        Questo si ripercuote inevitabilmente sui costi delle famiglie ed in particolar modo per gli abitanti in aree climaticamente particolari, caratterizzate da inverni lunghi e rigidi.
        Inoltre, va ricordato che l'IVA viene calcolata sull'intero importo fatturato in bolletta, comprensivo delle imposte di consumo, quali l'imposta erariale di consumo, facendo in modo che sul cittadino vengano a gravare imposte quanto mai inique e vessatorie e che si concretano in ogni caso in una doppia imposizione fiscale.
        Per quanto riguarda l'interpretazione del concetto di "uso domestico" con la circolare n. 82/E del 7 aprile 1999 del Ministero delle finanze si è ribadito che esso si realizza nelle somministrazioni rese nei confronti di soggetti che, quali consumatori finali, impiegano il gas o l'energia elettrica, il calore-energia nella propria abitazione, a carattere familiare o collettivo, e non utilizzano i citati prodotti nell'esercizio di imprese o per effettuare prestazioni di servizi, rilevanti ai fini IVA, anche se in regime di esenzione. Il Ministero delle finanze chiarisce, in altre parole, come il concetto di "uso domestico" sia inerente al complesso dei consumi di gas realizzati in ambito domestico.
        Con la sentenza n. 142 del 1993 la Corte costituzionale ha affermato che "il regime tariffario e di imposta non è legato alla modalità di concreta fruizione del servizio ma al tipo di utenza e di impianto che è unico e non stagionale".
        Di qui le proteste del cittadini e gli interventi dei giudici di pace e dei difensori civici in tutto il territorio nazionale.
        Infine, siamo a conoscenza del fatto che l'Autorità garante dell'energia e del gas ha abolito la tipologia dei contratti domestici finora classificati in T1 (solo cucina e acqua calda) e T2 (riscaldamento individuale). In tal modo, i contratti e le relative tariffe saranno correlate a fasce di consumo indipendentemente dall'uso.
        Per questo si ritiene indispensabile un intervento del Parlamento finalizzato a rimettere ordine in una materia delicata anche dal punto di vista della rilevanza per i suoi riflessi inflazionistici sulle tasche degli utenti come conseguenza diretta della aleatorietà dei prezzi dei prodotti petroliferi legati a variabili internazionali.
        Ci auguriamo che il Parlamento voglia affrontare nel più breve tempo possibile il problema oggetto della presente proposta di legge per porre fine ad una iniquità che penalizza i cittadini utenti.




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