XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 2867
Onorevoli Colleghi! - La preoccupante situazione delle
duecentociquantasette carceri italiane coinvolge oltre
cinquantasettemila detenuti (che attendono un processo o
scontano una condanna) affidati a operatori del settore,
esperti della giustizia, istituzioni, enti e organizzazioni di
volontariato che si impegnano per dare un senso all'esistenza
all'interno degli istituti penitenziari.
La legislazione penitenziaria degli ultimi trent'anni,
particolarmente attenta al senso di umanità cui deve ispirarsi
la custodia delle persone ristrette, indica gli strumenti per
la rieducazione e risocializzazione delle persone
definitivamente condannate.
Le coeve vicende ed emergenze della vita nazionale hanno
inevitabilmente mutato l'originaria fisionomia della legge
sull'ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354)
adattandone il testo alle diverse e talvolta contrastanti
necessità. Emblematici al riguardo la cosiddetta legge
"Gozzini" (legge 10 ottobre 1986, n. 663), i cui istituti sono
in linea con i princìpi ispiratori della riforma
penitenziaria, e per converso quei provvedimenti che appaiono
a prima vista contraddittori con la stessa filosofia della
legge del 1975, dettati dalla esigenza di contrastare la
criminalità organizzata ed il terrorismo.
Nel frattempo, i ripetuti interventi della Corte
costituzionale su questioni carcerarie, l'entrata in vigore di
normative e direttive europee, le risoluzioni delle Nazioni
Unite e l'istituzione del Corpo di polizia penitenziaria, il
cui personale rappresenta la principale risorsa quantitativa
nei luoghi di detenzione, hanno contribuito all'emanazione del
regolamento sull'ordinamento penitenziario, di cui al decreto
del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000.
Operatori ed utenti sono i principali destinatari di
questo importante testo normativo, attuato in modo parziale a
causa di difficoltà di natura organizzativa e strutturale che
compromettono il regolare funzionamento dell'intero sistema
penitenziario, oggi al tracollo.
Le precarie condizioni igienico-sanitarie dei luoghi di
detenzione mettono a repentaglio la salute di chi vi lavora o
vive; la fatiscenza degli ambienti, soprattutto nelle carceri
metropolitane, e la promiscuità tra i reclusi, dovuta alla
mancata realizzazione dei circuiti detentivi differenziati,
rendono il nostro sistema detentivo controproducente ed
incapace di vincere le prepotenze, i ricatti e gli abusi che
alcuni reclusi perpetrano nei confronti dei loro compagni più
deboli.
Si prospetta, quindi, la indifferibile necessità di
elevare la funzionalità del Dipartimento dell'amministrazione
penitenziaria, dotandolo di strumenti organizzativi che lo
rendano efficiente e in grado di garantire una razionale
distribuzione delle risorse di cui dispone.
Il perseguimento di tale obiettivo non può prescindere da
una più adeguata organizzazione del Corpo di polizia
penitenziaria, all'interno del quale è opportuno inserire in
modo armonico ed efficace il personale appartenente al ruolo
direttivo, ordinario e speciale, di cui al decreto legislativo
n. 146 del 2000.
Per quel che riguarda la funzione istituzionale del Corpo
di polizia penitenziaria, i cui uomini rappresentano la
principale risorsa del settore, esso attende a specifici
compiti rispetto alle altre Forze di polizia che svolgono nei
relativi settori d'intervento - urbano, finanziario ed
ambientale - attività di prevenzione e repressione dei
reati.
La peculiarità della polizia penitenziaria è dovuta
principalmente al contatto diretto con i reclusi che non si
esaurisce in una mera attività di custodia, ma dovrebbe
tradursi in una concreta partecipazione alle attività di
trattamento e rieducazione dei condannati.
Si tratta quindi di un compito delicato che si raccorda a
quello di altre qualificate professionalità che con il loro
impegno cercano di redimere chi delinque, per salvaguardare la
sicurezza dei cittadini.
Occorre perciò garantire una piena funzionalità del Corpo
di polizia penitenziaria, le cui attività vanno svincolate da
farraginosi passaggi burocratici.
I servizi della polizia penitenziaria, l'approvigionamento
di beni e di supporti logistici, l'organizzazione delle
attività formative, il reclutamento, la gestione
amministrativo-contabile, la distribuzione delle risorse e
tutte le attività inerenti al Corpo andrebbero ricondotti ad
un'unica entità gestionale.
La presente proposta di legge intende istituire, secondo
le modalità che nel dettaglio si andranno ad esplicitare, una
Direzione generale del Corpo di polizia penitenziaria a
livello centrale e una serie di articolazioni periferiche in
ambito regionale, in modo da garantire l'economia,
l'efficienza e la speditezza dei servizi di custodia,
adeguandoli alle effettive esigenze di sicurezza.
L'approvazione della presente proposta di legge non
implica alcun onere aggiuntivo rispetto agli attuali
stanziamenti di bilancio destinati alla polizia penitenziaria,
allo stato, ripartiti tra vari uffici ministeriali,
agevolmente riconducibili ad un'unica entità.
Per quel che riguarda i singoli articoli se ne illustra di
seguito il relativo contenuto.
L'articolo 1 prevede l'istituzione della Direzione
generale del Corpo di polizia penitenziaria, in seno al
Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per
raggruppare, secondo criteri di omogeneità, tutte le attività
ed i servizi demandati alla principale risorsa operativa del
sistema penitenziario, evitando passaggi di competenze tra i
vari uffici dipartimentali.
Un siffatto assetto organizzativo è del resto in sintonia
con la ratio della riforma del Corpo all'interno del
quale il decreto legislativo n. 146 del 2000 ha previsto
l'istituzione dei ruoli direttivi e dirigenziali. Rispetto a
tale innovazione è necessario contemplare l'armonico
inserimento dei commissari nell'ordinamento della polizia
penitenziaria, per fornire una precisa identità a tutti gli
operatori interessati ed evitare meri adattamenti alla
normativa del 1990.
L'articolo 2 stabilisce le modalità di reclutamento del
dirigente generale da preporre alla Direzione generale del
Corpo, senza determinare variazioni rispetto a quelle già
previste per gli uffici dipartimentali equiordinati (comma 1).
In via transitoria è stato previsto che alla predetta
Direzione possa essere preposto un dirigente generale
dell'Amministrazione penitenziaria (comma 2) poiché la
disponibilità dei dirigenti del Corpo è subordinata alla
progressione in carriera del personale direttivo che, ai sensi
del decreto legislativo n. 146 del 2000, dovrà essere
assunto.
L'articolo 3 fissa le competenze della Direzione generale
del Corpo di polizia penitenziaria che sono state individuate
con il precipuo scopo, da un punto di vista efficientistico,
di rendere compatibile il Dipartimento dell'amministrazione
penitenziaria, ancorato per alcuni versi alla struttura della
dismessa Direzione generale degli istituti di prevenzione e
pena, con le trasformazioni nel frattempo avvenute all'interno
del corpus normativo di diritto amministrativo e,
soprattutto, del sistema penitenziario.
Per quanto riguarda il ricorso alla delega legislativa, si
ritiene che questa sia imposta dalla complessità della materia
e dalle peculiari cognizioni tecniche che contraddistinguono
il settore.
I princìpi ed i criteri direttivi cui il Governo dovrà
attenersi nel predisporre i decreti legislativi consentiranno,
attraverso la precisa individuazione dei compiti della
indicata Direzione generale del Corpo, di valorizzare e
rendere efficienti le attività che costituiscono il dato
qualificante dei servizi istituzionali, riferiti anche
all'esecuzione della pena all'esterno degli istituti
penitenziari.
L'articolo 4 indica i ruoli del personale e i doveri di
subordinazione, per adeguare l'intero assetto gerarchico alle
sopravvenute disposizioni normative - in particolare del
decreto legislativo n. 146 del 2000 - ed evitare duplicazioni
funzionali nell'organizzazione dei servizi all'interno di
ciascun contesto operativo.
L'articolo 5 vuole evitare che le risorse umane del Corpo
vengano destinate a compiti che esulano dai servizi
istituzionali.
Infine, per quanto riguarda la copertura finanziaria si
ritiene che, non occorrano ulteriori stanziamenti di bilancio
rispetto a quelli già previsti per il Dipartimento
dell'amministrazione penitenziaria.