XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 2800
Onorevoli Colleghi! - Un sottile filo unisce Ippocrate
(460 avanti Cristo) a Galeno (129-201 dopo Cristo), a
Teofrasto Bombast von Hohnenheim, detto "Paracelso"
(1439-1541), a Christian Samuel Friedrich Hahnemann
(1789-1845), il fondatore dell'omeopatia.
Questo sottile filo che unisce più di duemila anni di
storia dell'umanità si coagula nel principio dei simili, il
cardine dell'omeopatia.
Grave errore sarebbe pensare che la scoperta hahnemanniana
della legge di similitudine sia figlia di una circostanza
accidentale o il risultato di un evento occasionale, ancorché
frutti, entrambi, dell'intuizione di un medico geniale.
Insomma, l'omeopatia è vecchia quanto il mondo, essa si
nutre di un principio universale, naturale: "similia
similibus curentur", i simili si curino con i simili.
Tracce della legge dei simili si trovano nel papiro di
Ebers (1500 avanti Cristo) e più o meno nello stesso periodo
indiani e cinesi curavano i malati con rimedi naturali che
nell'uomo sano erano in grado di provocare un quadro
sintomatologico simile a quello che guarivano nell'ammalato.
Certo, si trattava di un simile "magico", ben diverso dal
simile "ippocratico", frutto dell'osservazione della
"physis" della natura, secondo cui molti dei fenomeni della
malattia non sono altro che tentativi di guarigione; dunque
perché non imitarli? Certamente ancora diverso dal simile
"teorico" (come è detto quello di Galeno), fondato
sull'arbitrio con cui venivano stabilite le qualità dei rimedi
e la natura delle malattie, o dal simile di Paracelso, ancora
impregnato di alchimia e di magia.
E quanta strada percorsa su quel sottile filo rosso fino
ad arrivare al simile "scientifico" di Hahnemann, il primo
sperimentatore moderno della storia della medicina. E' a lui
che si deve il suffragio sperimentale del principio dei simili
e la sua sistematizzazione: una inconfutabile constatazione
che emerge dalla descrizione della sperimentazione
patogenetica, vale a dire la registrazione, minuziosa,
precisa, attenta, in una parola, scientifica, dei sintomi
provocati nell'uomo sano da sostanze velenose.
Nella storia del pensiero medico occidentale Hahnemann è
il primo medico che applica all'uomo sano il principio
galileiano di osservare attentamente ciascun fenomeno
naturale, risalire, attraverso l'osservazione di più fenomeni,
alla ricerca della legge naturale che li governa, e infine
riprodurne il fenomeno seguendo la legge che lo ha
prodotto.
E' il primo medico che adotta il periodo di quarantena
nelle epidemie di colera e separa i malati da quelli non
ancora contagiati. E' il primo che considera l'ammalato nella
sua globalità di mente, corpo e ambiente; è il primo che pone
l'attenzione sui sintomi etiologici; è il primo che si batte
per condizioni più umane per i malati di mente. Prima di lui
nessun medico aveva osato spingersi così avanti; la medicina
occidentale stava vivendo gli ultimi scampoli del suo
Medioevo: salassi, vomito, purghe e digiuno rappresentavano
ancora la roccaforte terapeutica tradizionale. A dominare il
pensiero medico dell'epoca era la convinzione che il male
dovesse essere estratto dal corpo facendolo fuoriuscire
attraverso i suoi liquidi (con il risultato che la maggior
parte dei pazienti moriva per disidratazione o collasso
cardiocircolatorio). Come si può intuire i risultati non erano
esaltanti: l'aspettativa di vita non superava i cinquanta anni
e più del 50 per cento dei bambini nati vivi moriva entro i
primi due anni.
Non era certamente migliore la situazione sul versante
diagnostico: i primi, rudimentali e inaffidabili termometri
compariranno, grazie a De Reamur, solo nella seconda metà del
settecento, e sempre di quell'epoca sono i primi manometri di
De Hales.
Eppure Hahnemann fu perseguitato e ferocemente osteggiato
dalla classe medica imperante, nonostante egli offrisse ai
suoi contemporanei un nuovo mondo terapeutico, con una diversa
concezione della medicina, ma soprattutto con nuovi medicinali
più sicuri ed efficaci.
L'applicazione di questa nuova metodica terapeutica era
però più complessa e presupponeva un lungo studio, un attento
esame del paziente e una scrupolosa sintesi dei dati clinici.
Scaturì una spontanea reazione da parte dei medici che si
opponevano ad abbandonare le comode, ancorché inutili,
pratiche terapeutiche, a favore di un sistema più complesso
che li obbligava a nuovi studi e ad un accurato esame di ogni
malato. E' facile comprendere come l'opera di Hahnemann fu
oggetto di diatribe e di accese discussioni che, purtroppo,
durano tutt'ora.
E pensare che più o meno in quegli anni, in tutta Europa,
pur senza saperlo si parlava la stessa lingua di Hahnemann;
già nel XVII secolo il medico italiano Fioravanti scriveva:
"non sempre le cose sono curate dal loro contrario. Io ho
spesso visto che gli umori calidi scompaiono con umori calidi
ed i frigidi con i frigidi e molte qualità di infermità con i
propri simili". Molti storici inoltre vedono nella pratica
della vaiolizzazione alla Jenner una brillante applicazione
del principio di similitudine, seppur usato a scopo preventivo
più che curativo.
La storia dell'omeopatia, dunque, è lastricata di
attacchi, di difficoltà, di cadute; ma ogni volta l'omeopatia
ha fatto fronte a tutte le difficoltà, più forte di prima;
ogni volta con più discepoli, con più malati guariti.
In duecento anni di storia la medicina omeopatica si è
molto sviluppata in Europa, Asia, Nord e Sud America, e in
parte anche in Africa ed Oceania.
D'altronde quando un'idea è giusta nessuno la può fermare
e quindi, nonostante la difficoltà di accettazione scientifica
(soprattutto in passato) dei concetti di similitudine, di
diluizione e dinamizzazione, di globalità ed individualità, i
successi terapeutici, anche in patologie refrattarie alla
terapia farmacologia classica, sono stati molto vari e così
numerosi da permettere una diffusione capillare delle teorie
hahnemanniane nel consesso medico internazionale.
Oggi l'omeopatia, soprattutto in Italia, vive un nuovo
Rinascimento, ma anche nel nostro Paese, la medicina di
Hahnemann non ha sempre avuto vita facile.
La diffusione dell'omeopatia in Italia avvenne al seguito
delle truppe austriache (l'Austria fu il primo Paese in cui si
diffuse l'omeopatia direttamente dalla Germania; dopo
l'Austria essa arrivò in Italia e successivamente in Francia,
in Inghilterra, in Asia e nelle Americhe), chiamate nel 1821
dal re Ferdinando I a seguito delle sommosse avvenute nel
Regno di Napoli. L'omeopatia era già profondamente affermata e
diffusa fra i medici militari dell'armata austriaca che
all'epoca presidiavano il nord Italia. Molti dei medici
militari al seguito dell'armata comandata dal generale barone
Koller praticavano l'omeopatia apertamente ed ufficialmente,
favoriti anche dal fatto che il dottor Merenzeller, medico in
capo delle armate austriache, era un omeopata e che Carlo
Filippo, principe di Schwarzenberg, feld-maresciallo
austriaco, era stato paziente di Hahnemann.
Agli esordi (1822-1830) lo sviluppo dell'omeopatia in
Italia fu decisamente difficile.
Un importante motivo di reazione contro la "nuova
medicina" era dovuto all'odio radicato contro l'invasore:
tutto ciò che portava la marca asburgica era sistematicamente
boicottato sia dalla classe intellettuale che dalla
popolazione. La stessa sorte toccò anche all'omeopatia in
quanto prerogativa delle odiate truppe di occupazione: fu per
questo motivo che furono taciuti i numerosi successi che
l'omeopatia riscuoteva.
Per spezzare ogni preconcetto fu necessario un evento
straordinario che fece grande scalpore e portò l'omeopatia
alla ribalta: la guarigione del maresciallo Radetzky.
Il maresciallo era affetto da un tumore all'occhio destro
che i più insigni medici specialisti di Milano e Pavia avevano
rinunciato a curare. Il professor Jaeger, il più eminente
oculista della Corte d'Austria fu mandato dall'Imperatore
presso l'illustre malato, ma senza risultato: la sua diagnosi
e la sua prognosi furono infauste. Fu allora che Radetzky,
abbandonato al suo destino, si rivolse all'omeopatia. Così
avvenne che il dottor Hartung lo guarì radicalmente in sei
settimane.
Il dottor Varlez, membro dell'Accademia reale di medicina
di Bruxelles, incredulo di fronte alla guarigione, ricevette
dallo stesso Radetzky la seguente lettera autografa: "Signore,
è con piacere e riconoscenza che dichiaro che è a M. Hartung,
medico omeopatico, che sono debitore della guarigione di una
malattia gravissima all'occhio. Trovandomi già abbandonato
dagli altri medici è all'omeopatia che debbo la vista, oltre
che la vita (...)".
Il dottor Hartung divenne famoso in tutta Milano e con lui
l'omeopatia.
Tuttavia, l'evento fu presto dimenticato dagli storici
dell'epoca, in quanto i patrioti italiani cercavano di
sottacere tutto ciò che riguardava l'oppressore, a maggior
ragione i successi. In Germania e nel resto d'Europa, invece,
il "caso Radetzky" ebbe ampia risonanza, e molto fu scritto in
onore e a maggior fama della nuova medicina.
Tra i medici militari tedeschi fu il dottor Necker di
Melnik quello che più contribuì alla diffusione dell'omeopatia
in Italia: egli aprì a Napoli un dispensario e attorno a lui
si coagularono quei discepoli che poi saranno i principali
artefici della storia dell'omeopatia in Italia, i dottori
Cosmo de Horantiis, Francesco Romani e Giuseppe Mauro.
Apertamente favorita dai Borboni, dal 1830 al 1860
l'omeopatia conosce in Italia un grande periodo di diffusione
e di splendore. Nel 1834 si contavano in Italia almeno
cinquecento medici omeopati, un numero enorme per l'epoca,
soprattutto tenendo presente che l'omeopatia era diffusa in
pochissime regioni (Campania, Sicilia, Lazio ed Umbria).
Di pari passo anche in Europa l'omeopatia si diffonde
supportata da successi strepitosi su illustri pazienti come
Beethoven, Bismarck, Chopin, Madame Curie, Darwin,
Gioberti, Giolitti, Hufeland, Lombroso, Mazzini, Rosmini,
Roosvelt, e i Papi Gregorio XVI, Leone XII, Leone XIII, Pio
VIII, Pio IX e Pio X, solo per citare i più noti (nel 1841,
Papa Gregorio XVI concede il diritto ai medici omeopati di
distribuire gratuitamente i medicinali omeopatici, rendendo
nulle le vessatorie disposizioni delle municipalità di Bologna
e di Roma, che invece li proibivano. Sempre Gregorio XVI, con
una bolla concede agli ecclesiastici il diritto di
somministrare rimedi omeopatici in casi urgenti, anche in
assenza del medico. Nel 1848, Pio IX nomina il professor
Ettore Mengozzi, medico omeopata, alla cattedra di filosofia
della natura all'università di Roma. Più tardi, Papa Leone
XIII, curato e guarito dal dottor Talianini, medico omeopata,
chiamerà sempre a consulto l'insigne clinico, ogniqualvolta
cada in malattia. Infine, nel 1947, Papa Pio XII nomina il
dottor Galeazzo-Lisi archiatra pontificio, per i servigi resi
attraverso la medicina omeopatica).
Gli echi dei successi dell'omeopatia conquistano la
vecchia Europa: nel 1831, a seguito di un'epidemia di colera,
l'omeopatia riporta dati di decessi nell'ordine del 4 per
cento contro il 59 per cento delle cure allopatiche. Nel 1854,
durante un'altra epidemia, sempre di colera, che colpì
disastrosamente Londra, la Camera dei comuni rende noto che
negli ospedali omeopatici la percentuale di decessi è del 16,4
per cento contro il 59,2 per cento degli ospedali
convenzionali.
In Germania, patria di Hahnemann (che nacque a Meissen, in
Sassonia, il 10 aprile 1755) l'omeopatia da subito palpitò con
vigore, innescando dispute e discussioni e generando grandi
omeopati come Jahr, discepolo di Hahnemann, von
Boenninghausen, amico personale del Maestro, Muller,
considerato il miglior omeopata tedesco, Griesselich, che
tentò di fondere le teorie hahnemanniane con le conoscenze di
fisiologia, anatomia, patologia e chimica, fino a Reckeweg,
che nel 1952 con la sua "teoria delle vicariazioni" inaugura
una nuova era dell'omeopatia tedesca, l'omotossicologia, un
ponte tra l'allopatia e l'omeopatia.
Oggi in Germania il titolo di omeopata è legale e viene
conseguito con una formazione post-lauream. Il 30 per
cento della popolazione tedesca si cura abitualmente e
stabilmente con l'omeopatia.
In Inghilterra l'omeopatia fu introdotta da F.H.F. Quin
(1799-1878), medico dapprima della duchessa di Devonshire poi
del principe Leopoldo di Saxecobourg, futuro re del Belgio.
A Koeten, Quin conobbe Hahnemann e tradusse il suo
Organon dell'arte del guarire.
Sempre a Quin si deve, nel 1849, la fondazione a Londra
del primo ospedale omeopatico d'Europa che, nel 1948, grazie a
sir John Weir, medico della Corona, divenne il Royal
Homeopathic Hospital.
Grande impulso allo sviluppo dell'omeopatia in Inghilterra
fu dato da Paul Curie, nonno di Pierre, che esercitò la
professione di omeopata e creò dapprima il dispensario e
successivamente fondò l'ospedale Hahnemann e la prima "Società
omeopatica inglese".
In Francia l'omeopatia si diffonde anche per i meriti di
un medico italiano, Francesco Romani, napoletano, allievo di
Necker di Melnik, il quale curò con grande successo la moglie
del conte De Guidi (esule napoletano, divenuto cittadino
francese), anch'egli medico; questi si appassionò al nuovo
metodo di cura, conobbe personalmente Hahnemann e, al suo
rientro a Lione nel 1830, divenne il primo medico omeopata di
Francia, esercitando la professione fino alla morte giunta
all'età di novantaquattro anni.
Le spoglie di Hahnemann sono custodite a Parigi, nel
cimitero monumentale Pere Lachaise, in cui riposa dal
1843, anno della sua morte.
Fuori dall'Europa, negli Stati Uniti, l'introduzione del
pensiero omeopatico si deve ad un medico sassone, C. Hering,
allievo di Hahnemann. Questi, trasferitosi a Philadelphia,
fondò un'Accademia omeopatica e l'Hahnemann Medical
College. Con James Tyler Kent sono stati i due più luminosi
artefici dell'omeopatia nel nuovo mondo.
Ma torniamo all'Italia. Verso la metà del 1800 cominciano
a intravedersi i segnali di un declino dell'omeopatia.
Legatasi alle gerarchie ecclesiastiche, che in quel
periodo favorivano tutti i movimenti culturali che in qualche
misura si contrapponevano al materialismo illuminista,
l'omeopatia pagherà a caro prezzo gli eventi storici che
porteranno all'unità d'Italia e al declino del potere
temporale dei Papi.
Al tramonto dell'omeopatia contribuirono nello stesso
periodo gli indiscutibili successi scientifici e clinici
ottenuti dalla neonata microbiologia e dalle scoperte di
Pasteur e di Koch che, anche filosoficamente, sembravano di
nuovo semplificare l'etiologia delle diverse malattie: "(...)
la causa risiede fuori di noi e deve essere rimossa per
poterla sconfiggere". Quanta distanza dal concetto di energia
vitale proprio della dottrina omeopatica!
Solo grazie all'encomiabile lavoro di poche famiglie
(Cigliano, Mattoli, Cenerelli, Gaiter) che da decenni la
praticavano e ne custodivano i princìpi, l'omeopatia ha
continuato a vivere anche nel XX secolo.
Negli ultimi quarant'anni si è nuovamente assistito ad un
rifiorire di interesse e di pratica della medicina di
Hahnemann.
Oggi, 5 milioni di italiani (secondo l'indagine ISTAT del
2001), si curano con l'omeopatia. 8.000 farmacie (a fronte
delle 16.000 farmacie esistenti) sono fornite di medicinali
omeopatici.
I medici, generici e specialisti, che prescrivono con
successo i medicinali omeopatici sono circa 20.000. Il
fatturato dell'industria nel 2001 è stato di 262 miliardi di
lire (nel 1981 il fatturato era di 4 miliardi, nel 1991 era di
65 miliardi).
Questa crescita tumultuosa si può spiegare solo con il
fatto che la medicina omeopatica ottiene risultati
terapeutici, per di più senza generare gli effetti collaterali
tipici della medicina convenzionale. Se poi si pensa che, a
differenza di altri Paesi dell'Unione europea, in Italia non
esistono insegnamenti di omeopatia a livello universitario, i
medicinali omeopatici non sono rimborsati dal Servizio
sanitario nazionale ed è vietata ogni forma di pubblicità, si
evince che ci troviamo di fronte ad una reale esigenza dei
cittadini, medici e pazienti, che è tuttora ingiustamente
repressa e che attende di potersi manifestare pienamente.
La normativa vigente e le sue carenze.
Nel 1992 la Unione europea emana la direttiva sui
medicinali omeopatici (92/73/CEE del Consiglio del 22
settembre 1992).
Nel 1994 il Parlamento emana la legge n. 146 del 1994 di
recepimento della citata direttiva CEE.
Nel 1995 viene emanato il decreto legislativo di
attuazione della direttiva 92/73/CEE, n. 185 del 1995, le cui
norme transitorie vengono più volte prorogate, per permettere
la permanenza sul mercato dei medicinali omeopatici già
esistenti. Infatti la mancata messa a punto delle norme
attuative, in contrasto con la stessa legge n. 146 del 1994,
nonché l'inadeguatezza di base dell'impianto del decreto
legislativo n. 185 del 1995, hanno costretto il Parlamento di
volta in volta a prendere dei "provvedimenti tampone", allo
scopo di procrastinare la data di entrata in vigore delle
norme definitive in materia.
Con la legge finanziaria del 2001, legge n. 388 del 2000,
articolo 85, commi 32, 33 e 34, vengono introdotti una serie
di appropriati correttivi che se non altro, almeno
teoricamente, garantiscono fino al 2008 la permanenza sul
mercato di tutti i prodotti esistenti sul mercato italiano al
6 giugno 1995. Infatti alla scadenza del 31 dicembre 2003, in
sede di primo rinnovo, ai suddetti medicinali si applica
automaticamente la procedura semplificata di registrazione.
La normativa sulla omeopatia è peraltro fortemente
condizionata dal fatto che il decreto legislativo n. 185 del
1995 prevede espressamente che i medicinali omeopatici
rientrino nella normativa generale sui farmaci prevista dal
decreto legislativo n. 178 del 1991 e dalle disposizioni
successive emanate in materia. E poiché la specificità dei
medicinali omeopatici non è assimilabile a quella dei farmaci
convenzionali, i medicinali omeopatici si trovano spesso nella
impossibilità di soddisfare quanto richiesto dalla normativa
generale sul farmaco (ad esempio: le norme sulla pubblicità,
l'esportazione, i requisiti richiesti per la produzione, il
prontuario farmaceutico nazionale, la registrazione di nuovi
prodotti, la sperimentazione, eccetera).
Nel 1992 la Comunità europea ha emanato anche una
direttiva sui medicinali omeopatici ad uso veterinario
(92/74/CEE del Consiglio, del 22 settembre 1992) recepita con
il decreto legislativo n. 110 del 1995. Ma a tutt'oggi non
sono state emanate le norme attuative.
Nel 2001 è stato emanato il regolamento di cui al decreto
del Presidente della Repubblica n. 290 del 2001, che
all'articolo 38, commi 4, 5 e 6, fornisce utili disposizioni
particolari per la registrazione di nuovi medicinali
omeopatici per il trattamento di animali produttori di
alimenti per l'uomo e per l'estensione dell'utilizzo in
veterinaria dei prodotti omeopatici già notificati ad uso
umano.
Le problematiche da risolvere.
In relazione alla professione medica.
Per molto tempo i medici omeopati hanno sofferto di un
diffuso ostracismo da parte dei colleghi convenzionali, da
parte degli Ordini dei medici chirurghi e all'interno delle
strutture pubbliche.
Recentemente, però, il 17 maggio 2002, il Consiglio
nazionale della Federazione nazionale degli Ordini dei medici
chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO) ha approvato le linee
guida su "Le Medicine e le pratiche non convenzionali"
riconoscendo nove discipline, il cui esercizio è da ritenere a
tutti gli effetti atto medico.
Pur non essendo argomento della presente proposta di
legge, che invece vuole occuparsi in modo selettivo della
regolamentazione specifica dei medicinali omeopatici, è
auspicabile che il Parlamento faccia proprie le
raccomandazioni della FNOMCeO che "chiede con forza un urgente
e indifferibile intervento legislativo del Parlamento al fine
della approvazione di una normativa specifica concernente le
Medicine e le pratiche non convenzionali" per quanto riguarda
i risvolti relativi all'esercizio della professione medica in
queste discipline.
In relazione alla produzione.
All'interno del Ministero della salute mancano delle linee
guida "specifiche" per la produzione omeopatica, né esistono
parametri oggettivi o univoci per valutare gli standard
delle officine di produzione. Questo stato di fatto genera
una situazione di caos e di costante incertezza sia da parte
dei funzionari ministeriali che da parte dei produttori.
Addirittura esistono aziende autorizzate e aziende che
producono senza autorizzazione.
Nuove registrazioni.
Il Ministero della salute non ha ancora previsto la
possibilità di registrazione di nuovi farmaci omeopatici.
Pertanto i farmaci attualmente in commercio sono solo quelli
che erano presenti alla data del 6 giugno 1995. E' evidente
che questa situazione impedisce la naturale evoluzione di un
settore estremamente dinamico.
Modifiche ai medicinali omeopatici esistenti.
Il decreto legislativo n. 185 del 1995 autorizza i
medicinali omeopatici presenti alla data del 6 giugno 1995 a
rimanere sul mercato "con la medesima presentazione". Nel
frattempo è ovvio che siano emerse necessità produttive che
richiedono variazioni tecniche. La interpretazione restrittiva
della norma vigente impedisce anche le più banali
variazioni.
Esportazione.
Il Ministero della salute, inspiegabilmente, non ha
ancora rilasciato alle aziende omeopatiche i certificati di
libera vendita, indispensabili per effettuare esportazioni in
quasi tutti i Paesi del mondo. Questo atteggiamento, un vero e
proprio protezionismo alla rovescia, penalizza gravemente le
aziende italiane che hanno invece ampie possibilità di vendita
all'estero a vantaggio di concorrenti stranieri ovviamente ben
assistiti dalle rispettive autorità sanitarie dei loro
Paesi.
Produzione di medicinali omeopatici magistrali
(estemporanei).
Le aziende ritengono che sia necessario un intervento di
tipo normativo per consentire ai laboratori italiani di
produrre formulazioni omeopatiche magistrali. Tali
preparazioni, allo stato attuale, sono riservate alla
preparazione in farmacia.
Propaganda medica.
La legge (decreto legislativo n. 541 del 1992) prevede
che si possano utilizzare esclusivamente i dati e gli studi
presenti nel dossier di registrazione dei medicinali.
Poiché i dossier di registrazione dei medicinali
omeopatici si limitano alle caratteristiche tecniche,
diventerebbe impossibile far conoscere le caratteristiche
terapeutiche degli stessi medicinali. D'altra parte, il
settore è già sufficientemente penalizzato in quanto è
espressamente vietata la pubblicità dei medicinali
omeopatici.
Immissione in commercio di medicinali omeopatici non
autorizzati.
Allo stato attuale manca una lista ufficiale dei
medicinali omeopatici notificati o registrati e ciò implica la
possibilità di abusi non controllabili né verificabili in
tempi brevi.
In relazione alle aspettative dei consumatori.
Ovviamente, le richieste maggiori riguardano l'inserimento
dei medicinali omeopatici e delle visite omeopatiche
all'interno del Servizio sanitario nazionale.
Numerose lamentele si riferiscono anche al divieto
normativo di fornire sulle confezioni indicazioni
terapeutiche, posologia e modalità d'uso.
Inoltre gli utenti vorrebbero poter facilmente
individuare, anche tra i medici di base, medici esperti in
medicina omeopatica.
Le prospettive.
Il settore, pur in presenza delle gravissime limitazioni
che emergono da quanto evidenziato, continua ad avere uno
sviluppo incessante. E' evidente che è un settore con delle
potenzialità ancora non espresse, che se venissero sostenute
anziché penalizzate, potrebbe dare un contributo non
trascurabile a favore dello sviluppo dell'industria italiana,
della occupazione qualificata e della esportazione.
Inoltre, sostenere il settore dell'omeopatia significa
anche rispondere ad esigenze concrete da parte dei cittadini
che, sempre più numerosi, chiedono di essere curati con
medicinali che, come è tipico dei medicinali omeopatici, a
parità di efficacia terapeutica non abbiano effetti
collaterali.
Se non verrà in tempi brevi, un segnale positivo da parte
del Parlamento, si rischia una frattura pericolosa tra
cittadini e istituzioni, in termini di credibilità e di
rispondenza alle aspettative.
Conclusioni.
A seguito del recepimento, con il citato decreto
legislativo n. 185 del 1995, della direttiva 92/73/CEE,
l'omeopatia ha avuto in Italia un riconoscimento ufficiale, ma
nella realtà concreta, continua a persistere una situazione di
inaccettabile limitazione per chi opera quotidianamente nel
settore (medici, farmacisti e pazienti).
Infatti la burocrazia sanitaria non ha ancora assimilato
le peculiarità dei medicinali omeopatici e continua ad
applicare a questo settore la impostazione tradizionale messa
a punto per i farmaci allopatici, senza attuare in modo
appropriato la normativa specifica, prevista dalla stessa
direttiva europea sui medicinali omeopatici.
Questo concreto rischio di un'attuazione impropria e
restrittiva, ha costretto, a più riprese, il Parlamento ad
emanare provvedimenti legislativi per procrastinare la data di
entrata in vigore delle norme definitive in materia.
Altrimenti, paradossalmente, la maggior parte dei medicinali
omeopatici esistenti sul mercato sarebbe stata di fatto
eliminata dal commercio.
Ad oggi, pertanto, a seguito di reiterati provvedimenti di
proroga, il settore continuerà a vivere in regime di
transitorietà sino a dicembre 2003, con tutti i problemi che i
regimi transitori comportano.
Questa situazione non può continuare; è quindi urgente
intervenire con un provvedimento legislativo correttivo che
risolva in modo coerente e deciso i problemi relativi al
settore, anche perché, rebus sic stantibus, permane il
rischio ricorrente che possa venire interrotta la continuità
terapeutica basata su cure ormai consolidate in Italia e a cui
i pazienti non sono certamente disposti a rinunciare.