XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 2720




        Onorevoli Colleghi! - Il trapianto di midollo osseo da donatore rappresenta il trattamento elettivo di alcune gravi malattie ematologiche neoplastiche, di sindromi da immunodeficienza congenita, di difetti congeniti e acquisiti della funzione midollare e di deficit metabolici.
        L'infusione di cellule staminali emopoietiche, presenti nel midollo osseo, è in grado di dare origine a globuli rossi, globuli bianchi e piastrine.
Per effettuare tale tipo di trapianto è necessario che fra il donatore ed il ricevente esista una istocompatibilità che viene accertata mediante un test, eseguito su sangue periferico, denominato "tipizzazione HLA".
        Purtroppo le barriere di istocompatibilità sono tali che un ammalato che necessita di un trapianto ha solo il 20 per cento di possibilità di reperire un donatore non familiare nelle banche di donatori di midollo afferenti ai registri internazionali.
        Pertanto si rende necessario l'impiego di altre fonti di cellule emopoietiche staminali pluripotenti quali il fegato fetale (già sperimentato nell'ambito pediatrico per malattie congenite quali immunodeficienze severe e malattie dismetaboliche) e, più recentemente, il sangue di cordone ombelicale.
        Il sangue del cordone ombelicale che di norma viene considerato materiale di scarto insieme alla placenta e gettato via dopo il parto, è ricco delle stesse cellule staminali presenti nel midollo osseo; opportunamente trattate, queste cellule, trapiantate nel paziente, hanno la capacità di rigenerare il midollo osseo ed il sistema immunitario.
        La fattibilità dell'utilizzo di cellule di cordone per ottenere la ricostituzione emopoietica è stata valutata da vari gruppi e nel 1989 a Parigi, la professoressa Eliane Glugkman, effettuò con successo il primo trapianto in un bambino affetto da anemia di Fanconi utilizzando il sangue di cordone di un fratello HLA compatibile. Dopo questa prima esperienza sono state migliorate e standardizzate le tecniche di prelievo, di congelamento e di tipizzazione dei progenitori emopoietici, che hanno consentito nei più di 2.000 trapianti eseguiti con questa tecnica, percentuali di sopravvivenza sovrapponibili a quelle che si ottengono con le donazioni di midollo da volontari adulti.
        Le malattie che possono essere trattate con il trapianto di cellule staminali provenienti dal cordone ombelicale sono rappresentate da tumori maligni (leucemie mieloidi e linfoidi acute, leucemia mieloide cronica, mieloma multiplo, linfomi) e da altre patologie (talassemia, anemia di Fanconi, anemia aplastica, anemie emolitiche, trombocitopenie, immunodeficienza grave, osteopetrosi, sindrome di Kostmann, sindrome di Blackfan-Diamond, sindrome di Wiskott-Aldrich, sindrome di Hurler, sindrome di Lesch-Nyhan).
        Come il midollo osseo, il sangue di cordone può essere utilizzato per il trapianto allogenico familiare, per il trapianto allogenico non familiare e per il trapianto autologo.
        La maggior parte dei trapianti di sangue sinora eseguiti sono stati effettuati da fratelli HLA compatibili (trapianto allogenico familiare) ottenendo generalmente una durevole ricostituzione ematopoietica con un grado di GVHD (Graft versus host disease), grave complicazioni del trapianto di midollo, in cui i linfociti infusi riconoscono come estranei, aggredendoli, i tessuti del ricevente, modesto. In molti di questi casi il sangue cordonale crioconservato era stato impiegato al fine di risparmiare una procedura invasiva (espianto di midollo in narcosi) ad un bambino molto piccolo. Anche se il numero di casi in cui è disponibile un donatore neonato per un fratello affetto da una malattia curabile con il trapianto è piuttosto limitato, e comunque auspicabile conservare il sangue di cordone di tutti i neonati, fratelli di bambini affetti da emopatie, anche in una fase precoce della malattia. L'eventuale utilizzo del sangue cordonale può avvenire quando il trapianto è clinicamente più appropriato e in taluni casi rappresenta l'unica possibilità terapeutica.
        Di maggiore impatto potenziale è sicuramente l'utilizzo del sangue cordonale (trapianto allogenico non familiare) attraverso l'utilizzazione di banche internazionali di cordone (peraltro già avviate in Europa che in America). Sulla reale efficacia di questo approccio numerosi studi hanno confermato la maggior tolleranza immunologica delle cellule di cordone. Inoltre, sebbene nella comunità scientifica esistono ancora notevoli perplessità sull'impiego del sangue placentare in pazienti con peso superiore ai 40 chilogrammi, in quanto la quantità di sangue placentare raccolta in ogni singola donazione è limitata, si stanno sviluppando nuove tecniche di ingegneria tissutale (cell factory) che consentono la riproduzione di queste cellule staminali al di fuori dell'organismo umano (espansione in vitro) per aumentarne il numero e consentire il loro utilizzo anche nei pazienti adulti.
        Il sangue di cordone può essere infuso allo stesso soggetto (trapianto autologo) dopo manipolazione delle cellule staminali per una terapia genica. Tale approccio è stato già utilizzato con successo in pazienti affetti da deficit congenito di ADA. Il difetto genetico, dimostrato con la diagnosi prenatale in gravidanza a fischio, è stato corretto mediante reinfusione delle cellule totipotenti del cordone ombelicale dopo inserimento in esse, con tecniche di ingegneria genetica, del gene normale.
        Il sangue di cordone può inoltre essere crioconservato quale "assicurazione" contro future malattie del bambino che potrebbero richiedere un supporto di cellule staminali normali autologhe. Negli Stati Uniti da qualche tempo sono state istituite delle banche che garantiscono la crioconservazione per almeno dieci anni.
        Recenti acquisizioni scientifiche indicano sempre più diverse possibilità di utilizzazione a scopo terapeutico, delle cellule staminali presenti nel sangue del cordone ombelicale, senza implicazioni etiche, come anche stabilito dalla commissione del Ministero della salute presieduta dal premio Nobel Renato Dulbecco, che nel 2001 ha espresso dal punto di vista etico un consenso unanime per l'utilizzo del sangue cordonale, ma soprattutto senza metodologie manipolative, inaccettabili in quanto trasformano esseri viventi in merce e rischiano di favorire la crescita di immensi poteri economici e scientifici incontrollati.
        Il sangue placentare rappresenta per i malati di tumori emopoietici una nuova speranza ed offre inoltre alcuni vantaggi rispetto al midollo osseo: a) è facilmente ottenibile senza alcun rischio per la madre e per il bambino in quanto avviene dopo che il cordone ombelicale è già stato reciso; b) costituisce una possibilità di avere un numero illimitato di potenziali donatori; c) il sangue placentare è immediatamente disponibile e questo riduce drasticamente i tempi che intercorrono tra la richiesta ed il trapianto; d) il trapianto può essere effettuato anche in condizioni di parziale compatibilità rispetto al trapianto di midollo osseo che richiede invece la compatibilità totale tra donatore e ricevente; e) la frequenza di GVHD è minore dopo il trapianto con sangue cordonale.
        La raccolta del sangue placentare è un'operazione semplice e rapida, che non comporta traumi o rischi per la madre o per il bambino, in quanto avviene quando il cordone ombelicale è già stato reciso. Dopo aver valutato l'idoneità della madre e del neonato, viene esplicitamente chiesto alla madre il consenso alla donazione ed a sottoporsi, al momento del parto, ad un prelievo venoso per lo screening infettivologico e la tipizzazione tissutale; un nuovo controllo sarà ripetuto a sei mesi dal parto.
        Dopo la nascita, quando il cordone è stato reciso, un operatore, appositamente addestrato, preleva in apposita sacca, in condizioni asettiche, il sangue residuo del cordone ombelicale e della placenta.
        L'unità viene inviata alla banca di sangue placentare dove, se ritenuta idonea, viene congelata e conservata in azoto liquido a -196 gradi centigradi ed entrerà a far parte della banca, con dati inseriti anonimamente nel computer, dopo un ulteriore controllo degli esami virologici della madre e dello stato di salute del bambino a sei mesi di distanza dalla raccolta. L'unità così processata, è disponibile ad essere utilizzata per eventuali richieste dei centri trapianti.
        Se nulla, in realtà, appare più facile del prelievo al momento del parto, ciò che risulta più complesso una volta diffusa nella popolazione femminile la cultura della donazione attraverso una corretta informazione, è l'organizzazione della raccolta e della conservazione che richiede non solo una organizzazione ad hoc, ma, soprattutto, la standardizzazione di sistemi di prelievo, di lavorazione e di conservazione in apposite strutture che dovranno essere sottoposti a verifica da parte di organismi superiori, al fine di ottenere per i prodotti della banca il riconoscimento della qualità (ISO 9002).
        Attualmente la situazione italiana vede operative otto banche regionali (Torino, Milano, Padova, Firenze, Roma 1 e 2; Palermo e Pescara) dove sono conservate unità di sangue cordonale provenienti da donazioni dedicate a uno specifico paziente, sia provenienti da donazioni volontarie. Tutti i dati relativi alle tipizzazione HLA vengono inseriti e archiviati nel gruppo operativo di riferimento che in Italia è il gruppo GRACE con sede in Milano, dove giungono le richieste dei pazienti e dove si confrontano in tempo reale le compatibilità con quelle di tutte le unità di sangue placentare esistenti nell'archivio.
        L'operatività di queste realtà è basata sulla volontarietà e sull'autorganizzazione e di conseguenza alcune regioni si sono autonomamente organizzate in tale senso, ma in Italia non esiste ancora una legge nazionale che sostenga questo tipo di donazione, la organizzi, e ne diffonda la cultura.
        La presente proposta di legge intende istituire strutture idonee alla raccolta e alla conservazione del sangue del cordone ombelicale.
        Le finalità della proposta di legge sono definite nell'articolo 1.
        L'articolo 2 stabilisce la volontarietà e gratuità della donazione del sangue del cordone ombelicale da parte delle donne tramite assenso al momento del parto.
        Il Ministro della salute (articolo 3) predispone un progetto per l'istituzione di una rete di banche per la conservazione di cordoni ombelicali a fini di trapianto.
        Viene istituito, altresì, un Registro nazionale (articolo 4) delle donazioni di sangue del cordone ombelicale cui è affidato, tra l'altro, il coordinamento dei registri regionali (articolo 5) e la promozione della ricerca delle donatrici.
        Il Ministro della salute (articolo 6) e le regioni promuovono campagne di informazione e di promozione della donazione di sangue del cordone ombelicale.
        L'articolo 7 reca la copertura finanziaria.




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