XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 2685
Onorevoli Colleghi! - Per il comparto del latte
alimentare l'Italia, a differenza degli altri Stati
dell'Unione europea, ha disposto una legge specifica - la
legge 3 maggio 1989, n. 169 - in cui vengono definite le
denominazioni legali del latte alimentare ed in particolare
del "latte fresco pastorizzato" e del "latte fresco
pastorizzato di alta qualità".
A distanza di tredici anni dalla sua emanazione, la legge
n. 169 del 1989 ha dimostrato di saper bene interpretare la
domanda del consumatore per un prodotto di qualità, intorno al
quale si è realizzata una felice simbiosi dell'intera filiera
produttiva. Oggi, il latte "fresco" per volume di latte
impiegato rappresenta, dopo quella dei formaggi "grana padano"
e "parmigiano reggiano", la terza produzione nazionale, che ha
saputo fare crescere e valorizzare la zootecnia da latte in
una serie di aree produttive altamente specializzate, spesso
localizzate in territori difficili e senza valide alternative
colturali, la cui difesa è strategica per l'equilibrio
dell'intero settore lattiero-caseario nazionale.
Con la citata legge n. 169 del 1989 vengono fissate le
caratteristiche del latte crudo alla stalla, i tempi
intercorrenti tra le varie fasi di mungitura e pastorizzazione
e la durata del confezionamento, e prescritti parametri di
qualità del latte confezionato. Per il latte fresco è ammessa
esclusivamente la classica pastorizzazione "dolce" e nessun
altro metodo di riduzione della carica batterica, a tutela
della naturalità del latte crudo di partenza. L'aggettivazione
di "fresco", d'altronde, è stata intesa e voluta dal
legislatore proprio come sinonimo di prodotto con
caratteristiche prossime a quelle del latte appena munto, sia
in termini di genuinità che di età del latte. Nel vissuto del
consumatore, inoltre, tale termine ha sempre individuato un
latte di origine locale, che potesse giungere sulla propria
tavola in breve tempo, così da mantenere intatte le
caratteristiche organolettiche e nutritive riassunte
nell'aggettivazione di "fresco".
Dalla premessa alla direttiva comunitaria 2000/13/CE del
20 marzo 2000 - che ha ricodificato la normativa di base
comunitaria sull'etichettatura - si evince che: "qualsiasi
regolamentazione relativa all'etichettatura dei prodotti
alimentari deve essere fondata anzitutto sulla necessità
d'informare e tutelare i consumatori" (sesto considerando); e
che: "un'etichettatura adeguata concernente la natura esatta e
le caratteristiche del prodotto, che consente al consumatore
di operare la sua scelta con cognizione di causa, è il mezzo
più adeguato in quanto crea meno ostacoli alla libera
circolazione delle merci" (ottavo considerando).
Dalla medesima direttiva si desume anche che, in attesa di
stabilire l'elenco delle diciture obbligatorie per tutti i
prodotti alimentari e "pure se in assenza di norme comunitarie
di carattere specifico gli Stati membri hanno la facoltà di
prevedere delle disposizioni nazionali che si aggiungano alle
norme generali della direttiva, è tuttavia necessario
sottoporre tali disposizioni ad una procedura comunitaria"
(undicesimo considerando).
L'articolo 2 della medesima direttiva prevede che
"l'etichettatura e le relative modalità di realizzazione non
devono essere tali da indurre in errore l'acquirente,
specialmente per quanto riguarda le caratteristiche del
prodotto alimentare e in particolare la natura, l'identità, le
qualità, la composizione, la quantità, la conservazione,
l'origine o la provenienza, il modo di fabbricazione o di
ottenimento", mentre all'articolo 3, tra le indicazioni
obbligatorie da riportare in etichetta, viene incluso "il
luogo d'origine o di provenienza, qualora l'omissione di tale
indicazione possa indurre in errore il consumatore circa
l'origine o la provenienza effettiva del prodotto alimentare":
tali informazioni "devono essere facilmente comprensibili ed
apposte in un punto evidente, in modo da essere facilmente
visibili, chiaramente leggibili e indelebili" (articolo 13,
comma 2).
Negli ultimi mesi è in commercio nel nostro Paese un tipo
di latte non previsto dalla legge n. 169 del 1989, il latte
microfiltrato, prodotto e confezionato illegalmente negli
stessi Paesi di origine, che non prevedono alcuna normativa in
materia di latte alimentare, ma si rifanno al regolamento (CE)
n. 2597/97, il quale stabilisce che sono autorizzate
esclusivamente, oltre che la modifica del tenore di materia
grassa, l'arricchimento del latte con proteine del latte, sali
minerali o vitamine, e la riduzione del tenore di lattosio e
"soltanto a condizione che siano indicate sull'imballaggio, in
modo chiaramente visibile e leggibile e in caratteri
indelebili" (articolo 3, comma 2).
Il processo di microfiltrazione, invece, prevede una
profonda manipolazione del latte, che viene separato in una
frazione magra ed in una frazione grassa le quali, dopo aver
subito una intensa trasformazione, vengono nuovamente
miscelate insieme per subire un nuovo trattamento termico: il
che, unitamente ai tempi di processo, rende inconciliabile la
microfiltrazione, oltre che con la normativa comunitaria,
anche con l'aggettivazione di "fresco" prevista dalla
normativa nazionale, intesa così come ha voluto intenderla il
legislatore italiano.
La legge n. 169 del 1989, d'altro canto, stabilisce che,
oltre alla pastorizzazione ed alla sterilizzazione, "altri
trattamenti possono essere autorizzati con decreto del
Ministro della sanità di concerto con il Ministro
dell'agricoltura e delle foreste in relazione ad eventi
calamitosi, alla evoluzione tecnologica o a normative della
Comunità europea" (articolo 2, comma 2), ma i nuovi processi
di trasformazione così consentiti devono intendersi
applicabili a nuove denominazioni di vendita, e non alle
tipologie già codificate.
Nel corso del 2001, è aumentata la quantità di latte
fresco pastorizzato di importazione con durabilità nettamente
più lunga di quanto stabilito dalla legge italiana. Questo
comporta un uso improprio del termine "fresco", senza vincoli
precisi alle condizioni stabilite dalla legge n. 169 del 1989.
Tutto ciò crea confusione nei consumatori e situazioni gravi
di concorrenza sleale per i produttori nazionali.
Quanto riportato è stato accolto in una risoluzione votata
all'unanimità il 13 marzo 2002 dalle Commissioni agricoltura
ed attività produttive della Camera dei deputati, con la quale
si impegna il Governo:
"a vigilare per garantire la tassativa applicazione
della legge n. 169 del 1989, con particolare riferimento al
fatto che il latte commercializzato in Italia con la dicitura
"latte fresco pastorizzato", ovunque prodotto, rechi il
termine di scadenza previsto dalla legge stessa;
ad adottare un apposito provvedimento che preveda il
divieto della microfiltrazione nella produzione del "latte
fresco pastorizzato" e "latte fresco pastorizzato di alta
qualità" e l'integrazione delle informazioni da riportare
nell'etichettatura, con l'indicazione dell'origine della
materia prima, in aderenza alla domanda crescente dei
consumatori riguardo la tracciabilità" (n. 8-00012).
La presente proposta di legge recepisce l'indirizzo
espresso con il voto unanime dalle Commissioni permanenti ed
in particolare:
all'articolo 1, prevede che la menzione di "fresco" sia
riservata esclusivamente alle tipologie di "fresco
pastorizzato" e di "fresco pastorizzato di alta qualità", e
che sia vietato l'uso della parola "fresco" nelle etichette e
nei marchi per altre tipologie di latte alimentare;
all'articolo 2, delega il Governo, nel rispetto delle
competenze delle regioni, ad adottare norme sulla sicurezza
alimentare, sulla promozione e valorizzazione del latte,
basate sull'origine e sulla tracciabilità, nonché a concedere
la facoltà di inserire in etichetta, per il latte di
produzione nazionale, la dicitura "prodotto in Italia";
all'articolo 3, affida ai competenti organismi dello
Stato e delle regioni i controlli sull'origine della materia
prima, sui tipi di lavorazione, di trattamento e di
etichettatura;
all'articolo 4, fissa le sanzioni in caso di
inadempienze.