XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 2658
Onorevoli Colleghi! - La generazione che nasce nel
mondo a società industriali avanzate potrà sicuramente vivere
fino a cent'anni e forse più. E' questa l'evidenza scientifica
che annunciano i medici e i ricercatori. La vita media già
guadagna un decennio in due generazioni e progredisce ancora;
fenomeno, questo, di rilevanza storica preminente all'inizio
del terzo millennio.
Non è più questione di lunghe vite occasionali destinate a
singole persone, come nel passato, ma di longevità collettiva
senza paragone con quanto avveniva fino a pochi decenni fa.
Dallo studio complessivo del fenomeno affiora uno scenario in
cui la longevità di massa produce conseguenze complesse da
ogni punto di vista: sociale, psicologico, economico.
Trasformazione che concerne il singolo individuo, i nuclei
familiari, le comunità, ed in pratica tutti i settori
governativi e della società civile in generale. Anche i
provvedimenti in materia di politiche e gli atteggiamenti
verso l'invecchiamento debbono evolvere. Le questioni
riguardanti l'invecchiamento debbono essere integrate al
meglio nel più ampio contesto dei piani di sviluppo. Decadono
le nozioni convenzionali di età giovane, media, tarda. Bisogna
ridefinire il significato di parole come: adulto, vecchio ed
anziano.
Ogni parametro è destinato a cambiare, s'impone l'esigenza
di riprogrammare l'esistenza dei singoli e della società. Le
persone anziane devono essere in grado di partecipare
pienamente alle decisioni che riguardano le loro vite.
In Europa, nel 1960, venivano censiti 34 milioni di
anziani. Nel 1999 erano 60 milioni. Le previsioni
demografiche indicano che il numero delle persone con età
superiore a 80 anni crescerà di quasi il 50 per cento entro il
2015. Il XXI secolo si caratterizzerà, dunque, per
l'esplosione demografica degli anziani. Tale fenomeno è
particolarmente accentuato nel nostro Paese dove si registra
la più alta percentuale di abitanti che hanno superato i 65
anni (18,2 per cento). Tale percentuale andrà progressivamente
ad aumentare fino a raggiungere il 46,2 per cento nel 2050
anche a fronte della bassa natalità (1,19 figli per ogni
coppia) che condurrà dagli attuali 8 milioni di soggetti fra 0
e 14 anni a soli 5 milioni nel 2050. Questo dato porta in sé
il gravissimo problema di una vistosa riduzione della
popolazione attiva (dai 15 ai 64 anni) che passerà da 40
milioni attuali a soli 28 milioni. Siamo prossimi ad uno
scenario in cui per ogni lavoratore ci sarà un pensionato. Già
oggi, nel nostro Paese, in ben 5 province, tale rapporto è
stato superato. Infatti nelle province di Enna, Alessandria,
Reggio Calabria, L'Aquila ed Agrigento il numero dei
pensionati ha superato quello degli occupati.
Peraltro, il nostro Paese ha un altro record
negativo fra i Paesi più industrializzati: solo il 30 per
cento degli occupati ha più di 55 anni.
Questi dati, ormai a tutti noti, hanno condotto alla
valutazione del fenomeno come un problema potenzialmente
destabilizzante per la società facendo focalizzare
l'attenzione solo su due aspetti: il pensionistico ed il
sanitario, ritenendo erroneamente ancora valido il detto di
Terenzio "senectus ipsa est morbus", quasi che, per la
metà di una popolazione, il "vivere" si debba ridurre alla
difficoltà di percepire una pensione o ad avere accettabili
servizi di assistenza.
Non è così! A Vienna, nel 1982, l'Organizzazione delle
Nazioni Unite ha tenuto la prima Assemblea mondiale
sull'invecchiamento cui sono seguiti una serie di
approfondimenti tenutisi in occasione del 1999, Anno
internazionale delle persone anziane.
Tali occasioni di dibattito e di confronto hanno prodotto
una serie di raccomandazioni rivolte ai vari Governi affinché
considerino le politiche ed i programmi per le persone anziane
parte delle strategie complessive di sviluppo.
Rispettando le politiche nazionali, la risoluzione 37/51
propone che "l'intera popolazione" venga coinvolta nella
"preparazione agli stadi successivi della vita", e che "le
generazioni vecchie e nuove cooperino per creare un equilibrio
tra la tradizione e l'innovazione nello sviluppo economico,
sociale e culturale".
La seconda Assemblea mondiale delle Nazioni Unite
sull'invecchiamento si terrà a Madrid nel mese di aprile e
sarà una nuova occasione di confronto sull'attuazione delle
raccomandazioni adottate venti anni fa.
Nel nostro Paese, l'approccio strategico a questa che si
manifesta come una vera e propria rivoluzione è stato finora
condizionato profondamente dalla brevità operativa dei Governi
che si sono succeduti negli ultimi venti anni.
Infatti, la complessità e l'interdipendenza dei vari
aspetti connessi con la longevità di massa, richiedono
strategie globali che determinano il coinvolgimento della
società e dell'economia in tutti i settori: dalla scuola alla
sanità, dalla formazione permanente alla organizzazione
industriale, dal modello di unità abitative ai trasporti,
dall'organizzazione del tempo libero ai servizi di assistenza
e sociali sul territorio.
Anche alcuni aspetti e prestazioni sociali e sanitarie
richiedono una nuova lettura: il necessario spostamento del
limite di età pensionabile, la previdenza integrativa, la
creazione o lo sviluppo di nuove figure professionali ed
assistenziali, il potenziamento dei sistemi diagnostici e
preventivi accanto ad una cultura del mantenimento del
"patrimonio salute" che induca a più salutistici stili di vita
e di alimentazione. Dalla diffusione di una cultura della
prevenzione (ad esempio, le vaccinazioni) che vada anche verso
una precoce correzione dei deficit sensoriali (vista,
udito) alla revisione degli attuali criteri di rimborsabilità
di alcuni presidi (ad esempio per l'incontinenza) o di alcune
prestazioni ambulatoriali (ad esempio il trattamento delle
piaghe da decubito), il "tutoraggio sociale",
l'ospedalizzazione domiciliare.
C'è, allo stato, una visione distorta del mondo della
terza età che privilegia gli aspetti del disagio sociale,
delle disabilità o del sanitario, che coinvolge poco più del
10 per cento di questa fascia della popolazione.
Gli stereotipi negativi incuneati nella società civile
contemporanea nei confronti della vecchiaia, quali
improduttività, malattia, aggravio economico per le nuove
generazioni, peso per le famiglie, individualità egoiste
distaccate e rallentate, isolamento, solitudine, fanno
apparire la terza età come un anatema, una maledizione del
futuro, piuttosto che un magnifico traguardo, sottostimando,
invece, le risorse inespresse o non veicolate di cui questa
parte della società è portatrice.
E', pertanto, ineludibile, la necessità di istituire una
Commissione parlamentare bicamerale che, partendo da una
indagine più approfondita del complesso fenomeno della
longevità di massa, traduca in linee programmatiche e di
indirizzo le articolate iniziative e le disposizioni di legge
che dovranno essere prese in esame nella politica del Governo
attraverso i vari Dicasteri.
La Commissione avrà compiti di indirizzo e di controllo
sulla concreta attuazione sia degli accordi internazionali sia
della legislazione interna, relativi ai diritti ed al migliore
sviluppo dei soggetti appartenenti alla terza età (sopra i 60
anni) chiedendo informazioni, dati e documenti sui risultati
delle attività svolte da pubbliche amministrazioni e da
organismi che si occupano di questioni relative a questa
fascia della popolazione.
La Commissione riferisce alle Camere, almeno una volta
l'anno, sui risultati della propria attività formulando
osservazioni e proposte sulla vigente legislazione, il che
consente anche l'esercizio di un potere di osservazione sugli
effetti e sui limiti della legislazione vigente e di proposta
sull'eventuale necessità di un suo adeguamento, in particolare
per assicurarne la rispondenza alla normativa dell'Unione
europea e in riferimento ai diritti previsti dalle Convenzioni
internazionali.
La Commissione esprime un parere obbligatorio sul piano
nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti
degli anziani che il Governo deve adottare ogni due anni, che
costituisce il documento programmatico e che traduce in
obiettivi e in azioni concrete gli impegni assunti
relativamente ai diversi indirizzi, risoluzioni,
raccomandazioni emanati dagli organismi europei e dall'ONU.