XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 2668
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. L'articolo 4 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e
successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
"Art. 4 - (Composizione della sezione disciplinare). -
1. La cognizione dei procedimenti disciplinari a carico dei
magistrati è attribuita ad una sezione disciplinare, composta
da cinque componenti effettivi e da tre supplenti tra i
componenti eletti dal Parlamento e presieduta dal
vicepresidente.
2. Nell'ipotesi in cui il Presidente della
Repubblica assuma la presidenza della sezione disciplinare,
resta escluso il vicepresidente.
3. Le funzioni di pubblico ministero presso la
sezione disciplinare sono esercitate dal procuratore generale
presso la Corte di cassazione".
Art. 2.
1. I titoli I e II dell'ordinamento giudiziario, approvato
con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive
modificazioni, sono sostituiti dai seguenti:
"TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Capo I
DEGLI ORGANI GIUDIZIARI
Art. 1. (Dei giudici).- 1. La giustizia,
nelle materie civile e penale, è amministrata:
a) dal giudice di pace;
b) dal giudice;
c) dal tribunale;
d) dalla corte di appello;
e) dalla corte di cassazione;
f) dal giudice collegiale per i minorenni;
g) dal magistrato di sorveglianza;
h) dal giudice collegiale di sorveglianza.
2. Sono regolate da leggi speciali le giurisdizioni
amministrative ed ogni altra giurisdizione speciale nonché le
giurisdizioni per i reati militari.
Art. 2. (Del pubblico ministero). - 1. Presso la
Corte di cassazione, le corti di appello, i tribunali, i
giudici monocratici, ed i giudici collegiali per i minorenni è
costituito l'ufficio del pubblico ministero.
Art. 3. (Cancellerie e segreterie giudiziarie.
Ufficiali ed uscieri giudiziari). - 1. Ogni corte,
tribunale ed ufficio del giudice di pace ha una cancelleria ed
ogni ufficio del pubblico ministero ha una segreteria.
L'ufficio di cancelleria o di segreteria può essere costituito
anche presso le sezioni distaccate di cui alla tabella B
annessa al presente ordinamento.
2. Alle corti, ai tribunali ed ai giudici sono
addetti ufficiali giudiziari, aiutanti ufficiali giudiziari e
coadiutori degli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti.
Tale personale può essere addetto anche alle sezioni
distaccate di cui alla tabella B annessa al presente
ordinamento. Negli uffici del giudice di pace le funzioni di
ufficiale giudiziario sono esercitate dai messi di
conciliazione, ai sensi dell'articolo 3 del decreto
legislativo luogotenenziale 1^ febbraio 1946, n. 122, e
successive modificazioni.
3. Il personale e gli uffici delle cancellerie e
segreterie giudiziarie, gli ufficiali giudiziari e gli uscieri
giudiziari sono regolati da leggi particolari.
Art. 4. (Ordine giudiziario). 1. L'ordine
giudiziario è costituito dagli uditori, dai giudici degli
organi collegiali o monocratici e delle corti e dai pubblici
ministeri.
2. Appartengono all'ordine giudiziario come
magistrati onorari i giudici di pace, i giudici onorari, i
vice procuratori, gli esperti del giudice collegiale e della
sezione di corte di appello per i minorenni ed, inoltre, i
giudici popolari della corte di assise nell'esercizio delle
loro funzioni giudiziarie.
3. Il personale delle cancellerie e delle segreterie
giudiziarie fa parte dell'ordine giudiziario.
4. Gli ufficiali giudiziari sono ausiliari
dell'ordine giudiziario.
Art. 5. (Organici e sedi giudiziarie). - 1. Il
numero, le sedi, le circoscrizioni territoriali degli uffici
giudiziari indicati nel comma 1 dell'articolo 1 ed il ruolo
organico della magistratura sono determinati dalle tabelle
allegate al presente ordinamento, fatta eccezione per i
giudici di pace.
Art. 6. (Provvedimenti del pubblico ministero). - 1.
Qualsiasi provvedimento di attuazione delle disposizioni di
cui al presente ordinamento, relative alla costituzione di
sezioni ed alla ripartizione dei giudici e dei pubblici
ministeri tra i diversi uffici della stessa sede, nonché i
provvedimenti relativi alle applicazioni, alle sostituzioni ed
alle supplenze di giudici e pubblici ministeri, sono emanati
con decreto del Ministro della giustizia, salvo che non sia
diversamente stabilito.
Art. 7. (Tabelle degli uffici giudicanti). - 1.
La ripartizione degli uffici giudiziari di cui all'articolo
1 in sezioni, la destinazione dei singoli magistrati alle
sezioni e alle corti di assise, l'assegnazione alle sezioni
dei presidenti, la designazione dei magistrati che hanno la
direzione di sezioni a norma dell'articolo 36, comma 2,
l'attribuzione degli incarichi di cui agli articoli 37 e 39,
comma 2, il conferimento delle specifiche attribuzioni
processuali individuate
dalla legge e la formazione dei collegi giudicanti sono
stabiliti ogni biennio con decreto del Ministro della
giustizia in conformità delle deliberazioni del Consiglio
superiore della magistratura assunte sulle proposte dei
presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli
giudiziari. Decorso il biennio, l'efficacia del decreto è
prorogata fino a che non sopravvenga un altro decreto.
2. Le deliberazioni di cui al comma 1 sono adottate
dal Consiglio superiore della magistratura, valutate le
eventuali osservazioni formulate dal Ministro della giustizia
ai sensi dell'articolo 11, comma 2, della legge 24 marzo 1958,
n. 195, e possono essere variate nel corso del biennio per
sopravvenute esigenze degli uffici giudiziari, sulle proposte
dei presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli
giudiziari. I provvedimenti in via di urgenza, concernenti le
tabelle, adottati dai dirigenti degli uffici sulla
assegnazione dei magistrati, sono immediatamente esecutivi,
salva la deliberazione del Consiglio superiore della
magistratura per la relativa variazione tabellare.
3. Per quanto riguarda la Corte suprema di
cassazione il Consiglio superiore della magistratura delibera
sulla proposta del primo presidente della stessa Corte. Al
fine di assicurare un più adeguato funzionamento degli uffici
giudiziari sono istituite le tabelle infradistrettuali degli
uffici requirenti e giudicanti che ricomprendono tutti i
magistrati, ad eccezione dei capi degli uffici.
4. Il Consiglio superiore della magistratura
individua gli uffici giudiziari che rientrano nella medesima
tabella infradistrettuale e ne dà immediata comunicazione al
Ministro della giustizia per l'emanazione del relativo
decreto.
5. L'individuazione delle sedi da ricomprendere
nella medesima tabella infradistrettuale è operata sulla base
dei seguenti criteri:
a) l'organico complessivo degli uffici ricompresi
non deve essere inferiore alle quindici unità per gli uffici
giudicanti;
b) le tabelle infradistrettuali dovranno essere
formate privilegiando l'accorpamento tra loro degli uffici con
organico fino ad otto unità se giudicanti e fino a quattro
unità se requirenti;
c) nelle esigenze di funzionalità degli uffici si
deve tener conto delle cause di incompatibilità funzionali dei
magistrati;
d) si deve tener conto delle caratteristiche
geomorfologiche dei luoghi e dei collegamenti viari, in modo
da determinare il minor onere per l'erario.
6. I giudici e i pubblici ministeri possono essere
assegnati anche a più uffici aventi la medesima attribuzione o
competenza, ma la sede di servizio principale, ad ogni effetto
giuridico ed economico, è l'ufficio del cui organico gli
stessi fanno parte. La supplenza infradistrettuale non opera
per le assenze o impedimenti di durata inferiore a sette
giorni.
7. Per la formazione ed approvazione delle tabelle
di cui al comma 4, si osservano le procedure previste dal
comma 2.
Art. 8. (Criteri per l'assegnazione degli affari e la
sostituzione dei giudici impediti). - 1. L'assegnazione
degli affari alle singole sezioni ed ai singoli collegi e
giudici è effettuata secondo criteri obiettivi e
predeterminati che consentono di stabilire sin dal momento
della iscrizione della notizia di reato nell'apposito
registro, quali saranno i giudici assegnatari del fascicolo
nel corso del procedimento. Tali criteri sono indicati in via
generale dal Consiglio superiore della magistratura ed
approvati contestualmente alle tabelle degli uffici e con la
medesima procedura. Nel determinare i criteri per
l'assegnazione degli affari penali al giudice per le indagini
preliminari, il Consiglio superiore della magistratura
stabilisce la concentrazione, ove possibile, in capo allo
stesso giudice dei provvedimenti relativi al medesimo
procedimento e la designazione di un giudice diverso per lo
svolgimento delle funzioni di giudice dell'udienza
preliminare. Qualora il dirigente dell'ufficio o il presidente
della sezione revochino la precedente
assegnazione ad una sezione o ad un collegio o ad un giudice,
copia del relativo provvedimento motivato viene comunicata al
presidente della sezione e al magistrato interessato.
2. Il Consiglio superiore della magistratura
stabilisce altresì i criteri per la sostituzione del giudice
astenuto, ricusato o impedito.
3. Il Consiglio superiore della magistratura
determina i criteri generali per l'organizzazione degli uffici
del pubblico ministero e per l'eventuale ripartizione di essi
in gruppi di lavoro.
Art. 9. (Potestà di polizia dei giudici). - 1.
Ogni giudice, nell'esercizio delle sue funzioni, può
richiedere, quando occorre, l'intervento della forza pubblica
e può prescrivere tutto ciò che è necessario per il sicuro e
ordinato compimento degli atti ai quali procede.
Art. 10. (Potestà dei pubblici ministeri di richiedere
la forza pubblica). - 1. I pubblici ministeri hanno,
nell'esercizio delle loro funzioni, il diritto di richiedere
direttamente l'intervento della forza pubblica.
Capo II
DELLE INCOMPATIBILITA'
Art. 11. (Incompatibilità di funzioni). - 1. I
giudici e i pubblici ministeri non possono assumere impieghi
od uffici pubblici o privati, ad eccezione di quelli di
amministratore gratuito di istituzioni pubbliche di
beneficenza. Non possono esercitare industrie o commerci, né
qualsiasi libera professione.
2. Salvo quanto disposto dal primo comma
dell'articolo 61 del testo unico delle disposizioni
concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio
1957, n. 3, non possono, inoltre, accettare incarichi di
qualsiasi specie né possono assumere le funzioni
di arbitro.
Art. 12. (Incompatibilità speciali per i primi
presidenti, i presidenti aggiunti della corte di cassazione, i
presidenti delle corti di appello e i procuratori generali
della Repubblica). - 1. I primi presidenti, i presidenti
aggiunti della corte di cassazione, i presidenti delle corti
di appello ed i procuratori generali della Repubblica non
possono assumere alcun incarico fuori della residenza, tranne
quelli ad essi attribuiti da leggi e regolamenti o quelli
conferiti con decreto del Presidente della Repubblica.
Art. 13. (Incompatibilità di sede per parentela o
affinità con professionisti). - 1. I giudici e i pubblici
ministeri delle corti di appello dei giudici monocratici e dei
giudici collegiali non possono appartenere ad uffici
giudiziari nelle sedi nelle quali i loro parenti fino al
secondo grado, o gli affini in primo grado, sono iscritti
negli albi professionali di avvocato, né, comunque, ad uffici
giudiziari avanti i quali i loro parenti od affini nei gradi
indicati esercitano abitualmente la professione di
avvocato.
Art. 14. (Incompatibilità per vincoli di parentela o di
affinità tra magistrati della stessa sede). - 1. I giudici
che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinità fino al
terzo grado non possono far parte della stessa corte o dello
stesso tribunale o dello stesso ufficio. I pubblici ministeri
che si trovano nelle medesime condizioni non possono far parte
della stessa procura della Repubblica.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica
quando, per il numero dei componenti il collegio o l'ufficio
giudiziario, sia da escludere qualsiasi intralcio al regolare
andamento del servizio.
3. Non possono far parte come giudici dello stesso
collegio giudicante nelle corti e negli organi collegiali i
parenti e gli affini sino al quarto grado incluso.
Capo III
DEL GIUDICE DI PACE
Art. 15. (Istituzione e funzioni del giudice di pace).
- 1. E' istituito il giudice di
pace, il quale esercita la giurisdizione in materia civile e
penale e la funzione conciliativa in materia civile secondo le
norme del presente ordinamento.
2. L'ufficio del giudice di pace è ricoperto da un
magistrato onorario appartenente all'ordine giudiziario.
Art. 16. (Sede degli uffici del giudice di pace). -
1. Gli uffici del giudice di pace hanno sede in tutti i
capoluoghi dei mandamenti esistenti alla data di entrata in
vigore della legge 1^ febbraio 1989, n. 30.
2. Con decreto del Presidente della Repubblica, su
proposta del Ministro della giustizia, sentiti il consiglio
giudiziario e i comuni interessati, possono essere istituite
sedi distaccate dell'ufficio del giudice di pace in uno o più
comuni del mandamento, ovvero in una o più circoscrizioni in
cui siano ripartiti i comuni.
3. Con decreto del Presidente della Repubblica, su
proposta del Ministro della giustizia, sentiti il consiglio
giudiziario e i comuni interessati, due o più uffici contigui
del giudice di pace possono essere costituiti in un unico
ufficio con il limite che la popolazione complessiva
risultante dall'accorpamento non superi i cinquantamila
abitanti. Nel decreto è designato il comune in cui ha sede
l'ufficio del giudice di pace.
Art. 17. (Ruolo organico e pianta organica degli uffici
del giudice di pace). - 1. Il ruolo organico dei magistrati
onorari addetti agli uffici del giudice di pace è fissato in
4.700 posti; entro tale limite, è determinata, entro tre mesi
dalla data di entrata in vigore della presente disposizione,
con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del
Ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della
magistratura, la pianta organica degli uffici del giudice di
pace.
2. In caso di vacanza dell'ufficio del giudice di
pace o di impedimento temporaneo del magistrato che ne
esercita le funzioni, il presidente del tribunale può affidare
temporaneamente la reggenza dell'ufficio al giudice di pace di
un ufficio contiguo.
3. Se la vacanza o l'impedimento si protrae per
oltre sei mesi, si provvede a nuova nomina ai sensi
dell'articolo 18.
Art. 18. (Nomina dell'ufficio). - 1. I magistrati
onorari chiamati a ricoprire l'ufficio del giudice di pace
sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica,
previa deliberazione del Consiglio superiore della
magistratura, su proposta formulata dal consiglio giudiziario
territorialmente competente, integrato da cinque
rappresentanti designati, d'intesa tra loro, dai consigli
dell'ordine degli avvocati del distretto di corte
d'appello.
2. Ai fini previsti dal comma 1, il presidente della
corte d'appello, almeno sei mesi prima che si verifichino
vacanze nella pianta organica degli uffici del giudice di pace
ovvero al verificarsi della vacanza, richiede ai sindaci dei
comuni interessati di dare notizia delle vacanze medesime
mediante affissione nell'albo pretorio ed ogni altra forma di
pubblicità ritenuta idonea, con invito alla presentazione,
entro due mesi, di una domanda, corredata dei documenti
occorrenti per provare il possesso dei requisiti necessari per
la nomina, dei titoli di preferenza e di una dichiarazione
dell'insussistenza delle cause di incompatibilità previste
dalla legge.
3. Il presidente della corte d'appello, ricevute le
domande degli interessati corredate dei relativi documenti, le
trasmette al consiglio giudiziario. Il consiglio giudiziario
formula le motivate proposte sulla base delle domande ricevute
e degli elementi acquisiti, indicando, se possibile, in via
prioritaria una terna di nomi scelti fra coloro che sono in
possesso dei titoli di preferenza di cui ai commi 4 e 5
dell'articolo 19.
4. Le domande degli interessati, i relativi
documenti e le proposte del consiglio giudiziario sono
trasmessi dal presidente della corte d'appello al Consiglio
superiore della magistratura.
5. Il magistrato onorario chiamato a ricoprire le
funzioni di giudice di pace assume possesso dell'ufficio entro
due mesi dalla nomina.
6. In sede di prima applicazione il magistrato
onorario chiamato a ricoprire le funzioni di giudice di pace
assume possesso dell'ufficio nel termine stabilito dal
Ministro della giustizia.
7. In sede di prima applicazione il Consiglio
superiore della magistratura adotta la deliberazione di cui al
comma 1 entro otto mesi dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione.
Art. 19. (Requisiti per la nomina e titoli
preferenziali). - 1. Per la nomina a giudice di pace sono
richiesti i seguenti requisiti:
a) essere cittadino italiano;
b) avere l'esercizio dei diritti civili e
politici;
c) non avere riportato condanne per delitti non
colposi o a pena detentiva per contravvenzione, e non essere
stato sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza;
d) avere idoneità fisica e psichica;
e) avere età non inferiore a trenta anni e non
superiore a settanta anni, ovvero non superiore a settanta
anni senza alcun limite minimo di età se notai;
f) avere la residenza in un comune della
circoscrizione del tribunale dove ha sede l'ufficio del
giudice di pace;
g) avere il possesso della laurea in
giurisprudenza;
h) avere cessato, o impegnarsi a cessare prima
dell'assunzione delle funzioni di giudice di pace, l'esercizio
di qualsiasi attività lavorativa dipendente pubblica o
privata.
2. Il requisito di cui alla lettera f) del
comma 1 non è richiesto nei confronti di coloro che esercitano
la professione forense o le funzioni notarili.
3. Accertati i requisiti di cui al comma 1, la
nomina deve cadere su persone capaci di assolvere degnamente,
per indipendenza e prestigio acquisito e per esperienza
giuridica e culturale maturata, le funzioni di magistrato
onorario.
4. Costituiscono titoli di preferenza per la nomina
l'esercizio, anche pregresso:
a) delle funzioni giudiziarie, anche onorarie;
b) della professione forense ovvero delle funzioni
notarili;
c) dell'insegnamento di materie giuridiche nelle
università;
d) delle funzioni di ufficiale di polizia
giudiziaria.
5. A parità di possesso dei requisiti e dei titoli
di cui ai commi 1, 3 e 4, sono prioritariamente nominati
coloro che hanno esercitato le funzioni di giudice
conciliatore o di vice conciliatore.
6. In caso di nomina condizionata alla cessazione
dell'attività, questa deve avvenire, a pena di decadenza,
anche in deroga ai termini di preavviso previsti dalle leggi
relative ai singoli impieghi, entro due mesi dalla nomina.
Art. 20. (Corsi per i giudici di pace). - 1. Il
consiglio giudiziario può organizzare, secondo le esigenze
degli uffici esistenti nel distretto, corsi di aggiornamento
professionale per giudici di pace, avvalendosi della
collaborazione di magistrati e di personale delle qualifiche
dirigenziali delle cancellerie e segreterie giudiziarie del
distretto medesimo, di avvocati e di docenti universitari. I
corsi sono organizzati a livello di circondario di tribunale,
hanno cadenza annuale e non possono avere durata superiore a
venti giorni anche non consecutivi.
2. Il presidente della corte d'appello può
organizzare analoghi corsi per il personale di cancelleria e
ausiliario.
3. Il personale docente, fissato in tre unità per i
corsi di aggiornamento professionale del giudice di pace e in
due unità per quelli del personale di cancelleria e
ausiliario, è di regola prescelto fra persone che prestano
servizio o svolgono la loro attività nel circondario del
tribunale.
4. A ciascuna unità del personale docente di cui al
comma 3 è corrisposto un gettone di presenza giornaliera nella
misura di 15,50 euro.
5. Il consiglio giudiziario e il presidente della
corte d'appello, nell'ambito delle rispettive
competenze, predispongono altresì mezzi per l'informazione e
l'aggiornamento dei giudici di pace e del personale di
cancelleria e ausiliario.
Art. 21. (Ammissione anticipata ai corsi). - 1.
Intervenuta la delibera di nomina del Consiglio superiore
della magistratura, i giudici di pace possono essere ammessi
ai corsi anche prima dell'assunzione delle funzioni.
Art. 22. (Corsi di specializzazione professionale). -
1. Il Ministro della giustizia e il Consiglio superiore
della magistratura organizzano corsi di specializzazione
professionale, di durata non inferiore a tre mesi, per i
giudici di pace nominati in sede di prima applicazione, nei
limiti di disponibilità del bilancio.
Art. 23. (Durata dell'ufficio. Conferma. Ulteriore
nomina). - 1. Il magistrato onorario che esercita le
funzioni di giudice di pace dura in carica cinque anni e, al
termine, può essere confermato una sola volta per uguale
periodo.
2. Per la conferma non è richiesto il requisito del
limite massimo di età previsto dall'articolo 19, comma 1,
lettera e). Tuttavia l'esercizio delle funzioni non può
essere protratto oltre il settantacinquesimo anno di età.
3. Una ulteriore nomina non è consentita se non
siano decorsi quattro anni dalla cessazione del precedente
incarico.
Art. 24. (Incompatibilità). - 1. Non possono essere
giudici di pace:
a) i membri del Parlamento, i consiglieri
regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, i
componenti dei comitati di controllo sugli atti degli enti
locali e delle loro sezioni;
b) gli ecclesiastici e i ministri di qualunque
confessione religiosa;
c) coloro che ricoprono o hanno ricoperto
nell'anno precedente alla nomina incarichi direttivi o
esecutivi nei partiti politici.
Art. 25. (Limiti all'esercizio della professione
forense). - 1. Gli avvocati che svolgono le funzioni di
giudice di pace non
possono esercitare la professione forense dinanzi all'ufficio
del giudice di pace al quale appartengono e non possono
rappresentare, assistere o difendere le parti di procedimenti
svolti dinanzi al medesimo ufficio, nei successivi gradi di
giudizio.
Art. 26. (Decadenza e dispensa). - 1. I magistrati
onorari che esercitano le funzioni di giudice di pace decadono
dall'ufficio quando viene meno taluno dei requisiti necessari
per essere ammessi alle funzioni giudiziarie o per dimissioni
volontarie o quando sopravviene una causa di
incompatibilità.
2. I magistrati onorari che esercitano le funzioni
di giudice di pace sono dispensati dall'ufficio per infermità
che impedisca in modo definitivo l'esercizio delle funzioni o
per ogni impedimento che si protragga oltre sei mesi.
3. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 sono
adottati con decreto del Presidente della Repubblica, previa
deliberazione del Consiglio superiore della magistratura.
Art. 27. (Doveri e controlli disciplinari). - 1. Il
magistrato onorario che esercita le funzioni di giudice di
pace è tenuto alla osservanza dei doveri previsti per i
magistrati ordinari. Ha inoltre l'obbligo di astenersi, oltre
che nei casi di cui all'articolo 51 del codice di procedura
civile, in ogni caso in cui abbia avuto o abbia rapporti di
lavoro autonomo ovvero di collaborazione con una delle
parti.
2. Si applicano le disposizioni in tema di
responsabilità disciplinare dei magistrati ordinari, in quanto
compatibili.
TITOLO II
DEI GIUDICI
Capo I
DEL GIUDICE MONOCRATICO
Sezione I
Del giudice monocratico circondariale
Art. 28. (Sede del giudice monocratico). - 1. Il
giudice monocratico ha sede nei luoghi in cui è istituito il
tribunale.
Art. 29. (Composizione dell'ufficio). - 1. L'ufficio
del giudice monocratico è diretto dal giudice titolare e ad
esso sono addetti più magistrati.
2. L'ufficio può essere suddiviso in sezioni, a
dirigere ciascuna delle quali è nominato un presidente.
3. All'ufficio possono essere addetti giudici
onorari.
Art. 30. (Nomina dei giudici onorari. Incompatibilità).
- 1. I giudici onorari sono nominati con decreto del
Ministro della giustizia, in conformità alla deliberazione del
Consiglio superiore alla magistratura, su proposta del
consiglio giudiziario competente per territorio, integrato, a
tale fine, da cinque rappresentanti designati, d'intesa tra
loro, dai consigli dell'ordine degli avvocati del distretto di
corte d'appello.
2. Si applicano le disposizioni degli articoli 19 e
24.
3. Il giudice onorario non può assumere l'incarico
di consulente, perito o interprete nei procedimenti che si
svolgono dinanzi agli uffici giudiziari compresi nel
circondario presso il quale esercita le funzioni
giudiziarie.
Art. 31. (Durata dell'ufficio). - 1. La nomina a
giudice onorario ha la durata di cinque anni. Il titolare può
essere confermato.
2. Alla scadenza del quinquennio, il consiglio
giudiziario, nella composizione integrata prevista
dall'articolo 30, comma 1, esprime un giudizio di idoneità
alla continuazione dell'esercizio delle funzioni sulla base di
ogni elemento utile, compreso l'esame a campione dei
provvedimenti. Il giudizio di idoneità costituisce requisito
necessario per la conferma.
Art. 32. (Cessazione, decadenza e revoca dell'ufficio).
- 1. Il giudice onorario cessa dall'ufficio:
a) per compimento del settantaduesimo anno di
età;
b) per scadenza del termine di durata della nomina
o della conferma;
c) per dimissioni, a decorrere dalla data di
comunicazione del provvedimento di accettazione.
2. Il giudice onorario decade dall'ufficio:
a) se non assume le sue funzioni entro due mesi
dalla comunicazione del provvedimento di nomina o nel termine
più breve eventualmente fissato dal Ministro della giustizia
ai sensi dell'articolo 18;
b) se non esercita volontariamente le funzioni
inerenti all'ufficio;
c) se viene meno uno dei requisiti necessari per
la nomina o sopravviene una causa di incompatibilità.
3. Il giudice onorario è revocato dall'ufficio in
caso di inosservanza dei doveri inerenti al medesimo.
4. La cessazione, la decadenza o la revoca
dall'ufficio sono dichiarate o disposte con le stesse modalità
previste per la nomina.
Art. 33. (Doveri e diritti del giudice onorario). - 1.
Il giudice onorario è tenuto all'osservanza dei doveri
previsti per i giudici ordinari, in quanto compatibili.
2. Al giudice onorario competono esclusivamente le
indennità e gli altri diritti espressamente attribuiti dalla
legge con specifico riferimento al rapporto di servizio
onorario.
Art. 34. (Funzione e competenza del giudice
monocratico). - 1. Il giudice monocratico:
a) esercita la giurisdizione in primo grado in
materia civile;
b) esercita la giurisdizione in primo grado in
materia penale;
c) esercita nei modi stabiliti dalla legge le
altre funzioni ad esso deferite.
Art. 35. (Funzioni dei giudici ordinari ed onorari
addetti al giudice monocratico). - 1. I giudici ordinari ed
onorari svolgono presso l'organo monocratico il lavoro
giudiziario
loro assegnato dal presidente o, se l'ufficio è costituito in
sezioni, dal presidente o altro magistrato che dirige la
sezione. I giudici onorari non possono tenere udienza se non
nei casi di impedimento o di mancanza dei giudici ordinari.
2. Nell'assegnazione prevista dal comma 1, è seguito
il criterio di non affidare ai giudici onorari:
a) nella materia civile, la trattazione di
procedimenti cautelari e possessori, fatta eccezione per le
domande proposte nel corso della causa di merito o del
giudizio petitorio;
b) nella materia penale, le funzioni di giudice
per le indagini preliminari e di giudice dell'udienza
preliminare, nonché la trattazione di procedimenti relativi a
reati per i quali la legge stabilisce una pena detentiva
superiore a tre anni di reclusione, determinata a norma
dell'articolo 4 del codice di procedura penale.
Art. 36. (Costituzione delle sezioni). - 1. Il
giudice monocratico può essere costituito in più sezioni.
Negli organi monocratici costituiti in sezioni sono
biennalmente designate le sezioni alle quali sono devoluti,
promiscuamente o separatamente, gli affari civili, gli affari
penali nonché, separatamente, le controversie in materia di
lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie. In ogni
ufficio monocratico costituito in sezioni è istituita una
sezione dei giudici incaricati dei provvedimenti previsti dal
codice di procedura penale per la fase delle indagini
preliminari e per l'udienza preliminare.
2. A ciascuna sezione, nella formazione delle
tabelle ai sensi dell'articolo 7, sono destinati giudici nel
numero richiesto dalle esigenze di servizio, tenuto conto del
numero dei processi pendenti e dell'urgenza della definizione
delle controversie.
3. I giudici destinati a ciascuna sezione non
possono essere comunque in numero inferiore a cinque. Tale
limite non opera per la sezione dei giudici incaricati dei
provvedimenti previsti dal codice di procedura
penale per la fase delle indagini preliminari e per l'udienza
preliminare.
Art. 37. (Attribuzioni del presidente). - 1. Il
presidente dirige l'ufficio e, in quelli costituiti in
sezioni, distribuisce il lavoro tra sezioni, salvi i compiti
del presidente di sezione.
Art. 38. (Direzione delle sezioni). - 1. Negli
uffici costituiti in sezioni e nei quali sono istituiti posti
di presidente di sezione, la direzione delle sezioni è
attribuita ad un presidente di sezione.
2. Negli uffici nei quali non sono istituiti posti
di presidente di sezione, dell'organizzazione del lavoro della
sezione è incaricato il magistrato designato nelle tabelle
formate ai sensi dell'articolo 7.
Art. 39. (Istituzione dei posti di presidente di
sezione). - 1. Salvo quanto previsto dal comma 2, negli
uffici costituiti in sezioni ai quali sono addetti più di
dieci giudici ordinari possono essere istituiti posti di
presidente di sezione, in numero non superiore a quello
determinato dalla proporzione di uno a dieci.
2. Il posto di presidente di sezione può essere
comunque istituito, senza l'osservanza dei limiti previsti dal
comma 1, per la direzione delle seguenti sezioni, tenuto conto
della loro consistenza numerica e delle specifiche esigenze
organizzative:
a) sezioni incaricate della trattazione delle
controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza
obbligatorie;
b) sezioni dei giudici incaricati dei
provvedimenti previsti dal codice di procedura penale per la
fase delle indagini preliminari e per l'udienza
preliminare.
Art. 40. (Attribuzioni del presidente di sezione). - 1.
Il presidente di sezione, oltre a svolgere il lavoro
giudiziario, dirige la sezione cui è assegnato e, in
particolare, sorveglia l'andamento dei servizi di cancelleria
ed ausiliari, distribuisce il lavoro
tra i giudici e vigila sulla loro attività, curando anche lo
scambio di informazioni della sezione. Collabora, altresì, con
il presidente dell'ufficio nell'attività di direzione. Con le
tabelle formate ai sensi dell'articolo 7, al presidente di
sezione può essere attribuito l'incarico di dirigere più
sezioni che trattano materie omogenee, ovvero di coordinare
uno o più settori di attività dell'ufficio.
Sezione II
Delle sezioni distaccate
del giudice monocratico.
Art. 41. (Sezioni distaccate del giudice monocratico).
- 1. Nei comuni indicati nella tabella B annessa al
presente ordinamento sono istituite sezioni distaccate del
giudice monocratico con la circoscrizione stabilita per
ciascuna di esse.
Art. 42. (Istituzione, soppressione e modifica della
circoscrizione delle sezioni distaccate). - 1.
All'istituzione, alla soppressione ed alla modifica della
circoscrizione delle sezioni distaccate si provvede con
decreto motivato del Ministro della giustizia, di concerto con
il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere del
Consiglio superiore della magistratura. Il decreto è adottato
sulla base di criteri oggettivi ed omogenei, che tengono conto
dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei
sistemi di mobilità, dell'indice di contenzioso in materia
civile e penale degli ultimi due anni, della complessità e
dell'articolazione delle attività economiche e sociali che si
svolgono nel territorio. L'avvio del procedimento è comunicato
agli enti locali interessati, ai consigli giudiziari e ai
consigli degli ordini degli avvocati. Si osservano le
disposizioni degli articoli 7, 8 e 9 della legge 7 agosto
1990, n. 241. Il parere del Consiglio superiore della
magistratura è comunicato al Ministro della giustizia entro
quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta. Decorso
tale termine, il decreto è emanato anche in mancanza del
parere.
Art. 43. (Affari trattati nelle sezioni distaccate). -
1. Le controversie in materia di lavoro e di previdenza e
assistenza obbligatorie sono trattate esclusivamente nella
sede principale del giudice monocratico.
2. Nella sede di cui al comma 1 sono altresì svolte,
in via esclusiva, le funzioni del giudice per le indagini
preliminari e del giudice dell'udienza preliminare.
3. In deroga a quanto previsto dal comma 2, con
decreto del Ministro della giustizia, in conformità alla
deliberazione del Consiglio superiore della magistratura
assunta su proposta del presidente dell'ufficio del giudice
monocratico, sentito il consiglio dell'ordine degli avvocati,
può essere disposto che nelle sezioni distaccate aventi sede
in isole, eccettuate la Sicilia e la Sardegna, siano trattate
anche le cause concernenti controversie di lavoro e di
previdenza e assistenza obbligatorie.
4. La deroga di cui al comma 3 può essere prevista
anche per un tempo determinato in relazione a particolari
circostanze.
Art. 44. (Udienze relative a procedimenti da trattare
nella sede principale e nelle sezioni distaccate). - 1. In
considerazione di particolari esigenze, il presidente
dell'ufficio, sentite le parti, può disporre che una o più
udienze relative a procedimenti civili o penali da trattare
nella sede principale siano tenute in una sezione distaccata,
o che una o più udienze relative a procedimenti da trattare in
una sezione distaccata siano tenute nella sede principale o in
altra sezione distaccata. Sentiti il consiglio giudiziario ed
il consiglio dell'ordine degli avvocati, il provvedimento può
essere adottato anche in relazione a gruppi omogenei di
procedimenti.
Art. 45. (Magistrati assegnati alle sezioni
distaccate). - 1. I magistrati assegnati alle sezioni
distaccate possono svolgere funzioni anche presso la sede
principale o presso altre sezioni distaccate, secondo criteri
determinati con le tabelle previste dall'articolo 7. Nelle
sezioni distaccate non sono istituiti posti di presidente di
sezione.
Capo II
DEI TRIBUNALI
Sezione I
Del tribunale ordinario.
Art. 46. (Sede del tribunale). - 1. Il tribunale ha
sede in ogni capoluogo determinato dalla tabella A annessa al
presente ordinamento.
Art. 47. (Composizione del tribunale). - 1. Il
tribunale è diretto dal presidente e ad esso sono addetti più
giudici. Al tribunale possono essere addetti uno o più
presidenti di sezione.
2. Al tribunale possono essere addetti giudici
onorari.
3. La nomina dei giudici onorari è regolata dagli
articoli da 17 a 23.
Art. 48. (Funzioni ed attribuzioni del tribunale). - 1.
Il tribunale:
a) esercita la giurisdizione in primo grado e in
appello, contro le sentenze pronunciate dal giudice di pace,
in materia civile;
b) esercita la giurisdizione in primo grado in
materia penale;
c) esercita le funzioni di giudice tutelare;
d) giudica sulla applicazione delle misure di
prevenzione personali e patrimoniali;
e) esercita nei modi stabiliti dalla legge le
altre funzioni ad esso deferite.
Art. 49. (Funzioni del tribunale). - 1. I singoli
collegi svolgono il lavoro giudiziario loro assegnato dal
presidente o, se l'ufficio è costituito in sezioni, dal
presidente o altro magistrato che dirige la sezione.
2. I giudici onorari non possono comporre l'organo
collegiale se non nei casi di impedimento o di mancanza dei
giudici ordinari.
3. Nell'assegnazione prevista dal comma 1 del
presente articolo, qualora giudici onorari compongano il
collegio, si applica l'articolo 23, comma 3.
Art. 50. (Costituzione delle sezioni). - 1. Il
tribunale può essere costituito in più sezioni.
2. Negli organi collegiali costituiti in sezioni si
applicano le disposizioni di cui agli articoli da 24 a 29, in
quanto compatibili.
Art. 51. (Altri criteri per l'istituzione dei posti
presidente di sezione). - 1. Il posto di presidente di
sezione può essere comunque istituito, senza l'osservanza dei
limiti previsti dalle norme di cui all'articolo 37, comma
1:
a) per la direzione della corte di assise e delle
singole sezioni della medesima, quando il numero delle udienze
da esse tenute lo richiede;
b) per la direzione delle seguenti sezioni, tenuto
conto della loro consistenza numerica e delle specifiche
esigenze organizzative:
1) per le sezioni incaricate della trattazione delle
controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza
obbligatorie;
2) per le sezioni incaricate degli affari inerenti
alle procedure concorsuali.
Art. 52. (Presidenza dei collegi). - 1. La
presidenza del collegio è assunta dal presidente dell'ufficio
o da un presidente di sezione o dal magistrato più elevato in
qualifica o dal più anziano dei magistrati di pari qualifica
componenti il collegio.
Sezione II
Del tribunale per i minorenni.
Art. 53. (Costituzione e giurisdizione del tribunale
per i minorenni). - 1. In ogni sede di appello o di sezione
distaccata di corte di appello è costituito un tribunale per i
minorenni.
2. Il tribunale per i minorenni ha giurisdizione su
tutto il territorio della corte di appello o della sezione di
corte di appello, nei limiti di competenza determinati dalla
legge.
Art. 54. (Composizione del tribunale per i
minorenni).- 1. Il tribunale per i minorenni è
composto da un magistrato di corte di appello, che lo
presiede, da un magistrato del giudice collegiale e da due
esperti, un uomo e una donna, aventi i requisiti richiesti
dalla legge, ai quali è conferito il titolo di giudice
onorario del tribunale per i minorenni. Possono anche essere
nominati due o più supplenti.
2. Gli esperti del tribunale per i minorenni sono
nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su
proposta del Ministro della giustizia, per un triennio, e
possono essere confermati.
Art. 55. (Giudice monocratico).- 1. In ogni
tribunale per i minorenni uno o più magistrati sono incaricati
come giudici singoli dei procedimenti previsti dal codice di
procedura penale per la fase delle indagini preliminari.
L'organizzazione del lavoro dei predetti giudici è attribuita
al più anziano.
2. Nell'udienza predibattimentale, il tribunale per
i minorenni giudica composto da un magistrato e da due giudici
onorari, un uomo e una donna, dello stesso ufficio.
Art. 56. (Magistrato di sorveglianza presso il
tribunale per i minorenni).- 1. Le funzioni di
magistrato di sorveglianza sono esercitate dal giudice addetto
al tribunale per i minorenni.
2. Il presidente del tribunale ordinario, sentito il
procuratore della Repubblica, può, con proprio decreto,
destinare anche altro giudice, con le stesse funzioni, al
tribunale per i minorenni".
2. L'articolo 69 dell'ordinamento giudiziario, approvato
con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive
modificazioni, è sostituito dai seguenti:
"Art. 69. (Funzioni del pubblico ministero).-
1. Il pubblico ministero esercita le funzioni che la
legge gli attribuisce.
Art. 69-bis. (Concorso per l'ammissione nei ruoli di
procuratore della Repubblica).- 1. La nomina a
pubblico ministero si consegue mediante concorso per esame.
2. L'esame consiste:
a) in una prova scritta su ciascuna delle seguenti
materie:
1) diritto civile;
2) diritto penale;
3) diritto processuale penale;
b) in una prova orale su ciascuna delle seguenti
materie:
1) diritto civile;
2) diritto processuale civile;
3) diritto penale;
4) diritto processuale penale;
5) diritto amministrativo e costituzionale;
6) criminologia.
3. Le norme sulle modalità esecutive del concorso e sulla
nomina delle commissioni sono quelle stabilite per il concorso
di uditore giudiziario.
4. La commissione di esame è nominata dal Consiglio
superiore della magistratura ed è composta da un presidente
titolare di sezione della Corte di cassazione, che la
presiede, da tra magistrati del pubblico ministero di
categoria non inferiore a magistrato di corte di appello, da
tre giudici in servizio presso la Corte di cassazione, nonchè
da sei professori ordinari di materie giuridiche del settore
di disciplina relativo alle materie penalistiche. Sono
nominati componenti supplenti nello stesso numero.
Art. 69-ter. (Conseguimento della idoneità a
procuratore della Repubblica).- 1. I concorrenti che
partecipano al concorso di cui all'articolo 69-bis sono
classificati secondo il numero totale dei punti riportati.
2. Sono dichiarati idonei allo svolgimento delle
funzioni di procuratore della Repubblica, con decreto del
Ministro della giustizia, i primi classificati entro il limite
dei posti messi a concorso, non derogabile per alcun
motivo.
3. I concorrenti dichiarati idonei sono destinati
agli uffici della procura della Repubblica presso il tribunale
o presso i giudici monocratici a cui sono assegnati, ove
devono compiere un periodo di tirocinio della durata di almeno
due anni sotto la sorveglianza del capo dell'ufficio.
4. Il capo dell'ufficio può designare uno o più
sostituti per lo svolgimento delle funzioni di cui al comma
3.
5. Al termine del periodo di tirocinio gli idonei
sono nominati sostituti procuratori della Repubblica con
deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, su
parere del consiglio giudiziario al quale il capo dell'ufficio
riferisce sull'esito del tirocinio.
Art. 69-quater. (Avanzamenti di carriera dei
pubblici ministeri).- 1. L'anzianità di servizio dei
pubblici ministeri è computata dalla data del decreto di
nomina ed è uno dei requisiti per i passaggi della funzione
requirente dinanzi alla corte di appello ed alla Corte di
cassazione".
3. L'articolo 70 dell'ordinamento giudiziario, approvato
con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive
modificazioni, è sostituito dal seguente:
"Art. 70. (Costituzione del pubblico ministero).-
1. Le funzioni del pubblico ministero sono esercitate
dal procuratore generale presso la Corte di cassazione, dai
procuratori generali della Repubblica presso le corti di
appello, dai procuratori della Repubblica presso i tribunali
per i minorenni e dai procuratori della Repubblica presso i
tribunali ordinari.
2. Presso le sezioni distaccate di corte di appello
le funzioni del procuratore generale sono esercitate
dall'avvocato generale dello Stato.
3. I titolari degli uffici del pubblico ministero
dirigono l'ufficio cui sono preposti, ne organizzano
l'attività ed esercitano personalmente le funzioni attribuite
al pubblico ministero dal codice di procedura penale e dalle
altre leggi, quando non designano altri magistrati addetti
all'ufficio.
Possono essere designati più magistrati in considerazione del
numero degli imputati o della complessità delle indagini o del
dibattimento.
4. Il magistrato designato svolge le funzioni del
pubblico ministero con piena autonomia. Il titolare
dell'ufficio può sostituirlo esercitando personalmente le
funzioni del pubblico ministero, trasmettendo al Consiglio
superiore della magistratura copia del provvedimento che ha
disposto la sostituzione del magistrato.
5. Ogni magistrato addetto ad una procura della
Repubblica che, fuori dell'esercizio delle sue funzioni, viene
comunque a conoscenza di fatti che possono determinare
l'inizio dell'azione penale o di indagini preliminari, può
segnalarli per iscritto al titolare dell'ufficio. Questi,
quando non sussistono i presupposti per la richiesta di
archiviazione e non intende procedere personalmente, provvede
a designare per la trattazione uno o più magistrati
dell'ufficio.
6. Quando il procuratore nazionale antimafia o il
procuratore generale presso la corte di appello dispone
l'avocazione delle indagini preliminari nei casi previsti
dalla legge, trasmette copia del relativo decreto motivato al
Consiglio superiore della magistratura e ai procuratori della
Repubblica interessati.
7. Entro dieci giorni dalla ricezione del
provvedimento di avocazione, il procuratore della Repubblica
interessato può proporre reclamo al procuratore generale
presso la Corte di cassazione. Questi, se accoglie il reclamo,
revoca il decreto di avocazione, disponendo la restituzione
degli atti".
4. Dopo l'articolo 72 dell'ordinamento giudiziario,
approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e
successive modificazioni, è inserito il seguente:
"Art. 72-bis. (Delegati dal procuratore della
Repubblica nel procedimento penale davanti al giudice di
pace).- 1. Nei procedimenti penali davanti al
giudice di pace, le funzioni di pubblico ministero possono
essere svolte, su delega del procuratore
della Repubblica presso il tribunale ordinario:
a) nell'udienza dibattimentale, da auditori
giudiziari, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio,
da ufficiali di polizia giudiziari diversi da coloro che hanno
preso parte alle indagini preliminari o da laureati in
giurisprudenza che frequentano il secondo anno della scuola
biennale di specializzazione per le professioni legali di cui
all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n.
398, e successive modificazioni;
b) per gli atti del pubblico ministero previsti
dall'articolo 577 del codice di procedura penale, da vice
procuratori onorari addetti all'ufficio;
c) nei procedimenti in camera di consiglio di cui
all'articolo 137 del codice di procedura penale, nei
procedimenti di esecuzione ai fini dell'intervento di cui
all'articolo 675, comma 2, del medesimo codice, e nei
procedimenti di opposizione al decreto del pubblico ministero
di liquidazione del compenso ai periti, consulenti tecnici e
traduttori ai sensi dell'articolo 11 della legge 8 luglio
1980, n. 139, da vice procuratori onorari addetti
all'ufficio.
2. Nei casi indicati nel comma 1, la delega è
conferita in relazione ad una determinata udienza o a un
singolo procedimento.
3. La delega è revocabile nei soli casi in cui il
codice di procedura penale prevede la sostituzione del
pubblico ministero.
4. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo
162, commi 1, 3 e 4, delle norme di attuazione, di
coordinamento e transitorie del codice di procedura penale,
approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271".
5. L'articolo 190 dell'ordinamento giudiziario, approvato
con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive
modificazioni, è abrogato.
6. Gli articoli da 1 a 10 della legge 21 novembre 1991,
n. 374, e successive modificazioni, sono abrogati.
Art. 3.
1. L'articolo 5 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 5. (Competenza della corte di assise).-
1. La corte di assise è competente:
a) per i delitti di cui alla legge 22 dicembre
1975, n. 685, e successive modificazioni, per i quali la legge
stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non
inferiore nel massimo a ventiquattro anni;
b) per i delitti consumati previsti dagli articoli
579, 580, 584, 600, 601, 602, 609-bis, 609-ter,
609-quater, 609-quinquies, 609-sexies,
609-octies e 609-nonies del codice penale;
c) per ogni delitto doloso se dal fatto è derivata
la morte di una o più persone;
d) per i delitti previsti dalle leggi di
attuazione della XII disposizione finale della Costituzione,
dalla legge 9 ottobre 1967, n. 962, dal decreto legislativo 14
febbraio 1948, n. 43, dal decreto-legge 26 aprile 1993, n.
122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno
1993, n. 205, e dal titolo I del libro II del codice penale,
sempre che per tali delitti sia stabilita la pena della
reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni".
2. L'articolo 6 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 6. (Competenza del tribunale).- 1. Il
tribunale è competente per tutti i reati che non appartengono
alla competenza della corte di assise, del giudice monocratico
o del giudice di pace.
2. Il tribunale è altresì competente per i reati
contro la pubblica amministrazione e contro l'amministrazione
della giustizia perseguibili d'ufficio".
3. L'articolo 7 del codice di procedura penale è
sostituito dai seguenti:
"Art. 7. (Competenza del giudice monocratico).-
1. Il giudice monocratico è competente per tutti i reati
puniti con la pena
detentiva inferiore nel massimo a cinque anni e che non sono
attribuiti alla competenza del giudice di pace.
2. Il giudice monocratico è altresì competente per i
reati di cui all'articolo 648 del codice penale, e
all'articolo 73, comma 5, del testo unico di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
Art. 7-bis. (Competenza del giudice di pace).
- 1. Il giudice di pace è competente per tutti i reati
puniti con pena detentiva non superiore nel massimo a tre
anni.
2. Il giudice di pace è altresì competente:
a) per i delitti consumati o tentai previsti dagli
articoli 581, 582, limitatamente alle fattispecie di cui al
secondo comma perseguibili a querela di parte, 590,
limitatamente alle fattispecie perseguibili a querela di parte
e ad esclusione delle fattispecie connesse alla colpa
professionale e dei fatti commessi con violazione delle norme
per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative
all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia
professionale quando, nei casi citati, derivi una malattia di
durata superiore a venti giorni, 593, commi primo e secondo,
594, 595, commi primo e secondo, 612, primo comma, 626, 627,
631, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo
639-bis, 632, salvo che ricorra l'ipotesi di cui
all'articolo 639-bis, 633, primo comma, salvo che
ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis, 635,
primo comma, 636, salvo che ricorra l'ipotesi di cui
all'articolo 639-bis, 637, 638, primo comma, 639 e 647
del codice penale;
b) per le contravvenzioni previste dagli articoli
689, 690, 691, 726 e 731 del codice penale;
c) per i delitti, consumati o tentati, e per le
contravvenzioni previsti dall'articolo 1094 del codice della
navigazione.
2. La competenza per i reati di cui al comma 1 del
presente articolo e per i reati già attribuiti alla competenza
del giudice di pace ai sensi del decreto legislativo 28 agosto
2000, n. 274, e successive modificazioni, è tuttavia del
tribunale se ricorre
una o più delle circostanze previste dagli articoli 1 del
decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, 7 del
decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e 3 del
decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con
modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205.
3. Rimane ferma la competenza del tribunale per i
minorenni.
4. Il procedimento dinanzi al giudice di pace è
regolato dalle disposizioni speciali e per tutto quanto da
queste non previste dalle norme del presente codice".
4. All'articolo 11 del codice di procedura penale, dopo il
comma 3 è aggiunto il seguente:
"3-bis. Le disposizioni del presente articolo si
applicano anche nei procedimenti nei quali l'avvocato iscritto
all'albo del consiglio dell'ordine che ha sede nel distretto
dell'autorità giudiziaria procedente, assume la qualità di
imputato o di persona offesa dal reato".
5. Dopo l'articolo 11-bis del codice di procedura
penale è inserito il seguente:
"Art. 11-ter. (Casi di connessione davanti al giudice
di pace) - 1. Davanti al giudice di pace si ha connessione
di procedimenti:
a) se il reato per cui si procede è stato commesso
da più persone in concorso o cooperazione fra loro;
b) se una persona è imputata di più reati commessi
con una sola azione od omissione".
6. Dopo l'articolo 15 del codice di procedura penale è
inserito il seguente:
"Art. 15-bis. (Competenza per materia determinata dalla
connessione per i reati del giudice di pace) - 1. Tra
procedimenti di competenza del giudice di pace e procedimenti
di competenza di altro giudice, si ha connessione solo nel
caso di persona
imputata di più reati commessi con una sola azione od
omissione.
2. Se alcuni dei procedimenti connessi appartengono
alla competenza del giudice di pace e altri a quella della
corte di assise o del tribunale, è competente per tutti il
giudice superiore.
3. La connessione non opera se non è possibile la
riunione dei processi, né tra procedimenti di competenza del
giudice di pace e procedimenti di competenza di un giudice
speciale".
7. Dopo l'articolo 16 del codice di procedura penale è
inserito il seguente:
"Art. 16-bis. (Competenza per territorio determinata
dalla connessione per i reati del giudice di pace) - 1. Nei
casi previsti dall'articolo 15-bis, se i reati sono
stati commessi in luoghi diversi, la competenza per territorio
appartiene per tutti al giudice di pace del luogo in cui è
stato commesso il primo reato. Se non è possibile determinare
in tal modo la competenza, questa appartiene al giudice di
pace del luogo in cui è iniziato il primo dei procedimenti
connessi".
8. Dopo l'articolo 18 del codice di procedura penale è
inserito il seguente:
"Art. 18-bis. (Riunione e separazione dei processi
pendenti dinanzi al giudice di pace) - 1. Nei casi previsti
dall'articolo 19, prima di procedere all'udienza di
comparizione, il giudice di pace può ordinare la riunione dei
processi, quando questa non pregiudica la rapida definizione
degli stessi.
2. Anche fuori dei casi previsti dall'articolo 19,
il giudice di pace può ordinare la riunione dei processi
quando i reati sono commessi da più persone in danno reciproco
le une delle altre o quando più persone con condotte
indipendenti hanno determinato l'evento o quando una persona è
imputata di più reati commessi con più azioni od omissioni
esecutive di un medesimo disegno criminoso, ovvero ogni volta
in cui ciò giovi alla celerità e alla completezza
dell'accertamento.
3. Prima di procedere all'udienza di comparizione e,
comunque, non oltre la dichiarazione di apertura del
dibattimento, il giudice di pace ordina la separazione dei
processi, qualora ritenga che la riunione possa pregiudicare
il tentativo di conciliazione, ovvero la rapida definizione di
alcuni fra i processi riuniti".
9. L'articolo 21 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 21. (Incompetenza) - 1. L'incompetenza per
materia è rilevata, anche di ufficio, in ogni stato e grado
del processo, salvo quanto previsto dal comma 2 del presente
articolo e dall'articolo 23, comma 2.
2. L'incompetenza per territorio e per connessione è
rilevata entro il termine previsto dall'articolo 491, comma
1".
10. L'articolo 22 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 22. (Incompetenza dichiarata dal giudice per le
indagini preliminari) - 1. Nel corso delle indagini
preliminari il giudice, quando rileva la propria incompetenza
per qualsiasi causa, pronuncia ordinanza e dispone la
restituzione degli atti al pubblico ministero.
2. Dopo la chiusura delle indagini preliminari il
giudice, quando rileva la propria incompetenza per qualsiasi
causa, la dichiara con sentenza e ordina la trasmissione degli
atti al pubblico ministero presso il giudice competente".
11. L'articolo 23 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 23. (Incompetenza dichiarata nel dibattimento di
primo grado) - 1. Se nel dibattimento di primo grado il
giudice rileva che il processo appartiene alla competenza di
altro giudice, dichiara con sentenza la propria incompetenza
per qualsiasi causa e ordina la trasmissione degli atti al
pubblico ministero.
2. Se il reato appartiene alla cognizione di un
giudice di competenza inferiore, l'incompetenza è rilevata o
eccepita, a
pena di decadenza, entro il termine stabilito dall'articolo
491, comma 1. Il giudice, se ritiene la propria incompetenza,
provvede a norma del comma 1".
12. Dopo l'articolo 23 del codice di procedura penale è
inserito il seguente:
"Art. 23-bis.(Competenza del giudice di pace dichiarata
da altro giudice) - 1. In ogni stato e grado del processo,
se il giudice ritiene che il reato appartiene alla competenza
del giudice di pace, lo dichiara con sentenza e ordina la
trasmissione degli atti al pubblico ministero. Le prove
acquisite dal giudice incompetente sono utilizzabili nel
processo davanti al giudice di pace".
13. L'articolo 24 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 24. (Decisioni del giudice di appello sulla
competenza) - 1. Il giudice di appello pronuncia sentenza
di annullamento e ordina la trasmissione degli atti al
pubblico ministero quando riconosce che il giudice dl primo
grado era incompetente per materia a norma dell'articolo 23,
comma 1, ovvero per territorio o per connessione".
14. L'articolo 27 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 27. (Misure cautelari disposte dal giudice
incompetente) - 1. Le misure cautelari disposte dal giudice
che, contestualmente o successivamente, si dichiara
incompetente per qualsiasi causa cessano di avere effetto. In
ogni altro caso, la misura perde l'efficacia se, entro venti
giorni dalla declaratoria di incompetenza, il giudice al quale
sono trasmessi gli atti non provvede a norma degli articoli
292, 317 e 321.
2. Il giudice diverso da quello che ha disposto le
misure cautelari, nel declinare la propria competenza,
dichiara l'inefficacia della misura".
15. All'articolo 30 del codice di procedura penale, il
comma 3 è sostituito dal seguente:
"3. L'ordinanza e la denuncia previste dai commi 1 e
2 non hanno effetto sospensivo
sui procedimenti in corso, salvo che la Corte di cassazione,
su richiesta dalle parti, disponga diversamente".
16. L'articolo 33 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 33. (Capacità del giudice) - 1. Le condizioni
di capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per
costituire i collegi sono stabiliti dalle leggi di ordinamento
giudiziario.
2. Attengono alla capacità del giudice le
disposizioni sulla destinazione del giudice agli uffici
giudiziari e alle sezioni, sulla formazione dei collegi e
sulla assegnazione dei processi a sezioni, collegi e
giudici".
17. L'articolo 34 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 34. (Incompatibilità determinata da atti compiuti
nel procedimento) - 1. Il giudice che ha pronunciato o ha
concorso a pronunciare sentenza in un grado del procedimento
non può esercitare funzioni di giudice negli altri gradi, né
partecipare al giudizio di rinvio dopo l'annullamento o al
giudizio per revisione.
2. Non può partecipare al giudizio il giudice che ha
emesso il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare o
ha disposto il giudizio immediato o ha emesso decreto penale
di condanna o ha deciso sull'impugnazione avverso la sentenza
di non luogo a procedere.
3. E' altresì dichiarata l'incompatibilità:
a) a partecipare al giudizio del giudice che ha
emesso il provvedimento con il quale ha ordinato al pubblico
ministero di formulare l'imputazione;
b) a partecipare al giudizio del giudice che ha
rigettato la richiesta di decreto di condanna;
c) a partecipare all'udienza dibattimentale del
giudice che ha respinto la richiesta di applicazione di pena
concordata per la ritenuta non concedibilità di circostanze
attenuanti;
d) a partecipare all'udienza del giudice che ha
rigettato la richiesta di applicazione di pena concordata di
cui all'articolo 459;
e) a partecipare all'udienza del giudice il quale,
per la ritenuta diversità del fatto, sulla base di una
valutazione del complesso delle indagini preliminari, ha
rigettato la domanda di obiezione;
f) a partecipare all'udienza del giudice che,
all'esito di precedente dibattimento riguardante il medesimo
fatto storico a carico dello stesso imputato, ha ordinato la
trasmissione degli atti al pubblico ministero a norma
dell'articolo 521, comma 2;
g) a partecipare all'udienza del giudice per le
indagini preliminari che ha applicato una misura cautelare
personale nei confronti dell'imputato;
h) a partecipare all'udienza del giudice che, come
componente del tribunale di cui all'articolo 309, si è
pronunciato sull'ordinanza che dispone una misura cautelare
nei confronti dell'indagato o dell'imputato;
i) a partecipare alla definizione anticipata del
giudizio e a disporre l'applicazione della pena su richiesta
delle parti del giudice per le indagini preliminari che ha
disposto una misura cautelare gestionale nonché la modifica,
la sostituzione o la revoca di una misura cautelare personale
ovvero che ha rigettato una richiesta di applicazione,
modifica, sostituzione o revoca di una misura cautelare
personale;
l) a partecipare al giudizio dibattimentale del
giudice che ha disposto la modifica, la sostituzione o la
revoca di una misura cautelare personale ovvero che ha
rigettato una richiesta di applicazione, modifica,
sostituzione o revoca di una misura cautelare personale;
m) a disporre l'applicazione della pena su
richiesta delle parti del giudice che, come componente del
tribunale di cui all'articolo 309, si è pronunciato
sull'ordinanza che dispone una misura cautelare
personale nei confronti dell'indagato o dell'imputato;
n) a partecipare al giudizio nei confronti di un
imputato del giudice che ha pronunciato o concorso a
pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri
soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato
in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata
comunque valutata.
4. Chi ha esercitato funzioni di pubblico ministero
o ha svolto atti di polizia giudiziaria o ha prestato ufficio
di difensore, di procuratore speciale, di curatore di una
parte ovvero di testimone, perito o consulente tecnico o ha
proposto denuncia, querela, istanza o richiesta o ha
deliberato o ha concorso a deliberare l'autorizzazione a
procedere non può esercitare nel medesimo procedimento
l'ufficio di giudice".
18. L'articolo 36 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 36. (Astensione) - 1. Il giudice ha l'obbligo
di astenersi:
a) se ha interesse nel procedimento o se alcuna
delle parti private o un difensore è debitore o creditore di
lui, del coniuge o dei figli;
b) se è tutore, curatore, procuratore o datore di
lavoro di una delle parti private ovvero se il difensore,
procuratore o curatore di una di dette parti è prossimo
congiunto di lui o del coniuge;
c) se ha dato consigli o manifestato il suo parere
sull'oggetto del procedimento fuori dell'esercizio delle
funzioni giudiziarie;
d) se vi è inimicizia grave fra lui o un suo
prossimo congiunto e una delle parti private;
e) se alcuno dei prossimi congiunti di lui o del
coniuge è offeso o danneggiato dal reato o parte privata;
f) se un prossimo congiunto di lui o del coniuge
svolge o ha svolto funzioni di pubblico ministero;
g) se si trova in taluna delle situazioni di
incompatibilità stabilite dagli articoli 41 e 42 e dalle leggi
di ordinamento giudiziario;
h) se esistono altre gravi ragioni di
convenienza.
2. I motivi di astensione indicati nel comma 1,
lettera b), seconda ipotesi, e lettera e), o
derivanti da incompatibilità per ragioni di coniugio o
affinità, sussistono anche dopo l'annullamento, lo
scioglimento o la cessazione degli effetti civili del
matrimonio.
3. La dichiarazione di astensione è presentata al
presidente della corte o del tribunale, che decide con decreto
senza formalità di procedura.
4. Sulla dichiarazione di astensione del giudice,
anche di pace, decide il presidente del tribunale; su quella
del presidente del tribunale decide il presidente della corte
di appello; su quella del presidente della corte di appello
decide il presidente della Corte di cassazione".
19. L'articolo 37 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 37. (Ricusazione) - 1. Il giudice può essere
accusato dalle parti:
a) nei casi previsti dall'articolo 36, comma 1,
lettere a), b), c), d), e), f) e g);
b) se nell'esercizio delle funzioni e prima che
sia pronunciata sentenza, egli ha manifestato indebitamente il
proprio convincimento sui fatti oggetto dell'imputazione.
2. Il giudice ricusato non può pronunciare né
concorrere a pronunciare sentenza fino a che non sia
intervenuta l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta
la ricusazione, salvo che la dichiarazione riproposta sia
fondata sui medesimi motivi".
20. Il comma 2 dell'articolo 38 del codice di procedura
penale è sostituito dal seguente:
"2. Qualora la causa di ricusazione sia sorta o sia
divenuta nota dopo la scadenza dei termini previsti dal comma
1, la dichiarazione può essere proposta entro tre giorni".
21. L'articolo 40 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 40. (Competenza a decidere sulla ricusazione) -
1. Sulla ricusazione del giudice di pace decide il
tribunale; su quella di un giudice del tribunale o della corte
di assise o della corte di assise di appello decide la corte
di appello; su quella di un giudice della corte di appello
decide una sezione della corte stessa, diversa da quella a cui
appartiene il giudice ricusato.
2. Sulla ricusazione di un giudice della Corte di
cassazione decide una sezione della Corte, diversa da quella a
cui appartiene il giudice ricusato.
3. Non è ammessa la ricusazione dei giudici chiamati
a decidere sulla ricusazione".
22. L'articolo 41 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 41. (Decisione sulla dichiarazione di
ricusazione) - 1. Sul merito della ricusazione la corte
decide a norma dell'articolo 127. Contro l'ordinanza è
proponibile ricorso per cassazione e la corte decide in camera
di consiglio a norma dell'articolo 611, dopo aver assunto, se
necessario, le opportune informazioni.
2. La corte o il tribunale può disporre, con
ordinanza, che il giudice sospenda temporaneamente ogni
attività processuale o si limiti al compimento degli atti
urgenti.
3. L'ordinanza pronunciata a norma dei commi 1 e 2 è
comunicata al giudice ricusato e al pubblico ministero ed è
notificata alle parti private".
23. L'articolo 42 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 42. (Provvedimenti in caso di accoglimento della
dichiarazione di astensione
o ricusazione) - 1. Se la dichiarazione di astensione o di
ricusazione è accolta, il giudice non può compiere alcun atto
del procedimento e quelli compiuti sono inefficaci. Tuttavia,
con il provvedimento che accoglie la dichiarazione di
astensione o di ricusazione, il giudice dichiara se e in quale
parte gli atti compiuti precedentemente dal giudice astenutosi
o ricusato conservano efficacia".
24. L'articolo 43 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 43. (Sostituzione del giudice astenuto o
ricusato) - 1. Il giudice astenuto o ricusato è sostituito
con altro magistrato dello stesso ufficio designato secondo le
leggi di ordinamento giudiziario.
2. Qualora non sia possibile la sostituzione
prevista dal comma 1, la corte o il tribunale rimette il
procedimento al giudice ugualmente competente per materia
determinato a norma dell'articolo 11.
3. Gli atti del procedimento di ricusazione sono
trasmessi al Ministro della giustizia, al procuratore generale
della Corte di cassazione e al Consiglio superiore della
magistratura".
25. L'articolo 45 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 45. (Casi di rimessione) - 1. In ogni stato e
grado del procedimento, quando la sicurezza o l'incolumità
pubblica ovvero la libertà di determinazione delle persone che
partecipano al processo, nonché il pieno esercizio del diritto
di difesa e le altre garanzie del giusto processo sono
pregiudicati da gravi situazioni locali, anche interne
all'ufficio giudiziario competente, tali da turbarne lo
svolgimento e non altrimenti eliminabili, la Corte di
cassazione, su richiesta motivata del procuratore generale
presso la corte di appello, del pubblico ministero presso il
giudice che procede, della persona offesa dal reato, della
parte civile o dell'imputato, rimette il processo ad altro
giudice, designato a norma dell'articolo 11".
26. Il comma 3 dell'articolo 48 del codice di procedura
penale è sostituito dal seguente:
"3. Ferma restando la inutilizzabilità di tutti gli
atti compiuti successivamente alla presentazione dell'istanza
di rimessione, il giudice designato dalla Corte dl cassazione
dichiara, con ordinanza, se e in quale parte gli atti già
compiuti siano inutilizzabili. Nel processo davanti a tale
giudice le parti esercitano gli stessi diritti e facoltà che
sarebbero loro spettati davanti al giudice originariamente
competente".
Art. 4.
1. L'articolo 51 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 51 - (Uffici del pubblico ministero. Attribuzioni
del procuratore della Repubblica distrettuale) - 1. Le
funzioni di pubblico ministero sono esercitate:
a) nelle indagini preliminari e nei
procedimenti di primo grado dai magistrati della procura della
Repubblica istituiti presso ogni sede del tribunale;
b) nei giudizi di impugnazione dai magistrati
della procura generale presso la corte di appello o presso la
Corte di cassazione.
2. Nei casi di avocazione, le funzioni previste dal
comma 1, lettera a), sono esercitate dai magistrati
della procura generale presso la corte di appello.
3. Le funzioni previste dal comma 1 sono attribuite
all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice
competente a norma del capo II del titolo I.
4. Quando si tratta di procedimenti per i delitti,
consumati o tentati, di cui agli articoli 416-bis e 630
del codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle
condizioni previste dal citato articolo 416-bis ovvero
al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste
dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti
dall'articolo 74 del testo unico di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, le
funzioni indicate nel comma 1, lettera a), sono
attribuite alle procure presso tribunali del distretto e sono
coordinate dall'ufficio del pubblico ministero presso il
tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede
il giudice competente".
Art. 5.
1. All'articolo 83 del codice di procedura penale, dopo il
comma 3 è inserito il seguente:
"3-bis. Tra la data di notificazione della citazione
e la data della udienza di comparizione devono intercorrere
gli stessi termini previsti per la citazione
dell'imputato".
Art. 6.
1. L'articolo 275 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 275. (Criteri di scelta delle misure) - 1. Nel
disporre le misure, il giudice tiene conto della specifica
idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle
esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto.
2. Ogni misura deve essere proporzionata all'entità
del fatto e alla sanzione che si ritiene possa essere
irrogata.
3. Non può essere disposta la misura della custodia
cautelare se il giudice ritiene che con la sentenza possa
essere concessa la sospensione condizionale della pena.
4. La custodia cautelare in carcere può essere
disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata.
Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai
delitti di cui all'articolo 416-bis del codice penale o
ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal
predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare
l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo è
applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che
siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono
esigenze cautelari.
5. Non può essere disposta la custodia cautelare in
carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di
eccezionale rilevanza, quando imputati siano donna incinta o
madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente,
ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente
impossibilitata a dare assistenza alla prole, ovvero persona
che ha superato l'età di settanta anni.
6. Non può essere disposta né mantenuta la custodia
cautelare in carcere quando l'imputato è persona affetta da
AIDS conclamato o da grave deficienza immunitaria accertata ai
sensi dell'articolo 268-bis, comma 2, ovvero da altra
malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue
condizione di salute risultano incompatibili con lo stato di
detenzione e comunque tali da non consentire cure adeguate in
caso di detenzione in carcere.
7. Nell'ipotesi di cui al comma 5, se sussistono
esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e la custodia
cautelare presso idonee strutture sanitarie e penitenziarie
non è possibile senza pregiudizio per la salute dell'imputato
o di quella degli altri detenuti, il giudice dispone la misura
degli arresti domiciliari presso un luogo di cura o di
assistenza o di accoglienza. Se l'imputato è affetto da AIDS
conclamato o da grave deficienza immunitaria, gli arresti
domiciliari possono essere disposti presso le unità operative
di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o altre
unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani
regionali dell'assistenza ai malati di AIDS, ovvero presso una
residenza collettiva o casa alloggio di cui all'articolo 1,
comma 2, della legge 5 giugno 1990, n. 135.
8. Il giudice può comunque disporre la custodia
cautelare in carcere qualora il soggetto risulti imputato o se
sia stato sottoposto ad altra misura cautelare per uno dei
delitti previsti dall'articolo 380, relativamente a fatti
commessi dopo l'applicazione delle misure disposte ai sensi
dei commi 5 e 6. In tal caso il giudice dispone che l'imputato
venga condotto in
un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e
l'assistenza necessarie.
9. La custodia cautelare in carcere non può comunque
essere disposta o mantenuta quando la malattia si trova in una
fase così avanzata da non rispondere più, secondo le
certificazioni del servizio penitenziario o esterno, ai
trattamenti disponibili e alle terapie curative".
2. L'articolo 624-bis del codice di procedura penale
è abrogato.
3. L'articolo 279 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 279.(Giudice competente) - 1.
Sull'applicazione e sulla revoca delle misure nonché sulle
modifiche delle loro modalità esecutive, provvede il giudice
che procede. Nel corso delle indagini preliminari e
dell'udienza preliminare, nonché nel corso del giudizio quando
si tratti di reati per cui procede il giudice monocratico, la
richiesta è presentata al tribunale competente per
territorio".
4. L'articolo 291 del codice di procedura penale e
sostituito dal seguente:
"Art. 291. (Procedimento applicativo) - 1. Le misure
sono disposte su richiesta del pubblico ministero che presenta
al giudice individuato a norma dell'articolo 292 gli elementi
su cui la richiesta si fonda nonché tutti gli elementi a
favore dell'imputato e le eventuali deduzioni e memorie
difensive.
2. Se riconosce la propria incompetenza
territoriale, il giudice, quando ne ricorrono le condizioni e
sussiste l'esigenza di soddisfare taluna delle esigenze
cautelari previste dall'articolo 274, dichiara la propria
incompetenza. Si applicano in tal caso le disposizioni
dell'articolo 27".
5. L'articolo 292 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 292. (Ordinanza del giudice) - 1. Sulla
richiesta del pubblico ministero il tribunale di cui
all'articolo 309, comma 7, provvede con ordinanza.
2. L'ordinanza che dispone le misure cautelari
contiene, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio:
a) le generalità dell'imputato o quanto altro
valga a identificarlo;
b) la descrizione sommaria del fatto con
l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate;
c) l'esposizione delle specifiche esigenze
cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la
misura disposta, con l'indicazione degli elementi di fatto da
cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono
rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla
commissione del reato;
d) l'esposizione dei motivi per i quali sono
stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla
difesa, nonché, in caso di applicazione della misura della
custodia cautelare, in carcere, l'esposizione delle concrete e
specifiche ragioni per le quali le esigenze di cui
all'articolo 274 non possono essere soddisfatte con altre
misure;
e) la fissazione della data di scadenza della
misura, in relazione alle indagini da compiere, allorché
questa è disposta al fine di garantire l'esigenza cautelare di
cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 274;
f) la data e la sottoscrizione del giudice.
3. L'ordinanza contiene altresì la sottoscrizione
dell'ausiliario che assiste il giudice, il sigillo
dell'ufficio e, se possibile, l'indicazione del luogo in cui
probabilmente si trova l'imputato.
4. L'ordinanza è nulla se non contiene la
valutazione degli elementi a carico ed a favore dell'imputato,
di cui all'articolo 327-bis.
5. L'incertezza circa il giudice che ha emesso il
provvedimento ovvero circa la persona nei cui confronti la
misura è disposta esime gli ufficiali e gli agenti incaricati
dal darvi esecuzione.
6. L'ordinanza è inefficace se non è preceduta
dall'esercizio dell'azione penale nelle forme e nei termini di
cui all'articolo 426, salvo i casi in cui sussistano
inderogabili, concrete e specifiche esigenze cautelari, di cui
il giudice deve dare espressa contezza nel provvedimento
applicativo, che impediscono di attendere agli adempimenti di
cui all'articolo 427 e seguenti.
7. L'ordinanza è nulla quando non siano esposte nel
provvedimento inderogabili, concrete e specifiche esigenze, di
cui al comma 6, ovvero quando il provvedimento medesimo si
determini sul punto come illogico".
6. L'articolo 294 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 294. (Interrogatorio della persona sottoposta a
misura cautelare personale) - 1. Fino alla trasmissione
degli atti al giudice del dibattimento, il tribunale di cui
all'articolo 292, se non vi ha provveduto nel corso
dell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo di
indiziato di delitto, procede all'interrogatorio della persona
in stato di custodia cautelare immediatamente e comunque non
oltre cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione della
custodia, salvo il caso in cui essa sia assolutamente
impedita.
2. Se la persona è sottoposta ad altra misura
cautelare, sia coercitiva che interdittiva, l'interrogatorio
deve avvenire non oltre dieci giorni dalla esecuzione del
provvedimento o dalla sua notificazione.
3. L'interrogatorio della persona in stato di
custodia cautelare deve avvenire entro il termine di
quarantotto ore se il pubblico ministero ne fa istanza nella
richiesta di custodia cautelare.
4. Nel caso di assoluto impedimento, il giudice ne
dà atto con decreto motivato e il termine per l'interrogatorio
decorre nuovamente dalla data in cui il giudice riceve
comunicazione della cessazione dell'impedimento o comunque
accerta la cessazione dello stesso.
5. Mediante l'interrogatorio il giudice valuta se
permangono le condizioni di
applicabilità e le esigenze cautelari previste dagli articoli
273, 274 e 275. Quando ne ricorrono le condizioni, provvede, a
norma dell'articolo 312, alla revoca o alla sostituzione della
misura disposta.
6. Ai fini di quanto previsto dal comma 3,
l'interrogatorio è condotto dal giudice con le modalità
indicate negli articoli 63 e 64. Al pubblico ministero e al
difensore, che hanno facoltà di intervenire, è dato tempestivo
avviso del compimento dell'atto.
7. Per gli interrogatori da assumere nella
circoscrizione di altro tribunale, il giudice, qualora non
ritenga di procedere personalmente, richiede il giudice per le
indagini preliminari del luogo.
8. L'interrogatorio della persona in stato di
custodia cautelare da parte del pubblico ministero non può
precedere l'interrogatorio del giudice".
7. L'articolo 311 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 311. (Ricorso per cassazione) - 1. Il pubblico
ministero che ha chiesto l'applicazione della misura,
l'imputato e il suo difensore possono, avverso il
provvedimento emesso dal tribunale, proporre ricorso per
cassazione entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla
notificazione dell'avviso di deposito del provvedimento. Il
ricorso può essere proposto anche dal pubblico ministero
presso il tribunale indicato nell'articolo 309, comma 7.
2. Il ricorso è presentato nella cancelleria del
giudice che ha emesso la decisione. Il giudice cura che sia
dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente che,
entro il giorno successivo, trasmette gli atti alla Corte di
cassazione.
3. I motivi devono essere enunciati contestualmente
al ricorso, ma il ricorrente ha facoltà di enunciare nuovi
motivi davanti alla Corte di cassazione, prima dell'inizio
delta discussione.
4. La Corte di cassazione decide entro trenta giorni
dalla ricezione degli atti osservando le forme previste
dall'articolo 127".
Art. 7.
1. L'articolo 190 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 190. (Diritto alla prova) - 1. Le prove sono
ammesse a richiesta di parte. Il giudice provvede senza
ritardo con ordinanza escludendo le prove vietate dalla legge
e quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti".
2. L'articolo 190-bis del codice di procedura penale
è abrogato.
3. L'articolo 192 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 192 (Valutazione della prova) - 1. Il giudice
valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati
acquisiti e dei criteri adottati.
2. L'esistenza di un fatto non può essere desunta da
indizi a meno che questi siano gravi, precisi e
concordanti.
3. Le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo
reato sono valutate, unitamente ad ulteriori elementi di prova
che ne confermino l'attendibilità, quando riguardano
circostanze e fatti inerenti agli elementi costitutivi del
reato direttamente conosciuti ed autonomamente riferiti.
4. La disposizione del comma 3 non si applica alle
dichiarazioni basate su conoscenze altrui ed a quelle rese da
persona imputata di un reato connesso o collegato. In tal caso
si applicano le disposizioni di cui al comma 2".
4. L'articolo 267 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 267. (Presupposti e forme del provvedimento) - 1.
Il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini
preliminari l'autorizzazione a disporre le operazioni previste
dall'articolo 266. L'autorizzazione è data con decreto
motivato quando vi sono gravi indizi di reato e
l'intercettazione è assolutamente indispensabile ai fini della
prosecuzione delle indagini. Gli indizi e le ragioni
dell'indispensabilità devono essere indicati espressamente nel
provvedimento. Le stesse disposizioni
si applicano per l'acquisizione di documenti non riguardanti
il flusso dei controlli tra utenti telefonici o di altri mezzi
di comunicazione.
2. Il pubblico ministero procede alle operazioni
personalmente ovvero avvalendosi di un ufficiale di polizia
giudiziaria.
3. In apposito registro riservato tenuto
nell'ufficio del pubblico ministero sono annotati, secondo un
ordine cronologico, i decreti che dispongono, autorizzano,
convalidano o prorogano le intercettazioni e, per ciascuna
intercettazione, l'inizio e il termine delle operazioni".
Art. 8.
1. L'articolo 328 del codice di procedura penale è
sostituto dal seguente:
"Art. 328. (Giudice per le indagini preliminari) - 1.
Nei casi previsti dalla legge, sulle richieste del pubblico
ministero, delle parti private e della persona offesa dal
reato, provvede il giudice per le indagini preliminari".
2. L'articolo 330 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 330. (Acquisizione delle notizie di reato) - 1.
La polizia giudiziaria prende notizia dei reati di propria
iniziativa e riceve le notizie di reato presentate o trasmesse
a norma degli articoli seguenti.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica
anche al pubblico ministero".
3. L'articolo 335 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 335 (Registro delle notizie di reato) - 1. Il
pubblico ministero iscrive immediatamente, nell'apposito
registro custodito presso l'ufficio, ogni notizia di reato che
gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa nonché,
contestualmente o dal momento in cui risulta, il nome della
persona alla quale il reato stesso è attribuito.
2. Se nel corso delle indagini preliminari muta la
qualificazione giuridica del
fatto ovvero questo risulta diversamente circostanziato, il
pubblico ministero cura l'aggiornamento delle iscrizioni
previste dal comma 1 senza procedere a nuove iscrizioni.
3. Ad esclusione dei casi in cui si procede per uno
dei delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera
a), le iscrizioni previste dai commi 1 e 2 sono
comunicate alla persona alla quale il reato è attribuito, alla
persona offesa e ai rispettivi difensori.
4. Se sussistono specifiche esigenze attinenti
all'attività di indagine, il giudice per le indagini
preliminari, su richiesta del pubblico ministero, può
disporre, con decreto motivato, il segreto sulle iscrizioni
per un periodo non superiore a tre mesi e non rinnovabile".
4. L'articolo 347 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 347. (Obbligo di riferire la notizia del reato) -
1. La polizia giudiziaria dà immediata e preliminare
comunicazione al pubblico ministero del giorno e dell'ora in
cui ha acquisito la notizia di reato indicando gli elementi
essenziali del fatto e gli altri elementi sino ad allora
raccolti e, quando è possibile, le generalità, il domicilio e
quanto altro valga alla identificazione della persona nei cui
confronti vengono svolte le indagini, della persona offesa e
di coloro che siano in grado di riferire su circostanze
rilevanti per la ricostruzione dei fatti.
2. La polizia giudiziaria, terminate le indagini, ne
riferisce, senza ritardo, al pubblico ministero allegando la
documentazione relativa a tutti gli atti compiuti".
5. L'articolo 348 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 348. (Assicurazione delle fonti di prova) - 1.
Anche successivamente alla comunicazione della notizia di
reato, la polizia giudiziaria continua a svolgere le funzioni
indicate nell'articolo 55 raccogliendo in specie ogni elemento
utile alla ricostruzione del fatto e alla individuazione del
colpevole.
2. Al fine indicato nel comma 1, la polizia
giudiziaria procede, fra l'altro:
a) alla ricerca delle cose e delle tracce
pertinenti al reato nonché alla conservazione di esse e dello
stato dei luoghi;
b) alla ricerca delle persone in grado di riferire
su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti;
c) al compimento degli atti indicati negli
articoli seguenti.
3. Quando il pubblico ministero assume personalmente
la direzione delle indagini la polizia giudiziaria compie gli
atti ad essa specificamente delegati a norma dell'articolo 370
e tutte le attività d'indagine che, anche nell'ambito delle
direttive impartite, sono necessarie per accertare i reati,
ovvero sono richieste da elementi successivamente emersi. In
tal caso assicura le nuove fonti di prova delle quali viene a
conoscenza, informando prontamente il pubblico ministero.
4. La polizia giudiziaria, quando, di propria
iniziativa o a seguito di delega del pubblico ministero,
compie atti od operazioni che richiedono specifiche competenze
tecniche, può avvalersi di persone idonee le quali non possono
rifiutare la propria opera".
6. L'articolo 369 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 369. (Informazione di garanzia) - 1. Dopo il
compimento delle attività di polizia giudiziaria, quando
ritenga di svolgere atti d'indagine, il pubblico ministero
invia per posta, in piego chiuso raccomandato con ricevuta di
ritorno, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona
offesa, una informazione di garanzia con indicazione delle
norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo
del fatto e con invito a esercitare la facoltà di nominare un
difensore di fiducia.
2. Qualora ne ravvisi la necessità ovvero l'ufficio
postale restituisca il piego per irreperibilità del
destinatario, il pubblico ministero può disporre che
l'informazione di garanzia sia notificata a norma
dell'articolo 151".
7. L'articolo 370 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 370. (Atti diretti e atti delegati) - 1. Dopo
l'informativa di cui al comma 2 dell'articolo 348, il pubblico
ministero compie personalmente ogni attività di indagine. Può
avvalersi della polizia giudiziaria per il compimento di
attività di indagine e di atti specificamente delegati, ivi
compresi gli interrogatori ed i confronti cui partecipi la
persona sottoposta alle indagini che si trovi in stato di
libertà, con l'assistenza necessaria del difensore.
2. Quando procede a norma del comma 1, la polizia
giudiziaria osserva le disposizioni degli articoli 364, 365 e
366.
3. Per singoli atti da assumere nella circoscrizione
di altro tribunale il pubblico ministero, qualora non ritenga
di procedere personalmente, può delegare, secondo la
rispettiva competenza per materia, il pubblico ministero
presso il tribunale del luogo.
4. Quando ricorrono ragioni di urgenza o altri gravi
motivi, il pubblico ministero delegato a norma del comma 3 ha
facoltà di procedere di propria iniziativa anche agli atti che
a seguito dello svolgimento di quelli specificamente delegati
appaiono necessari ai fini delle indagini".
8. L'articolo 372 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 372. (Avocazione delle indagini) - 1. Il
procuratore generale presso la corte di appello dispone, con
decreto motivato, e assunte, quando occorre, le necessarie
informazioni, l'avocazione delle indagini preliminari
quando:
a) in conseguenza dell'astensione o della
incompatibilità del magistrato designato, non è possibile
provvedere alla sua tempestiva sostituzione;
b) il capo dell'ufficio del pubblico ministero ha
omesso di provvedere alla tempestiva sostituzione del
magistrato designato per le indagini nei casi previsti
dall'articolo 36, comma 1, lettere a), b), d) ed
e), e quando sussistano gravi ragioni di convenienza.
2. Il procuratore generale presso la corte di
appello, assunte le necessarie informazioni, dispone altresì,
con decreto motivato, l'avocazione delle indagini preliminari
relative a taluno dei delitti previsti dall'articolo 407,
comma 2, lettera a), nonché dei delitti commessi
avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo
416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare
l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo,
quando, trattandosi di indagini collegate, non risulta
effettivo il coordinamento delle indagini previste
dall'articolo 371, comma 1, e non hanno dato esito le riunioni
per il coordinamento disposte o promosse dal procuratore
generale anche d'intesa con altri procuratori generali
interessati.
3. In ogni caso, il procuratore generate presso la
corte di appello, assunte le necessarie informazioni, dispone,
con decreto motivato, l'avocazione delle indagini preliminari
nei casi in cui il magistrato designato per le indagini versi
in una delle situazioni previste dall'articolo 36, comma 1,
lettere a), b), d) ed e) ovvero sussistano gravi
ragioni di convenienza.
4. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli
406 e 407. Nel caso in cui i termini previsti da tali articoli
siano scaduti, il procuratore generale deve procedere al
compimento delle indagini nel termine di sei mesi".
9. L'articolo 384 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 384. (Fermo di indiziato di delitto) - 1.
Anche fuori dei casi di flagranza, quando sussistono
specifici elementi che fanno ritenere fondato il pericolo di
fuga, la polizia giudiziaria dispone il fermo della persona
gravemente indiziata di un delitto per il quale la legge
stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non
inferiore nel minimo a due anni e superiore nel massimo a sei
anni ovvero di un delitto concernente le armi da guerra e gli
esplosivi".
10. L'articolo 390 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 390. (Richiesta di convalida dell'arresto o del
fermo) - 1. Entro quarantotto ore dall'arresto o dal fermo
il pubblico ministero, qualora non debba ordinare la immediata
liberazione dell'arrestato o del fermato, richiede la
convalida al giudice indicato dall'articolo 279.
2. Il giudice fissa l'udienza di convalida al più
presto e comunque entro le quarantotto ore successive dandone
avviso, senza ritardo, al pubblico ministero e al
difensore.
3. L'arresto o il fermo diviene inefficace se il
pubblico ministero non osserva le prescrizioni del comma 1.
4. Se non ritiene di comparire, il pubblico
ministero trasmette al giudice, per l'udienza di convalida, le
richieste in ordine alla libertà personale con gli elementi su
cui le stesse si fondano".
11. Il titolo VI-bis del libro V del codice di
procedura penale è sostituito dal seguente:
"TITOLO VI-bis
INDAGINI DIFENSIVE
Art. 391-bis. (Casi e forme delle ispezioni) - 1. Se
è necessario procedere ad ispezioni il difensore ne fa
richiesta al giudice per le indagini preliminari che, in
presenza dei presupposti previsti degli articoli 247 e
seguenti, lo autorizza con decreto motivato, indicando
l'autorità di polizia giudiziaria che ne cura l'esecuzione.
2. Per quanto non espressamente previsto dal
presente articolo si applicano le disposizioni del capo I del
titolo III del libro III.
Art. 391-ter (Casi e forme delle perquisizioni) - 1.
Se è necessario procedere a perquisizione il difensore ne
fa richiesta al giudice per le indagini preliminari che, in
presenza dei presupposti previsti dall'articolo 247, comma 1,
primo periodo, o quando vi è fondato motivo di ritenere che
le cose ivi indicate si trovino in un determinato luogo, lo
autorizza con decreto motivato, indicando l'autorità di
polizia giudiziaria che ne cura l'esecuzione.
2. Per quanto non espressamente previsto dal
presente articolo, si applicano le disposizioni del capo II,
titolo III del libro III.
Art. 391-quater. (Oggetto e formalità del
sequestro)- 1. Se è necessario procedere a sequestro
ai sensi dell'articolo 252 e segg., il difensore ne fa
richiesta al giudicò per le indagini preliminari che, in
presenza dei presupposti previsti dal presente codice, lo
autorizza con decreto motivato, indicando l'autorità di
polizia giudiziaria che ne cura l'esecuzione.
2. Per quanto non espressamente previsto dal
presente articolo, si applicano le disposizioni del capo III,
del titolo III del libro III.
Art. 391-quinquies. (Richiesta di documentazione
alla pubblica amministrazione) - 1. Ai fini delle
indagini difensive, il difensore può chiedere i documenti in
possesso della pubblica amministrazione ed estrarne copia a
sue spese.
2. L'istanza deve essere rivolta alla pubblica
amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene
stabilmente.
3. Il rifiuto da parte della pubblica
amministrazione deve essere motivato. Il giudice, a richiesta
di parte, previa esecuzione degli accertamenti necessari,
ordina l'esibizione dei documenti non coperti da segreto
professionale o da segreto di ufficio ovvero da segreto di
Stato.
Art. 391-sexies. (Accesso di luoghi e
documentazione)- 1. Quando effettuano un accesso per
prendere visione dello stato dei luoghi e delle cose ovvero
per procedere alla loro descrizione o per eseguire rilievi
tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audivisivi, il
difensore, il sostituto, gli investitori privati autorizzati o
i consulenti tecnici, possono redigere un verbale nel quale
sono riportati:
a) la data ed il luogo dell'accesso;
b) le proprie generalità e quelle delle persone
intervenute;
c) la descrizione dello stato dei luoghi e delle
cose;
d) l'indicazione degli eventuali rilievi tecnici,
grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi eseguiti, che
fanno parte integrante dell'atto e sono allegati al medesimo.
Il verbale è sottoscritto dalle persone intervenute.
Art. 391-septies. (Accesso ai luoghi privati o
non aperti al pubblico)- 1. Se è necessario accedere
ai luoghi privati o non aperti al pubblico e non vi è il
consenso di chi ne ha l'attuale disponibilità, l'accesso, su
richiesta del difensore, è autorizzato dal giudice per le
indagini preliminari con decreto motivato che ne specifica le
concrete modalità.
2. Nel caso di cui al comma 1, la persona presente è
avvertita della facoltà di farsi assistere da persona di
fiducia, purché questa sia prontamente reperibile ed idonea a
norma dell'articolo 97.
3. Non è consentito l'accesso ai luoghi di
abitazione e loro appartenenze, salvo che sia necessario
accertare le tracce e gli altri effetti materiali del
reato.
Art. 391-octies. (Intercettazioni di
comunicazioni) - 1. Se è necessario procedere ad
intercettazione telefonica o ambientale ovvero acquisire dati
trasmessi per via telematica, il difensore ne fa richiesta al
giudice per le indagini preliminari che, in presenza dei
presupposti previsti agli articoli 266 e seguenti, lo
autorizza con decreto motivato, indicando l'autorità di
polizia giudiziaria che ne cura l'esecuzione presso gli
impianti della procura o altrove.
2. Per quanto non espressamente previsto dal
presente articolo, si applicano le disposizioni del capo IV,
del titolo III, del libro III.
Art. 391-nonies. (Assunzione di informazioni
nell'attività investigativa del difensore) - 1. Salve
le incompatibilità previste dall'articolo 197, comma 1,
lettere c) e d),
per assumere informazioni il difensore, il sostituto, gli
investigatori privati autorizzati o i consulenti tecnici
possono conferire con le persone in grado di riferire
circostanze utili ai fini dell'attività investigativa.
Art. 391-decies. (Documentazione delle attività
investigative del difensore) - 1. Il difensore o il
sostituto può sottoporre ad esame le persone in grado di
riferire circostanze utili ai fini dell'attività investigativa
ovvero chiedere loro una dichiarazione scritta, previo avviso
alle medesime:
a) della propria qualità e dello scopo del
colloquio;
b) della facoltà di non rispondere o di non
rilasciare la dichiarazione, con avvertimento che in tal caso
può essere disposta dal giudice l'audizione prevista dal comma
7;
c) dell'obbligo di dichiarare se sono sottoposte
ad indagini o sono imputate nello stesso procedimento, in un
procedimento connesso o per un reato collegato, e della
conseguente facoltà di non rispondere;
d) del divieto di rivelare le domande
eventualmente formulate dalla polizia giudiziaria o dal
pubblico ministero e le risposte date;
e) delle responsabilità penali conseguenti alla
falsa o reticente dichiarazione.
2. Per conferire con una persona sottoposta ad
indagini o imputata nello stesso procedimento, in un
procedimento connesso o per un reato collegato, deve essere
dato avviso, almeno ventiquattro ore prima, al suo
difensore.
3. Alle persone già sentite dalla polizia
giudiziaria, dal pubblico ministero, dal difensore o, dal
sostituto non possono essere chieste informazioni sulle
domande formulate e sulle risposte date o comunque
sull'attività investigativa svolta.
4. Le informazioni assunte in violazione di una
delle disposizioni di cui ai
commi 1, 2 e 3 non possono essere utilizzate. La violazione
di tali disposizioni costituisce illecito disciplinare ed è
comunicata dal giudice che procede all'organo titolare del
potere disciplinare.
5. Per assumere informazioni da persona detenuta, il
difensore deve munirsi di specifica autorizzazione del giudice
che procede nei confronti della stessa, sentiti il suo
difensore ed il pubblico ministero. Prima dell'esercizio
dell'azione penale l'autorizzazione è data dal giudice per le
indagini preliminari. Durante l'esecuzione della pena provvede
il magistrato di sorveglianza.
6. All'assunzione di informazioni non possono
assistere la persona sottoposta alle indagini, la persona
offesa e le altri parti private.
7. Quando la persona in grado di riferire
circostanze utili ai fini dell'attività investigativa abbia
esercitato la facoltà di cui alla lettera b) del comma
1, il giudice, su richiesta del difensore, ne dispone
l'audizione, fatta eccezione per le persone sottoposte ad
indagini o imputate nello stesso procedimento, in un
procedimento connesso o per un reato collegato.
8. Il difensore o il sostituto, nel corso
dell'attività investigativa, interrompe l'esame della persona
non imputata ovvero della persona non sottoposta alle
indagini, qualora essa renda dichiarazioni dalle quali
emergono indizi di reità a suo carico. Le precedenti
dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona
che le ha rese. Se la persona doveva essere sentita sin
dall'inizio in qualità di imputato o di persona sottoposta
alle indagini, le sue dichiarazioni non possono essere
utilizzate.
9. La dichiarazione è autenticata dal difensore o
dal sostituto, che redige una relazione nella quale sono
riportati:
a) la data in cui ha ricevuto la dichiarazione;
b) le proprie generalità e quelle della persona
che ha rilasciato la dichiarazione;
c) l'attestazione di aver rivolto gli avvertimenti
previsti dal comma 1;
d) i fatti sui quali verte la dichiarazione.
10. La dichiarazione è allegata alla relazione.
11. Le dichiarazioni delle persone che forniscono
informazioni possono essere documentate anche mediante
trascrizione, verbalizzazione, registrazione con mezzi
meccanici, fonografici o audiovisivi.
Art. 391-undecies. (Audizione delle persone
sentite dalle parti) - 1. Ai fini della decisione da
adottare, il giudice può disporre, anche di ufficio,
l'audizione delle persone che hanno rilasciato dichiarazioni
prodotte dalle parti, ordinandone la citazione e dandone
avviso.
2. Alle dichiarazioni assunte a norma del comma 1 e
dell'articolo 391-decies, comma 7, si applicano le
disposizioni relative alle dichiarazioni previste
dall'articolo 415-bis.
Art. 391-duodecies. (Potere di segretazione del
pubblico ministero) - 1. Se sussistono specifiche
esigenze attinenti all'attività di indagine, il pubblico
ministero può disporre, con decreto motivato, l'obbligo del
segreto sulle dichiarazioni rese a sé o alla polizia
giudiziaria e vietare alle persone sentite di comunicare i
fatti e le circostanze oggetto dell'indagine di cui hanno
conoscenza. L'obbligo del segreto non può avere una durata
superiore ad un mese.
2. Il pubblico ministero, nel comunicare l'obbligo
del segreto alle persone che hanno rilasciato le
dichiarazioni, le avverte delle responsabilità penali
conseguenti all'indebita rivelazione delle notizie.
Art. 391-terdecies. (Fascicolo del difensore)
- 1. Nel corso delle indagini preliminari e
nell'udienza preliminare, quando il giudice deve adottare una
decisione con l'intervento della parte privata, il difensore
può presentargli direttamente gli elementi di prova a favore
del proprio assistito.
2. Nel corso delle indagini preliminari il difensore
che abbia conoscenza di un
procedimento penale può presentare gli elementi difensivi di
cui al comma 1 direttamente al giudice, perché ne tenga conto
anche nel caso in cui debba adottare una decisione per la
quale non è previsto l'intervento della parte assistita.
3. La documentazione, in copia, è inserita nel
fascicolo del difensore, che è formato e conservato presso
l'ufficio del giudice per le indagini preliminari. Della
documentazione il pubblico ministero può prendere visione ed
estrarre copia prima che venga adottata una decisione su
richiesta delle altre parti o con il loro intervento. Dopo la
chiusura delle indagini preliminari il fascicolo del difensore
è conservato presso l'ufficio del pubblico ministero,
unitamente al fascicolo degli atti di indagine.
4. Il difensore può, in ogni caso, presentare al
pubblico ministero gli elementi di prova a favore del proprio
assistito".
12. L'articolo 398 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 398. (Provvedimenti sulla richiesta di incidente
probatorio) - 1. Entro due giorni dal deposito della
prova della notifica e comunque dopo la scadenza del termine
previsto dall'articolo 396, comma 1, il giudice pronuncia
ordinanza con la quale accoglie, dichiara inammissibile o
rigetta la richiesta di incidente probatorio. L'ordinanza di
inammissibilità o di rigetto è immediatamente comunicata al
pubblico ministero e notificata alle persone interessate.
2. Con l'ordinanza che accoglie la richiesta il
giudice stabilisce:
a) l'oggetto della prova nei limiti della
richiesta e delle deduzioni;
b) le persone interessate all'assunzione della
prova individuate sulla base della richiesta e delle
deduzioni;
c) la data dell'udienza con avviso agli
interessati di depositare, non più tardi di cinque giorni
prima, della data stessa, gli atti d'indagine in loro possesso
e che 41 tale deposito è condizione per la loro utilizzabilità
nell'ulteriore corso del procedimento. Tra il provvedimento e
la data
dell'udienza non può intercorrere un termine superiore a
dieci giorni.
3. Il giudice fa notificare alla persona sottoposta
alle indagini, alla persona offesa e ai difensori avviso del
giorno, dell'ora e del luogo in cui si deve procedere
all'incidente probatorio almeno due giorni prima della data
fissata con l'avvertimento che nei due giorni precedenti
l'udienza possono prendere cognizione ed estrarre copia delle
dichiarazioni già rese dalla persona da esaminare. Nello
stesso termine l'avviso è comunicato al pubblico ministero.
4. La persona sottoposta alle indagini ed i
difensori delle parti hanno diritto di ottenere copia degli
atti depositati ai sensi dell'articolo 393, comma
2-bis.
5. Se si deve procedere a più incidenti probatori,
essi sono assegnati alla medesima udienza, sempreché non ne
derivi ritardo.
6. Quando ricorrono ragioni di urgenza e l'incidente
probatorio non può essere svolto nella circoscrizione del
giudice competente, quest'ultimo può delegare il giudice per
le indagini preliminari del luogo dove la prova deve essere
assunta.
7. Nel caso di indagini che riguardano ipotesi di
reato previste dagli articoli 609-bis, 609-ter,
609-quater e 609-octies del codice penale, il
giudice, ove fra le persone interessate all'assunzione della
prova vi siano minori di anni sedici, con l'ordinanza di cui
al comma 2, stabilisce il luogo, il tempo e le modalità
particolari attraverso cui procedere all'incidente probatorio,
quando le esigenze del minore lo rendono necessario od
opportuno. A tal fine l'udienza può svolgersi anche in luogo
diverso dal tribunale, avvalendosi il giudice, ove esistano,
di strutture specializzate di assistenza o, in mancanza,
presso l'abitazione dello stesso minore. Le dichiarazioni
testimoniali devono essere documentate integralmente con mezzi
di riproduzione fonografica o audiovisiva. Quando si verifica
una indisponibilità di strumenti di riproduzione o di
personale tecnico, si provvede con le forme della perizia
ovvero della consulenza tecnica. Dell'interrogatorio è anche
redatto verbale in forma
riassuntiva. La trascrizione della riproduzione è disposta
solo se richiesta dalle parti".
Art. 9.
1. L'articolo 415-bis del codice di procedura penale
è sostituito dal seguente:
"Art. 415-bis. (Avviso all'indagato della
chiusura delle indagini).- 1. Prima della scadenza
del termine previsto dal comma 2 dell'articolo 405, anche se
prorogato, il pubblico ministero, se non deve formulare
richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411,
fa notificare all'indagato ed alla persona offesa dal reato
l'avviso di chiusura delle indagini.
2. L'avviso contiene:
a) le generalità dell'indagato o le altre
indicazioni che valgano a identificarlo nonché le generalità
della persona offesa dal reato qualora ne sia possibile
l'identificazione;
b) l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del
fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono
comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con
l'indicazione dei relativi articoli di legge;
c) l'indicazione analitica delle fonti di prova
acquisite;
d) la data e la sottoscrizione.
3. L'avviso contiene altresì:
a) l'avvertimento che la documentazione relativa
alle indagini espletate è depositata presso la segreteria del
pubblico ministero e che l'indagato ed il suo difensore hanno
facoltà di prenderne visione ed estrarne copia;
b) l'avvertimento che l'indagato ha facoltà, entro
il termine di sessanta giorni, di presentare memorie, produrre
documenti, depositare documentazione relativa ad
investigazioni difensive;
c) l'avviso che l'indagato e il suo difensore
hanno facoltà, entro lo stesso
termine di cui alla lettera b), di presentare al
giudice per le indagini preliminari la richiesta di
acquisizione di tutti i mezzi di prova previsti dal libro III
che ritengono necessari;
d) l'avviso che, decorso il termine di cui alla
lettera b), il pubblico ministero presenterà al giudice
la richiesta di citazione ai sensi dell'articolo
415-quater.
4. L'indagato deve presentare la richiesta di cui al
comma 3 nella segreteria del pubblico ministero".
2. Dopo l'articolo 415-bis del codice di procedura
penale sono inseriti i seguenti:
"Art. 415-ter. (Acquisizione delle prove
richieste dalla difesa).- 1. Qualora l'indagato si
sia avvalso della facoltà di cui all'articolo 415-bis,
comma 3, il pubblico ministero deposita nella cancelleria del
giudice il fascicolo contenente la notizia di reato e la
documentazione relativa a tutte le indagini espletate.
2. Entro dieci giorni dal deposito del fascicolo, il
giudice fissa con decreto il giorno, l'ora e il luogo
dell'udienza in camera di consiglio, provvedendo a norma
dell'articolo 97 quando l'indagato è privo del difensore di
fiducia.
3. Si applicano, in quanto compatibili, le
disposizioni di cui agli articoli 392 e seguenti.
4. Il giudice provvede con ordinanza all'ammissione
delle prove richieste a norma del comma 1, e di quelle di cui
ritiene indispensabile l'acquisizione. L'ammissione di prove
già contenute nel fascicolo depositato a norma del comma 1, è
disposta solo quando risulti necessario.
5. Con l'ordinanza che ammette le prove, il giudice,
se non è possibile procedere immediatamente all'assunzione
delle stesse, fissa la data della nuova udienza dando le
disposizioni necessarie per la citazione dei testimoni, delle
persone indicate nell'articolo 210 e dei periti ovvero per
l'espletamento di confronti e di ricognizioni.
6. L'audizione e l'interrogatorio delle persone di
cui sia stata disposta l'ammissione, sono condotti
direttamente dalle
parti con le forme previste dagli articoli 498 e 499.
Art. 415-quater. (Richiesta di citazione a
giudizio).- 1. Esaurita l'acquisizione delle prove
richieste il giudice dispone la restituzione degli atti al
pubblico ministero il quale, entro trenta giorni, se non deve
formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli
408 e 409, notifica all'imputato la richiesta di citazione a
giudizio.
2. La richiesta contiene:
a) le generalità dell'imputato o le altre
indicazioni che valgano a identificarlo nonché le generalità
della persona offesa dal reato qualora ne sia possibile
l'identificazione;
b) l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del
fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono
comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con
l'indicazione dei relativi articoli di legge;
c) l'avviso che l'imputato ha facoltà di
richiedere, entro cinque giorni dalla notificazione della
richiesta, con atto depositato nella segreteria del pubblico
ministero, la definizione anticipata del processo avvertendolo
che saranno utilizzati ai fini del giudizio gli atti acquisiti
nel corso delle indagini preliminari e quelli assunti dal
giudice dopo l'avviso di chiusura delle stesse e che in caso
di condanna la pena irrogata, tenuto conto di tutte le
circostanze, sarà diminuita di un terzo e che alla pena
dell'ergastolo sarà sostituita la pena di trent'anni di
reclusione;
d) l'avviso che qualora ne ricorrano i presupposti
l'imputato può chiedere l'applicazione della pena con atto
depositato nella segreteria del pubblico ministero secondo le
forme di cui alla lettera c);
e) l'avviso che qualora l'imputato non si avvalga
di alcuna delle facoltà previste dalle lettere c) e
d), il pubblico ministero presenterà il fascicolo al
giudice monocratico;
f) la data e la sottoscrizione.
3. Il pubblico ministero emette richiesta di
citazione a giudizio nel caso in cui l'imputato non si sia
avvalso della facoltà di cui all'articolo 415-bis, comma
3, lettera c)".
3. Il titolo IX del libro V del codice di procedura penale
è sostituito dal seguente:
"TITOLO IX
GIURISDIZIONE MONOCRATICA
Capo I
COSTITUZIONE DELLE PARTI
Art. 416. (Presentazione della richiesta di
citazione).- 1. Decorso il termine di cui
all'articolo 415-quater, comma 1, il pubblico ministero
deposita nella cancelleria del giudice, unitamente alla prova
della notifica della richiesta, il fascicolo contenente la
notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini
espletate ed ai verbali degli atti compiuti davanti al giudice
per le indagini preliminari. Il corpo del reato e le cose
pertinenti al reato sono allegati al fascicolo qualora non
debbano essere custoditi altrove.
2. Qualora l'imputato di reati di competenza del
giudice abbia esercitato le facoltà di cui all'articolo
415-quater, comma 2, lettere c) e d), il
giudice, entro cinque giorni, emette l'avviso di comparizione.
Qualora l'imputato non abbia esercitato tali facoltà l'avviso
contiene gli avvertimenti di cui all'articolo 451.
3. Qualora l'imputato, al quale siano stati
contestati reati di competenza del tribunale, abbia esercitato
le facoltà di cui all'articolo 415-quater, il giudice
emette il decreto che dispone il giudizio osservando il
disposto di cui all'articolo 451.
4. Qualora l'imputato di reati di competenza del
tribunale non si sia avvalso delle facoltà di cui all'articolo
415-quater, comma 2, lettere c) e d), il
giudice emette l'avviso di comparizione per l'udienza
predibattimentale.
Art. 417. (Avviso di comparazione).- 1.
l'avviso di comparizione contiene:
a) le generalità dell'imputato e le altre
indicazioni personali che valgono ad identificarlo nonché le
generalità delle altre parti private con l'indicazione dei
difensori;
b) l'indicazione del giudice competente per il
giudizio;
c) l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora
della comparizione;
d) la data e la sottoscrizione del giudice e del
suo ausiliario.
2. Il giudice fa notificare all'imputato e alla
persona offesa, della quale risultino l'identità e il
domicilio, l'avviso del giorno, dell'ora e del luogo
dell'udienza.
3. L'avviso è altresì comunicato al pubblico
ministero e notificato al difensore dell'imputato.
4. Gli avvisi sono notificati almeno dieci giorni
prima della data dell'udienza. Entro lo stesso termine è
notificata la citazione del responsabile civile e della
persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria.
5. Le disposizioni dei commi 2, 3 e 4 sono previste
a pena di nullità.
Art. 418. (Disciplina dell'udienza).- 1.
L'udienza si svolge in camera di consiglio con la
partecipazione necessaria del pubblico ministero e del
difensore dell'imputato.
2. Il giudice procede agli accertamenti relativi
alla costituzione delle parti ordinando la rinnovazione degli
avvisi, delle citazioni, delle comunicazioni e delle
comunicazioni di cui dichiara la nullità.
Art. 419. (Rinnovazione dell'avviso).- 1. Il
giudice dispone, anche d'ufficio, che sia rinnovato l'avviso
di comparizione a norma dell'articolo 417, comma 1, quando è
provato o appare probabile che l'imputato non ne abbia avuto
effettiva conoscenza, sempre che il fatto non sia dovuto a sua
colpa e fuori dei casi di notificazione
mediante consegna al difensore a norma degli articoli 159,
161, comma 4, e 169.
2. La probabilità che l'imputato non abbia avuto
conoscenza dell'avviso è liberamente valutata dal giudice.
Tale valutazione non può formare oggetto di discussione
successiva né motivo di impugnazione.
Capo II.
DISCUSSIONE
Art. 420. (Svolgimento della discussione).-
1. Il pubblico ministero e successivamente i difensori
della parte civile, del responsabile civile, della persona
civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell'imputato
illustrano le rispettive conclusioni.
2. Se l'imputato ha chiesto la definizione
anticipata del processo, nell'udienza il pubblico ministero,
ove ritenga provata la responsabilità dell'imputato, indica la
pena alla quale lo stesso deve essere condannato. La parte
civile presenta le sue conclusioni scritte.
3. Nel caso in cui l'imputato non abbia chiesto la
definizione del processo nell'udienza, il pubblico ministero
sollecita i provvedimenti di cui all'articolo 423 ovvero di
cui all'articolo 429.
4. Il pubblico ministero e i difensori possono
replicare una sola volta.
Capo III.
DECISIONI
Sezione I
Deliberazione
Art. 421. (Provvedimenti del giudice ).- 1.
Esaurita la discussione, il giudice procede alla deliberazione
pronunciando, secondo i casi, sentenza di non luogo a
procedere, sentenza di condanna o di assoluzione o il decreto
che dispone il giudizio.
2. Il giudice dà immediata lettura del
provvedimento. La lettura equivale a notificazione per le
parti presenti.
3. Il provvedimento è immediatamente depositato in
cancelleria. Le parti hanno diritto di ottenerne copia.
4. Tutti i provvedimenti adottati nell'udienza sono
notificati all'imputato non presente.
Sezione II
Sentenze
Art. 422. (Sentenze di proscioglimento).- 1.
Se sussiste una causa che estingue il reato o per la quale
l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere
proseguita, se il fatto non è previsto dalla legge come reato
ovvero quando risulta che il fatto non sussiste o che
l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce
reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi
causa, il giudice pronunzia sentenza di non luogo a procedere,
indicandone la causa nel dispositivo.
2. Ai fini della pronunzia della sentenza di cui al
comma 1, il giudice tiene conto delle circostanze attenuanti.
Si applicano le disposizioni dell'articolo 79 del codice
penale.
3. Si applicano in ogni caso gli articoli 529, 530,
531 e 532.
4. Si applicano le disposizioni dell'articolo
537.
Art. 423. (Sentenza di condanna).- 1. Nel
caso in cui l'imputato abbia chiesto la definizione del
processo in udienza e risulti colpevole del reato
contestatogli, il giudice pronunzia sentenza di condanna
applicando la pena e l'eventuale misura di sicurezza.
2. La pena applicata, tenuto conto di tutte le
circostanze, è diminuita di un terzo. Alla pena dell'ergastolo
è sostituita quella massima temporanea.
3. Si applicano l'articolo 533, commi 2 e 3, e gli
articoli da 534 a 537.
4. Il giudice decide sulle domande relative alla
restituzione ed al risarcimento del danno osservando le
disposizioni di cui agli articoli 538 e 543.
Art. 424. (Requisiti della sentenza).- 1. La
sentenza contiene:
a) l'intestazione in nome del popolo italiano e
l'indicazione dell'autorità che l'ha pronunziata;
b) le generalità dell'imputato o le altre
indicazioni personali che valgono ad identificarlo nonché le
generalità delle altre parti private;
c) l'imputazione;
d) l'indicazione delle conclusioni delle parti e
delle facoltà esercitate ai sensi dell'articolo
415-quater;
e) l'esposizione sommaria dei motivi di fatto e di
diritto su cui la decisione è fondata, con l'indicazione delle
prove poste a base della decisione stessa e l'enunciazione
delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili
le prove contrarie;
f) il dispositivo, con l'indicazione dei relativi
articoli di legge applicati;
g) la data e la sottoscrizione del giudice.
2. In caso di impedimento del giudice la sentenza è
sottoscritta dal presidente del tribunale previa menzione
della causa della sostituzione.
3. Oltre che nel caso previsto dall'articolo 125,
comma 3, la sentenza è nulla se manca o e incompleto nei suoi
elementi essenziali il dispositivo ovvero se manca la
sottoscrizione del giudice.
4. Qualora non sia possibile procedere alla
redazione immediata dei motivi della sentenza di non luogo a
procedere, il giudice provvede non oltre il trentesimo giorno
da quello della pronunzia.
Art. 425. - (Condanna del querelante alle spese e ai
danni).- 1. Quando si tratta di reato per il quale
si procede a querela della persona offesa, con la sentenza di
non luogo a procedere perché il fatto non
sussiste o l'imputato non lo ha commesso, il giudice condanna
il querelante al pagamento delle spese del procedimento
anticipate dallo Stato.
2. Nei casi previsti dal comma 1, il giudice, quando
ne è fatta domanda, condanna inoltre il querelante alla
rifusione delle spese sostenute dall'imputato e, se il
querelante si è costituito parte civile, anche di quelle
sostenute dal responsabile civile citato o intervenuto. Quando
ricorrono giusti motivi, le spese possono essere compensate in
tutto o in parte.
3. Se vi è colpa grave, il giudice può condannare il
querelante a risarcire i danni all'imputato e al responsabile
civile che ne hanno fatto domanda.
4. Contro il capo della sentenza di non luogo a
procedere che decide sulle spese e sui danni possono proporre
impugnazione, a norma dell'articolo 421, il querelante,
l'imputato e il responsabile civile.
5. Se il reato è estinto per remissione della
querela, si applica la disposizione dell'articolo 340, comma
4.
Sezione III
Impugnazioni
Art. 426. (Impugnazione delle sentenze). - 1. Per
l'impugnazione delle sentenze emesse nell'udienza preliminare
si applicano le disposizioni del libro IX.
Art. 427. (Citazione a giudizio). - 1. Qualora
l'imputato non si sia avvalso delle facoltà previste
dall'articolo 415-quater e non sia possibile pronunziare
sentenza di non luogo a procedere, il giudice emette decreto
che dispone il giudizio dinanzi al tribunale in composizione
collegiale.
2. Il decreto che dispone il giudizio contiene:
a) le generalità dell'imputato e le altre
indicazioni personali che valgono ad identificarlo nonché le
generalità delle altre parti private con l'indicazione dei
difensori;
b) l'indicazione della persona offesa dal reato
qualora identificata;
c) l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del
fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono
comportare l'applicazione di misure di sicurezza con
l'indicazione dei relativi articoli di legge;
d) l'indicazione sommaria delle fonti di prova e
dei fatti cui esse si riferiscono;
e) il dispositivo, con l'indicazione del giudice
competente per il giudizio;
f) l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora
della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non
comparendo sarà giudicato in contumacia;
g) la data e la sottoscrizione del giudice e
dell'ausiliario che lo assiste.
3. Il decreto è nullo se l'imputato non è
identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente
l'indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 1,
lettere c) e f).
4. Tra la data del decreto e la data fissata per il
giudizio deve intercorrere un termine non inferiore a venti
giorni.
Art. 428. (Fascicolo per il dibattimento) - 1.
Immediatamente dopo l'emissione del decreto che dispone il
giudizio, il giudice provvede nel contraddittorio delle parti
alla formazione del fascicolo per il dibattimento. Se una
delle parti ne fa richiesta il giudice fissa una nuova
udienza, non oltre il termine di quindici giorni, per la
formazione del fascicolo. Nel fascicolo del dibattimento sono
raccolti:
a) gli atti relativi alla procedibilità
dell'azione penale e all'esercizio dell'azione civile;
b) i verbali degli atti non ripetibili compiuti
dalla polizia giudiziaria;
c) i verbali degli atti non ripetibili compiuti
dai pubblico ministero;
d) i documenti acquisiti all'estero mediante
rogatoria internazionale ed i verbali
degli atti non ripetibili assunti con le stesse modalità;
e) i verbali degli atti assunti nell'incidente
probatorio;
f) i verbali degli atti diversi da quelli previsti
dalla lettera d) assunti all'estero a seguito di
rogatoria internazionale al quali i difensori siano stati
posti in grado di assistere e di esercitare le facoltà loro
consentite dalla legge italiana;
g) il certificato generale del casellario
giudiziale e gli altri documenti indicati nell'articolo
236;
h) il corpo del reato e le cose pertinenti al
reato, qualora non debbano essere custoditi altrove.
2. Le parti possono concordare l'acquisizione al
fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo
del pubblico ministero nonché della documentazione relativa
all'attività di investigazione difensiva.
Art. 429. (Trasmissione e custodia del fascicolo per il
dibattimento). - 1. Il decreto che dispone il giudizio è
trasmesso senza ritardo, con il fascicolo previsto
dall'articolo 428 e con l'eventuale provvedimento che abbia
disposto misure cautelari in corso di esecuzione, alla
cancelleria del giudice competente per il giudizio.
Art. 430. (Fascicolo del pubblico ministero). - 1.
Gli atti diversi da quelli previsti dall'articolo 428 sono
trasmessi al pubblico ministero con gli atti acquisiti
all'udienza preliminare unitamente al verbale dell'udienza.
2. I difensori hanno facoltà di prendere visione ed
estrarre copia, nella segreteria del pubblico ministero, degli
atti raccolti nel fascicolo formato a norma del comma 1.
3. Nel fascicolo del pubblico ministero è altresì
inserita la documentazione dell'attività prevista
dell'articolo 427 quando di essa le parti si sono servite per
la formulazione di richieste al giudice del dibattimento e
quest'ultimo le ha accolte".
4.Gli articoli da 438 a 443 del codice di procedura penale
sono abrogati.
Art. 10.
1. L'articolo 444 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 444. (Applicazione della pena su richiesta) -
1. L'imputato e il pubblico ministero possono chiedere al
giudice l'applicazione, nella specie e nella misura indicate,
di una pena detentiva, di una sanzione sostitutiva o di una
pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo.
2. Se vi è il consenso anche della parte che non ha
formulato la richiesta e non deve essere pronunciata sentenza
di proscioglimento a norma dell'articolo 129, il giudice,
sulla base degli atti, se ritiene che la qualificazione
giuridica del fatto, l'applicazione e la comparazione delle
circostanze prospettate dalle parti siano corrette e la pena
sia congrua, dispone con sentenza l'applicazione delle pena
indicata, enunciando nel dispositivo che vi è stata la
richiesta delle parti. Se vi è costituzione di parte civile,
il giudice non decide sulla relativa domanda; non si applica
la disposizione dell'articolo 75, comma 3. In caso di
accoglimento della richiesta il giudice condanna l'imputato al
pagamento delle spese processuali in favore della parte civile
salvo che ritenga di disporne, per giusti motivi, la
compensazione totale o parziale.
3. La parte, nel formulare la richiesta, può
subordinarne l'efficacia alla concessione della sospensione
condizionale della pena. In questo caso il giudice, se ritiene
che la sospensione condizionale non può essere concessa,
rigetta la richiesta".
2. L'articolo 449 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 444. (Casi e modi del giudizio direttissimo) -
1. Quando una persona è stata arrestata in flagranza di un
reato, il pubblico ministero, se ritiene di dover procedere,
può presentare direttamente l'imputato in stato di arresto
davanti al
giudice indicato nell'articolo 279, per la convalida. Si
applicano al giudizio di convalida le disposizioni di cui
all'articolo 391, in quanto compatibili.
2. Se l'arresto è convalidato, il giudice
restituisce gli atti al pubblico ministero affinché, entro le
quarantotto ore successive, presenti l'imputato in stato di
custodia cautelare dinanzi al giudice del dibattimento. Entro
il termine di quindici giorni l'imputato liberato
successivamente all'avvenuto giudizio di convalida, è citato a
comparire dinanzi al giudice dibattimentale.
3. Se l'arresto non è convalidato, il pubblico
ministero può procedere ugualmente al giudizio direttissimo
con le forme previste dal comma 2, nel termine di quarantotto
ore dallo svolgimento del giudizio di convalida, purché
l'imputato esprima consenso all'esito dell'udienza di
convalida.
4. Il pubblico ministero può, inoltre, procedere al
giudizio direttissimo nei confronti della persona che nel
corso dell'interrogatorio ha reso confessione. L'imputato
libero è citato a comparire a una udienza non successiva al
quindicesimo giorno dall'iscrizione nel registro delle notizie
di reato. L'imputato in stato di custodia cautelare per il
fatto per cui si procede è presentato all'udienza entro il
medesimo termine.
5. Quando il reato per cui è richiesto il giudizio
direttissimo risulta connesso con altri reati per i quali
mancano le condizioni che giustificano la scelta di tale rito,
si procede separatamente per gli altri reati e nei confronti
degli altri imputati, salvo che ciò pregiudichi gravemente le
indagini. Se la riunione risulta indispensabile, prevale in
ogni caso il rito ordinario".
3. L'articolo 450 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 450. (Instaurazione del giudizio direttissimo). -
1. Se ritiene di procedere a giudizio direttissimo, il
pubblico ministero, successivamente all'avvenuta convalida, fa
condurre all'udienza l'imputato in stato di custodia
cautelare, nei termini di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo
449.
2. Se l'imputato è libero, il pubblico ministero lo
cita a comparire all'udienza
per il giudizio direttissimo. Il termine per comparire non
può essere inferiore a tre giorni.
3. La citazione contiene i requisiti previsti
dall'articolo 427, comma 2, lettere a), b),
c) e f), con l'indicazione del giudice competente
per il giudizio nonché la data e la sottoscrizione. Si applica
inoltre la disposizione dell'articolo 427, comma 3.
4. Il decreto, unitamente al fascicolo previsto
dall'articolo 428, formato dal pubblico ministero, è trasmesso
alla cancelleria del giudice competente per il giudizio.
5. Al difensore è notificato senza ritardo a cura
del pubblico ministero l'avviso della data fissata per il
giudizio.
6. Il difensore ha facoltà di prendere visione e di
estrarre copia, nella segreteria del pubblico ministero, della
documentazione relativa alle indagini espletate".
Art. 11.
1. Al comma 1 dell'articolo 465 ed al comma 1
dell'articolo 467 del codice di procedura penale, dopo le
parole: "o della corte di assise," sono inserite le seguenti:
"ovvero il giudice o il giudice di pace,".
2. All'articolo 468 del codice di procedura penale, al
comma 2, dopo le parole: "o della corte di assise" e dopo le
parole: "il presidente" sono inserite le seguenti: "o il
giudice ovvero il giudice di pace"; al comma 4-bis, dopo
le parole: "dal presidente" sono inserite le seguenti: "o dal
giudice ovvero dal giudice di pace"; al comma 5, dopo le
parole: "Il presidente" sono inserite le seguenti: "o il
giudice ovvero il giudice di pace".
3. Ai commi 1 e 2 dell'articolo 484 ed al comma 1
dell'articolo 494 del codice di procedura penale dopo la
parola: "presidente" sono inserite le seguenti: "o il giudice
ovvero il giudice di pace".
4. L'articolo 500 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 500. (Contestazioni nell'esame testimoniale). -
1. Fermi i divieti di lettura e di allegazione, le parti,
per contestare in tutto o in parte il contenuto della
deposizione, possono servirsi delle dichiarazioni
precedentemente rese dal testimone e contenute nel fascicolo
del pubblico ministero.
2. La facoltà di cui al comma 1 può essere
esercitata solo se sui fatti e sulle circostanze da contestare
il testimone abbia già deposto.
3. Le parti possono procedere alla contestazione
anche quando il teste rifiuta o comunque omette, in tutto o in
parte, di rispondere sulle circostanze riferite nelle
precedenti dichiarazioni".
5. L'articolo 503 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 503. (Esame delle parti private) - 1. Il
presidente dispone l'esame delle parti che ne abbiano fatto
richiesta o che vi abbiano consentito, secondo il seguente
ordine: parte civile, responsabile civile, persona civilmente
obbligata per la pena pecuniaria e imputato.
2. L'esame si svolge nei modi previsti dagli
articoli 498 e 499. Ha inizio con le domande del difensore o
del pubblico ministero che l'ha chiesto e prosegue con le
domande, secondo i casi, del pubblico ministero che dei
difensori della parte civile, del responsabile civile, della
persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, del
coimputato e dell'imputato. Quindi, chi ha iniziato l'esame
può rivolgere nuove domande.
3. Fermi i divieti di lettura e di allegazione, il
pubblico ministero e i difensori, per contestare in tutto o in
parte il contenuto della deposizione, possono servirsi delle
dichiarazioni precedentemente rese dalla parte esaminata e
contenute nel fascicolo del pubblico ministero. Tale facoltà
può essere esercitata solo se sui fatti e sulle circostanze da
contestare la parte abbia già deposto.
4. Si applica la disposizione dell'articolo 500,
comma 3.
5. Le dichiarazioni alle quali il difensore aveva
diritto di assistere assunte dal
pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria su delega del
pubblico ministero sono acquisite nel fascicolo per il
dibattimento, se sono state utilizzate per le contestazioni
previste dal comma 3.
6. La disposizione prevista dal comma 5 si applica
anche per le dichiarazioni rese a norma degli articoli 294,
299, comma 3-ter, 391 e 415-ter.
7. Le dichiarazioni acquisite nel fascicolo del
dibattimento, se sono utilizzate per le contestazioni, possono
essere valutate dal giudice nei confronti degli altri
imputati, senza il loro consenso, solo al fine di stabilire la
credibilità della persona esaminata".
6. L'articolo 507 del codice di procedura penale è
abrogato.
7. L'articolo 513 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 513 - (Lettura delle dichiarazioni rese
dall'imputato nel corso delle indagini preliminari o
nell'udienza preliminare) - 1. Il giudice, se l'imputato è
contumace o assente ovvero rifiuta di sottoporsi all'esame,
dispone, a richiesta di parte, che sia data lettura dei
verbali delle dichiarazioni rese dall'imputato al pubblico
ministero o alla polizia giudiziaria su delega del pubblico
ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari o
nell'udienza preliminare, ma tali dichiarazioni non possono
essere utilizzate, senza il loro consenso, nei confronti di
altri imputati, salvo che risulti provato che il dichiarante è
stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di
denaro o di altra utilità, affinché non deponga.
2. Se le dichiarazioni sono state rese dalle persone
indicate nell'articolo 210, il giudice, a richiesta di parte,
dispone, secondo i casi, l'accompagnamento coattivo del
dichiarante o l'esame a domicilio o la rogatoria
internazionale ovvero l'esame in altro modo previsto dalla
legge con la garanzia del contraddittorio. Se non è possibile
ottenere la presenza del dichiarante, ovvero procedere
all'esame in uno dei modi suddetti, il giudice dà lettura
delle dichiarazioni in precedenza rese,
qualora la impossibilità dipenda da fatti o circostanze
oggettive ed imprevedibili al momento delle dichiarazioni di
cui si fornisca la prova e che impediscono comunque la
svolgimento dell'esame.
3. Quando la persona esaminata ai sensi del comma 2,
rifiuta od omette, in tutto o in parte, di rispondere, le
dichiarazioni rese in precedenza non possono essere acquisite
nel fascicolo per il dibattimento, salvo che le parti vi
consentano ovvero risulti provata la condotta illecita
indicata al comma 1 posta in essere nei confronti della
persona esaminata.
4. Se le dichiarazioni di cui ai commi 1, 2 e 3 sono
state assunte ai sensi dell'articolo 392, si applicano le
disposizioni dell'articolo 511".
Art. 12.
1. Il libro VIII del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"LIBRO VIII
DEL GIUDICE DI PACE
TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 549. (Princìpi generali del procedimento davanti
al giudice di pace). - 1. Nel procedimento davanti al
giudice di pace, per tutto ciò che non è previsto dal presente
libro, si osservano, in quanto applicabili, le norme contenute
nel presente codice e nei titoli I e II delle relative norme
di attuazione approvate con decreto legislativo 28 luglio
1989, n. 271, ad eccezione delle disposizioni relative:
a) all'incidente probatorio;
b) all'arresto in flagranza e al fermo di
indiziato di delitto;
c) alle misure cautelari personali;
d) alla proroga del termine per le indagini;
e) all'udienza predibattimentale;
f) all'applicazione della pena su richiesta;
g) al giudizio direttissimo;
h) al decreto penale di condanna.
2. Nel corso del procedimento, il giudice di pace
deve favorire, per quanto possibile, la conciliazione tra le
parti.
Art. 550. (Assunzione della qualità di imputato). -
1. Nel procedimento davanti al giudice di pace, assume la
qualità di imputato la persona alla quale il reato è
attribuito nella citazione a giudizio disposta dalla polizia
giudiziaria o nel decreto di convocazione delle parti emesso
dal giudice di pace.
Art. 551. (Funzione del giudice per le indagini
preliminari). - 1. Per gli atti da compiere nella fase
delle indagini preliminari provvede il giudice di pace del
luogo ove ha sede il tribunale del circondario in cui è
compreso il giudice territorialmente competente.
TITOLO II
INDAGINI PRELIMINARI
Art. 552 (Attività di indagine). - 1. Acquisita la
notizia di reato, la polizia giudiziaria compie di propria
iniziativa tutti gli atti di indagine necessari per la
ricostruzione del fatto e per l'individuazione del colpevole e
ne riferisce al pubblico ministero, con relazione scritta,
entro il termine di quattro mesi.
2. Se la notizia di reato risulta fondata, la
polizia giudiziaria enuncia nella relazione il fatto in forma
chiara e precisa, con l'indicazione degli articoli di legge
che si assumono violati, e richiede l'autorizzazione a
disporre la comparizione della persona sottoposta ad indagini
davanti al giudice di pace.
3. Con la relazione, la polizia giudiziaria indica
il giorno e l'ora in cui ha acquisito la notizia.
Art. 553. (Notizie di reato ricevute dal pubblico
ministero).- 1. Sa1vo che ritenga di richiedere
l'archiviazione, il pubblico ministero se prende direttamente
notizia di un reato di competenza del giudice di pace ovvero
la riceve da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di
un pubblico servizio, la trasmette alla polizia giudiziaria,
perché proceda ai sensi dell'articolo 552, impartendo, se
necessario, le opportune direttive. Il pubblico ministero, se
non ritiene necessari atti di indagine, formula l'imputazione
e autorizza la polizia giudiziaria alla citazione a giudizio
dell'imputato.
Art. 554. (Autorizzazione del pubblico ministero al
compimento di atti).- 1. La polizia giudiziaria può
richiedere al pubblico ministero l'autorizzazione al
compimento di accertamenti tecnici irripetibili ovvero di
interrogatori o di confronti cui partecipi la persona
sottoposta alle indagini. Il pubblico ministero, se non
ritiene di svolgere personalmente le indagini o singoli atti,
può autorizzare la polizia giudiziaria al compimento degli
atti richiesti. Allo stesso modo provvede se viene richiesta
l'autorizzazione al compimento di perquisizioni e di sequestri
nei casi in cui la polizia giudiziaria non può procedervi di
propria iniziativa.
Art. 555. (Iscrizione della notizia di reato).-
1. Il pubblico ministero provvede all'iscrizione della
notizia di reato a seguito della trasmissione della relazione
di cui all'articolo 552 ovvero anche prima di aver ricevuto la
relazione fin dal primo atto di indagine svolto
personalmente.
Art. 556. (Chiusura delle indagini preliminari).-
1. Ricevuta la relazione di cui all'articolo 552 il
pubblico ministero, se non richiede l'archiviazione, esercita
l'azione penale, formulando l'imputazione e autorizzando la
citazione dell'imputato.
2. Se ritiene necessarie ulteriori indagini, il
pubblico ministero vi provvede personalmente ovvero si avvale
della polizia giudiziaria, impartendo direttive o delegando il
compimento di specifici atti.
Art. 557 (Durata delle indagini preliminari).-
1. Il termine per la chiusura
delle indagini preliminari è di quattro mesi dall'iscrizione
della notizia di reato.
2. Nei casi di particolare complessità, il pubblico
ministero dispone, con provvedimento motivato, la prosecuzione
delle indagini preliminari per un periodo di tempo non
superiore a due mesi. Il provvedimento è immediatamente
comunicato al giudice di pace di cui all'articolo 7-bis,
che se non ritiene sussistenti, in tutto o in parte, le
ragioni rappresentate dal pubblico ministero, entro cinque
giorni dalla comunicazione dichiara la chiusura delle indagini
ovvero riduce il termine indicato.
3. Gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza
dei termini indicati nei commi 1 e 2 non possono essere
utilizzati.
Art. 558 - (Archiviazione).- 1. Il pubblico
ministero presenta al giudice di pace richiesta di
archiviazione quando la notizia di reato è infondata, nonché
nei casi previsti dagli articoli 411 del presente codice e 125
delle norme di attuazione, approvate con decreto legislativo
28 luglio 1989, n. 271. Con la richiesta è trasmesso il
fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione
relativa alle indagini espletate e i verbali compiuti davanti
al giudice.
2. Copia della richiesta è notificata alla persona
offesa che nella notizia di reato o successivamente alla sua
presentazione abbia dichiarato di voler essere informata circa
l'eventuale archiviazione. Nella richiesta è altresì precisato
che nel termine di dieci giorni la persona offesa può prendere
visione degli atti e presentare richiesta motivata di
prosecuzione delle indagini preliminari. Con l'opposizione
alla richiesta di archiviazione la persona offesa indica, a
pena di inammissibilità, gli elementi di prova che
giustificano il rigetto della richiesta o le ulteriori
indagini necessarie.
3. Il pubblico ministero provvede sempre a norma del
comma 2 nei casi in cui la richiesta di archiviazione è
successiva alla trasmissione del ricorso ai sensi
dell'articolo 567-ter, comma 2.
4. Il giudice, se accoglie la richiesta, dispone con
decreto l'archiviazione, altrimenti restituisce, con
ordinanza, gli atti al
pubblico ministero indicando le ulteriori indagini necessarie
e fissando il termine indispensabile per il loro compimento
ovvero disponendo che entro dieci giorni il pubblico ministero
formuli l'imputazione.
5. Quando è ignoto l'autore del reato si osservano
le disposizioni di cui all'articolo 415.
Art. 559 - (Assunzione di prove non rinviabili).-
1. Fino all'udienza di comparizione, il giudice di pace
dispone, a richiesta di parte, l'assunzione delle prove non
rinviabili, osservando le forme previste per il dibattimento.
Si applicano le disposizioni previste dall'articolo 467, commi
2 e 3.
Art. 560 - (Provvedimenti del giudice nel corso delle
indagini).- 1. Nel corso delle indagini e fino al
deposito dell'atto di citazione a norma dell'articolo
567-sexies, comma 1, competente a disporre il sequestro
preventivo e conservativo è il giudice di pace indicato
nell'articolo 7-bis.
2. Il giudice di cui al comma 1 decide anche sulla
richiesta di archiviazione, sull'opposizione di cui
all'articolo 263, comma 5, sulla richiesta di sequestro di cui
all'articolo 368, nonché sulla richiesta di riapertura delle
indagini. Lo stesso giudice è altresì competente a decidere
sulla richiesta di autorizzazione a disporre le operazioni di
intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche,
di comunicazioni informatiche o telematiche ovvero di altre
forme di telecomunicazione, nonché per i successivi
provvedimenti riguardanti l'esecuzione delle operazioni e la
conservazione della documentazione.
TITOLO III
CITAZIONE A GIUDIZIO
Art. 561 - (Citazione a giudizio disposta dalla polizia
giudiziaria).- 1. La polizia giudiziaria, sulla base
dell'imputazione formulata dal pubblico ministero, cita
l'imputato dinanzi al giudice di pace.
2. La citazione contiene:
a) le generalità dell'imputato e le altre
indicazioni personali che valgono ad identificarlo;
b) l'indicazione della persona offesa, qualora
risulti identificata;
c) l'imputazione formulata dal pubblico ministero
e l'indicazione delle fonti di prova di cui si chiede
l'ammissione. Se viene chiesto l'esame di testimoni o di
consulenti tecnici, nell'atto devono essere indicate, a pena
di inammissibilità, le circostanze su cui deve vertere
l'esame;
d) l'indicazione del giudice competente per il
giudizio, nonché del luogo, del giorno e dell'ora della
comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non
comparendo sarà giudicato in contumacia;
e) l'avviso che l'imputato ha facoltà di nominare
un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistito da
un difensore di ufficio;
f) l'avviso che il fascicolo relativo alle
indagini preliminari è depositato presso la segreteria del
pubblico ministero e che le parti e i loro difensori hanno
facoltà di prenderne visione e di estrarne copia.
3. La citazione è notificata, a cura della polizia
giudiziaria, all'imputato, al suo difensore e alla parte
offesa almeno trenta giorni prima dell'udienza.
4. La citazione deve essere sottoscritta, a pena di
nullità, da un ufficiale di polizia giudiziaria.
5. La citazione a giudizio è depositata nella
segreteria del pubblico ministero unitamente al fascicolo
contenente la documentazione relativa alle indagini espletate,
il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, qualora non
debbano essere custoditi altrove.
6. La citazione è nulla se l'imputato non è
identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente
l'indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 2,
lettere c), d) ed e).
Art. 562. (Emissione della citazione a giudizio
disposta dalla polizia giudiziaria).- 1. Ai fini
dell'emissione della citazione a
giudizio di cui all'articolo 570, il pubblico ministero
richiede al giudice di pace di indicare il giorno e l'ora
della comparizione.
2. La richiesta del pubblico ministero e
l'indicazione del giudice di pace sono comunicate anche con
mezzi telematici.
Art. 563. (Delegati del procuratore della Repubblica
nel procedimento penale davanti al giudice di pace).-
1. Nei procedimenti penali davanti al giudice di pace,
le funzioni del pubblico ministero possono essere svolte, per
delega del procuratore della Repubblica presso il tribunale
ordinario:
a) nell'udienza dibattimentale, da uditori
giudiziari, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio,
da ufficiali di polizia giudiziaria diversi da coloro che
hanno preso parte alle indagini preliminari, o da laureati in
giurisprudenza che frequentano il secondo anno della scuola
biennale di specializzazione per le professioni legali di cui
all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n.
398, e successive modificazioni;
b) per gli atti del pubblico ministero previsti
dagli articoli 564 e 567-bis, da vice procuratori
onorari addetti all'ufficio;
c) nei procedimenti in camera di consiglio di cui
all'articolo 127 nei procedimenti di esecuzione ai fini
dell'intervento di cui all'articolo 655, comma 2, e nei
procedimenti di opposizione al decreto del pubblico ministero
di liquidazione del compenso a periti, consulenti tecnici e
traduttori ai sensi dell'articolo 11 della legge 8 luglio
1980, n, 319, da vice procuratori onorari addetti
all'ufficio.
2. Nei casi indicati nel comma 1, la delega è
conferita in relazione ad una determinata udienza o a un
singolo procedimento.
3. La delega è revocabile nei soli casi in cui il
presente codice prevede la sostituzione del pubblico
ministero.
4. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo
162, commi 1, 3 e 4, delle
norme di attuazione, approvate con decreto legislativo 28
luglio 1989, n. 271.
Art. 564.(Ricorso immediato a giudice).- 1.
Per i reati procedibili a querela è ammessa la citazione a
giudizio dinanzi al giudice di pace della persona alla quale
il reato è attribuito su ricorso della persona offesa.
2. Il ricorso deve contenere:
a) l'indicazione del giudice;
b) le generalità del ricorrente e, se si tratta di
persona giuridica o di associazione non riconosciuta, la
denominazione dell'ente, con l'indicazione del legale
rappresentante;
c) l'indicazione del difensore del ricorrente e la
relativa nomina;
d) l'indicazione delle altre persone offese dal
medesimo reato delle quali il ricorrente conosca
l'identità;
e) le generalità della persona citata a
giudizio;
f) la descrizione, in forma chiara e precisa, del
fatto che si addebita alla persona citata a giudizio, con
l'indicazione degli articoli di legge che si assumono
violati;
g) i documenti di cui si chiede l'acquisizione;
h) l'indicazione delle fonti di prova a sostegno
della richiesta, nonché delle circostanze su cui deve vertere
l'esame dei testimoni e dei consulenti tecnici;
i) la richiesta di fissazione dell'udienza per
procedere nei confronti delle persone citate a giudizio.
3. Il ricorso deve essere sottoscritto dalla persona
offesa o dal suo legale rappresentante e dal difensore. La
sottoscrizione della persona offesa è autenticata dal
difensore.
4. Nei casi previsti dagli articoli 120, secondo e
terzo comma, e 121 del codice penale, il ricorso è
sottoscritto, a seconda dei casi, dal genitore, dal tutore o
dal curatore ovvero dal curatore speciale. Si
osservano le disposizioni di cui all'articolo 338 del
presente codice.
5. La presentazione del ricorso produce gli stessi
effetti della presentazione della querela.
Art. 565. (Presentazione del ricorso).- 1. Il
ricorso, previamente comunicato al pubblico ministero mediante
deposito di copia presso la sua segreteria, è presentato, a
cura del ricorrente, con la prova dell'avvenuta comunicazione,
nella cancelleria del giudice di pace competente per
territorio nel termine di tre mesi dalla notizia del fatto che
costituisce reato.
2. Se per il medesimo fatto la persona offesa ha già
presentato querela, deve farne menzione nel ricorso,
allegandone copia e depositando altra copia presso la
segreteria del pubblico ministero.
3. Nel caso previsto dal comma 2, il giudice di pace
dispone l'acquisizione della querela in originale.
4. Quando si procede in seguito a ricorso sono
inapplicabili le diverse disposizioni che regolano la
procedura ordinaria.
Art. 566. (Costituzione di parte civile).- 1.
La costituzione di parte civile deve avvenire, a pena di
decadenza, con la presentazione del ricorso. La richiesta
motivata di restituzione o di risarcimento del danno contenuta
nel ricorso è equiparata a tutti gli effetti alla costituzione
di parte civile.
Art. 567 (Inammissibilità del ricorso).- 1.
Il ricorso è inammissibile:
a) se è presentato oltre il termine indicato
dall'articolo 565, comma 1;
b) se risulta presentato fuori dei casi
previsti;
c) se non contiene i requisiti indicati
nell'articolo 564, comma 2, ovvero non risulta sottoscritto a
norma dei commi 3 e 4 del medesimo articolo;
d) se è insufficiente la descrizione del fatto o
l'indicazione delle fonti di prova;
e) se manca la prova dell'avvenuta comunicazione
al pubblico ministero.
Art. 567-bis. (Richieste del pubblico
ministero).- 1. Entro dieci giorni dalla
comunicazione del ricorso, il pubblico ministero presenta le
sue richieste nella cancelleria del giudice di pace.
2. Se ritiene il ricorso inammissibile o
manifestamente infondato, ovvero presentato dinanzi ad un
giudice di pace incompetente per territorio, il pubblico
ministero esprime parere contrario alla citazione altrimenti
formula l'imputazione confermando o modificando l'addebito
contenuto nel ricorso.
Art. 567-ter. (Provvedimenti del giudice di
pace).- 1. Decorso il termine indicato nell'articolo
567-bis, comma 1, il giudice di pace, anche se il
pubblico ministero non ha presentato richieste, provvede a
norma del presente articolo.
2. Se ritiene il ricorso inammissibile o
manifestamente infondato, il giudice di pace ne dispone la
trasmissione al pubblico ministero per l'ulteriore corso del
procedimento.
3. Se il ricorso risulta presentato per un reato che
appartiene alla competenza di altro giudice, il giudice di
pace ne dispone, con ordinanza, la trasmissione al pubblico
ministero.
4. Se riconosce la propria incompetenza per
territorio, il giudice di pace la dichiara con ordinanza e
restituisce gli atti al ricorrente che, nel termine di venti
giorni, ha facoltà di reiterare il ricorso davanti al giudice
competente. L'inosservanza del termine è causa di
inammissibilità del ricorso.
Art. 567-quater (Decreto di convocazione delle
parti).- 1. Se non deve provvedere ai sensi
dell'articolo 567-ter il giudice di pace, entro venti
giorni dal deposito del ricorso, convoca le parti in udienza
con decreto.
2. Tra il giorno del deposito del ricorso e
l'udienza non devono intercorrere più di novanta giorni.
3. Il decreto contiene:
a) l'indicazione del giudice che procede, nonché
del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione;
b) le generalità della persona nei cui confronti è
stato presentato il ricorso, con l'invito a comparire e
l'avvertimento che non comparendo sarà giudicato in
contumacia;
c) l'avviso che la persona di cui alla lettera
b) ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e che,
in mancanza, sarà assistito dal difensore di ufficio nominato
nel decreto;
d) la trascrizione dell'imputazione formulata dal
pubblico ministero;
e) la data e la sottoscrizione del giudice e
dell'ausiliario che l'assiste.
4. Il decreto, unitamente al ricorso, è notificato,
a cura del ricorrente, al pubblico ministero, alla persona
citata in giudizio e al suo difensore almeno venti giorni
prima dell'udienza. Entro lo stesso termine il ricorrente
notifica il decreto alle altre persone offese di cui conosca
l'identità.
5. La convocazione è nulla se l'imputato non è
identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente
l'indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 3,
lettere a), b), c) e d).
Art. 567-quinquies(Pluralità di persone offese).-
1. Il ricorso presentato da una fra più persone offese
non impedisce alle altre di intervenire nel processo, con
l'assistenza di un difensore e con gli stessi diritti che
spettano al ricorrente principale.
2. Le persone offese intervenute possono costituirsi
parte civile prima della dichiarazione di apertura del
dibattimento.
3. La mancata comparizione delle persone offese, alle
quali il decreto sia stato regolarmente notificato ai sensi
dell'articolo 567-quater, comma 4, equivale a rinuncia
al diritto di querela ovvero alla remissione della querela,
qualora sia stata già presentata.
TITOLO IV
GIUDIZIO
Art. 567-sexies (Udienza di comparazione) - 1.
Almeno sette giorni prima della data fissata per l'udienza di
comparizione, il pubblico ministero o la persona offesa nel
caso previsto dall'articolo 564, depositano nella cancelleria
del giudice di pace l'atto di citazione a giudizio con le
relative notifiche.
2. Fuori dei casi previsti dagli articoli 561 e 564,
le parti che intendono chiedere l'esame dei testimoni, periti
o consulenti tecnici nonché delle persone indicate
nell'articolo 210 devono, a pena di inammissibilità, almeno
sette giorni prima della data fissata per l'udienza di
comparizione, depositare in cancelleria le liste con
l'indicazione delle circostanze su cui deve vertere
l'esame.
3. Nei casi in cui occorre rinnovare la convocazione
o la citazione a giudizio ovvero le relative notificazioni, vi
provvede il giudice di pace, anche d'ufficio.
4. Il giudice, quando il reato è perseguibile a
querela, promuove la conciliazione tra le parti. In tal caso,
qualora sia utile per favorire la conciliazione, il giudice
può rinviare l'udienza per un periodo non superiore a due mesi
e, ove occorra, può avvalersi anche dell'attività di
mediazione di centri e di strutture pubbliche o private
presenti sul territorio. In ogni caso, le dichiarazioni rese
dalle parti nel corso dell'attività di conciliazione non
possono essere in alcun modo utilizzate ai fini della
deliberazione.
5. In caso di conciliazione è redatto processo
verbale attestante la remissione di querela o la rinuncia al
ricorso di cui all'articolo 564 e la relativa accettazione. La
rinuncia al ricorso produce gli stessi effetti della
remissione della querela.
6. Prima della dichiarazione di apertura del
dibattimento l'imputato può presentare domanda di
oblazione.
7. Dopo la dichiarazione di apertura del
dibattimento, se può procedersi immediatamente al giudizio, il
giudice ammette
le prove richieste escludendo quelle vietate dalla legge,
superflue o irrilevanti e invita le parti ad indicare gli atti
da inserire nel fascicolo per il dibattimento, provvedendo a
norma dell'articolo 453. Le parti possono concordare
l'acquisizione al fascicolo del dibattimento di atti contenuti
nel fascicolo del pubblico ministero, della documentazione
relativa all'attività di investigazione difensiva, nonché
della documentazione allegata al ricorso di cui all'articolo
564.
8. Se occorre fissare altra udienza per il giudizio,
il giudice autorizza ciascuna parte alla citazione dei propri
testimoni o consulenti tecnici, escludendo le testimonianze
vietate dalla legge e quelle manifestamente sovrabbondanti. La
parte che omette la citazione decade dalla prova.
Art. 567-septies - (Udienza di comparizione a seguito
di ricorso al giudice da parte della persona offesa) - 1.
La mancata comparizione all'udienza del ricorrente o del suo
procuratore speciale non dovuta ad impossibilità a comparire
per caso fortuito o forza maggiore determina l'improcedibilità
del ricorso, salvo che l'imputato o la persona offesa
intervenuta e che abbia presentato querela chieda che si
proceda al giudizio.
2. Con l'ordinanza con cui dichiara
l'improcedibilità del ricorso ai sensi del comma 1, il giudice
di pace condanna il ricorrente alla rifusione delle spese
processuali, nonché al risarcimento dei danni in favore della
persona citata in giudizio che ne abbia fatto domanda.
3. Se il reato contestato nell'imputazione non
rientra tra quelli per cui è ammessa la citazione a giudizio
su istanza della persona offesa, il giudice di pace trasmette
gli atti al pubblico ministero, salvo che l'imputato chieda
che si proceda ugualmente al giudizio.
Art. 567-octies. (Fissazione di nuova udienza a seguito
di impossibilità a comparire) - 1. In caso di dichiarazione
di improcedibitità ai sensi dell'articolo 567-septies,
comma 1, il ricorrente può presentare istanza di fissazione di
nuova udienza se prova che la mancata comparizione è
stata dovuta a caso fortuito o a forza maggiore.
2. L'istanza è presentata al giudice di pace entro
dieci giorni dalla cessazione del fatto costituente caso
fortuito o forza maggiore. Il termine è stabilito a pena di
decadenza.
3. Se accoglie l'istanza, il giudice di pace convoca
le parti per una nuova udienza ai sensi dell'articolo
567-quater, invitando il ricorrente a provvedere alle
notifiche a norma del comma 4 dello stesso articolo.
4. Contro il decreto motivato che respinge la
richiesta di fissazione di nuova udienza può essere proposto
ricorso al tribunale in composizione monocratica, che decide
con ordinanza inoppugnabile.
Art. 567-nonies. (Dibattimento) - 1. Su accordo
delle parti, l'esame dei testimoni, del periti, dei consulenti
tecnici e dalle parti private può essere condotto dal giudice
sulla base delle domande e delle contestazioni proposte dal
pubblico ministero e dai difensori.
2. Terminata l'acquisizione delle prove, il giudice,
se risulta assolutamente necessario, può disporre anche
d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova, compresi
quelli relativi agli atti acquisiti a norma dell'articolo
567-sexies, comma 7.
3. Il verbale di udienza, di regola, è redatto solo
in forma riassuntiva.
4. La motivazione della sentenza è redatta dal
giudice in forma abbreviata e depositata nel termine di
quindici giorni dalla lettura del dispositivo. Il giudice può
dettare la motivazione direttamente a verbale.
5. In caso di impedimento del giudice la sentenza è
sottoscritta dal presidente del tribunale, previa menzione
della causa di sostituzione".
Art. 13.
1. Dopo l'articolo 574 del codice di procedura penale è
inserito il seguente:
"Art. 574-bis. (Impugnazione del ricorrente che ha
chiesto la citazione a
giudizio dell'imputato) - 1. Il ricorrente che ha chiesto
la citazione a giudizio dell'imputato a norma dell'articolo
573 può proporre impugnazione, anche agli effetti penali,
contro la sentenza di proscioglimento del giudice di pace
negli stessi casi in cui è ammessa l'impugnazione da parte del
pubblico ministero.
2. Con il provvedimento che rigetta o dichiara
inammissibile l'impugnazione, il ricorrente è condannato alla
rifusione delle spese processuali sostenute dall'imputato e
dal responsabile civile. Se vi è colpa grave, il ricorrente
può essere condannato al risarcimento dei danni causati
all'imputato e al responsabile civile".
2. L'articolo 585 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 585. (Termini per l'impugnazione) - 1. Il
termine per proporre impugnazione, per ciascuna delle parti
è:
a) di quindici giorni, per i provvedimenti emessi
in seguito a procedimento in camera di consiglio e nel caso
previsto dall'articolo 544, comma 1;
b) di quarantacinque giorni, negli altri casi.
2. I termini previsti dal comma 1 decorrono:
a) dalla notificazione o comunicazione dell'avviso
di deposito del provvedimento;
b) dalla lettura del provvedimento in udienza,
quando è redatta anche la motivazione, per tutte le parti che
sono state o che devono considerarsi presenti nel giudizio,
anche se non sono presenti alla lettura;
c) dal giorno in cui è stata eseguita la
notificazione o la comunicazione dell'avviso di deposito con
l'estratto del provvedimento, per l'imputato contumace e per
il procuratore generale presso la corte di appello rispetto ai
provvedimenti emessi in udienza da qualsiasi giudice della sua
circoscrizione diverso dalla corte di appello.
3. Quando la decorrenza è diversa per l'imputato e
per il suo difensore, opera per entrambi il termine che scade
per ultimo.
4. Fino a quindici giorni prima dell'udienza possono
essere presentati nella cancelleria del giudice della
impugnazione motivi nuovi nel numero di copie necessarie per
tutte le parti. L'inammissibilità dell'impugnazione si estende
ai motivi nuovi.
5. I termini previsti dal presente articolo sono
stabiliti a pena di decadenza".
3. L'articolo 594 del codice di procedura penale è
sostituito dai seguenti:
"Art. 594. (Impugnazione del pubblico ministero delle
sentenze del giudice di pace) - 1. Il pubblico ministero
può proporre appello contro le sentenze di condanna del
giudice di pace che applicano una pena diversa da quella
pecuniaria e contro le sentenze di proscioglimento per reati
puniti con pena alternativa.
2. Il pubblico ministero può proporre ricorso per
cassazione contro le sentenze del giudice di pace.
Art. 594-bis. (Impugnazione dell'imputato delle
sentenze del giudice di pace) - 1. L'imputato può proporre
appello contro le sentenze di condanna del giudice di pace che
applicano una pena diversa da quella pecuniaria; può altresì
proporre appello contro le sentenze che applicano la pena
pecuniaria se impugna il capo relativo alla condanna, anche
generica, al risarcimento del danno.
2. L'imputato può proporre ricorso per cassazione
contro le sentenze di condanna del giudice di pace che
applicano la sola pena pecuniaria e contro le sentenze di
proscioglimento".
4. Il comma 1 dell'articolo 599 del codice di procedura
penale è sostituito dal seguente:
"1. Quando l'appello ha esclusivamente per oggetto la
specie o la misura della pena, anche con riferimento al
giudizio di comparazione tra circostanze, o l'applicabilità di
circostanze, di sanzioni sostitutive,
della sospensione condizionale della pena o della non
menzione della condanna nel certificato del casellario
giudiziale, la corte, in deroga a quanto previsto
dall'articolo 127, giudica sui motivi, sulla richiesta del
procuratore generale e sulle memorie delle altre parti senza
l'intervento dei difensori. Fino a quindici giorni prima
dell'udienza tutte le parti possono presentare motivi nuovi e
memorie e, fino a cinque giorni prima, possono presentare
memorie di repliche. In tali i casi la corte fissa l'udienza
entro sessanta giorni dalla ricezione degli atti".
5. Il comma 2 dell'articolo 601 del codice di procedura
penale è sostituito dal seguente:
"2. Quando si procede in camera di consiglio a norma
dell'articolo 599, l'avviso di fissazione dell'udienza è
notificato alle parti e ai difensori almeno venti giorni
prima".
6. L'articolo 606 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 606. (Casi di ricorso) - 1. Il ricorso per
cassazione può essere proposto per i seguenti motivi:
a) esercizio da parte del giudice di una potestà
riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi
ovvero non consentita ai pubblici poteri;
b) inosservanza o erronea applicazione della legge
penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto
nell'applicazione della legge penale;
c) inosservanza delle norme processuali stabilite
a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o
di decadenza;
d) mancata assunzione di una prova decisiva,
quando la parte ne ha fatto richiesta a norma dell'articolo
495, comma 2;
e) mancanza, contraddittorietà o illogicità della
motivazione;
f) omesso esame di questioni decisive quando si è
proceduto a norma dell'articolo 599.
2. Il ricorso, oltre che nei casi e con gli effetti
determinati da particolari disposizioni, può essere proposto
contro le sentenze pronunciate in grado di appello o
inappellabili.
3. Il ricorso è inammissibile se è proposto per
motivi diversi da quelli consentiti dalla legge o
manifestamente infondati ovvero, fuori dei casi previsti dagli
articoli 569 e 609, comma 2, per violazioni di legge non
dedotte con i motivi di appello".
7. L'articolo 610 del codice di procedura penale è
sostituito dal seguente:
"Art. 610. (Atti preliminari) - 1. Il presidente
della Corte di cassazione provvede all'assegnazione dei
ricorsi alle singole sezioni secondo i criteri stabiliti dalle
leggi di ordinamento giudiziario.
2. Il presidente, su richiesta del procuratore
generale, dei difensori delle parti o anche di ufficio,
assegna il ricorso alle sezioni unite quando le questioni
proposte sono di speciale importanza o quando occorre dirimere
contrasti insorti tra le decisioni delle singole sezioni.
3. Il presidente della Corte, se si tratta delle
sezioni unite, ovvero il presidente della sezione fissa la
data per la trattazione del ricorso in udienza pubblica o in
camera di consiglio e designa il relatore. Il presidente
dispone altresì la riunione dei giudizi nei casi previsti
dall'articolo 17 e la separazione dei medesimi quando giovi
alla speditezza della decisione.
4. La cancelleria dà immediata comunicazione al
procuratore generale del deposito degli atti per la richiesta
della dichiarazione di inammissibilità del ricorso sulla quale
la corte decide con le forme dell'articolo 611, comma 1.
5. Almeno trenta giorni prima della data
dell'udienza, la cancelleria ne dà avviso al procuratore
generale ed ai difensori, indicando se il ricorso sarà deciso
a seguito di udienza pubblica ovvero in camera di consiglio.
In quest'ultimo caso,
l'avviso deve inoltre precisare se vi è la richiesta di
dichiarazione di inammissibilità, enunciando la causa
dedotta".
8. L'articolo 169-bis delle norme di attuazione, di
coordinamento e transitorie del codice di procedura penale,
approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è
abrogato.
9. Il comma 1 dell'articolo 611 del codice di procedura
penale è sostituito dal seguente:
"1. Oltre che nei casi particolarmente previsti
dalla legge, la Corte procede in camera di consiglio quando
deve decidere sui ricorsi diretti a censurare l'entità della
pena, l'applicabilità di circostanze del reato, la
comparazione tra più circostanze, l'applicabilità di sanzioni
sostitutive, della sospensione condizionale della pena ovvero
della non menzione della condanna nel certificato del
casellario giudiziario. La Corte provvede altresì in camera di
consiglio quando deve decidere su ogni ricorso contro
provvedimenti non emessi nel dibattimento".
Art. 14.
1. Dopo l'articolo 656 del codice di procedura penale sono
inseriti i seguenti:
"Art. 656-bis. (Esecuzione della pena, della detenzione
domiciliare e del lavoro di pubblica utilità) - 1. La
sentenza penale irrevocabile è trasmessa per estratto a cura
della cancelleria al pubblico ministero del circondario ove ha
sede l'ufficio del giudice individuato ai sensi dell'articolo
665-bis.
2. Il pubblico ministero, emesso l'ordine di
esecuzione, lo trasmette immediatamente, unitamente
all'estratto della sentenza di condanna contenente le modalità
di esecuzione della pena, all'ufficio di pubblica sicurezza
del comune in cui il condannato risiede o, in mancanza di
questo, al comando dell'arma dei carabinieri territorialmente
competente.
3. Appena ricevuto il provvedimento di cui al comma
2, l'organo di polizia ne
consegna copia al condannato ingiungendogli di attenersi alla
prescrizioni in esso contenute. Qualora il condannato sia
detenuto o internato, copia dell'ordine di esecuzione è
notificata altresì al direttore dell'istituto o della sezione,
il quale informa anticipatamente l'organo di polizia della
dimissione del condannato. In tal caso la pena comincia a
decorrere dal primo giorno di detenzione domiciliare o di
lavoro sostitutivo successivo a quello della dimissione.
Art. 656-ter. (Modifica delle modalità di esecuzione
della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità)
- 1. Le modalità di esecuzione della permanenza domiciliare
e del divieto di accesso eventualmente imposto nonché del
lavoro di pubblica utilità stabilite nella sentenza emessa dal
giudice possono essere modificate per motivi di assoluta
necessità dal giudice osservando le disposizioni dell'articolo
666.
2. La richiesta di modifica non sospende
l'esecuzione delle pene; in caso di assoluta urgenza, le
modifiche possono essere adottate con provvedimento
provvisorio revocabile nelle fasi successive del
procedimento".
2. Dopo l'articolo 665 del capo I del titolo III del libro
X del codice di procedura penale, è inserito il seguente
capo:
"CAPO I-bis
DISPOSIZIONI SULL'ESECUZIONE
Art. 665-bis. (Sospensione di pene detentive). - 1.
Quando deve essere eseguita pena detentiva in concreto non
superiore a cinque anni, il pubblico ministero chiede al
giudice dell'esecuzione di valutare se, avendo riguardo al
reato commesso, alle circostanze di fatto che lo hanno
accompagnato, al tempo trascorso, al comportamento
successivamente serbato dal condannato e al pericolo che egli
commetta altri reati, la pena debba essere in concreto e
eseguita.
2. Il giudice dell'esecuzione, quando sulla base dei
criteri indicati al comma 1, ritenga sussisterne i
presupposti, dispone che l'esecuzione della pena resti sospesa
per un periodo equivalente a quello della pena inflitta.
3. La sospensione è immediatamente revocata quando
il giudice dell'esecuzione accerti comportamenti incompatibili
con la risocializzazione del condannato.
4. Decorso il periodo di sospensione, il giudice
dell'esecuzione, qualora verifichi che il condannato abbia
effettivamente mantenuto un comportamento tale da rendere
pronosticabile che si asterrà dal commettere ulteriori reati e
che intende definitivamente reinserirsi nel contesto sociale,
dichiara estinta la pena e ogni altro effetto penale.
5. Nel periodo che decorre tra il passaggio in
giudicato della sentenza e la decisione assunta dal giudice
dell'esecuzione ai fini del provvedimento di eventuale
sospensione dell'esecuzione della pena, il condannato che sia
in stato di libertà mantiene tale status. Per i
condannati in stato di custodia cautelare in carcere,
l'esecuzione della pena ha corso almeno fino alla decisione
del giudice dell'esecuzione.
Art. 665-ter. (Giudice dell'esecuzione nel procedimento
davanti al giudice di pace) - 1. Salvo diversa disposizione
di legge, competente a conoscere dell'esecuzione di un
provvedimento è il giudice di pace che l'ha emesso.
2. Se l'esecuzione concerne più provvedimenti emessi
da diversi giudici di pace, è competente il giudice che ha
emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo.
3. Se i provvedimenti sono stati emessi dal giudice
di pace e da altro giudice ordinario, è competente in ogni
caso quest'ultimo.
4. Se i provvedimenti sono stati emessi dal giudice
di pace e da un giudice speciale, è competente per
l'esecuzione il tribunale nel cui circondario ha sede il
giudice di pace.
5. I giudici indicati nel presente articolo sono
competenti anche se il provvedimento da eseguire è stato
comunque riformato".
3. Dopo l'articolo 666 del codice di procedura penale sono
inseriti i seguenti:
"Art. 666-bis (Procedimento di esecuzione davanti al
giudice di pace) - 1. Salvo quanto previsto nel comma 2,
nel procedimento di esecuzione davanti al giudice di pace si
osservano le disposizioni di cui all'articolo 666.
2. Contro il decreto del giudice di pace che
dichiara inammissibile la richiesta formulata nel procedimento
di esecuzione e contro l'ordinanza che decide sulla richiesta,
l'interessato può proporre, entro quindici giorni dalla
notifica del provvedimento, ricorso per motivi di legittimità
al tribunale in composizione monocratica nel cui circondario
ha sede il giudice di pace.
3. Il tribunale decide con ordinanza non
impugnabile. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo
127.
Art. 666-ter. (Esecuzione delle pene pecuniarie). - 1.
Le condanne a pena pecuniaria si eseguono a norma
dell'articolo 660, ma l'accertamento della effettiva
insolvibilità del condannato è svolto dal giudice di pace
competente per l'esecuzione che adotta, altresì, i
provvedimenti in ordine alla rateizzazione ovvero alla
conversione della pena pecuniaria".
4. L'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e
successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
"Art. 47. (Affidamento in prova al servizio sociale). -
1. Se la pena detentiva inflitta non supera tre anni, il
condannato è affidato al servizio sociale fuori dell'istituto
per un periodo uguale a quella della pena da scontare.
2. Quando la pena da espiare sia superiore a tre
anni ma inferiore a cinque, il provvedimento è adottato sulla
base dei risultati della osservazione della personalità,
condotta collegialmente per almeno
un mese in istituto, nei casi in cui si può ritenere che il
provvedimento stesso, anche attraverso le prescrizioni di cui
al comma 5, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri
la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
3. Negli stessi casi di cui al comma 2 l'affidamento
in prova al servizio sociale può essere disposto senza
procedere all'osservazione in istituto quando il condannato,
dopo la commissione del reato, ha serbato comportamento tale
da consentire il giudizio di cui al medesimo comma 2.
4. Se l'istanza di affidamento in prova al servizio
sociale è proposta dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della
pena, il magistrato di sorveglianza competente in relazione al
luogo dell'esecuzione, cui l'istanza deve essere rivolta, può
sospendere l'esecuzione della pena e ordinare la liberazione
del condannato, quando sono offerte concrete indicazioni in
ordine alla sussistenza dei presupposti per l'ammissione
all'affidamento in prova e al grave pregiudizio derivante
dalla protrazione dello stato di detenzione e non vi sia
pericolo di fuga. La sospensione dell'esecuzione della pena
opera sino alla decisione del tribunale di sorveglianza, cui
il magistrato di sorveglianza trasmette immediatamente gli
atti e che decide entro quarantacinque giorni. Se l'istanza
non è accolta, riprende l'esecuzione della pena, e non può
essere accordata altra sospensione quale che sia l'istanza
successivamente proposta.
5. All'atto dell'affidamento è redatto verbale in
cui sono dettate le prescrizioni che il soggetto dovrà seguire
in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale, alla
dimora, alla libertà di locomozione, al divieto di frequentare
determinati locali ed al lavoro.
6. Con lo stesso provvedimento può essere disposto
che durante tutto o parte del periodo di affidamento in prova
il condannato non soggiorni in uno o più comuni, o soggiorni
in un comune determinato; in particolare sono stabilite
prescrizioni che impediscano al soggetto di svolgere attività
o di avere rapporti personali
che possono portare al compimento di altri reati.
7. Nel verbale deve anche stabilirsi che l'affidato
si adoperi in quanto possibile in favore della vittima del suo
reato ed adempia puntualmente agli obblighi di assistenza
familiare.
8. Nel corso dell'affidamento le prescrizioni
possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza.
9. Il servizio sociale controlla la condotta del
soggetto e lo aiuta a superare le difficoltà di adattamento
alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua
famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita.
10. Il servizio sociale riferisce periodicamente al
magistrato di sorveglianza sul comportamento del soggetto.
11. L'affidamento è revocato qualora il
comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle
prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione
della prova.
12. Le disposizioni di cui ai commi da 4 a 10 non si
applicano nel caso previsto del comma 1. Nella medesima
ipotesi il servizio sociale competente controlla la condotta
del condannato e riferisce periodicamente al magistrato di
sorveglianza sulle condizioni di vita, familiari, sociali e
lavorative del condannato. Il beneficio è immediatamente
revocato se il condannato impedisce al servizio sociale lo
svolgimento delle attività di controllo ovvero commette un
delitto non colposo per cui viene inflitta la pena della
reclusione.
13. L'esito positivo del periodo di prova estingue
la pena e ogni altro effetto penale".
Art. 15.
1. Il comma 1-bis dell'articolo 133 delle norme di
attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di
procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio
1989, n. 271, è abrogato.
2. L'articolo 4 della legge 27 marzo 2001, n. 97, è
abrogato.
Art. 16.
1. Gli articoli 416, 416-bis e 416-ter del
codice penale devono essere interpretati nel senso che non
sono in essi ricomprese le condotte di cui all'articolo 110
del medesimo codice.
Art. 17.
1. L'articolo 317 del codice penale è sostituito dal
seguente:
"Art. 317. (Concussione) Il pubblico ufficiale o
l'incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua
qualità o dei suoi poteri, con violenza o minaccia, costringe
taluno a dare o a promettere indebitamente a lui o ad un
terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da
cinque a quindici anni".
2. All'articolo 318 del codice penale è aggiunto,
infine, il seguente comma:
"La pena è ridotta di un terzo nelle ipotesi in cui il
pubblico ufficiale solleciti inutilmente una dazione o
promessa di denaro o di altra utilità per le finalità indicate
nel secondo comma".
3. L'articolo 319 del codice penale è sostituito dal
seguente:
"Art. 319. (Corruzione per un atto contrario ai doveri
d'ufficio) Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico
servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio,
in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero
omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o
negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé un
ingiusto vantaggio patrimoniale è punito con la reclusione da
uno a quattro anni.
La pena è aumentata nel minimo a due anni e nel massimo a
cinque se il pubblico ufficiale, in esecuzione di un accordo
con il privato, riceve denaro o altra utilità, ovvero ne
accetta la promessa per omettere o ritardare o per avere
omesso o per avere ritardato un atto del suo ufficio,
ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai
doveri di ufficio.
La pena è aumentata nel minimo a tre anni e nel massimo a
sette se l'accordo ha per oggetto il conferimento di pubblici
impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti
nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il
pubblico ufficiale appartiene.
La pena è aumentata nel massimo a otto anni se, a fronte
della ricezione di denaro o altra utilità, ovvero
dell'accettazione della promessa, l'abuso è commesso per
favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale
o amministrativo.
Nell'ipotesi in cui il pubblico ufficiale solleciti
inutilmente una dazione o promessa di denaro o di altra
utilità per le finalità indicate nel secondo comma è punito
con la pena della reclusione da due a quattro anni".
4. L'articolo 319-bis del codice penale è
abrogato.
5. L'articolo 320 del codice penale è sostituito dal
seguente:
"Art. 320. (Corruzione di persona incaricata di un
pubblico servizio). - Le disposizioni dell'articolo 319,
commi secondo e quinto, si applicano anche all'incaricato di
un pubblico servizio; quelle dell'articolo 318 si applicano
anche alla persona incaricata di un pubblico servizio, qualora
rivesta la qualità di pubblico impiegato.
In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore
ad un terzo".
6. L'articolo 321 del codice penale è abrogato.
7. L'articolo 322 del codice penale è sostituito dal
seguente:
"Art. 322. (Istigazione alla corruzione da parte di
privato). - Il privato che istiga il pubblico ufficiale,
l'incaricato di pubblico servizio, ovvero la persona
incaricata di un pubblico servizio, qualora rivesta la qualità
di pubblico impiegato, offrendogli o promettendogli denaro o
altra utilità non dovuti, a porre in essere un atto del suo
ufficio ovvero un abuso del suo ufficio è punito,
qualora l'istigazione non sia accolta, con la pena della
reclusione fino a un anno.
Qualora l'istigazione sia accolta, si applica la pena
della reclusione da uno a due anni.
Se l'istigazione attraverso promessa od offerta è fatta
per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un
pubblico servizio a omettere o a ritardare un atto del suo
ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il
colpevole soggiace, qualora l'istigazione non sia accolta,
alla pena della reclusione da uno a tre anni.
Qualora l'istigazione sia accolta, si applica la pena
della reclusione da due a quattro anni.
Nei casi in cui l'accordo corruttivo tra privato e
pubblico ufficiale, ovvero incaricato di un pubblico servizio
anche quando rivesta la qualità di pubblico impiegato, sia il
risultato di una azione induttiva posta in essere da questo
ultimo, il privato soggiace alle pene stabilite dai commi
secondo e quarto, diminuite di un terzo".
8. L'articolo 594 del codice penale è sostituito dal
seguente:
"Art. 594. (Ingiuria). - Chiunque offende l'onore e
il decoro di una persona, anche mediante comunicazione
telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni rivolti alla
persona offesa, se tale offesa consiste nell'attribuzione di
un fatto determinato è punito con la multa fino a 1.033
euro.
La pena è aumentata qualora l'offesa sia commessa in
presenza di più persone".
Art. 18.
1. L'articolo 595 del codice penale è sostituito dal
seguente:
"Art. 595. (Diffamazione). - Chiunque, fuori dei
casi indicati nell'articolo 594, comunicando con più persone
offende la altrui reputazione, è punito, se l'offesa consiste
nell'attribuzione di un fatto determinato, con la multa fino a
2.066 euro.
Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o
giudiziario, o a una sua rappresentanza, o a una Autorità,
costituita in collegio, le pene sono aumentate".
2. Il comma 2 dell'articolo 538 del codice di procedura
penale è sostituito dal seguente:
"2. Se pronuncia condanna dell'imputato al
risarcimento, il giudice provvede altresì alla liquidazione,
salvo che sia prevista la competenza di altro giudice. Il
giudice provvede comunque alla liquidazione nell'ipotesi in
cui pronunci condanna per i reati di ingiuria o
diffamazione".
3. Dopo l'articolo 595 del codice penale è inserito il
seguente:
"Art. 595-bis. (Sospensione condizionata della pena per
i reati di ingiuria o diffamazione) - Nell'ipotesi di
condanna per i reati di ingiuria o diffamazione la pena è
condizionalmente sospesa.
Nell'ipotesi in cui è pronunciata condanna al risarcimento
dei danni in favore della costituita parte civile, la condanna
è condizionalmente sospesa per i due mesi successivi al
passaggio in giudicato della sentenza. Se entro tale termine
il condannato provvede al risarcimento dei danni, il reato è
estinto".
4. L'articolo 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 è
sostituito dal seguente:
"Art. 13. (Pene per la diffamazione) - 1. Nel caso
di diffamazione commessa con il mezzo della stampa,
consistente nell'attribuzione di un fatto determinato, si
applica la pena della multa non inferiore a 516 euro".
5. Il primo comma dell'articolo 32 della legge 24 novembre
1981, n. 689, è sostituito dal seguente:
"Non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione
amministrativa del pagamento di una somma di denaro tutte le
violazioni per le quali è prevista la sola pena della multa o
dell'ammenda, salvo
quanto disposto, per le violazioni finanziarie, dall'articolo
39. Non costituiscono altresì reato i fatti previsti dagli
articoli 594 e 595 del codice penale quando l'offesa all'onore
e al decoro non consista nell'attribuzione di un fatto
determinato".