XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 2602




PROPOSTA DI LEGGE


Capo I

DISPOSIZIONI GENERALI


Art. 1.

(Finalità).

        1. Al fine di riorganizzare e ridurre gli orari di lavoro in modo da conciliare gli stessi con gli altri tempi di vita, di promuovere le condizioni che rendono effettivo il diritto al lavoro e di rimuovere gli ostacoli che impediscono la partecipazione di tutti i cittadini all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese, nonché di favorire lo sviluppo dell'occupazione e l'incremento della competitività delle imprese, la presente legge provvede a favorire una modulazione e riduzione degli orari di lavoro nell'arco del quadriennio 2003-2006, in modo da giungere entro il biennio successivo a stabilire la durata settimanale legale dell'orario normale di lavoro dei dipendenti da datori di lavoro privati e pubblici e dei prestatori d'opera coordinata e continuativa e delle altre forme di lavoro autonomo collegate funzionalmente all'organizzazione aziendale, quali le associazioni in partecipazione, la titolarità di partite IVA individuali, le cessioni di diritti nei contratti a progetto, i contratti a chiamata, in trentacinque ore effettive.
        2. Decorsi due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo procede ad una verifica, con le parti sociali, degli effetti delle disposizioni dettate dalla medesima legge sui livelli occupazionali e riferisce al Parlamento anche al fine di rideterminare l'impegno finanziario di cui all'articolo 14.


Capo II

MODULAZIONE E ORGANIZZAZIONE
DELL'ORARIO DI LAVORO


Art. 2.

(Durata dell'orario normale di lavoro).

        1. Fino al 31 dicembre 2003 la durata settimanale legale dell'orario normale di lavoro dei dipendenti da datori di lavoro privati e pubblici e dei prestatori d'opera coordinata e continuativa è stabilita in trentanove ore effettive. I contratti collettivi possono prevedere una riduzione dell'orario normale di lavoro fino ad un orario medio settimanale di trentacinque ore, fermi restando i vigenti limiti legali inferiori, con il sistema di incentivazione disciplinato dal capo IV.
        2. Si considera tempo di lavoro effettivo anche per mansioni di controllo di processi organizzativi o produttivi quello ricompreso fra l'inizio e il termine della giornata lavorativa, inclusi in ogni caso i periodi di vigile attesa determinati dalla natura della prestazione, nonché le ore retribuite di assemblea, i permessi sindacali e per allattamento ed altri congedi parentali.
        3. Nell'arco dell'anno la distribuzione dell'orario di lavoro settimanale e giornaliero è stabilita in sede contrattuale ed è comunicata al lavoratore all'atto dell'assunzione. Variazioni successive nella distribuzione dell'orario sono consentite previo confronto con le rappresentanze sindacali, anche aziendali, con il consenso del lavoratore interessato.
        4. In nessun caso l'orario di lavoro comprensivo delle ore di lavoro straordinario può superare il limite massimo di quarantacinque ore settimanali e di dieci ore giornaliere, salvi i casi previsti dagli articoli 10 e 11 del regolamento di cui al regio decreto 10 settembre 1923, n. 1955. Il presente comma si applica anche ai lavoratori impegnati al servizio continuativo di un'azienda con modalità diverse dal lavoro dipendente che, ove possibile, devono essere posti in condizione di poter scegliere le fasce d'orario funzionali alla loro attività e, comunque, nell'ambito di quanto stabilito nei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e delle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale.
        5. Per i lavoratori addetti a mansioni che richiedono forme di reperibilità, questa non può essere stabilita in misura superiore a otto ore giornaliere, salve le disposizioni contrarie delle leggi speciali e le migliori condizioni previste dai contratti collettivi. La disposizione di cui al presente comma non si applica agli addetti alle attività di assistenza medica o paramedica.
        6. I lavoratori e le lavoratrici hanno diritto, per motivate esigenze, a regimi di flessibilità rispetto all'inizio e al termine della prestazione giornaliera, compatibilmente con le esigenze aziendali.


Art. 3.

(Pause di lavoro e riposo giornaliero).

        1. Qualora l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore, il lavoratore ha diritto ad una pausa, le cui modalità, durata e condizioni di concessione sono stabilite dai contratti collettivi, anche aziendali.
        2. Ove non siano prescritte pause di lavoro, il lavoratore ha comunque diritto, per ogni periodo giornaliero di lavoro eccedente le sei ore, ad una sosta di durata non inferiore a quindici minuti per ogni ora aggiuntiva.
        3. Il lavoratore e il prestatore d'opera coordinata e continuativa hanno diritto ad almeno dodici ore consecutive di riposo nel corso di ogni periodo di ventiquattro ore, salvo deroghe previste dalla contrattazione collettiva per prestazioni di pronto intervento o di attesa nei servizi pubblici.


Art. 4.

(Ferie annuali).

        1. Fatto salvo quanto prescritto all'articolo 2109 del codice civile, il prestatore di lavoro, compresi i lavoratori impegnati con modalità diverse dal lavoro dipendente e collegati funzionalmente all'organizzazione aziendale, hanno diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito nella misura e secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi nazionali di lavoro compatibile con la modalità lavorativa utilizzata e, comunque, non inferiore a quattro settimane lavorative.
        2. Il periodo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro.


Art. 5.

(Attività usuranti).

        1. Per le attività usuranti, come individuate nella tabella A allegata al decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374, è demandata alla contrattazione collettiva la definizione di un'ulteriore riduzione, pari ad almeno altre tre ore settimanali, dell'orario normale di lavoro di cui all'articolo 2 della presente legge.
        2. Ulteriori attività particolarmente pericolose, insalubri ed usuranti possono essere definite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, in aggiunta a quelle individuate nella tabella A allegata al decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374, in relazione ad una ulteriore riduzione dell'orario di lavoro in sede di contrattazione collettiva.


Art. 6.

(Lavoro straordinario).

        1. Si considera lavoro straordinario la prestazione lavorativa aggiuntiva rispetto all'orario normale giornaliero e settimanale definiti dai contratti collettivi o, in mancanza, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, e con carattere non continuativo o ricorrente.
        2. Non può essere richiesto al lavoratore lavoro straordinario eccedente i limiti di due ore giornaliere e di sei ore settimanali, salvi comunque i limiti annuali stabiliti dai contratti collettivi.
        3. L'eventuale prestazione di lavoro straordinario è stabilita in sede contrattuale.
        4. Il lavoro straordinario non può essere normalmente richiesto nelle imprese o nelle unità produttive:

            a) che sono interessate da riduzione o sospensione dal lavoro di personale di cui all'articolo 1, comma 1, o che lo sono state nei sei mesi precedenti, ovvero che usufruiscono di altre forme di riduzione di orario, quali quelle definite da contratti di solidarietà;

            b) nelle quali vi sono dipendenti che fruiscono di trattamento di integrazione salariale, salvo l'accertamento da parte della direzione provinciale del lavoro dell'impossibilità tecnico-organizzativa di riutilizzo dei lavoratori posti in cassa integrazione o di riassunzione dei lavoratori licenziati.

        5. Il ricorso al lavoro straordinario può essere attivato secondo le maggiorazioni e le procedure previste dai contratti collettivi di lavoro, anche aziendali. In difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso soltanto previo accordo tra datore e prestatore di lavoro.
        6. In caso di eventi eccezionali ed imprevedibili o che comportano rischi di danno grave alle persone o agli impianti, l'effettuazione di lavoro straordinario può essere disposta unilateralmente dal datore di lavoro, per un periodo non superiore a tre giornate lavorative. In tale caso possono essere consensualmente superati i limiti di cui al comma 2 del presente articolo ed al comma 4 dell'articolo 2.
        7. Alla contrattazione collettiva è demandata la funzione di stabilire i criteri per la maggiorazione retributiva, in misura comunque non inferiore al 40 per cento rispetto alla retribuzione di fatto del lavoro ordinario e non inferiore al 50 per cento nel caso di lavoro festivo o notturno, salve le migliori condizioni previste dai contratti collettivi, nonché la contestuale riduzione compensativa dell'orario e il versamento della quota pari al 15 per cento al Fondo di cui all'articolo 14, comma 2, lettera a).
        8. La retribuzione corrispondente al lavoro straordinario costituisce base imponibile per il calcolo dei contributi sociali obbligatori dovuti all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS).
        9. Alla retribuzione per lavoro straordinario non si applicano le agevolazioni contributive per sgravi fiscali e fiscalizzazioni.
        10. I lavoratori che svolgono lavoro straordinario hanno diritto ad un numero di ore di permesso retribuito, pari alle ore di straordinario svolte, da usufruire entro i tre mesi successivi, anche parzialmente.
        11. E' attribuito alle direzioni provinciali del lavoro il compito di effettuare le opportune verifiche in merito al rispetto delle norme relative al lavoro straordinario. In caso di violazione delle norme previste da leggi e da contratti collettivi di lavoro, anche aziendali, sulle modalità di svolgimento delle prestazioni di lavoro straordinario è prevista una sanzione amministrativa a carico del datore di lavoro di 516 euro per ogni singolo caso di violazione riscontrata.


Art. 7.

(Lavoro notturno).

        1. Per lavoro notturno si intende quello effettuato nel corso di un periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti in ogni caso l'intervallo tra le ore 24.00 e le ore 5.00, anche prestato secondo turni periodici.
        2. Per lavoratore notturno si intende qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolge almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero e qualsiasi lavoratore che svolge durante il periodo notturno almeno un terzo del suo orario di lavoro annuale, riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale.
        3. Fermo restando il limite assoluto di cui all'articolo 2, comma 4, l'orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le otto ore nelle ventiquattro ore, salvo l'individuazione, da parte dei contratti collettivi nazionali di lavoro, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite.
        4. L'orario notturno determina una riduzione della durata del tempo di lavoro settimanale e mensile ed una maggiorazione retributiva le cui modalità e criteri sono definiti dai contratti collettivi di lavoro, anche aziendali.
        5. Nelle unità produttive e amministrative che prevedono il ricorso al lavoro notturno in via stabile e continuativa o per un periodo superiore a trenta giorni, salve le esenzioni per gli impianti a ciclo continuo ed i servizi pubblici essenziali, individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, l'introduzione di turni di lavoro notturno deve essere preceduta dalla consultazione dei rappresentanti dei lavoratori interessati.
        6. Salvo i casi che possono comportare rischi di grave danno alle persone e agli impianti, è fatto divieto di prevedere prestazioni di turni immediatamente successivi in capo allo stesso lavoratore notturno. L'eventuale introduzione di turni di lavoro notturno è negoziata in sede contrattuale.
        7. Dell'esecuzione di lavoro notturno continuativo o compreso in regolari turni periodici deve essere informata per iscritto la direzione provinciale del lavoro competente per territorio, salvo che essa sia disposta da contratto collettivo nazionale di lavoro stipulato dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
        8. E' vietato adibire al lavoro notturno le lavoratrici dall'inizio dello stato di gravidanza fino al compimento del primo anno di età del bambino, nonché il lavoratore unico genitore e con bambini di età inferiore a dodici anni a carico.
        9. E' vietato adibire al lavoro notturno le lavoratrici che hanno adottato bambini, o che li hanno ottenuti in affidamento preadottivo, sempreché in ogni caso il bambino non abbia superato al momento dell'adozione o dell'affidamento i sei anni di età, durante i primi tre mesi successivi all'effettivo ingresso del bambino nella famiglia adottiva o affidataria.
        10. Sono esclusi dall'obbligo di prestare lavoro notturno i lavoratori e le lavoratrici che hanno a proprio carico soggetti portatori di handicap, ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché gli aderenti a confessioni religiose per le quali sussiste il divieto di lavoro notturno e gli altri soggetti individuati dalla contrattazione collettiva di categoria.
        11. Per quanto stabilito al presente articolo, sono fatte salve le migliori condizioni previste dai contratti collettivi di lavoro.


Art. 8.

(Salute e sicurezza
dei lavoratori notturni).

        1. Il lavoratore notturno ha diritto di essere informato, anche tramite suoi rappresentanti, circa i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dallo svolgimento del lavoro notturno, prima di esservi adibito, nonché circa le misure necessarie per la prevenzione di eventuali danni alla salute.
        2. I lavoratori adibiti al lavoro notturno devono essere sottoposti, a cura ed a spese del datore di lavoro, per il tramite del medico competente:

            a) ad accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro notturno cui sono adibiti;

            b) ad accertamenti periodici almeno annuali per controllare il loro stato di salute.

        3. I lavoratori notturni che hanno subìto menomazioni, con effetti invalidanti per più di venti giorni, in ragione dello svolgimento di lavoro notturno, hanno diritto ad essere assegnati a turni diurni vacanti e conformi alla qualificazione professionale dei medesimi.
        4. Nell'ambito della disciplina vigente in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, il datore di lavoro è tenuto a garantire ai lavoratori notturni adeguate misure di pronto soccorso, comprese quelle che ne consentono il trasporto rapido in luoghi in cui possono ricevere cure appropriate.
        5. Le aziende che organizzano non occasionalmente la propria attività con lavoro notturno devono informare le rappresentanze sindacali aziendali competenti, se costituite, in merito alle misure idonee di prevenzione. Analoga informativa deve essere effettuata dalle aziende che intendono introdurre il lavoro notturno.
        6. I contratti collettivi nazionali di lavoro possono prevedere modalità e specifiche misure di prevenzione relativamente alla prestazione di lavoro di particolari categorie di lavoratori, quali quelle individuate dalle leggi 5 giugno 1990, n. 135, e successive modificazioni, e 26 giugno 1990, n. 162.


Capo III

STRUMENTI DI FLESSIBILITA'
DEGLI ORARI DI LAVORO


Art. 9.

(Modulazione mensile, semestrale
e annuale dell'orario di lavoro).

        1. Al fine di armonizzare i tempi individuali e familiari con quelli sociali, del lavoro, della formazione e della cultura e dell'erogazione dei servizi, i contratti collettivi di lavoro possono prevedere, con le procedure stabilite all'articolo 10, orari individuali e personalizzati in modo da diversificare la durata lavorativa, anche al fine di adattarla ai cicli produttivi e sfruttare sia le fasi alte di produzione che gli avvallamenti, secondo una modulazione mensile, semestrale o annuale.
        2. In sede di contrattazione collettiva anche aziendale possono essere adottati, con le procedure stabilite all'articolo 10, sistemi di banche ore volti a recuperare in termini compensativi le ore di lavoro prestate in eccedenza nel corso del periodo di riferimento, con modalità che privilegino le esigenze dei lavoratori, anche attraverso la contrattazione di moduli flessibili della settimana lavorativa di quattro giorni.
        3. La ripartizione irregolare della durata quotidiana e settimanale dell'orario di lavoro su tutto o parte dell'anno può avvenire a condizione che siano rispettati i limiti della durata massima quotidiana e settimanale di lavoro di cui all'articolo 2, comma 4.


Art. 10.

(Gestione negoziale
della flessibilità dell'orario).

        1. Regimi di orario speciali che prevedono una ripartizione irregolare della durata quotidiana e settimanale dell'orario su tutto o parte dell'anno, nonché l'applicazione di sistemi di banche ore di cui al comma 2 dell'articolo 9, possono essere stabiliti con accordi sindacali aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali costituite nell'impresa o nell'unità produttiva e amministrativa, ovvero, in loro mancanza, dalle organizzazioni sindacali provinciali aderenti alle confederazioni stipulanti il contratto collettivo nazionale di categoria applicato nell'impresa o nell'unità produttiva o l'accordo di comparto applicato nell'unità amministrativa.
        2. Nell'ipotesi di dissenso, o di mancata sottoscrizione, da parte di uno o più dei soggetti collettivi di cui al comma 1, o di richiesta da parte del 20 per cento dei lavoratori interessati, l'efficacia dell'accordo è sospensivamente condizionata alla sua approvazione tramite referendum da parte della maggioranza dei lavoratori votanti facenti comunque parte dei lavoratori interessati.
        3. La richiesta di consultazione referendaria di cui al comma 2 deve essere comunicata, entro dieci giorni dalla stipulazione dell'accordo, al datore di lavoro, all'amministrazione e alle rappresentanze o alle organizzazioni sindacali firmatarie e deve essere resa pubblica, mediante affissione in luogo accessibile a tutti, a cura del datore di lavoro, che è altresì tenuto ad adottare le misure tecniche ed organizzative che ne consentano il regolare svolgimento. La consultazione deve avere luogo entro quindici giorni dalla sua richiesta, durante l'orario di lavoro, nei locali dell'impresa o dell'unità produttiva o amministrativa, e la direzione provinciale del lavoro competente per territorio sovrintende alla sua effettuazione e cura che essa avvenga con modalità tali da assicurare la segretezza del voto.
        4. Il numero totale delle ore lavorate nel periodo temporaneo complessivo contemplato dall'accordo non può comunque eccedere quello risultante dai limiti di cui al comma 1 dell'articolo 2 o da quelli inferiori eventualmente previsti da contratti o da accordi collettivi.
        5. Gli accordi di cui al presente articolo devono altresì prevedere:

            a) i periodi entro i quali ottenere la compensazione;

            b) per le ore prestate in eccedenza rispetto ai limiti orari giornalieri e settimanali, specifiche maggiorazioni retributive ovvero riduzioni di orario compensative più che proporzionali;

            c) specifiche ipotesi di giustificato esonero dei singoli lavoratori dall'osservanza di regimi di orario concordati.

        6. Nel caso in cui siano stipulati accordi di flessibilità dell'orario non può essere richiesto, per il tempo della loro vigenza, lavoro straordinario.


Art. 11.

(Programmazione
degli orari e formazione).

        1. Nella definizione dei piani annuali di lavoro di cui all'articolo 9 la determinazione dei criteri di gestione e di programmazione degli orari deve tenere conto della promozione e della partecipazione ai corsi di formazione, aggiornamento professionale e istruzione scolastica. A tale fine le imprese e le pubbliche amministrazioni possono, previa concertazione con le rappresentanze sindacali aziendali, definire piani formativi aziendali combinati con i criteri di riduzione e distribuzione dell'orario di lavoro.
        2. A ciascun lavoratore ed alle rappresentanze sindacali, contestualmente alla determinazione del piano d'orario, sono annualmente comunicati dalla direzione aziendale caratteristiche, modalità d'attuazione ed aspetti del progetto formativo aziendale ed interaziendale definito ai sensi della normativa vigente e degli accordi tra le parti sociali.


Art. 12.

(Trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in
rapporto a tempo ridotto).

        1. Il lavoratore e il datore di lavoro possono pattuire la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo ridotto. Dopo aver svolto un periodo lavorativo di almeno due anni con orario a tempo ridotto, il lavoratore e il datore di lavoro possono pattuire di ripristinare il precedente orario di lavoro a tempo pieno. La pattuizione deve essere stipulata in forma scritta a pena di nullità, salvo che corrisponda a previsioni contenute in un contratto collettivo, anche aziendale. L'accordo scritto deve essere trasmesso in copia alla direzione provinciale del lavoro competente per territorio ed alle rappresentanze sindacali aziendali, ove costituite. In mancanza delle rappresentanze sindacali, si applica il disposto di cui all'articolo 10, comma 1.
        2. E' data priorità alla trasformazione dei rapporti di lavoro a tempo pieno in rapporti di lavoro a tempo ridotto ai soggetti che:

            a) hanno figli, genitori o coniuge handicappati, ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104;

            b) svolgono un'attività documentata di assistenza e di cura continuative a soggetti disabili;
            c) svolgono un'attività documentata di volontariato presso una associazione registrata a livello regionale o presso una organizzazione non lucrativa di utilità sociale;

            d) hanno figli di età compresa entro i sei anni;

            e) sono iscritti ad un corso continuativo di istruzione scolastica, di formazione o di riqualificazione professionale di durata superiore a tre mesi;

            f) svolgono gli ultimi cinque anni di vita lavorativa utili al raggiungimento dell'accesso al pensionamento, a condizione che in seguito alla loro uscita progressiva dal lavoro siano sostituiti da giovani al primo inserimento lavorativo.

        3. I soggetti di cui al comma 2 usufruiscono degli sgravi contributivi previsti dall'articolo 16, con le modalità ivi stabilite.


Art. 13.

(Cumulo tra pensione e redditi
di attività a tempo ridotto).

        1. Nei casi in cui il rapporto di lavoro è stato trasformato ad orario ridotto ai sensi della presente legge, la pensione maturata è compatibile con la perduranza del rapporto di lavoro, è cumulabile con la retribuzione ed è ridotta in ragione inversamente proporzionale alla riduzione dell'orario normale di lavoro, secondo criteri individuati dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali con proprio decreto, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
        2. La somma della pensione e della retribuzione non può comunque superare l'ammontare della retribuzione spettante ad un lavoratore che, a parità di ogni altra condizione, presta la sua opera a tempo pieno.

Capo IV

INCENTIVI ALLA RIORGANIZZAZIONE
E ALLA RIDUZIONE DELL'ORARIO
DI LAVORO


Art. 14.

(Fondo di incentivazione
alla riduzione dell'orario di lavoro).

        1. E' istituito presso l'INPS il Fondo di incentivazione alla riduzione dell'orario di lavoro, di seguito denominato "Fondo", con lo scopo di erogare contributi a favore dei datori di lavoro, pubblici e privati, che, nell'organizzazione degli orari di lavoro, adottano regimi che comportano una riduzione di almeno il 10 per cento dell'orario normale contrattuale, ovvero che adottano orari ridotti con la previsione di un corrispettivo di aumento dell'occupazione o di una sua salvaguardia nelle situazioni di crisi.
        2. Il Fondo, per le cui entrate ed uscite è tenuta una contabilità separata nella gestione della assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione, è alimentato:

            a) dal versamento da parte dell'impresa di una somma pari al 15 per cento delle maggiorazioni retributive relative alle ore di lavoro straordinario effettuate;

            b) da tutte le somme corrisposte dal datore di lavoro, ai sensi degli articoli 6, comma 11, 17 e 18.

        3. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali provvede, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, a trasferire al Fondo la quota delle risorse disponibili del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, appositamente destinate ad incentivare la riduzione e la rimodulazione degli orari di lavoro, come stabilito dall'articolo 13, comma 6, della legge 24 giugno 1997, n. 196.
        4. Per i due anni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, una quota annuale pari al 5 per cento delle risorse disponibili del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, è trasferita, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, al Fondo.
        5. Le somme del Fondo non impegnate nell'esercizio finanziario di competenza possono essere impegnate in quello successivo.


Art. 15.

(Modalità di erogazione dei contributi di incentivazione
alla riduzione dell'orario di lavoro).

        1. Il Fondo eroga contributi di incentivazione alla riduzione dell'orario di lavoro ai datori di lavoro che, di intesa con le organizzazioni sindacali comparativamente maggiormente rappresentative a livello nazionale, adottano, per un periodo non inferiore ad un triennio, regimi di orario di lavoro ridotto rispetto a quello applicato prima della data di entrata in vigore della presente legge e, comunque, inferiore a quello di cui all'articolo 1.
        2. Il contributo di cui al comma 1 è commisurato all'entità della riduzione di orario e all'incremento di occupazione che essa consente ovvero alla salvaguardia dei posti di lavoro nelle situazioni di crisi; per ogni impresa, dati il numero dei dipendenti effettivo dopo la riduzione di orario e la retribuzione oraria effettiva, si calcola il monte retributivo che si sarebbe rilevato per quella occupazione e per quella retribuzione al vecchio orario contrattuale e se ne calcola la differenza rispetto al monte retributivo rilevato con il nuovo orario contrattuale. Il contributo è erogato in misura decrescente per ciascun anno del triennio 2003-2005 nella misura pari, rispettivamente, al 50 per cento, al 45 per cento e al 40 per cento della differenza così calcolata. Nel primo anno di applicazione della presente disposizione il contributo è ripartito in parti uguali tra l'impresa ed i lavoratori. Nel biennio successivo il contributo è ripartito tra l'impresa e il lavoratore in modo tale da garantire al lavoratore il godimento della stessa quota relativa al primo anno di applicazione della presente legge.
        3. Per i contratti di solidarietà stipulati ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, il beneficio di cui al comma 2 del presente articolo è cumulabile con quelli previsti dai commi 1 e 2 del citato articolo 2 anche per piccole imprese ed enti bilaterali.
        4. La riduzione di orario operata in attuazione della presente legge deve avvenire in modo da non comportare una riduzione dei livelli retributivi mensili goduti dai lavoratori interessati.
        5. La retribuzione mensile stabilita dai contratti collettivi vigenti si intende riferita all'orario di lavoro di cui all'articolo 2, comma 1, assumendosi come retribuzione oraria quella risultante dalla divisione dell'importo mensile per il divisore 168 e, dal 1^ gennaio 2006, per il divisore 151. Sono fatte salve le previsioni dei contratti collettivi che stabiliscono orari settimanali inferiori.


Art. 16.

(Rimodulazione delle
aliquote contributive per fasce di orario).

        1. Al fine di favorire, anche attraverso processi concordati, una generale riduzione dell'orario di lavoro e conseguente aumento dell'occupazione, è attuata una riduzione delle aliquote contributive, con oneri a carico del Fondo in funzione dell'entità della riduzione e della rimodulazione dell'orario di lavoro determinate attraverso la contrattazione collettiva, anche aziendale.
        2. Relativamente ai contratti originariamente a tempo parziale, ferma restando la quota contributiva a carico del lavoratore, il contributo posto a carico del datore di lavoro è soggetto ad uno sgravio parziale, con oneri a carico del Fondo nelle seguenti forme:

            a) nella fascia ad orario ridotto con orario settimanale da diciotto a ventiquattro ore, ovvero con corrispondente orario mensile o annuale, spetta una riduzione contributiva del 15 per cento, elevata al 20 per cento per le imprese con meno di quindici dipendenti;

            b) nella fascia ad orario ridotto con orario settimanale superiore a ventiquattro ore e fino a trenta ore, ovvero con corrispondente orario mensile o annuale, spetta una riduzione contributiva del 12 per cento, elevata al 17 per cento per le imprese con meno di quindici dipendenti;

            c) nella fascia ad orario ridotto con orario settimanale superiore a trenta ore e fino a trentacinque ore, ovvero con corrispondente orario mensile o annuale, spetta una riduzione contributiva del 10 per cento, elevata al 15 per cento per le imprese con meno di quindici dipendenti.

        3. Una ulteriore riduzione degli oneri contributivi a carico dei datori di lavoro, nella misura del 5 per cento, con oneri a carico del Fondo, è dovuta a favore delle imprese operanti nelle aree di cui agli obiettivi 1 e 2 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999.
        4. Al fine di massimizzare gli effetti occupazionali del sistema di incentivi di cui al presente articolo, essi sono formulati in termini capitari e assegnati ai dipendenti coinvolti dalla riduzione di orario di lavoro e si applicano solamente a quelle aziende che hanno stipulato accordi sindacali di riduzione dell'orario di lavoro e aumentato l'occupazione aziendale di almeno il 50 per cento della riduzione percentuale dell'orario di lavoro, ovvero che hanno provveduto a preservare posti di lavoro in caso di situazioni di crisi aziendale.
        5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano fino al 31 dicembre 2004. Successivamente a tale data il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le parti sociali, provvede, con proprio decreto, ad una rimodulazione delle aliquote contributive in funzione della durata dell'orario di lavoro.


Capo V

SANZIONI


Art. 17.

(Violazione dei limiti massimi di orario).

        1. L'inosservanza dei limiti massimi di orario di cui all'articolo 2 è punita con una sanzione amministrativa a carico del datore di lavoro pari a 258 euro per ogni lavoratore interessato e per ogni ora di lavoro prestato oltre il limite massimo.
        2. La violazione delle disposizioni contenute all'articolo 3 è punita con una sanzione amministrativa a carico del datore di lavoro pari a 206 euro per ogni lavoratore e per ogni ora di lavoro sottratta al suo riposo oltre il limite minimo.
        3. La vigilanza sull'adempimento degli obblighi prescritti dalle norme della presente legge è affidata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che la esercita attraverso i propri organi periferici.


Art. 18.

(Violazione delle norme
sul lavoro notturno).

        1. La violazione delle disposizioni contenute nei commi 8, 9 e 10 dell'articolo 7 è punita con una sanzione amministrativa a carico del datore di lavoro pari a 516 euro per ogni lavoratore.

Capo VI

NORME FINALI E TRANSITORIE


Art. 19.

(Norme finali).

        1. La presente legge non si applica:

            a) ai dirigenti, ai quadri e, nel settore del credito ed assimilati, al personale direttivo;

            b) ai lavoratori addetti ai servizi domestici di cui all'articolo 1 della legge 2 aprile 1958, n. 339;

            c) al personale laico dipendente dalle confessioni religiose.

        2. Ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e delle imprese esercenti servizi pubblici anche in regime di concessione, nonché al personale navigante si applicano le disposizioni della presente legge, salvo che la materia sia diversamente disciplinata da apposite norme di legge o di regolamento o di contratto collettivo.


Art. 20.

(Norme transitorie).

        1. Qualora alla data di entrata in vigore della presente legge la disciplina disposta dai contratti collettivi di un settore preveda limiti di orario superiori rispetto a quelli previsti al capo II, la predetta disciplina collettiva deve essere adeguata alle disposizioni della presente legge alla prima scadenza contrattuale e, comunque, non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge.



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