XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 2602
PROPOSTA DI LEGGE
Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1.
(Finalità).
1. Al fine di riorganizzare e ridurre gli orari di lavoro
in modo da conciliare gli stessi con gli altri tempi di vita,
di promuovere le condizioni che rendono effettivo il diritto
al lavoro e di rimuovere gli ostacoli che impediscono la
partecipazione di tutti i cittadini all'organizzazione
politica, economica e sociale del Paese, nonché di favorire lo
sviluppo dell'occupazione e l'incremento della competitività
delle imprese, la presente legge provvede a favorire una
modulazione e riduzione degli orari di lavoro nell'arco del
quadriennio 2003-2006, in modo da giungere entro il biennio
successivo a stabilire la durata settimanale legale
dell'orario normale di lavoro dei dipendenti da datori di
lavoro privati e pubblici e dei prestatori d'opera coordinata
e continuativa e delle altre forme di lavoro autonomo
collegate funzionalmente all'organizzazione aziendale, quali
le associazioni in partecipazione, la titolarità di partite
IVA individuali, le cessioni di diritti nei contratti a
progetto, i contratti a chiamata, in trentacinque ore
effettive.
2. Decorsi due anni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, il Governo procede ad una verifica, con le
parti sociali, degli effetti delle disposizioni dettate dalla
medesima legge sui livelli occupazionali e riferisce al
Parlamento anche al fine di rideterminare l'impegno
finanziario di cui all'articolo 14.
Capo II
MODULAZIONE E ORGANIZZAZIONE
DELL'ORARIO DI LAVORO
Art. 2.
(Durata dell'orario normale di lavoro).
1. Fino al 31 dicembre 2003 la durata settimanale legale
dell'orario normale di lavoro dei dipendenti da datori di
lavoro privati e pubblici e dei prestatori d'opera coordinata
e continuativa è stabilita in trentanove ore effettive. I
contratti collettivi possono prevedere una riduzione
dell'orario normale di lavoro fino ad un orario medio
settimanale di trentacinque ore, fermi restando i vigenti
limiti legali inferiori, con il sistema di incentivazione
disciplinato dal capo IV.
2. Si considera tempo di lavoro effettivo anche per
mansioni di controllo di processi organizzativi o produttivi
quello ricompreso fra l'inizio e il termine della giornata
lavorativa, inclusi in ogni caso i periodi di vigile attesa
determinati dalla natura della prestazione, nonché le ore
retribuite di assemblea, i permessi sindacali e per
allattamento ed altri congedi parentali.
3. Nell'arco dell'anno la distribuzione dell'orario di
lavoro settimanale e giornaliero è stabilita in sede
contrattuale ed è comunicata al lavoratore all'atto
dell'assunzione. Variazioni successive nella distribuzione
dell'orario sono consentite previo confronto con le
rappresentanze sindacali, anche aziendali, con il consenso del
lavoratore interessato.
4. In nessun caso l'orario di lavoro comprensivo delle ore
di lavoro straordinario può superare il limite massimo di
quarantacinque ore settimanali e di dieci ore giornaliere,
salvi i casi previsti dagli articoli 10 e 11 del regolamento
di cui al regio decreto 10 settembre 1923, n. 1955. Il
presente comma si applica anche ai lavoratori impegnati al
servizio continuativo di un'azienda con modalità diverse dal
lavoro dipendente che, ove possibile, devono essere posti in
condizione di poter scegliere le fasce d'orario funzionali
alla loro attività e, comunque, nell'ambito di quanto
stabilito nei contratti collettivi nazionali di lavoro
stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e delle
organizzazioni sindacali più rappresentative a livello
nazionale.
5. Per i lavoratori addetti a mansioni che richiedono
forme di reperibilità, questa non può essere stabilita in
misura superiore a otto ore giornaliere, salve le disposizioni
contrarie delle leggi speciali e le migliori condizioni
previste dai contratti collettivi. La disposizione di cui al
presente comma non si applica agli addetti alle attività di
assistenza medica o paramedica.
6. I lavoratori e le lavoratrici hanno diritto, per
motivate esigenze, a regimi di flessibilità rispetto
all'inizio e al termine della prestazione giornaliera,
compatibilmente con le esigenze aziendali.
Art. 3.
(Pause di lavoro e riposo giornaliero).
1. Qualora l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite
di sei ore, il lavoratore ha diritto ad una pausa, le cui
modalità, durata e condizioni di concessione sono stabilite
dai contratti collettivi, anche aziendali.
2. Ove non siano prescritte pause di lavoro, il lavoratore
ha comunque diritto, per ogni periodo giornaliero di lavoro
eccedente le sei ore, ad una sosta di durata non inferiore a
quindici minuti per ogni ora aggiuntiva.
3. Il lavoratore e il prestatore d'opera coordinata e
continuativa hanno diritto ad almeno dodici ore consecutive di
riposo nel corso di ogni periodo di ventiquattro ore, salvo
deroghe previste dalla contrattazione collettiva per
prestazioni di pronto intervento o di attesa nei servizi
pubblici.
Art. 4.
(Ferie annuali).
1. Fatto salvo quanto prescritto all'articolo 2109 del
codice civile, il prestatore di lavoro, compresi i lavoratori
impegnati con modalità diverse dal lavoro dipendente e
collegati funzionalmente all'organizzazione aziendale, hanno
diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito nella misura
e secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi
nazionali di lavoro compatibile con la modalità lavorativa
utilizzata e, comunque, non inferiore a quattro settimane
lavorative.
2. Il periodo di ferie annuali retribuite non può essere
sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute,
salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro.
Art. 5.
(Attività usuranti).
1. Per le attività usuranti, come individuate nella
tabella A allegata al decreto legislativo 11 agosto 1993, n.
374, è demandata alla contrattazione collettiva la definizione
di un'ulteriore riduzione, pari ad almeno altre tre ore
settimanali, dell'orario normale di lavoro di cui all'articolo
2 della presente legge.
2. Ulteriori attività particolarmente pericolose,
insalubri ed usuranti possono essere definite con decreto del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le
organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente
rappresentative sul piano nazionale, in aggiunta a quelle
individuate nella tabella A allegata al decreto legislativo 11
agosto 1993, n. 374, in relazione ad una ulteriore riduzione
dell'orario di lavoro in sede di contrattazione collettiva.
Art. 6.
(Lavoro straordinario).
1. Si considera lavoro straordinario la prestazione
lavorativa aggiuntiva rispetto all'orario normale giornaliero
e settimanale definiti dai contratti collettivi o, in
mancanza, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, e con carattere
non continuativo o ricorrente.
2. Non può essere richiesto al lavoratore lavoro
straordinario eccedente i limiti di due ore giornaliere e di
sei ore settimanali, salvi comunque i limiti annuali stabiliti
dai contratti collettivi.
3. L'eventuale prestazione di lavoro straordinario è
stabilita in sede contrattuale.
4. Il lavoro straordinario non può essere normalmente
richiesto nelle imprese o nelle unità produttive:
a) che sono interessate da riduzione o sospensione
dal lavoro di personale di cui all'articolo 1, comma 1, o che
lo sono state nei sei mesi precedenti, ovvero che usufruiscono
di altre forme di riduzione di orario, quali quelle definite
da contratti di solidarietà;
b) nelle quali vi sono dipendenti che fruiscono di
trattamento di integrazione salariale, salvo l'accertamento da
parte della direzione provinciale del lavoro
dell'impossibilità tecnico-organizzativa di riutilizzo dei
lavoratori posti in cassa integrazione o di riassunzione dei
lavoratori licenziati.
5. Il ricorso al lavoro straordinario può essere attivato
secondo le maggiorazioni e le procedure previste dai contratti
collettivi di lavoro, anche aziendali. In difetto di
disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro
straordinario è ammesso soltanto previo accordo tra datore e
prestatore di lavoro.
6. In caso di eventi eccezionali ed imprevedibili o che
comportano rischi di danno grave alle persone o agli impianti,
l'effettuazione di lavoro straordinario può essere disposta
unilateralmente dal datore di lavoro, per un periodo non
superiore a tre giornate lavorative. In tale caso possono
essere consensualmente superati i limiti di cui al comma 2 del
presente articolo ed al comma 4 dell'articolo 2.
7. Alla contrattazione collettiva è demandata la funzione
di stabilire i criteri per la maggiorazione retributiva, in
misura comunque non inferiore al 40 per cento rispetto alla
retribuzione di fatto del lavoro ordinario e non inferiore al
50 per cento nel caso di lavoro festivo o notturno, salve le
migliori condizioni previste dai contratti collettivi, nonché
la contestuale riduzione compensativa dell'orario e il
versamento della quota pari al 15 per cento al Fondo di cui
all'articolo 14, comma 2, lettera a).
8. La retribuzione corrispondente al lavoro straordinario
costituisce base imponibile per il calcolo dei contributi
sociali obbligatori dovuti all'Istituto nazionale della
previdenza sociale (INPS).
9. Alla retribuzione per lavoro straordinario non si
applicano le agevolazioni contributive per sgravi fiscali e
fiscalizzazioni.
10. I lavoratori che svolgono lavoro straordinario hanno
diritto ad un numero di ore di permesso retribuito, pari alle
ore di straordinario svolte, da usufruire entro i tre mesi
successivi, anche parzialmente.
11. E' attribuito alle direzioni provinciali del lavoro il
compito di effettuare le opportune verifiche in merito al
rispetto delle norme relative al lavoro straordinario. In caso
di violazione delle norme previste da leggi e da contratti
collettivi di lavoro, anche aziendali, sulle modalità di
svolgimento delle prestazioni di lavoro straordinario è
prevista una sanzione amministrativa a carico del datore di
lavoro di 516 euro per ogni singolo caso di violazione
riscontrata.
Art. 7.
(Lavoro notturno).
1. Per lavoro notturno si intende quello effettuato nel
corso di un periodo di almeno sette ore consecutive
comprendenti in ogni caso l'intervallo tra le ore 24.00 e le
ore 5.00, anche prestato secondo turni periodici.
2. Per lavoratore notturno si intende qualsiasi lavoratore
che durante il periodo notturno svolge almeno tre ore del suo
tempo di lavoro giornaliero e qualsiasi lavoratore che svolge
durante il periodo notturno almeno un terzo del suo orario di
lavoro annuale, riproporzionato in caso di lavoro a tempo
parziale.
3. Fermo restando il limite assoluto di cui all'articolo
2, comma 4, l'orario di lavoro dei lavoratori notturni non può
superare le otto ore nelle ventiquattro ore, salvo
l'individuazione, da parte dei contratti collettivi nazionali
di lavoro, di un periodo di riferimento più ampio sul quale
calcolare come media il suddetto limite.
4. L'orario notturno determina una riduzione della durata
del tempo di lavoro settimanale e mensile ed una maggiorazione
retributiva le cui modalità e criteri sono definiti dai
contratti collettivi di lavoro, anche aziendali.
5. Nelle unità produttive e amministrative che prevedono
il ricorso al lavoro notturno in via stabile e continuativa o
per un periodo superiore a trenta giorni, salve le esenzioni
per gli impianti a ciclo continuo ed i servizi pubblici
essenziali, individuati con decreto del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali, l'introduzione di turni di lavoro
notturno deve essere preceduta dalla consultazione dei
rappresentanti dei lavoratori interessati.
6. Salvo i casi che possono comportare rischi di grave
danno alle persone e agli impianti, è fatto divieto di
prevedere prestazioni di turni immediatamente successivi in
capo allo stesso lavoratore notturno. L'eventuale introduzione
di turni di lavoro notturno è negoziata in sede
contrattuale.
7. Dell'esecuzione di lavoro notturno continuativo o
compreso in regolari turni periodici deve essere informata per
iscritto la direzione provinciale del lavoro competente per
territorio, salvo che essa sia disposta da contratto
collettivo nazionale di lavoro stipulato dalle organizzazioni
sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro
comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
8. E' vietato adibire al lavoro notturno le lavoratrici
dall'inizio dello stato di gravidanza fino al compimento del
primo anno di età del bambino, nonché il lavoratore unico
genitore e con bambini di età inferiore a dodici anni a
carico.
9. E' vietato adibire al lavoro notturno le lavoratrici
che hanno adottato bambini, o che li hanno ottenuti in
affidamento preadottivo, sempreché in ogni caso il bambino non
abbia superato al momento dell'adozione o dell'affidamento i
sei anni di età, durante i primi tre mesi successivi
all'effettivo ingresso del bambino nella famiglia adottiva o
affidataria.
10. Sono esclusi dall'obbligo di prestare lavoro notturno
i lavoratori e le lavoratrici che hanno a proprio carico
soggetti portatori di handicap, ai sensi dell'articolo 3
della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché gli aderenti a
confessioni religiose per le quali sussiste il divieto di
lavoro notturno e gli altri soggetti individuati dalla
contrattazione collettiva di categoria.
11. Per quanto stabilito al presente articolo, sono fatte
salve le migliori condizioni previste dai contratti collettivi
di lavoro.
Art. 8.
(Salute e sicurezza
dei lavoratori notturni).
1. Il lavoratore notturno ha diritto di essere informato,
anche tramite suoi rappresentanti, circa i rischi per la
salute e la sicurezza derivanti dallo svolgimento del lavoro
notturno, prima di esservi adibito, nonché circa le misure
necessarie per la prevenzione di eventuali danni alla
salute.
2. I lavoratori adibiti al lavoro notturno devono essere
sottoposti, a cura ed a spese del datore di lavoro, per il
tramite del medico competente:
a) ad accertamenti preventivi intesi a constatare
l'assenza di controindicazioni al lavoro notturno cui sono
adibiti;
b) ad accertamenti periodici almeno annuali per
controllare il loro stato di salute.
3. I lavoratori notturni che hanno subìto menomazioni, con
effetti invalidanti per più di venti giorni, in ragione dello
svolgimento di lavoro notturno, hanno diritto ad essere
assegnati a turni diurni vacanti e conformi alla
qualificazione professionale dei medesimi.
4. Nell'ambito della disciplina vigente in materia di
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, il datore di lavoro è
tenuto a garantire ai lavoratori notturni adeguate misure di
pronto soccorso, comprese quelle che ne consentono il
trasporto rapido in luoghi in cui possono ricevere cure
appropriate.
5. Le aziende che organizzano non occasionalmente la
propria attività con lavoro notturno devono informare le
rappresentanze sindacali aziendali competenti, se costituite,
in merito alle misure idonee di prevenzione. Analoga
informativa deve essere effettuata dalle aziende che intendono
introdurre il lavoro notturno.
6. I contratti collettivi nazionali di lavoro possono
prevedere modalità e specifiche misure di prevenzione
relativamente alla prestazione di lavoro di particolari
categorie di lavoratori, quali quelle individuate dalle leggi
5 giugno 1990, n. 135, e successive modificazioni, e 26 giugno
1990, n. 162.
Capo III
STRUMENTI DI FLESSIBILITA'
DEGLI ORARI DI LAVORO
Art. 9.
(Modulazione mensile, semestrale
e annuale dell'orario di lavoro).
1. Al fine di armonizzare i tempi individuali e familiari
con quelli sociali, del lavoro, della formazione e della
cultura e dell'erogazione dei servizi, i contratti collettivi
di lavoro possono prevedere, con le procedure stabilite
all'articolo 10, orari individuali e personalizzati in modo da
diversificare la durata lavorativa, anche al fine di adattarla
ai cicli produttivi e sfruttare sia le fasi alte di produzione
che gli avvallamenti, secondo una modulazione mensile,
semestrale o annuale.
2. In sede di contrattazione collettiva anche aziendale
possono essere adottati, con le procedure stabilite
all'articolo 10, sistemi di banche ore volti a recuperare in
termini compensativi le ore di lavoro prestate in eccedenza
nel corso del periodo di riferimento, con modalità che
privilegino le esigenze dei lavoratori, anche attraverso la
contrattazione di moduli flessibili della settimana lavorativa
di quattro giorni.
3. La ripartizione irregolare della durata quotidiana e
settimanale dell'orario di lavoro su tutto o parte dell'anno
può avvenire a condizione che siano rispettati i limiti della
durata massima quotidiana e settimanale di lavoro di cui
all'articolo 2, comma 4.
Art. 10.
(Gestione negoziale
della flessibilità dell'orario).
1. Regimi di orario speciali che prevedono una
ripartizione irregolare della durata quotidiana e settimanale
dell'orario su tutto o parte dell'anno, nonché l'applicazione
di sistemi di banche ore di cui al comma 2 dell'articolo 9,
possono essere stabiliti con accordi sindacali aziendali
stipulati dalle rappresentanze sindacali costituite
nell'impresa o nell'unità produttiva e amministrativa, ovvero,
in loro mancanza, dalle organizzazioni sindacali provinciali
aderenti alle confederazioni stipulanti il contratto
collettivo nazionale di categoria applicato nell'impresa o
nell'unità produttiva o l'accordo di comparto applicato
nell'unità amministrativa.
2. Nell'ipotesi di dissenso, o di mancata sottoscrizione,
da parte di uno o più dei soggetti collettivi di cui al comma
1, o di richiesta da parte del 20 per cento dei lavoratori
interessati, l'efficacia dell'accordo è sospensivamente
condizionata alla sua approvazione tramite referendum da
parte della maggioranza dei lavoratori votanti facenti
comunque parte dei lavoratori interessati.
3. La richiesta di consultazione referendaria di cui al
comma 2 deve essere comunicata, entro dieci giorni dalla
stipulazione dell'accordo, al datore di lavoro,
all'amministrazione e alle rappresentanze o alle
organizzazioni sindacali firmatarie e deve essere resa
pubblica, mediante affissione in luogo accessibile a tutti, a
cura del datore di lavoro, che è altresì tenuto ad adottare le
misure tecniche ed organizzative che ne consentano il regolare
svolgimento. La consultazione deve avere luogo entro quindici
giorni dalla sua richiesta, durante l'orario di lavoro, nei
locali dell'impresa o dell'unità produttiva o amministrativa,
e la direzione provinciale del lavoro competente per
territorio sovrintende alla sua effettuazione e cura che essa
avvenga con modalità tali da assicurare la segretezza del
voto.
4. Il numero totale delle ore lavorate nel periodo
temporaneo complessivo contemplato dall'accordo non può
comunque eccedere quello risultante dai limiti di cui al comma
1 dell'articolo 2 o da quelli inferiori eventualmente previsti
da contratti o da accordi collettivi.
5. Gli accordi di cui al presente articolo devono altresì
prevedere:
a) i periodi entro i quali ottenere la
compensazione;
b) per le ore prestate in eccedenza rispetto ai
limiti orari giornalieri e settimanali, specifiche
maggiorazioni retributive ovvero riduzioni di orario
compensative più che proporzionali;
c) specifiche ipotesi di giustificato esonero dei
singoli lavoratori dall'osservanza di regimi di orario
concordati.
6. Nel caso in cui siano stipulati accordi di flessibilità
dell'orario non può essere richiesto, per il tempo della loro
vigenza, lavoro straordinario.
Art. 11.
(Programmazione
degli orari e formazione).
1. Nella definizione dei piani annuali di lavoro di cui
all'articolo 9 la determinazione dei criteri di gestione e di
programmazione degli orari deve tenere conto della promozione
e della partecipazione ai corsi di formazione, aggiornamento
professionale e istruzione scolastica. A tale fine le imprese
e le pubbliche amministrazioni possono, previa concertazione
con le rappresentanze sindacali aziendali, definire piani
formativi aziendali combinati con i criteri di riduzione e
distribuzione dell'orario di lavoro.
2. A ciascun lavoratore ed alle rappresentanze sindacali,
contestualmente alla determinazione del piano d'orario, sono
annualmente comunicati dalla direzione aziendale
caratteristiche, modalità d'attuazione ed aspetti del progetto
formativo aziendale ed interaziendale definito ai sensi della
normativa vigente e degli accordi tra le parti sociali.
Art. 12.
(Trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in
rapporto a tempo ridotto).
1. Il lavoratore e il datore di lavoro possono pattuire la
trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in
rapporto di lavoro a tempo ridotto. Dopo aver svolto un
periodo lavorativo di almeno due anni con orario a tempo
ridotto, il lavoratore e il datore di lavoro possono pattuire
di ripristinare il precedente orario di lavoro a tempo pieno.
La pattuizione deve essere stipulata in forma scritta a pena
di nullità, salvo che corrisponda a previsioni contenute in un
contratto collettivo, anche aziendale. L'accordo scritto deve
essere trasmesso in copia alla direzione provinciale del
lavoro competente per territorio ed alle rappresentanze
sindacali aziendali, ove costituite. In mancanza delle
rappresentanze sindacali, si applica il disposto di cui
all'articolo 10, comma 1.
2. E' data priorità alla trasformazione dei rapporti di
lavoro a tempo pieno in rapporti di lavoro a tempo ridotto ai
soggetti che:
a) hanno figli, genitori o coniuge handicappati,
ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n.
104;
b) svolgono un'attività documentata di assistenza
e di cura continuative a soggetti disabili;
c) svolgono un'attività documentata di
volontariato presso una associazione registrata a livello
regionale o presso una organizzazione non lucrativa di utilità
sociale;
d) hanno figli di età compresa entro i sei
anni;
e) sono iscritti ad un corso continuativo di
istruzione scolastica, di formazione o di riqualificazione
professionale di durata superiore a tre mesi;
f) svolgono gli ultimi cinque anni di vita
lavorativa utili al raggiungimento dell'accesso al
pensionamento, a condizione che in seguito alla loro uscita
progressiva dal lavoro siano sostituiti da giovani al primo
inserimento lavorativo.
3. I soggetti di cui al comma 2 usufruiscono degli sgravi
contributivi previsti dall'articolo 16, con le modalità ivi
stabilite.
Art. 13.
(Cumulo tra pensione e redditi
di attività a tempo ridotto).
1. Nei casi in cui il rapporto di lavoro è stato
trasformato ad orario ridotto ai sensi della presente legge,
la pensione maturata è compatibile con la perduranza del
rapporto di lavoro, è cumulabile con la retribuzione ed è
ridotta in ragione inversamente proporzionale alla riduzione
dell'orario normale di lavoro, secondo criteri individuati dal
Ministro del lavoro e delle politiche sociali con proprio
decreto, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge.
2. La somma della pensione e della retribuzione non può
comunque superare l'ammontare della retribuzione spettante ad
un lavoratore che, a parità di ogni altra condizione, presta
la sua opera a tempo pieno.
Capo IV
INCENTIVI ALLA RIORGANIZZAZIONE
E ALLA RIDUZIONE DELL'ORARIO
DI LAVORO
Art. 14.
(Fondo di incentivazione
alla riduzione dell'orario di lavoro).
1. E' istituito presso l'INPS il Fondo di incentivazione
alla riduzione dell'orario di lavoro, di seguito denominato
"Fondo", con lo scopo di erogare contributi a favore dei
datori di lavoro, pubblici e privati, che, nell'organizzazione
degli orari di lavoro, adottano regimi che comportano una
riduzione di almeno il 10 per cento dell'orario normale
contrattuale, ovvero che adottano orari ridotti con la
previsione di un corrispettivo di aumento dell'occupazione o
di una sua salvaguardia nelle situazioni di crisi.
2. Il Fondo, per le cui entrate ed uscite è tenuta una
contabilità separata nella gestione della assicurazione
obbligatoria contro la disoccupazione, è alimentato:
a) dal versamento da parte dell'impresa di una
somma pari al 15 per cento delle maggiorazioni retributive
relative alle ore di lavoro straordinario effettuate;
b) da tutte le somme corrisposte dal datore di
lavoro, ai sensi degli articoli 6, comma 11, 17 e 18.
3. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, il Ministro del lavoro e delle politiche
sociali provvede, con proprio decreto, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze, a trasferire al Fondo
la quota delle risorse disponibili del Fondo per l'occupazione
di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio
1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19
luglio 1993, n. 236, appositamente destinate ad incentivare la
riduzione e la rimodulazione degli orari di lavoro, come
stabilito dall'articolo 13, comma 6, della legge 24 giugno
1997, n. 196.
4. Per i due anni successivi alla data di entrata in
vigore della presente legge, una quota annuale pari al 5 per
cento delle risorse disponibili del Fondo per l'occupazione di
cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993,
n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio
1993, n. 236, è trasferita, con decreto del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze, al Fondo.
5. Le somme del Fondo non impegnate nell'esercizio
finanziario di competenza possono essere impegnate in quello
successivo.
Art. 15.
(Modalità di erogazione dei contributi di incentivazione
alla riduzione dell'orario di lavoro).
1. Il Fondo eroga contributi di incentivazione alla
riduzione dell'orario di lavoro ai datori di lavoro che, di
intesa con le organizzazioni sindacali comparativamente
maggiormente rappresentative a livello nazionale, adottano,
per un periodo non inferiore ad un triennio, regimi di orario
di lavoro ridotto rispetto a quello applicato prima della data
di entrata in vigore della presente legge e, comunque,
inferiore a quello di cui all'articolo 1.
2. Il contributo di cui al comma 1 è commisurato
all'entità della riduzione di orario e all'incremento di
occupazione che essa consente ovvero alla salvaguardia dei
posti di lavoro nelle situazioni di crisi; per ogni impresa,
dati il numero dei dipendenti effettivo dopo la riduzione di
orario e la retribuzione oraria effettiva, si calcola il monte
retributivo che si sarebbe rilevato per quella occupazione e
per quella retribuzione al vecchio orario contrattuale e se ne
calcola la differenza rispetto al monte retributivo rilevato
con il nuovo orario contrattuale. Il contributo è erogato in
misura decrescente per ciascun anno del triennio 2003-2005
nella misura pari, rispettivamente, al 50 per cento, al 45 per
cento e al 40 per cento della differenza così calcolata. Nel
primo anno di applicazione della presente disposizione il
contributo è ripartito in parti uguali tra l'impresa ed i
lavoratori. Nel biennio successivo il contributo è ripartito
tra l'impresa e il lavoratore in modo tale da garantire al
lavoratore il godimento della stessa quota relativa al primo
anno di applicazione della presente legge.
3. Per i contratti di solidarietà stipulati ai sensi
dell'articolo 2 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984,
n. 863, il beneficio di cui al comma 2 del presente articolo è
cumulabile con quelli previsti dai commi 1 e 2 del citato
articolo 2 anche per piccole imprese ed enti bilaterali.
4. La riduzione di orario operata in attuazione della
presente legge deve avvenire in modo da non comportare una
riduzione dei livelli retributivi mensili goduti dai
lavoratori interessati.
5. La retribuzione mensile stabilita dai contratti
collettivi vigenti si intende riferita all'orario di lavoro di
cui all'articolo 2, comma 1, assumendosi come retribuzione
oraria quella risultante dalla divisione dell'importo mensile
per il divisore 168 e, dal 1^ gennaio 2006, per il divisore
151. Sono fatte salve le previsioni dei contratti collettivi
che stabiliscono orari settimanali inferiori.
Art. 16.
(Rimodulazione delle
aliquote contributive per fasce di orario).
1. Al fine di favorire, anche attraverso processi
concordati, una generale riduzione dell'orario di lavoro e
conseguente aumento dell'occupazione, è attuata una riduzione
delle aliquote contributive, con oneri a carico del Fondo in
funzione dell'entità della riduzione e della rimodulazione
dell'orario di lavoro determinate attraverso la contrattazione
collettiva, anche aziendale.
2. Relativamente ai contratti originariamente a tempo
parziale, ferma restando la quota contributiva a carico del
lavoratore, il contributo posto a carico del datore di lavoro
è soggetto ad uno sgravio parziale, con oneri a carico del
Fondo nelle seguenti forme:
a) nella fascia ad orario ridotto con orario
settimanale da diciotto a ventiquattro ore, ovvero con
corrispondente orario mensile o annuale, spetta una riduzione
contributiva del 15 per cento, elevata al 20 per cento per le
imprese con meno di quindici dipendenti;
b) nella fascia ad orario ridotto con orario
settimanale superiore a ventiquattro ore e fino a trenta ore,
ovvero con corrispondente orario mensile o annuale, spetta una
riduzione contributiva del 12 per cento, elevata al 17 per
cento per le imprese con meno di quindici dipendenti;
c) nella fascia ad orario ridotto con orario
settimanale superiore a trenta ore e fino a trentacinque ore,
ovvero con corrispondente orario mensile o annuale, spetta una
riduzione contributiva del 10 per cento, elevata al 15 per
cento per le imprese con meno di quindici dipendenti.
3. Una ulteriore riduzione degli oneri contributivi a
carico dei datori di lavoro, nella misura del 5 per cento, con
oneri a carico del Fondo, è dovuta a favore delle imprese
operanti nelle aree di cui agli obiettivi 1 e 2 del
regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno
1999.
4. Al fine di massimizzare gli effetti occupazionali del
sistema di incentivi di cui al presente articolo, essi sono
formulati in termini capitari e assegnati ai dipendenti
coinvolti dalla riduzione di orario di lavoro e si applicano
solamente a quelle aziende che hanno stipulato accordi
sindacali di riduzione dell'orario di lavoro e aumentato
l'occupazione aziendale di almeno il 50 per cento della
riduzione percentuale dell'orario di lavoro, ovvero che hanno
provveduto a preservare posti di lavoro in caso di situazioni
di crisi aziendale.
5. Le disposizioni di cui al presente articolo si
applicano fino al 31 dicembre 2004. Successivamente a tale
data il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,
sentite le parti sociali, provvede, con proprio decreto, ad
una rimodulazione delle aliquote contributive in funzione
della durata dell'orario di lavoro.
Capo V
SANZIONI
Art. 17.
(Violazione dei limiti massimi di orario).
1. L'inosservanza dei limiti massimi di orario di cui
all'articolo 2 è punita con una sanzione amministrativa a
carico del datore di lavoro pari a 258 euro per ogni
lavoratore interessato e per ogni ora di lavoro prestato oltre
il limite massimo.
2. La violazione delle disposizioni contenute all'articolo
3 è punita con una sanzione amministrativa a carico del datore
di lavoro pari a 206 euro per ogni lavoratore e per ogni ora
di lavoro sottratta al suo riposo oltre il limite minimo.
3. La vigilanza sull'adempimento degli obblighi prescritti
dalle norme della presente legge è affidata al Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, che la esercita attraverso i
propri organi periferici.
Art. 18.
(Violazione delle norme
sul lavoro notturno).
1. La violazione delle disposizioni contenute nei commi 8,
9 e 10 dell'articolo 7 è punita con una sanzione
amministrativa a carico del datore di lavoro pari a 516 euro
per ogni lavoratore.
Capo VI
NORME FINALI E TRANSITORIE
Art. 19.
(Norme finali).
1. La presente legge non si applica:
a) ai dirigenti, ai quadri e, nel settore del
credito ed assimilati, al personale direttivo;
b) ai lavoratori addetti ai servizi domestici di
cui all'articolo 1 della legge 2 aprile 1958, n. 339;
c) al personale laico dipendente dalle confessioni
religiose.
2. Ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui
all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, e delle imprese esercenti servizi pubblici anche
in regime di concessione, nonché al personale navigante si
applicano le disposizioni della presente legge, salvo che la
materia sia diversamente disciplinata da apposite norme di
legge o di regolamento o di contratto collettivo.
Art. 20.
(Norme transitorie).
1. Qualora alla data di entrata in vigore della presente
legge la disciplina disposta dai contratti collettivi di un
settore preveda limiti di orario superiori rispetto a quelli
previsti al capo II, la predetta disciplina collettiva deve
essere adeguata alle disposizioni della presente legge alla
prima scadenza contrattuale e, comunque, non oltre dodici mesi
dalla data di entrata in vigore della medesima legge.