XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 2247
Onorevoli Colleghi! - 1. Le norme proposte vogliono
colmare ritardi secolari nella elaborazione dei fondamenti
essenziali della giustizia penale con riguardo soprattutto ai
princìpi costituzionali, ancora inattuati, come la presunzione
d'innocenza e il giusto processo.
2. Alla base delle norme proposte, sta il principio per
cui "è molto peggio condannare un innocente che lasciare
libero un colpevole".
Questo principio, rintracciabile già nel diritto romano
(vedi F. Stella, Giustizia e modernità, p. 65 e seguenti),
patrimonio indiscusso del pensiero dei grandi maestri del
processo penale dell'Italia liberale fino all'avvento del
fascismo (Carrara, Carnelutti, Saraceno), tardivamente
riscoperto dalla dottrina processualistica italiana del
dopoguerra (Pisani, Illuminati, Ghiara, Amodio, Pauleso,
Malinverni, Ubertis, Garofoli) e dalla dottrina
processualistica tedesca, sempre del dopogueerra (Stree, 1962)
e considerato il fondamento granitico dell'amministrazione
della giustizia penale dalla tradizione secolare dei Paesi di
common law, trova la sua base in tre potenti ragioni:
a) l'esigenza di proteggere i valori di immensa portata
posti in gioco dal processo penale, cioè quei diritti
fondamentali senza la protezione dei quali la protezione di
tutti gli altri diritti civili costituzionalmente garantiti
diventa evanescente (si tratta non solo della libertà
personale, ma anche del diritto al buon nome, alla
reputazione, del diritto di attendere tranquillamente i propri
affari, del diritto di prendere decisioni basilari circa il
futuro, di partecipare alla vita della comunità, di sfruttare
le opportunità di lavoro, di coltivare la famiglia e le
relazioni sociali e via discorrendo); b) l'importanza
cruciale per ogni democrazia che non venga scossa la forza
morale del diritto penale dal dubbio che sia stato condannato
un innocente: il danno che subisce lo Stato dalla condanna di
un innocente è molto superiore a quello legato all'assoluzione
di un colpevole; c) un'esigenza di equità fondamentale,
per la posizione di svantaggio in cui l'imputato si trova di
fronte al potere dello Stato esercitato dall'accusa.
3. Queste potenti ragioni spiegano perché il rischio
dell'errore nei processi penali debba tendere all'azzeramento:
bisogna evitare che siano condannati degli innocenti. Sotto
questo profilo si coglie la differenza tra processo penale e
processo civile: nel processo civile una sentenza errata a
favore del convenuto non appare agli occhi della comunità più
grave di una sentenza errata a favore dell'attore, proprio
perché nel processo civile la posta in gioco non è costituita,
come nel processo penale, dai valori di immensa portata; nel
processo penale, invece, una sentenza errata a favore
dell'accusa è molto più grave di una sentenza a favore
dell'imputato.
4. Di qui la necessità che lo standard delle regole
probatorie del processo penale sia molto rigoroso, molto
stringente. Per unanime riconoscimento della giurisprudenza
secolare dei Paesi di common law e oggi, delle dottrine
del processo delle democrazie dei principali Paesi europei, la
regola probatoria che assicura al massimo grado la protezione
degli innocenti è quella che impone all'accusa l'onere di
provare la responsabilità dell'imputato al di là di ogni
ragionevole dubbio. Per questo si propone l'inserimento nel
codice di procedura penale italiano dell'articolo
187-bis.
5. Altrettanto necessario è che sia molto rigoroso e molto
stringente lo standard della regola di giudizio. Nelle
democrazie moderne, il giudice "terzo" deve limitarsi a
verificare se l'accusa è stata provata al di là di ogni
ragionevole dubbio: questo è il criterio con il quale il
giudice deve valutare le prove, e questo è il criterio che
deve essere assunto a base della sua sentenza (vedi F. Stella,
Giustizia e modernità, p. 98 e seguenti).
L'adozione di questa regola di valutazione delle prove e
di decisione consente di spazzare via i guasti profondi
provocati dall'abituale modo di intendere il principio del
libero convincimento, in armonia con la tradizione del diritto
romano e con gli standard dei Paesi a democrazia più
avanzata, come gli Stati Uniti.
Queste sono le ragioni che stanno alla base delle proposte
di modificazione del comma 1 dell'articolo 192 del codice di
procedura penale e degli articoli 530, 533 e 546 del codice di
procedura penale.
Va sottolineato che le modificazioni proposte concernono
anche il comma 2 dell'articolo 530 del codice di procedura
penale; va da sé infatti che le prove contraddittorie o
insufficienti precludono la possibilità di una sentenza di
condanna fondata sull'oltre il ragionevole dubbio. D'altro
lato, la regola di decisione dell'oltre il ragionevole dubbio
si rivela indispensabile anche proprio con riferimento
all'articolo 530, comma 2: senza quella regola, infatti, la
valutazione e l'insufficienza e contraddittorietà delle prove
continuerebbe ad essere affidata all'intime con vincion
del giudice (vedi F. Stella, Giustizia e modernità, p. 79 e
seguenti).
6. Il modello accusatorio è il modello governato proprio
dalla regola dell'oltre ogni ragionevole dubbio. Poiché
nell'ambito del processo di tipo accusatorio il compito del
giudice non è quello di accertare la verità, ma di stabilire
se la "verità" è stata dimostrata dall'accusa al di là di ogni
ragionevole dubbio, si propone la modificazione dell'articolo
507 del codice di procedura penale con la eliminazione
dell'espressione "anche d'ufficio".
7. E' importante che lo standard della prova e della
regola di giudizio non venga arbitrariamente abbassato
attraverso un'interpretazione impropria del dubbio
ragionevole. L'esperienza giurisprudenziale dei Paesi di
common law conduce alle seguenti conclusioni: perché sia
ragionevole, non è richiesto che il dubbio sia "grave",
"serio", "sostanziale", "ben fondato", "argomentato"; ciò che
conta è che non si tratti di un dubbio immaginario, una
possibilità remota, un'ombra di dubbio. Volendo chiarire la
grande portata per la nostra democrazia dell'inserimento della
regola dell'oltre ogni ragionevole dubbio, si possono
ricordare le dichiarazioni rese dalla giurata Aschenbach nel
processo O.J. Simpson: sono convinta, disse quella giurata,
che con tutta probabilità Simpson è l'autore dell'omicidio, ma
la legge mi ha impedito di votare per la sua condanna perché
l'accusa non ha provato la colpevolezza di Simpson al di là di
ogni ragionevole dubbio.
8. E' appena il caso di aggiungere che, secondo
l'interpretazione concorde degli studiosi del processo
italiano, la regola del ragionevole dubbio costituisce la
sostanza concreta della presunzione di non colpevolezza
stabilita dall'articolo 27, secondo comma della Costituzione
(vedi F. Stella, Giustizia e modernità, p. 148 e seguenti). E'
forse il caso di segnalare invece che la regola dell'oltre il
ragionevole dubbio è già diventata "diritto vivente"
nell'ordinamento italiano attraverso la legge 12 luglio 1999,
n. 232 relativa alla ratifica dello statuto istitutivo della
Corte penale internazionale. L'articolo 66 di questo statuto
stabilisce infatti che "al procuratore spetta l'onere di
provare la colpevolezza dell'imputato" e che "per condannare
l'imputato la Corte deve accertare la colpevolezza di là di
ogni ragionevole dubbio". La verità è che anche i Paesi del
continente europeo si stanno orientando in modo chiarissimo
verso una "riconquista" della regola dell'oltre ogni
ragionevole dubbio. Così la nuova Costituzione della
federazione russa del 1993 stabilisce con l'articolo 49 che
"l'imputato non ha l'obbligo di dimostrare la propria
innocenza" e che "dubbi insormontabili sulla colpevolezza
della persona sono interpretati a favore dell'accusato". In
senso analogo il codice di procedura penale ungherese del 1973
e il codice di procedura penale polacco del 1969.
E' per questa ragione che le Nazioni Unite, nel decimo
congresso sulla prevenzione del crimine, tenutosi a Vienna dal
10 al 17 aprile 2000, hanno riconosciuto che la gran parte dei
Paesi del mondo "prevede, tra i diritti a tutela degli
imputati, la presunzione di innocenza e lo standard di
prova dell'oltre il ragionevole dubbio".