XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 2212
Onorevoli Colleghi! - La modifica dell'articolo 2110
del codice civile, per la parte riguardante la disciplina del
licenziamento per superamento del periodo di comporto, si basa
sugli orientamenti giurisprudenziali prevalenti e mira ad
eliminare le incertezze applicative che oggi si riscontrano
nella pratica, e ciò nell'interesse sia dei lavoratori che dei
datori di lavoro.
Tali posizioni giurisprudenziali possono sintetizzarsi nel
modo che segue.
Il prolungarsi della malattia oltre il periodo di comporto
non determina l'automatica risoluzione del rapporto, ma dà
luogo al diritto di recesso, secondo le norme generali, da
parte del datore di lavoro (Cassazione sentenza n. 1724 del
1956).
E' orientamento consolidato (confronta per tutte
Cassazione, sentenze n. 1524 del 1990 e n. 377 del 1986) che
anche il licenziamento per superamento del periodo di comporto
deve rispondere al requisito della tempestività, per
l'esigenza di non lasciare il rapporto di lavoro in un
prolungato stato di risolubilità. La tempestività non deve,
tuttavia, intendersi nel senso di immediatezza (Cassazione
sentenze n. 119 del 1989; n. 3869 del 1989; n. 3555 del 1989),
sicché l'accettazione, da parte del datore di lavoro, della
ripresa dell'attività lavorativa del dipendente non equivale
in sé a rinuncia al diritto di recedere dal rapporto.
La prova della sussistenza di un nesso causale fra
l'intimazione del licenziamento non immediatamente dopo il
superamento del periodo di comporto ed il fatto addotto a sua
giustificazione (superamento di tale periodo) deve essere
fornita dal datore di lavoro (Cassazione, sentenza n. 267 del
1991).
Il datore di lavoro che, recedendo dal rapporto a norma
dell'articolo 2110 del codice civile, si limiti a far cenno
nella lettera di licenziamento a numerose, irregolari e
discontinue assenze del lavoratore eccedenti il periodo di
comporto, non adempie l'obbligo di specificazione dei motivi,
dei quali il lavoratore può richiedere la comunicazione ai
sensi dell'articolo 2 della legge n. 604 del 1966, e
successive modificazioni, (Cassazione, sentenza n. 6546 del
1988).
Il superamento del periodo di comporto costituisce causa
sufficiente per il licenziamento, senza necessità di una
ulteriore valutazione dell'interesse dell'impresa e senza che
sia dato distinguere tra il superamento determinato da
un'unica malattia e quello determinato da una pluralità di
manifestazioni morbose (cosiddetto "comporto frazionato o per
sommatoria") (Cassazione, sentenza n. 3015 del 1984).
Ne consegue che, stante le prevalenza della disposizione
in esame sulla disciplina generale della risoluzione del
rapporto di lavoro, anche nell'ipotesi di morbilità reiterata
il datore di lavoro non può licenziare per giustificato motivo
ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 604 del 1966 ma può
esercitare il recesso solo dopo il periodo fissato dalla
contrattazione collettiva, ovvero, in difetto, determinato
secondo equità (Cassazione, sezioni unite, sentenze n. 2072
del 1980; n. 2562 del 1986; n. 837 del 1987).
Qualora la malattia del lavoratore derivi da condizioni
morbigene dell'ambiente di lavoro, deve escludersi il diritto
del datore di lavoro al recesso ai sensi dell'articolo 2110
del codice civile, essendo a lui imputabile l'impossibilità
della prestazione lavorativa (Cassazione, sentenza n. 3559 del
1984).
E' orientamento consolidato (Cassazione, sentenze n. 1254
del 1991; n. 1337 del 1990; n. 4080 del 1987: n. 2027 del
1987) che nella determinazione del periodo di comporto per
sommatoria si deve tenere conto anche dei giorni non
lavorativi (domeniche e festività infrasettimanali) o non
lavorati (sciopero), che cadono nel periodo di assenza per
malattia, dovendosi presumere la continuità dell'episodio
morboso a meno che non sia fornita la prova contraria da parte
del lavoratore (in senso contrario la giurisprudenza di
merito, confronta tribunale di Monza, 10 febbraio 1982;
pretura di Milano 18 ottobre 1979).
La previsione del contratto collettivo di lavoro di
richiedere un'aspettativa non retribuita all'atto del
superamento del periodo di comporto preclude la facoltà di
recesso automatico dell'imprenditore, e ciò anche se la
concessione dell'aspettativa sia rimessa alla valutazione
discrezionale del datore di lavoro (Cassazione, sentenza n.
4229 del 1986).
E' nullo il licenziamento intimato in costanza di malattia
del lavoratore, cioè prima della scadenza del periodo di
comporto ma giustificato per il superamento dello stesso
(Cassazione, sentenze n. 9869 del 1991; n. 4394 del 1988).
Ciò vale, tuttavia, soltanto nell'ipotesi di
licenziamento; con preavviso e non anche nel caso di
licenziamento per giusta causa, che non tollera la
prosecuzione del rapporto (Cassazione, sentenza n. 1314 del
1987).
La proposta di legge pertanto si rende necessaria per dare
certezza legislativa in una materia importante da sempre
rimessa ad una non chiara e non univoca previsione della
contrattazione collettiva.