XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 2131




        Onorevoli Colleghi! - La legge 8 marzo 1999, n. 50, recante la delegificazione dei procedimenti amministrativi prevede, tra l'altro, la semplificazione dei procedimenti inerenti la nautica da diporto. Per dare certezza operativa in un settore di particolare interesse per l'economia nazionale, appare sempre più urgente un testo unificato delle disposizioni che disciplinano la navigazione da diporto nelle sue molteplici attività ricreative, sportive, agonistiche, di locazione e noleggio. In attesa di un completo riordino della materia è necessario nel frattempo adottare alcune correzioni non più procrastinabili per la vita del diportista e dell'industria della nautica.
        Le modifiche che si propongono rispondono ai princìpi della libera circolazione delle unità da diporto nell'ambito comunitario nel rispetto delle diverse legislazioni vigenti.
        Con l'articolo 1 sono state modificate talune disposizioni della legge n. 50 del 1971, sulla navigazione da diporto, riguardanti:

            a) la soppressione della categoria dei motovelieri, sconosciuta sia dalla normativa comunitaria sia dalle legislazioni dei vari Paesi dell'Unione europea, per cui, in occasione dell'iscrizione nei registri delle unità, sorgono problemi nell'attribuire all'unità la categoria di "imbarcazione o vela con motore ausiliario" ovvero "motoveliero";

            b) la modifica alle modalità di accertamento della potenza dei motori da installare a bordo delle imbarcazioni e dei natanti da diporto, in conformità alle direttive comunitarie applicabili alla materia in questione. La potenza dei motori conformi alla norma UNI EN ISO 8665 è dichiarata direttamente dal costruttore mediante il rilascio della "dichiarazione di potenza".
        L'articolo 2 prevede l'accentramento dei registri delle unità da diporto (navi e imbarcazioni) alle capitanerie di porto e agli uffici circondariali marittimi, con esclusione degli uffici marittimi minori. L'evoluzione che sta avendo la nautica, nelle sue molteplici attività connesse anche al turismo locale con possibilità che le attività stesse possano essere svolte anche da unità battenti bandiera dei Paesi dell'Unione europea, richiede che presso gli uffici marittimi vi sia personale altamente qualificato non disgiunto da una elevata preparazione giuridica. Considerato inoltre che il parco delle imbarcazioni non raggiunge le 70.000 unità, mentre quello delle navi da diporto non supera le 100 unità, si ritiene che l'accentramento presso le capitanerie di porto dei registri attualmente disseminati nei vari uffici minori e provinciali rappresenti un'economia per l'Amministrazione marittima e una garanzia di professionalità e di trasparenza per l'utenza della nautica. L'articolo, inoltre, stabilisce i titoli che possono essere presentati all'ufficio per iscrivere nei registri le unità da diporto o per la relativa pubblicità degli atti, introducendo il principio che per le unità provenienti dall'estero, con particolare riferimento ai rapporti intra-comunitari, sono riconosciuti validi i titoli di proprietà equivalenti. Attualmente nei rapporti internazionali di compra-vendita sono riconosciuti validi i titoli di proprietà definiti "bill of sale" e "memorandum of agreement". Viene inoltre colmata la lacuna giuridica che consente ai possessori di natanti da diporto di poter produrre un idoneo titolo, costituito da una dichiarazione sostitutiva, allorché decidano di iscrivere l'unità nei registri delle imbarcazioni da diporto.
        Occorre evidenziare che tali unità sono autorizzate a navigare solo entro le 12 miglia dalla costa e qualora il diportista intenda navigare oltre tale limite è necessario che l'unità sia iscritta nei registri. Con la stessa procedura si è inoltre provveduto a costituire il titolo di proprietà, necessario per l'iscrizione nei registri, di quelle unità costruite per proprio uso ovvero per quelle storiche (progettate prima del 1950) di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 436 del 1996, escluse dall'applicazione della direttiva 94/25/CE.
        Nei casi di passaggio di proprietà, l'acquirente deve provvedere a presentare i documenti prescritti all'ufficio di iscrizione, entro tre mesi dalla data di sottoscrizione dell'atto stesso. La norma è volta alla tutela del venditore ai fini amministrativi, fiscali, civili e penali, obbligando quindi il nuovo proprietario a provvedere all'intestazione dell'unità a proprio nome, in tempi definiti.
        Con l'articolo 3 viene definita la posizione giuridica delle unità da diporto fino a 24 metri, destinate a navigare permanentemente nelle acque interne di cui all'articolo 2-bis del decreto-legge 16 giugno 1994, n. 378, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n. 498. La norma in esame sin dalla sua entrata in vigore destò non poche perplessità in quanto non prevedeva la cancellazione dell'unità. Tuttavia l'Amministrazione nel fornire un'interpretazione estensiva ha consentito a numerosi diportisti di richiedere la cancellazione dell'unità dai registri nei quali era iscritta. Non si può ora tornare indietro e richiedere ai diportisti di reiscrivere nei registri le barche a suo tempo cancellate. Sarebbe una beffa per l'utenza della nautica lacuale. Con l'articolato si è inteso quindi dare una soluzione giuridica definitiva a quelle unità che navigano permanentemente nelle acque interne.
        Con l'articolo 4 si propone l'abrogazione del terzo comma dell'articolo 38 della legge n. 50 del 1971. La disposizione consente ai cittadini stranieri di assumere il comando di unità da diporto (comprese le navi) senza alcuna abilitazione, quando la legislazione del Paese d'origine non prevede alcun titolo. Con gli sviluppi che sta avendo la società civile italiana, che non è più quella dell'inizio degli anni 70', epoca alla quale risale la legge sulla nautica, che nello spirito del legislatore era volta a favorire il turismo nel nostro Paese, non è più prudente e responsabile continuare a mantenere in vigore la norma, per cui appare quanto mai urgente la sua eliminazione dall'ordinamento giuridico.
        L'articolo 5 è volto alla revisione delle sanzioni amministrative per le unità da diporto che si trovano a navigare nella fascia costiera riservata ai bagnanti. Con la depenalizzazione dei reati minori di cui all'articolo 11 del decreto legislativo n. 507 del 1999, le violazioni alle ordinanze emanate dalle autorità marittime in materia di polizia della navigazione, di cui all'articolo 1174 del codice della navigazione, sono attualmente punite con la sanzione che va da un minimo di 2 milioni di lire ad un massimo di 12 milioni di lire. In breve, per un natante con motore a bordo che naviga nello specchio acqueo dei 200/300 metri dalla spiaggia (zona vietata alla circolazione dei natanti) la sanzione con pagamento liberatorio ammonta a lire 4 milioni (doppio del minimo). Al riguardo, nella relazione illustrativa dell'articolo 51 del decreto legislativo n. 213 del 1998 sull'introduzione dell'euro nell'ordinamento nazionale, si legge che le pene pecuniarie devono ispirarsi all'omogeneità, alla congruità e alla proporzionalità delle sanzioni. Se consideriamo che la massa del parco nautico è costituita da natanti di 4-5 metri per i quali, nella maggior parte dei casi, non è richiesta la patente nautica (questa è obbligatoria solo quando il motore a bordo supera i 30 KW o 40,8 CV), appare evidente la sproporzione tra la violazione commessa e la sanzione comminata. Per non vanificare il turismo nautico in un momento così delicato per la vita nazionale sembra doveroso anche per motivi di equità ricondurre la violazione non alla norma "calderone" di cui all'articolo 1174 del codice della navigazione, bensì alla legge speciale espressamente voluta dal legislatore per la navigazione da diporto, che all'articolo 39 prevede analoghe violazioni, ma con sanzioni più eque.
        Con l'articolo 6 sono state meglio definite le unità da diporto assoggettate all'assicurazione obbligatoria, di cui alla legge 24 dicembre 1969, n. 990, e successive modificazioni.
        Con l'articolo 7 viene proposta la riforma dell'articolo 49 della legge n. 50 del 1971 sulla navigazione da diporto. La nuova modifica si rende necessaria in quanto successivamente alle innovazioni introdotte con il decreto legislativo n. 436 del 1996 che davano la possibilità ai diportisti di utilizzare l'apparato Vhf per la sola emergenza o soccorso, le direttive di attuazione della norma emanate dal Ministero delle comunicazioni finalizzate anche allo snellimento delle procedure, per il passaggio dal servizio di corrispondenza pubblica a quello di sola emergenza, hanno trovato difforme applicazione presso i vari ispettorati territoriali, generando confusione e malcontento tra i diportisti. E' necessario quindi avere una normativa più chiara e che non lasci dubbi alle interpretazioni. Con la stessa norma è previsto che le imbarcazioni da diporto munite dell'apparato Vhf/DSC non devono avere a bordo l'apparato radio boa di emergenza (Epirb), attualmente reso obbligatorio dal regolamento recante norme di sicurezza per la navigazione da diporto, di cui al decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione n. 478 del 1999.
        L'articolo 8 estende l'abilitazione delle imbarcazioni da diporto con marcatura CE appartenenti alla categoria C) alla navigazione costiera, fino a 20 miglia dalla costa, in condizioni meteo-marine stabilite dalla direttiva 94/25/CE sulla progettazione e commercializzazione delle unità da diporto, allineando così l'idoneità di questa tipologia di unità a quella degli altri Paesi dell'Unione europea. Con la stessa norma i natanti sono autorizzati a navigare fino a 12 miglia dalla costa.
        L'articolo 9 demanda al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti il riordino delle competenze degli uffici provinciali della ex Motorizzazione civile dei trasporti in concessione (MCTC) in materia di nautica da diporto. Con la soppressione della Direzione generale del Servizio autonomo navigazione interna, gli uffici provinciali della ex MCTC svolgono tuttora compiti e attribuzioni in materia di nautica da diporto (iscrizione delle imbarcazioni, patenti nautiche, eccetera). Nelle zone marittime sede di provincia sono presenti contemporaneamente gli uffici delle capitanerie di porto e quelli provinciali della ex MCTC, in alcuni casi a brevissima distanza tra loro, che svolgono le stesse attività amministrative, e in alcuni casi (specie per quanto concerne le modalità di pagamento dei bolli e dei tributi) con modalità diverse.
        L'articolo 10 prevede l'abrogazione della legge istitutiva della tassa di stazionamento (legge n. 51 del 1976). Al riguardo la legge 23 dicembre 1999, n. 488 (finanziaria 2000), ha soppresso la tassa di stazionamento per i natanti (indipendentemente dalla potenza del motore) che costituisce il 90 per cento del parco nautico nazionale. La tassa è invece rimasta in vigore per le navi da diporto (non superano le 100 unità) e per le imbarcazioni da diporto, che secondo i dati statistici non raggiungono le 70 mila unità. Con la soppressione del tributo per i natanti si è venuta a creare una disparità di trattamento dell'utenza tra la nautica minore e quella di maggiori dimensioni. Sono sempre più numerosi i diportisti che trasferiscono la propria barca sotto bandiera degli altri Paesi dell'Unione europea per non pagare più il tributo. Per fermare questa emorragia di trasferimento di barche all'estero e per ragioni di equità fiscale con i Paesi dell'Unione europea, dove la tassa non è conosciuta, si richiede la sua abrogazione, anche in considerazione del modesto gettito per lo Stato. Si pensi che nell'anno 2000 il tributo è stato inferiore a 20 miliardi di lire.
        L'articolo 11 stabilisce che nei casi di smarrimento o distruzione dei documenti di bordo (licenza di navigazione, certificato d'uso del motore, eccetera), è consentito al diportista che abbia la certificazione di sicurezza in corso di validità di utilizzare temporaneamente l'unità, limitatamente alle acque nazionali, con la copia della denuncia resa all'autorità di pubblica sicurezza. Considerata l'evoluzione tecnologica dei mezzi informatici, la documentazione per ottenere il duplicato dei documenti può essere inviata all'ufficio anche con mezzi elettronici o informatici.
        Considerata la complessità della materia, l'articolo 12 demanda all'Amministrazione la disciplina della composizione qualitativa e quantitativa degli equipaggi a bordo delle unità da diporto adibite a charter. E' necessario che a bordo vi sia personale altamente qualificato, munito di idonei titoli per assumere incarichi di responsabilità, secondo la normativa IMO-STCW 79(95) specie per il comando delle navi e delle imbarcazioni da diporto a vela nonché per assumere la direzione dei motori e degli altri servizi tecnici di bordo. La legislazione non prevede ancora tali qualifiche per cui i nostri marittimi, anche se muniti di qualifiche professionali, sono esclusi dalla possibilità di imbarcarsi al comando di unità da diporto appartenenti ai Paesi dell'Unione europea. Da qui l'esigenza di una nuova disciplina dei titoli per il charter, attività quest'ultima in forte espansione.
        L'articolo 13 stabilisce i rapporti contrattuali per le prestazioni del lavoro a bordo delle unità da diporto utilizzate nel charter. Finora la materia è stata disciplinata con riferimento alle norme previste dal codice della navigazione nel quadro del lavoro svolto dagli equipaggi delle navi commerciali. Tuttavia la particolare attività del lavoro che si svolge a bordo delle navi e delle imbarcazioni da diporto, non può continuare ad essere assimilato a quello delle navi commerciali. Le unità da diporto infatti per la maggior parte dell'anno sostano nei porti e solo per brevi periodi dell'anno lasciano gli ormeggi per una navigazione più o meno lunga che generalmente si svolge in ore diurne, con un equipaggio limitato che svolge peraltro contemporaneamente funzioni polivalenti (coperta, mensa, camera, eccetera). Il lavoro a bordo delle unità da diporto è attualmente assimilato a quello dei marittimi imbarcati su navi fino a 151 tonnellate adibite al traffico, ma tale forma di rapporto, per le ragioni dianzi citate, mal si adatta alla navigazione da diporto, per cui si rende necessario un autonomo contratto nazionale per gli equipaggi delle unità impiegate nel charter che stabilisca il quadro normativo, quello previdenziale, assicurativo e le condizioni salariali.
        Con l'articolo 14 viene riconosciuto alle imprese di noleggio l'esenzione dall'imposta sul valore aggiunto (IVA) quando le prestazioni dei servizi vengano effettuate fuori delle acque territoriali comunitarie. L'agevolazione si inquadra nel nuovo approccio fiscale verso la nautica con particolare riferimento all'acquisto in leasing delle barche da diporto.
        Il parco nautico nazionale, specie quello delle unità di dimensioni intermedie, sta invecchiando; è necessario un suo rinnovamento. L'articolo 15 dà facoltà ai proprietari di unità di lunghezza non superiore a 14 metri, di acquistare in Italia una nuova imbarcazione, senza l'imposizione dell'IVA, che incide per il 20 per cento sul costo della barca. A similitudine di quanto avvenuto per le autovetture, l'imposta verrebbe fiscalizzata per il 50 per cento mentre il residuo 50 per cento è posto a carico del rivenditore.
        Con l'articolo 16 sono istituite presso ciascuna direzione marittima, campi di regata e di allenamento per le attività della motonautica. La necessità di avere a disposizione specchi acquei dove effettuare regate e allenamenti è particolarmente sentita nel settore della nautica sportiva e in particolare in quella agonistica, nel quadro delle manifestazioni sportive nazionali e internazionali. E' a tutti noto che i motoscafi races, gli acquascooter, eccetera, per la loro particolare rumorosità, hanno talvolta difficoltà ad organizzare gare nelle località marittime, specie durante la stagione estiva.
        Con l'articolo 17 viene definito il turismo nautico dando una giusta collocazione giuridica a quelle attività caratteristiche del settore che, pur operando da lungo tempo, non hanno mai avuto un autonomo riconoscimento.
        Con l'articolo 18 si conferisce alle direzioni marittime il potere di ordinanza. Ormai l'impiego delle unità da diporto nelle sue molteplici attività, ha assunto una posizione rilevante per l'economia e per quelle micro-attività turistiche a carattere locale. Basta citare il noleggio, lo sci nautico, il volo ascensionale, le gite in barca, le visite alle bellezze naturali, le attività sportive subacquee, eccetera, tutte attività che assicurano un lavoro stagionale a numerosi lavoratori del settore. Attualmente le autorità marittime competenti a disciplinare tali attività sono 96 (50 capitanerie di porto e 46 uffici circondariali) con frammentazione delle disposizioni e impossibilità per il diportista in navigazione di conoscere i limiti territoriali di ciascun circondario, con il rischio di commettere infrazioni, pesantemente sanzionate. Per un migliore coordinamento della disciplina sulla circolazione delle unità da diporto nella fascia costiera protetta e di quelle impiegate nelle attività connesse al turismo locale è stato attribuito al direttore marittimo il potere di ordinanza, nell'ambito della rispettiva giurisdizione. In tal modo si realizza un'omogeneizzazione delle disposizioni amministrative e di sicurezza in un ambito regionale tenuto conto che le 13 direzioni marittime in cui è suddiviso il territorio nazionale hanno una giurisdizione generalmente coincidente con i limiti territoriali delle regioni che si affacciano sul mare.
        Con l'articolo 19 sono state definite le modalità per la sosta delle barche nelle aree portuali e negli approdi turistici pubblici. Attualmente ogni approdo o porto ha una propria regolamentazione. A disciplinare l'attività provvede il capo del circondario anche per quegli approdi ove vi siano sedi di uffici minori. Per l'alaggio, la sosta ed il varo delle barche di qualsiasi dimensione (anche le più piccole) si applicano i princìpi fissati dal codice della navigazione risalente al lontano 1942 per le navi commerciali, epoca in cui la nautica da diporto era praticamente sconosciuta. Si è rilevato che in alcuni porti la disciplina è cambiata più volte nel giro di breve tempo. Le disposizioni, non sempre chiare e coordinate, richiedono nei casi di alaggio e di varo una specifica autorizzazione che non sempre è possibile avere in tempi rapidi. Si pensi ai problemi degli orari d'ufficio, ai giorni festivi consecutivi, al cavo nell'elica, alla sola verifica della carena, eccetera, tutte normali operazioni di breve durata che possono essere svolte senza particolari formalità.
        L'articolo 20 detta semplificazioni nei casi di trasporti eccezionali di barche da diporto lungo le arterie stradali. Viene consentito alle società autorizzate al trasporto eccezionale di utilizzare un proprio servizio di scorta tecnica in luogo della scorta della polizia stradale, realizzando in tal modo anche un'economia per lo Stato.
        Gli articolo 21, 22 e 23 sono volti alla tutela degli "acquirenti" dei posti-barca nei porti turistici e a incentivare coloro che realizzano strutture ricettive per la nautica "a secco" su proprietà privata. Uno dei problemi che condiziona lo sviluppo della nautica è la carenza di approdi esclusivi per la nautica da diporto; è un'esigenza primaria del diportista avere ad intervalli più o meno regolari lungo le coste la possibilità di navigare in sicurezza con la certezza di poter trovare un approdo sicuro in cui sostare con la barca. I concessionari di strutture ricettive per la nautica pubblicizzano la vendita di "posti barca", invogliano i diportisti al loro acquisto. Ma è regolare la vendita frazionata di un'area demaniale in concessione? Il codice della navigazione, all'articolo 47, primo comma, lettera c), minaccia la decadenza del concessionario per abusiva sostituzione di altri nel godimento della concessione. L'acquisto del posto-barca secondo i princìpi fissati dagli articolo 822 del codice civile e 28 del codice della navigazione costituisce rapporto anomalo di un bene che non può essere commerciabile.
        La legislazione non riconosce alcun diritto agli acquirenti del posto barca nei casi di fallimento del concessionario, per cui il diportista si vede estromesso dal bene senza alcun risarcimento, come già più volte accaduto. Nella fattispecie l'aggiudicatario dell'asta, autorizzato dall'Amministrazione a subentrare nella concessione, ha richiesto e ottenuto (come da sentenza) di gestire ex novo la concessione costringendo il diportista al nuovo esborso di ingenti somme per "l'acquisto del medesimo posto barca". Come tutelarsi nei casi di fallimento? A garanzia delle obbligazioni assunte con il diportista, il concessionario deve stipulare una fidujssione bancaria o assicurativa, di importo pari alla somma contrattuale. Verificandosi il fallimento, il beneficio verrà liquidato all'utilizzatore del posto barca, negli altri casi la somma è restituita al concessionario.
        Un ulteriore rallentamento dello sviluppo degli approdi turistici è costituito dalla scarsa partecipazione di privati. A tale scopo, anche per superare i numerosi vincoli che si frappongono con la realizzazione di approdi turistici su aree demaniali e stimolare gli investimenti di capitali, ai proprietari di terreni che realizzano strutture ricettive della nautica "a secco", con escavo di bacini su proprietà privata comunicante con le acque pubbliche, viene assicurata una più lunga durata del periodo di concessione. Infatti, all'originaria concessione di cinquanta anni viene confermato il rinnovo per una durata di pari periodo.
        Con l'articolo 24 i concessionari di beni demaniali marittimi, come da impegno assunto con la sottoscrizione dell'atto formale di concessione, sono obbligati alla manutenzione ordinaria e straordinaria dei beni avuti in concessione. Allo scopo di incentivare i lavori di manutenzione delle strutture dedicate alla nautica da diporto, specie nel periodo prossimo alla scadenza della concessione che comporta l'acquisizione delle opere allo Stato, viene riconosciuto al concessionario un bonus fiscale da portare in detrazione ai redditi pari al 50 per cento delle spese effettivamente sostenute.
        Gli articoli 25 e 26 propongono una moratoria dei parchi e delle riserve marine fino a quando i punti foranei (definiti attualmente dalle sole coordinate geografiche della latitudine e della longitudine) non saranno indicati con mezzi di segnalazione internazionalmente riconosciuti. Sono sempre più frequenti i casi di verbali di contestazione per chi naviga nelle zone prossime alle aree sottoposte a tutela ambientale. Per stabilire se il diportista sta navigando nella fascia vietata alla navigazione o svolge attività non consentite dalle ordinanze delle competenti autorità marittime è necessario fare il cosiddetto "punto nave" con appropriati strumenti di rilevazione che solo barche di medie dimensioni possono installare a bordo ma non i natanti in cui le sistemazioni a bordo non lo consentono. E' inoltre urgente la revisione delle pesanti sanzioni previste dall'articolo 30 della legge n. 979 del 1982 nei casi di violazioni, che comportano addirittura la confisca della barca, che può valere anche milioni di euro.




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