XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 2093




        Onorevoli Colleghi! - Nel capo V del libro IV della parte I del codice di procedura penale sono disciplinati tutti i fenomeni che lato sensu possono comportare una modifica o una cessazione delle misure cautelari.
        A tal proposito il legislatore ha operato una netta distinzione tra gli effetti estintivi che conseguono ad un'attività discrezionale del giudice (revoca e sostituzione delle misure) ed effetti estintivi che conseguono automaticamente al verificarsi di determinati eventi, tra cui la adozione di una determinata pronuncia da parte dell'organo giudicante. Si pensi al provvedimento di archiviazione o all'emanazione di una sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento.
        La pronunzia di tali provvedimenti è, infatti, in contrasto con la prognosi positiva di colpevolezza che legittima l'adozione e la permanenza della misura.
        Tra le ulteriori ipotesi estintive codificate emergono quelle rappresentate dalla condanna ad una pena dichiarata estinta o condizionalmente sospesa.
        Conformemente al principio di proporzionalità, la previsione dell'automaticità degli effetti estintivi, anche nel caso di condanna, trova la sua coerente giustificazione nella considerazione che non è concepibile che un soggetto sopporti l'applicazione di una misura cautelare quando, in caso di condanna ad una pena detentiva, la sentenza non deve essere eseguita. Infatti, soltanto se l'imputato viene condannato alla pena della reclusione o dell'arresto e se questa deve, altresì, essere eseguita, la permanenza della misura cautelare fino alla fase di esecuzione della sentenza non contrasterebbe con il principio di proporzionalità.
        La disposizione normativa contenuta nell'articolo 300 del codice di procedura penale non contempla, peraltro, tutte le fattispecie estintive che potrebbero conseguire alla emanazione di una determinata sentenza di condanna. Si pensi alla mancata previsione dell'estensione dell'effetto estintivo al caso di condanna alla sola pena pecuniaria (sia essa originaria o il risultato della conversione) ovvero al caso di condanna a pena accessoria corrispondente in entità uguale o inferiore al periodo di interdizione patito durante il corso del procedimento penale.
        Si tratta di vere e proprie lacune che ben difficilmente possono essere colmate in via di interpretazione analogica, seppur in bonam partem.
        Sorge, pertanto, l'esigenza di modificare il testo normativo al fine di evitare una altrimenti ingiustificata disparità di trattamento tra ipotesi sostanzialmente sovrapponibili.
        In tale ottica con la presente iniziativa si propone, in primo luogo, di introdurre all'articolo 300 del codice di procedura penale il comma 3-bis che prevede l'automatica caducazione della misura cautelare in caso di emissione di una sentenza di condanna ad una pena pecuniaria, benché questa debba essere eseguita. Si tratta di una innovazione perfettamente coerente con l'attuale struttura normativa rappresentando un necessario sviluppo del principio che governa la previsione codicistica dell'automaticità dell'effetto estintivo nel caso di emanazione di una sentenza di condanna a pena detentiva. Se la ratio sottesa all'automatica caducazione degli effetti della misura cautelare risiede, in forza del principio di proporzionalità, nel fatto che, pur in caso di condanna, la pena detentiva non deve essere eseguita, a fortiori, se viene irrogata una pena di specie diversa, non detentiva, pur se questa debba essere eseguita, l'effetto estintivo dovrebbe ugualmente prodursi. Ciò a prescindere dalla circostanza che la pena pecuniaria applicata con la sentenza non sia originaria, ma sia il risultato di un procedimento di conversione. Ai sensi della legge n. 689 del 1981 la pena pecuniaria deve considerarsi sempre tale, anche se è il risultato di una conversione. Anche nel caso in cui, senza conversione, la pena irrogata (e da eseguire) sarebbe stata una pena detentiva (reclusione od arresto).
        Con l'introduzione del comma 3-ter si intende, invece, colmare il vuoto normativo rappresentato dal mancato riferimento dell'effetto estintivo al caso di condanna a pena accessoria corrispondente in entità uguale o inferiore al periodo di interdizione sofferto nel corso del procedimento penale.
        Con l'inserimento del comma 4-bis, infine, si prevede che le misure della custodia cautelare e degli arresti domiciliari perdono efficacia se con la sentenza di condanna la pena detentiva viene sostituita con la semidetenzione o con la libertà controllata.
        Benché si tratti di una ipotesi che presenta profili di diversità rispetto a quella contemplata nel comma 3-bis, dovendo le pene alternative della semidetenzione e della libertà controllata considerarsi per ogni effetto giuridico come pene detentive della specie corrispondente a quella della pena sostituita, alla previsione della automatica caducazione delle misure si perviene ugualmente in considerazione della esatta e coerente applicazione del generale principio di proporzionalità sotteso all'applicazione delle misure.
        Principio che non consente di tollerare il mantenimento di alcuna forma di cautela processuale che comporti un sacrificio della libertà personale maggiore di quello riconducibile alla esecuzione della pena, che invece si verificherebbe qualora all'applicazione della semideterminazione o della libertà controllata si accompagnasse anche la misura cautelare della custodia in carcere o degli arresti domiciliari.




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