XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 2132
PROPOSTA DI LEGGE
Capo I
MODIFICHE AL CODICE DI PROCEDURA PENALE
Art. 1.
(Modifica all'articolo 415-bis del codice
di procedura penale).
1. Al comma 2 dell'articolo 415-bis del codice di
procedura penale sono aggiunte, in fine, le seguenti parole:
", salvo che per i reati di competenza del giudice di
pace".
Art. 2.
(Introduzione dell'articolo 415-ter
del codice di procedura penale).
1. Dopo l'articolo 415-bis del codice di procedura
penale è inserito il seguente:
"Art. 415-ter. (Avviso all'indagato nel
procedimento dinanzi al giudice di pace). - 1. Nei
procedimenti la cui competenza è attribuita al giudice di pace
il pubblico ministero fa notificare all'imputato il capo di
imputazione contenente gli articoli di legge violati e la
precisa indicazione in forma chiara e precisa del fatto, delle
circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare
l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei
relativi articoli di legge, con l'avviso della facoltà di
estrarre copie di tutti gli atti di indagine compiuti e con
l'avviso che entro trenta giorni dalla notifica, pena la
decadenza, potrà richiedere che il processo sia deciso dinanzi
al giudice di pace".
Art. 3.
(Modifica all'articolo 446 del codice
di procedura penale).
1. All'articolo 446 del codice di procedura penale, dopo
il comma 6 sono aggiunti i seguenti:
"6-bis. La richiesta per i reati di competenza
del giudice di pace deve essere formulata, a pena di
decadenza, entro quarantacinque giorni dalla notifica
dell'atto di cui all'articolo 415-ter.
6-ter. Decorso il termine di cui al comma
6-bis, non è ammissibile dinanzi al giudice ordinario la
richiesta di applicazione della pena".
Capo II
PROCEDIMENTO PENALE DINANZI
AL GIUDICE DI PACE
Sezione I
Soggetti, giurisdizione e competenza
Art. 4.
(Organi giudiziari nel procedimento penale dinanzi al
giudice di pace).
1. Svolgono funzioni giudiziarie nel procedimento penale
dinanzi al giudice di pace:
a) il procuratore della Repubblica presso il
tribunale nel cui circondario ha sede il giudice di pace;
b) il giudice di pace.
Art. 5.
(Princìpi generali del procedimento dinanzi al giudice di
pace).
1. Nel procedimento dinanzi al giudice di pace, per quanto
non previsto dalla presente legge, si osservano, in quanto
applicabili, le norme contenute nel codice di procedura penale
e nei titoli I e II delle norme di attuazione, di
coordinamento e transitorie del codice di procedura penale,
approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e
successive modificazioni.
2. Nel corso del processo, il giudice di pace deve
favorire, per quanto possibile, la conciliazione tra le
parti.
Art. 6.
(Competenza per materia).
1. In materia penale, il giudice di pace è competente:
a) per i delitti consumati o tentati previsti
dagli articoli 581, 582, limitatamente alla fattispecie di cui
al secondo comma perseguibile a querela di parte, 590,
limitatamente alle fattispecie perseguibili a querela di parte
e ad esclusione delle fattispecie connesse alla colpa
professionale e dei fatti commessi con violazione delle norme
per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative
all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia
professionale quando, nei casi anzidetti, derivi una malattia
di durata superiore a venti giorni, 593, primo e secondo
comma, 594, 595, primo e secondo comma, 612, primo comma, 626,
627, 631, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo
639-bis, 632, salvo che ricorra l'ipotesi di cui
all'articolo 639-bis, 633, primo comma, salvo che
ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis, 635,
primo comma, 636, salvo che ricorra l'ipotesi di cui
all'articolo 639-bis, 637, 638, primo comma, 639 e 647
del codice penale;
b) per le contravvenzioni previste dagli articoli
689, 690, 691, 726, primo comma, e 731 del codice penale.
2. Il giudice di pace è altresì competente per i delitti,
consumati o tentati, e per le contravvenzioni previsti dalle
seguenti disposizioni:
a) articoli 25 e 62, terzo comma, del testo
unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio
decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive
modificazioni;
b) articoli 1095, 1096 e 1119 del codice della
navigazione;
c) articolo 3 del decreto del Presidente della
Repubblica 4 agosto 1957, n. 918, recante "Approvazione del
testo organico delle norme sulla disciplina dei rifugi
alpini";
d) articoli 102 e 106 del decreto del Presidente
della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, recante "Testo unico
delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati";
e) articolo 92 del decreto del Presidente della
Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, recante "Testo unico delle
leggi per la composizione e la elezione degli organi delle
amministrazioni comunali";
f) articolo 15, secondo comma, della legge 28
novembre 1965, n. 1329, recante "Provvedimenti per l'acquisto
di nuove macchine utensili";
g) articolo 3 della legge 8 novembre 1991, n. 362,
recante "Norme di riordino del settore farmaceutico";
h) articolo 51 della legge 25 maggio 1970, n. 352,
recante "Norme sui referendum previsti dalla
costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo";
i) articoli 3, terzo e quarto comma, 46, quarto
comma, e 65, terzo comma, del decreto del Presidente della
Repubblica 11 luglio 1980, n. 753, recante "Nuove norme in
materia di polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio
delle ferrovie e di altri servizi di trasporto";
l) articoli 18 e 20 della legge 2 agosto 1982, n.
528, recante "Ordinamento del gioco del lotto e misure per il
personale del lotto";
m) articolo 17, comma 3, della legge 4 maggio
1990, n. 107, recante "Disciplina per le attività
trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e
per la produzione di plasmaderivati";
n) articolo 15, comma 3, del decreto legislativo
27 settembre 1991, n. 311, recante "Attuazione delle direttive
n. 87/404/CEE e n. 90/488/CEE in materia di recipienti
semplici a pressione, a norma dell'articolo 56 della legge 29
dicembre 1990, n. 428";
o) articolo 11, comma 1, del decreto legislativo
27 settembre 1991, n. 313, recante "Attuazione della direttiva
n. 88/378/CEE relativa al ravvicinamento delle legislazioni
degli Stati membri concernenti la sicurezza dei giocattoli, a
norma dell'articolo 54 della legge 29 dicembre 1990, n.
428";
p) articolo 7, comma 9, del decreto legislativo 25
gennaio 1992, n. 74, recante "Attuazione della direttiva
84/450/CEE in materia di pubblicità ingannevole, come
modificata dalla direttiva 97/55/CE in materia di pubblicità
ingannevole e comparativa";
q) articoli 186, commi 2 e 6, 187, commi 4 e 5, e
189, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285,
recante "Nuovo codice della strada";
r) articolo 10, comma 1, del decreto legislativo
14 dicembre 1992, n. 507, recante "Attuazione della direttiva
90/385/CEE concernente il ravvicinamento delle legislazioni
degli Stati membri relative ai dispositivi medici impiantabili
attivi";
s) articolo 23, comma 2, del decreto legislativo
24 febbraio 1997, n. 46, recante "Attuazione della direttiva
90/385/CEE, concernente i dispositivi medici".
3. La competenza per i reati di cui ai commi 1 e 2 del
presente articolo è tuttavia del tribunale se ricorre una o
più delle circostanze previste dagli articoli 1 del
decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, 7 del
decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e 3 del
decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con
modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205.
4. Rimane ferma la competenza del tribunale per i
minorenni.
Art. 7.
(Competenza per territorio).
1. Per i reati indicati nell'articolo 6, competente per il
giudizio è il giudice di pace del luogo in cui il reato è
stato consumato.
Art. 8.
(Competenza per materia determinata
dalla connessione).
1. Tra procedimenti di competenza del giudice di pace e
procedimenti di competenza di altro giudice, si ha connessione
solo nel caso di persona imputata di più reati commessi con
una sola azione od omissione.
2. Se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla
competenza del giudice di pace e altri a quella della corte di
assise o del tribunale, è competente per tutti il giudice
superiore.
3. La connessione non opera se non è possibile la riunione
dei processi, né tra procedimenti di competenza del giudice di
pace e procedimenti di competenza di un giudice speciale.
Art. 9.
(Casi di connessione davanti al giudice
di pace).
1. Davanti al giudice di pace si ha connessione di
procedimenti:
a) se il reato per cui si procede è stato commesso
da più persone in concorso o cooperazione fra loro;
b) se una persona è imputata di più reati commessi
con una sola azione od omissione.
Art. 10.
(Competenza per territorio determinata dalla
connessione).
1. Nei casi previsti dall'articolo 9, se i reati sono
stati commessi in luoghi diversi, la competenza per territorio
appartiene per tutti al giudice di pace del luogo in cui è
stato commesso il primo reato. Se non è possibile determinare
in tal modo la competenza, questa appartiene al giudice di
pace del luogo in cui è iniziato il primo dei procedimenti
connessi.
Art. 11.
(Riunione e separazione dei processi).
1. Nei casi previsti dall'articolo 9, prima di procedere
all'udienza di comparizione, il giudice di pace può ordinare
la riunione dei processi, quando questa non pregiudica la
rapida definizione degli stessi.
2. Anche fuori dei casi previsti dall'articolo 9, il
giudice di pace può ordinare la riunione dei processi quando i
reati sono commessi da più persone in danno reciproco le une
delle altre o quando più persone con condotte indipendenti
hanno determinato l'evento o quando una persona è imputata di
più reati commessi con più azioni od omissioni esecutive di un
medesimo disegno criminoso, ovvero ogni volta in cui ciò giovi
alla celerità e alla completezza dell'accertamento.
3. Prima di procedere all'udienza di comparizione e,
comunque, non oltre la dichiarazione di apertura del
dibattimento, il giudice di pace ordina la separazione dei
processi, qualora ritenga che la riunione possa pregiudicare
il tentativo di conciliazione, ovvero la rapida definizione di
alcuni fra i processi riuniti.
Art. 12.
(Astensione e ricusazione del giudice
di pace).
1. Sulla dichiarazione di astensione del giudice di pace
decide il presidente del tribunale.
2. Sulla ricusazione del giudice di pace decide la corte
di appello.
3. Il giudice di pace astenuto o ricusato è sostituito con
altro giudice dello stesso ufficio designato secondo le leggi
di ordinamento giudiziario.
4. Qualora non sia possibile la sostituzione prevista dal
comma 3, la corte o il tribunale rimette il procedimento al
giudice di pace dell'ufficio più vicino.
Sezione II
Giudizio
Art. 13.
(Udienza di comparizione).
1. Almeno sette giorni prima della data fissata per
l'udienza di comparizione, il pubblico ministero deposita
nella cancelleria del giudice di pace l'atto di citazione a
giudizio con le relative notifiche.
2. Le parti che intendono chiedere l'esame dei testimoni,
periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate
nell'articolo 210 del codice di procedura penale, devono, a
pena di inammissibilità, almeno sette giorni prima della data
fissata per l'udienza di comparizione, depositare in
cancelleria le liste con l'indicazione delle circostanze su
cui deve vertere l'esame.
3. Nei casi in cui occorre rinnovare la convocazione o la
citazione a giudizio ovvero le relative notificazioni, vi
provvede il giudice di pace, anche d'ufficio.
4. Il giudice, quando il reato è perseguibile a querela,
promuove la conciliazione tra le parti. In tal caso, qualora
sia utile per favorire la conciliazione, il giudice può
rinviare l'udienza per un periodo non superiore a due mesi e,
ove occorra, può avvalersi anche dell'attività di mediazione
di centri e strutture pubbliche o private presenti sul
territorio. In ogni caso, le dichiarazioni rese dalle parti
nel corso dell'attività di conciliazione non possono essere in
alcun modo utilizzate ai fini della deliberazione.
5. In caso di conciliazione è redatto processo verbale
attestante la remissione di querela e la relativa
accettazione. La rinuncia al ricorso produce gli stessi
effetti della remissione della querela.
6. Dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, se
può procedersi immediatamente al giudizio, il giudice ammette
le prove richieste escludendo quelle vietate dalla legge,
superflue o irrilevanti e invita le parti ad indicare gli atti
da inserire nel fascicolo per il dibattimento, provvedendo a
norma dell'articolo 431 del codice di procedura penale. Le
parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo del
dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico
ministero e della documentazione relativa all'attività di
investigazione difensiva.
7. Se occorre fissare altra udienza per il giudizio, il
giudice autorizza ciascuna parte alla citazione dei propri
testimoni o consulenti tecnici, escludendo le testimonianze
vietate dalla legge e quelle manifestamente sovrabbondanti. La
parte che omette la citazione decade dalla prova.
Art. 14.
(Dibattimento).
1. L'esame dei testimoni, dei periti, dei consulenti
tecnici e delle parti private è condotto dal giudice sulla
base delle domande e delle contestazioni anche proposte dal
pubblico ministero e dai difensori.
2. Terminata l'acquisizione delle prove, il giudice, se
risulta assolutamente necessario, può disporre anche d'ufficio
l'assunzione di nuovi mezzi di prova, compresi quelli relativi
agli atti acquisiti a norma dell'articolo 13, comma 7.
3. Il verbale d'udienza, di regola, è redatto solo in
forma riassuntiva.
4. La motivazione della sentenza è redatta dal giudice in
forma abbreviata e depositata nel termine di quindici giorni
dalla lettura del dispositivo. Il giudice può dettare la
motivazione direttamente a verbale.
5. In caso di impedimento del giudice la sentenza è
sottoscritta dal presidente del tribunale, previa menzione
della causa di sostituzione.
Art. 15.
(Sentenza di condanna alla pena
della permanenza domiciliare).
1. Subito dopo la pronuncia della sentenza di condanna
alla pena della permanenza domiciliare, l'imputato o il
difensore munito di procura speciale possono chiedere
l'esecuzione continuativa della pena.
2. Il giudice, se ritiene di poter applicare in luogo
della permanenza domiciliare la pena del lavoro di pubblica
utilità, indica nella sentenza il tipo e la durata del lavoro
di pubblica utilità che può essere richiesto dall'imputato o
dal difensore munito di procura speciale.
3. Nel caso in cui l'imputato o il difensore formulino le
richieste di cui ai commi 1 e 2, il giudice può fissare una
nuova udienza a distanza di non più di dieci giorni, sempre
che sussistano giustificati motivi.
4. Acquisite le richieste, il giudice integra il
dispositivo della sentenza e ne dà lettura.
Sezione III
Definizioni alternative del procedimento
Art. 16.
(Estinzione del reato conseguente
a condotte riparatorie).
1. Il giudice di pace, sentite le parti e l'eventuale
persona offesa, dichiara con sentenza estinto il reato,
enunciandone la causa nel dispositivo, quando l'imputato
dimostra di aver proceduto, prima dell'udienza di
comparizione, alla riparazione del danno cagionato dal reato,
mediante le restituzioni o il risarcimento, e di aver
eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato.
2. Il giudice di pace pronuncia la sentenza di estinzione
del reato di cui al comma 1, solo se ritiene le attività
risarcitorie e riparatorie idonee a soddisfare le esigenze di
riprovazione del reato e quelle di prevenzione.
3. Il giudice di pace può disporre la sospensione del
processo, per un periodo non superiore a tre mesi, se
l'imputato chiede nell'udienza di comparizione di poter
provvedere agli adempimenti di cui al comma 1 e dimostri di
non averlo potuto fare in precedenza; in tal caso, il giudice
può imporre specifiche prescrizioni.
4. Con l'ordinanza di sospensione, il giudice incarica un
operatore di servizio sociale dell'ente locale di verificare
l'effettivo svolgimento delle attività risarcitorie e
riparatorie, fissando nuova udienza ad una data successiva al
termine del periodo di sospensione.
5. Qualora accerti che le attività risarcitorie o
riparatorie abbiano avuto esecuzione, il giudice, sentite le
parti e l'eventuale persona offesa, dichiara con sentenza
estinto il reato enunciandone la causa nel dispositivo.
6. Quando non provvede ai sensi dei commi 1 e 5, il
giudice dispone la prosecuzione del procedimento.
Sezione IV
Disposizioni sulle impugnazioni
Art. 17.
(Impugnazioni delle parti).
1. La persona offesa può proporre appello contro le
sentenze di proscioglimento ai soli fini civili.
2. Competente per il giudizio di appello è il tribunale
del circondario in cui ha sede il giudice di pace che ha
pronunciato la sentenza impugnata. Il tribunale giudica in
composizione monocratica.
3. Sono inappellabili le sentenze di condanna per le quali
è stata applicata la sola pena pecuniaria.
Sezione V
Disposizioni sull'esecuzione
Art. 18.
(Giudice dell'esecuzione).
1. Salvo diversa disposizione di legge, competente a
conoscere dell'esecuzione di un provvedimento è il giudice di
pace che l'ha emesso.
2. Se l'esecuzione concerne più provvedimenti emessi da
diversi giudici di pace, è competente il giudice che ha emesso
il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo.
3. Se i provvedimenti sono stati emessi dal giudice di
pace e da altro giudice ordinario, è competente in ogni caso
quest'ultimo.
4. Se i provvedimenti sono stati emessi dal giudice di
pace e da un giudice speciale, è competente per l'esecuzione
il tribunale in composizione collegiale nel cui circondario ha
sede il giudice di pace.
5. Il giudice indicato nei commi da 1 a 4 è competente
anche se il provvedimento da eseguire è stato comunque
riformato.
Art. 19.
(Procedimento di esecuzione).
1. Salvo quanto previsto nel comma 2, nel procedimento di
esecuzione davanti al giudice di pace si osservano le
disposizioni di cui all'articolo 666 del codice di procedura
penale.
2. Contro il decreto del giudice di pace che dichiara
inammissibile la richiesta formulata nel procedimento di
esecuzione e contro l'ordinanza che decide sulla richiesta,
l'interessato può proporre, entro quindici giorni dalla
notifica del provvedimento, ricorso per motivi di legittimità
al tribunale in composizione monocratica nel cui circondario
ha sede il giudice di pace.
3. Il tribunale decide con ordinanza non impugnabile. Si
osservano le disposizioni di cui all'articolo 127 del codice
di procedura penale.
Art. 20.
(Esecuzione delle pene pecuniarie).
1. Le condanne a pena pecuniaria si eseguono a norma
dell'articolo 660 del codice di procedura penale, ma
l'accertamento della effettiva insolvibilità del condannato è
svolto dal giudice di pace competente per l'esecuzione che
adotta altresì i provvedimenti in ordine alla rateizzazione,
ovvero alla conversione della pena pecuniaria.
Art. 21.
(Esecuzione della pena della permanenza domiciliare e del
lavoro di pubblica utilità).
1. La sentenza penale irrevocabile è trasmessa per
estratto a cura della cancelleria al pubblico ministero del
circondano ove ha sede l'ufficio del giudice individuato in
base all'articolo 18.
2. Il pubblico ministero, emesso l'ordine di esecuzione,
lo trasmette immediatamente, unitamente all'estratto della
sentenza di condanna contenente le modalità di esecuzione
della pena, all'ufficio di pubblica sicurezza del comune in
cui il condannato risiede o, in mancanza di questo, al comando
dell'Arma dei carabinieri territorialmente competente.
3. Appena ricevuto il provvedimento di cui al comma 2,
l'organo di polizia ne consegna copia al condannato
ingiungendogli di attenersi alle prescrizioni in esso
contenute. Qualora il condannato sia detenuto o internato,
copia dell'ordine di esecuzione è notificato altresì al
direttore dell'istituto o della sezione il quale informa
anticipatamente l'organo di polizia della dimissione del
condannato. In tal caso, la pena comincia a decorrere dal
primo giorno di permanenza domiciliare o di lavoro sostitutivo
successivo a quello della dimissione.
Art. 22.
(Modifica delle modalità di esecuzione della permanenza
domiciliare e del lavoro di pubblica utilità).
1. Le modalità di esecuzione della permanenza domiciliare
e del divieto di cui all'articolo 28, comma 3, eventualmente
imposto, nonché del lavoro di pubblica utilità, stabilite
nella sentenza emessa dal giudice possono essere modificate
per motivi di assoluta necessità dal giudice osservando le
disposizioni dell'articolo 666 del codice di procedura
penale.
2. La richiesta di modifica non sospende l'esecuzione
delle pene; in caso di assoluta urgenza, le modifiche possono
essere adottate con provvedimento provvisorio revocabile nelle
fasi successive del procedimento.
Art. 23.
(Certificati del casellario giudiziale richiesti dal
privato).
1. Nei certificati del casellario giudiziale rilasciati a
norma dell'articolo 689 del codice di procedura penale non
sono riportate le iscrizioni relative alle sentenze emesse dal
giudice di pace.
Art. 24.
(Eliminazione dal casellario giudiziale delle iscrizioni
relative a sentenze del giudice di pace in materia
penale).
1. Fermo quanto previsto dall'articolo 687 del codice di
procedura penale, sono altresì eliminate le iscrizioni
relative:
a) alle sentenze del giudice di pace di
proscioglimento per difetto di imputabilità, trascorsi
tre anni dal giorno in cui la sentenza è divenuta
irrevocabile;
b) alle sentenze del giudice di pace di condanna,
trascorsi cinque anni dal giorno in cui la sanzione è stata
eseguita se è stata inflitta la pena pecuniaria, o dieci anni
se è stata inflitta una pena diversa sempre che nei periodi
indicati non sia stato commesso un ulteriore reato.
Sezione VI
Norme di coordinamento e di attuazione
Art. 25.
(Delegati del procuratore della Repubblica nel
procedimento penale davanti al giudice di pace).
1. Nei procedimenti penali dinanzi al giudice di pace, le
funzioni del pubblico ministero possono essere svolte, per
delega del procuratore della Repubblica presso il tribunale
ordinario:
a) nell'udienza dibattimentale, da uditori
giudiziari, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio o
da laureati in giurisprudenza che frequentano il secondo anno
della scuola biennale di specializzazione per le professioni
legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17
novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni;
b) nei procedimenti in camera di consiglio di cui
all'articolo 127 del codice di procedura penale, nei
procedimenti di esecuzione ai fini dell'intervento di cui
all'articolo 655, comma 2, del medesimo codice, e nei
procedimenti di opposizione al decreto del pubblico ministero
di liquidazione del compenso ai periti, consulenti tecnici e
traduttori ai sensi dell'articolo 11 della legge 8 luglio
1980, n. 319, da vice procuratori onorari addetti
all'ufficio.
2. Nei casi indicati al comma 1, la delega è conferita in
relazione ad una determinata udienza o a un singolo
procedimento.
3. La delega è revocabile nei soli casi in cui il codice
di procedura penale prevede la sostituzione del pubblico
ministero.
4. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 162,
commi 1, 3 e 4, delle norme di attuazione, di coordinamento e
transitorie del codice di procedura penale, approvate con
decreto legislativo 25 luglio 1989, n. 271.
Art. 26.
(Disposizioni regolamentari e sulla tenuta dei
registri).
1. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17,
comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro cinque mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, il
Ministro della giustizia adotta le disposizioni regolamentari
relative ai procedimenti penali davanti al giudice di pace,
che concernono:
a) le modalità di formazione e tenuta dei
fascicoli degli uffici giudiziari;
b) il rilascio da parte degli uffici dei giudici
di pace dei certificati del casellario giudiziale di cui
all'articolo 689 del codice di procedura penale;
c) le altre attività necessarie per l'attuazione
della presente legge.
2. Il parere del Consiglio di Stato sul regolamento
previsto nel comma 1 è reso entro un mese dalla richiesta.
3. La disciplina sulla tenuta in forma automatizzata dei
registri e delle altre forme di registrazione in materia
penale è adottata con decreto del Ministro della giustizia.
Sezione VII
Sanzioni applicabili dal giudice di pace
Art. 27.
(Sanzioni).
1. Ai reati attribuiti alla competenza del giudice di
pace per i quali è prevista la sola pena della multa o
dell'ammenda continuano ad applicarsi le pene pecuniarie
vigenti.
2. Per gli altri reati di competenza del giudice di pace
le pene sono così modificate:
a) quando il reato è punito con la pena della
reclusione o dell'arresto alternativa a quella della multa o
dell'ammenda, si applica la pena pecuniaria della specie
corrispondente da 77 euro a 2.582 euro; se la pena detentiva è
superiore nel massimo a sei mesi, si applica la predetta pena
pecuniaria o la pena della permanenza domiciliare da sei
giorni a trenta giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica
utilità per un periodo da dieci giorni a tre mesi;
b) quando il reato è punito con la sola pena della
reclusione o dell'arresto, si applica la pena pecuniaria della
specie corrispondente da 516 euro a 2.582 euro o la pena della
permanenza domiciliare da quindici giorni a quarantacinque
giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da venti
giorni a sei mesi;
c) quando il reato è punito con la pena della
reclusione o dell'arresto congiunta con quella della multa o
dell'ammenda, si applica la pena pecuniaria della specie,
corrispondente da 77 euro a 2.582 euro o la pena della
permanenza domiciliare da venti giorni a quarantacinque giorni
ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da un mese a sei
mesi.
3. Nei casi di recidiva reiterata infraquinquennale, il
giudice applica la pena della permanenza domiciliare o quella
del lavoro di pubblica utilità, salvo che sussistano
circostanze attenuanti ritenute prevalenti o equivalenti.
4. La disposizione del comma 3 non si applica quando il
reato è punito con la sola pena pecuniaria nonché nell'ipotesi
indicata nel primo periodo della lettera a) del comma
2.
Art. 28.
(Obbligo di permanenza domiciliare).
1. La pena della permanenza domiciliare comporta l'obbligo
di rimanere presso la propria abitazione o in altro luogo di
privata dimora ovvero in un luogo di cura, assistenza o
accoglienza nei giorni di sabato e domenica; il giudice, avuto
riguardo alle esigenze familiari, di lavoro, di studio o di
salute del condannato, può disporre che la pena venga eseguita
in giorni diversi della settimana ovvero, a richiesta del
condannato, continuativamente.
2. La durata della permanenza domiciliare non può essere
inferiore a sei giorni né superiore a quarantacinque; il
condannato non è considerato in stato di detenzione.
3. Il giudice può altresì imporre al condannato, valutati
i criteri di cui all'articolo 133, comma secondo, del codice
penale, il divieto di accedere a specifici luoghi nei giorni
in cui non è obbligato alla permanenza domiciliare, tenuto
conto delle esigenze familiari, di lavoro, di studio o di
salute del condannato.
4. Il divieto non può avere durata superiore al doppio
della durata massima della pena della permanenza domiciliare e
cessa in ogni caso quando è stata interamente scontata la pena
della permanenza domiciliare.
Art. 29.
(Lavoro di pubblica utilità).
1. Il giudice di pace può applicare la pena del lavoro di
pubblica utilità solo su richiesta dell'imputato.
2. Il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore
a dieci giorni né superiore a sei mesi e consiste nella
prestazione di attività non retribuita in favore della
collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le
province, i comuni o presso enti o organizzazioni di
assistenza sociale e di volontariato.
3. L'attività viene svolta nell'ambito della provincia in
cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non più
di sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e
tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio,
di famiglia e di salute del condannato. Tuttavia, se il
condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere
il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore alle sei
ore settimanali.
4. La durata giornaliera della prestazione non può
comunque oltrepassare le otto ore.
5. Ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di
pubblica utilità consiste nella prestazione, anche non
continuativa, di due ore di lavoro.
6. Fermo quanto previsto dal presente articolo, le
modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità sono
determinate con decreto del Ministro della giustizia, d'intesa
con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Art. 30.
(Conversione delle pene pecuniarie).
1. Per i reati i competenza del giudice di pace, la pena
pecuniaria non eseguita per insolvibilità del condannato si
converte, a richiesta del condannato, in lavoro sostitutivo da
svolgere per un periodo non inferiore ad un mese e non
superiore a sei mesi con le modalità indicate nell'articolo
29.
2. Ai fini della conversione un giorno di lavoro
sostitutivo equivale a 12,91 euro di pena pecuniaria.
3. Il condannato può sempre far cessare la pena del lavoro
sostitutivo pagando la pena pecuniaria, dedotta la somma
corrispondente alla durata del lavoro prestato.
4. Quando è violato l'obbligo del lavoro sostitutivo
conseguente alla conversione della pena pecuniaria, la parte
di lavoro non ancora eseguito si converte nell'obbligo di
permanenza domiciliare secondo i criteri di ragguaglio
indicati nel comma 6.
5. Se il condannato non richiede di svolgere il lavoro
sostitutivo, le pene pecuniarie non eseguite per insolvibilità
si convertono nell'obbligo di permanenza domiciliare con le
forme e nei modi previsti dall'articolo 28, comma 1; in questo
caso non è applicabile al condannato il divieto di cui
all'articolo 28, comma 3.
6. Ai fini della conversione un giorno di permanenza
domiciliare equivale a 25,82 euro di pena pecuniaria e la
durata della permanenza non può essere superiore a
quarantacinque giorni.
Art. 31.
(Violazione degli obblighi).
1. Il condannato che senza giusto motivo si allontana dai
luoghi in cui è obbligato a permanere o che non si reca nel
luogo in cui deve svolgere il lavoro di pubblica utilità o che
lo abbandona è punito con la reclusione fino ad un anno.
2. Alla stessa pena soggiace il condannato che viola
reiteratamente senza giusto motivo gli obblighi o i divieti
inerenti alle pene della permanenza domiciliare o del lavoro
di pubblica utilità.
3. In caso di condanna non sono applicabili le sanzioni
sostitutive previste dagli articoli 53 e seguenti della legge
24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni.
Art. 32.
(Competenza).
1. La competenza per il delitto di cui all'articolo 31 è
attribuita al tribunale in composizione monocratica.
Art. 33.
(Effetti delle sanzioni e criteri
di ragguaglio).
1. Per ogni effetto giuridico la pena dell'obbligo di
permanenza domiciliare e il lavoro di pubblica utilità si
considerano come pena detentiva della specie corrispondente a
quella della pena originaria.
2. Quando per qualsiasi effetto giuridico si deve eseguire
un ragguaglio tra la pena detentiva e le pene di cui agli
articoli 28 e 29, un giorno di pena detentiva equivale a due
giorni di permanenza domiciliare o tre giorni di lavoro di
pubblica utilità.
3. Un giorno di pena detentiva equivale a 38,73 euro di
pena pecuniaria irrogata in luogo della pena detentiva a norma
dell'articolo 27.
4. In deroga a quanto stabilito nell'articolo 78, primo
comma, numero 3), del codice penale, la pena della multa o
dell'ammenda non può comunque eccedere la somma di 7.747 euro,
ovvero la somma di 30.987 euro se il giudice si vale della
facoltà di aumento indicata nel secondo comma dell'articolo
133-bis dello stesso codice.
Art. 34.
(Controllo sull'osservanza delle sanzioni dell'obbligo di
permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica
utilità).
1. L'ufficio di pubblica sicurezza del luogo di esecuzione
della pena o, in mancanza dell'ufficio di pubblica sicurezza,
il comando dell'Arma dei carabinieri territorialmente
competente effettua il controllo sull'osservanza degli
obblighi connessi alla pena dell'obbligo di permanenza
domiciliare o del lavoro di pubblica utilità con le modalità
stabilite dall'articolo 65, commi primo e secondo, della legge
24 novembre 1981, n. 689, in quanto applicabile.
Art. 35.
(Esclusione della sospensione condizionale della
pena).
1. Le disposizioni di cui agli articoli 163 e seguenti del
codice penale, relative alla sospensione condizionale della
pena, non si applicano alle pene irrogate dal giudice di
pace.
Art. 36.
(Inapplicabilità delle altre misure sostitutive della
detenzione).
1. Le sanzioni sostitutive previste dagli articoli 53 e
seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, non si
applicano ai reati di competenza del giudice di pace.
Sezione VIII
Disposizioni transitorie e finali
Art. 37.
(Norma transitoria).
1. Le norme della presente legge si applicano ai
procedimenti relativi ai reati indicati nell'articolo 6
commessi dopo la sua entrata in vigore.
Art. 38.
(Abrogazione).
1. Il decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, è
abrogato.