XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 1943
Onorevoli Colleghi! - In questi ultimi anni il processo
di privatizzazione di importanti società industriali, bancarie
e di servizi ha condotto ad un azionariato diffuso tra i
lavoratori dipendenti anche grazie alle disposizioni
introdotte dal decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 314.
Lo sviluppo di una forte presenza azionaria dei dipendenti è
stato senz'altro incentivato dalle stesse imprese, che si sono
impegnate al fine di realizzare una compartecipazione dei
propri dipendenti sul piano finanziario. Siamo, inoltre, di
fronte ad un passaggio assai particolare perché la
costituzione dei fondi complementari pensionistici è stata
avviata e si consoliderà nel tempo e, a seguito
dell'approvazione della legge n. 144 del 1999, sarà possibile
l'utilizzo del trattamento di fine rapporto per lo sviluppo di
questi fondi, anche mediante l'investimento in strumenti
finanziari.
Questo processo ha visto il nascere e l'affermarsi di
numerose associazioni aventi lo scopo di tutelare gli
interessi dei dipendenti azionisti e di promuoverne le
adeguate forme di partecipazione. Le associazioni, che
prevedono l'iscrizione da parte di dipendenti ed ex dipendenti
della società di riferimento in possesso di azioni, sono state
molto attive con iniziative nei luoghi di lavoro e promuovendo
incontri su questi temi, nonché sulle prospettive industriali
delle società partecipate. Durante la definizione del testo
unico in materia di intermediazione finanziaria (decreto
legislativo n. 58 del 1998) le associazioni hanno portato il
loro contributo nel corso di un'audizione parlamentare. Esse
sono state maggiormente attive nella raccolta delle deleghe in
occasione delle assemblee societarie: in questo modo hanno
contribuito in modo effettivo allo sviluppo di una democrazia
economica e societaria.
Dal novembre del 1998 le associazioni dei maggiori gruppi
(ENI, AEM, Comit, Credit, San Paolo-IMI, BPM ed altri), si
sono costituite nella Federazione italiana delle associazioni
di dipendenti-azionisti (FIADA), sancendo nel proprio statuto
il principio dell'indipendenza da forze politiche e sindacali.
L'associazionismo dei dipendenti si è sviluppato anche a
livello europeo: si è infatti dato vita anche ad una
Federazione europea, cui hanno aderito associazioni e
federazioni di quattordici Paesi.
In considerazione di questi aspetti, con la presente
proposta di legge si ritiene che si debba cogliere
l'opportunità per dare attuazione all'articolo 46 della
Costituzione repubblicana, il quale promuove la partecipazione
dei lavoratori alla vita e alla gestione delle imprese nella
prospettiva di una democrazia anche economica: tale articolo
è, però, rimasto finora inattuato.
Certo ben più ampia è la problematica della realizzazione
di una democrazia economica e le risposte che ad essa bisogna
dare, i percorsi che occorre costruire a partire dalla
concertazione che si è sviluppata in questi anni:
l'azionariato dei dipendenti si pone quale un momento
importante di questo ragionamento. Se l'azionista-dipendente,
non come singolo ma come soggetto di un'impresa, è un momento
della democrazia economica, bisogna far sì che ciò si rifletta
anche sul piano legislativo.
Vi è una diversità che non sempre viene colta o meglio
sottolineata con forza. Infatti mentre il dipendente è
interessato allo sviluppo dell'impresa, alla sua competitività
e anche indirettamente alla realizzazione degli utili perché
dallo sviluppo della stessa dipendono il suo futuro e per
grande parte quello della sua famiglia, in un secondo momento,
quando diventa azionista, subentra un interesse diretto
all'aspetto della realizzazione degli utili. Questa è la
differenza fondamentale, come hanno sottolineato le
associazioni dei dipendenti azionisti europei, e il fatto che
il dibattito travalichi i confini nazionali e approdi a
livelli transnazionali sta a sottolineare questo aspetto. E'
un confronto che dura da oltre un decennio a livello europeo,
sia nella Commissione della Unione europea che a livello di
Europarlamento. E' meno presente nel dibattito italiano, anche
se vi sono stati momenti di discussione di progetti di legge
di iniziativa parlamentare anche nella passata legislatura, al
momento delle prime privatizzazioni.
Vi è poi la convinzione (in un numero ampio di forze
politiche) che, in fondo, fra l'azionista-dipendente e il
piccolo azionista non vi siano differenze. Si ritiene, invece,
necessario compiere altre distinzioni, perché sono reali. Vi è
una differenza a nostro parere, attorno alla quale è opportuno
riflettere, fra la rappresentanza del sindacato e quella degli
azionisti-dipendenti.
Sul piano della democrazia economica e della
concertazione, il sindacato, nell'ultimo decennio, ha fatto
enormi passi in avanti - sia in ambito comunitario sia in
ambito nazionale - non solo a livello confederale, ma anche a
livello di impresa: le norme contrattuali ormai prevedono il
confronto fra l'impresa e il sindacato sui programmi
produttivi. Quindi diventa facile, per chi vuole argomentare,
affermare che il sindacato ha già una sede propria. Ma, a
parte il fatto che vi è una differenza fra i lavoratori in sé
e la rappresentanza che il sindacato assume della universalità
dei lavoratori (anche se vi è una ulteriore distinzione fra il
lavoratore iscritto e il lavoratore non iscritto al
sindacato), l'azionista-dipendente è qualcosa di diverso, che
non è alternativo al sindacato. E' anche diverso dai generici
piccoli azionisti, che riflettono altri problemi e interessi,
ed è cosa diversa rispetto ai fondi pensione chiusi.
In sintesi, il provvedimento che vi proponiamo mira a
conseguire i seguenti effetti:
a) riconoscere formalmente le associazioni dei
dipendenti azionisti (articolo 2) quali figure analoghe ma
distinte rispetto a quelle generiche dei piccoli azionisti,
incentivandone, fra l'altro, la crescita dimensionale e il
processo aggregativo all'interno delle singole realtà
aziendali, sia disponendo adeguati livelli minimi di
rappresentatività, sia (articolo 5) introducendo in
determinate condizioni il diritto di rappresentanza nei
collegi sindacali, anche ricordando le più incisive funzioni
che tali organi collegialmente, ed in rilevante misura anche i
singoli componenti, hanno recentemente assunto nelle società
quotate ai sensi del citato testo unico in materia di
intermediazione finanziaria (decreto legislativo n. 58 del
1998);
b) facilitare i meccanismi della rappresentanza
degli associati nelle assemblee delle società di appartenenza,
sia (articolo 3) attraverso una controllata semplificazione
delle normali procedure di raccolta delle deleghe di voto, sia
(articolo 4) attraverso la sistematizzazione del processo
alternativo, già peraltro avviato in alcune realtà aziendali,
della intestazione delle azioni a società fiduciarie
convenzionate con le associazioni o, al limite, appositamente
costituite da queste ultime e quindi in grado di operare a
costi particolarmente contenuti;
c) assicurare (articolo 6) spazi aziendali di
visibilità e di agibilità alle associazioni e alle società
fiduciarie intestatarie delle azioni dei dipendenti, ai sensi
dello statuto dei lavoratori (legge 20 maggio 1970, n.
300);
d) incentivare (articolo 7) la sottoscrizione
delle azioni da parte dei dipendenti inserendo a livello
codicistico tale finalità fra quelle che conferiscono il
diritto ad ottenere anticipazioni periodiche, sia pure con
incidenza percentuale limitata, sul trattamento di fine
rapporto maturato;
e) semplificare (articolo 8) gli adempimenti
tributari relativi alla percezione dei dividendi sulle azioni
possedute dai dipendenti ed ex dipendenti.
Il provvedimento non comporta oneri per lo Stato.
Procedere a queste necessarie innovazioni significa porsi
in sintonia con i mutamenti che avvengono nella realtà
economica e nella trasformazione degli assetti proprietari
delle imprese sia industriali che di servizi, anche locali, e
consentire che l'appello alla collaborazione, frequentemente
rivolto ai dipendenti quando si va a realizzare una
privatizzazione, significhi anche ampliare la partecipazione
azionaria e concretizzarla in norme che governano la società
per azioni.