XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 1691




        Onorevoli Colleghi! - La materia della progettazione ed affidamento delle opere pubbliche è di massima rilevanza per la pubblica amministrazione, ma in special modo per i governi locali. La realizzazione degli impegni sottoscritti da chi esercita il mandato politico con gli elettori si concretizza nella maggior parte dei casi in opere di interesse pubblico, di trasformazione e gestione del territorio. Tutto ciò al fine di migliorare la qualità della vita dei cittadini e di offrire alle imprese moderne strutture per gli insediamenti produttivi.
        Risulta quindi evidente l'importanza degli strumenti giuridici che dettano i metodi e le procedure che regolano l'affidamento e la realizzazione delle opere pubbliche.
        Il riferimento primario in materia è rappresentato dalle direttive comunitarie, cui è stata data attuazione attraverso l'emanazione della legge n. 109 del 1994, cosiddetta "legge Merloni" nonché del relativo regolamento. Tale legge, anche sulla scorta degli eventi giudiziari del nostro Paese (vicenda Tangentopoli) contiene, in diverse sezioni, norme ben più vincolanti delle stesse direttive comunitarie, il che pone grossi problemi burocratici e di concorrenza. E' necessario, pertanto, snellire tali disposizioni, senza ledere alcun principio sovraordinato.
        La proposta di legge contiene quindi una forte semplificazione degli adempimenti, lasciando ferme le garanzie di concorrenza, trasparenza e concorsualità contenute nella disciplina europea dell'affidamento dei lavori pubblici.
        E' doveroso altresì ricordare la situazione dei piccoli comuni italiani - quasi 5000 - che sono costretti a confrontarsi con una disciplina come quella contenuta nella legge Merloni, che comporta spesso una complessa e gravosa attività amministrativa anche per interventi di importanza limitata.
        L'obiettivo della proposta di legge è quello di modulare la disciplina normativa in relazione all'importanza economico-strategica dell'intervento, anche nel rispetto del principio di economicità dell'azione amministrativa.
        Si fornisce altresì una soluzione per la mancanza di coordinamento spesso rilevata tra la legge n. 109 del 1994 e le specifiche disposizioni che regolano le attività delle amministrazioni locali: ne sono un esempio la disciplina del piano annuale e triennale dei lavori pubblici, non coordinati con le disposizioni in ordine al sistema di contabilità economico-finanziaria che si applica agli enti locali, e alla regolamentazione della figura del responsabile del procedimento, che spesso, come configurata dalla legge quadro in materia di lavori pubblici, non trova alcun riscontro nelle figure professionali presenti nei comuni.
        Per quanto riguarda le modifiche alla legge, le motivazioni delle stesse, a parte quelle di natura tecnica, sono le seguenti:

            con la modifica all'articolo 4, si tende a semplificare e ridurre la mole di documentazione da inviare all'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici;

            con la modifica all'articolo 7 si propone una specificazione organizzativa, che può essere molto utile nelle realtà complesse;

            la modifica all'articolo 17 permetterebbe di snellire il lavoro degli uffici;

            la modifica all'articolo 24 è motivata con l'esigenza di una maggiore semplificazione e snellimento procedurale, sollevando i comuni, quando si tratta di piccoli appalti (fino a 300 mila ECU, ora euro, e cioè circa 600 milioni di lire) dal dover effettuare tutti gli onerosi incombenti che normalmente risultano necessari quando si deve procedere con le gare pubbliche. Il testo attuale prevede, infatti, la trattativa privata fino a 300 mila ECU ma ne subordina l'effettiva utilizzazione alla ricorrenza di alcuna delle tassative ipotesi di cui all'articolo 41 del regio decreto n. 827 del 1924. Con il testo che si propone, invece, la trattativa privata risulterebbe sostanzialmente liberalizzata per gli appalti sino al suddetto importo, uniformandosi, in tale senso, a quell'orientamento legislativo che già si era consolidato a livello regionale specie prima dell'entrata in vigore della nuova legge quadro sui lavori pubblici ed in base al quale la trattativa veniva comunque ammessa per opere fino ad un determinato importo (si confronti, ad esempio, l'articolo 25 della legge 20 maggio 1986, n. 19, della regione Umbria, l'articolo 28 della legge 12 settembre 1983, n. 70 della regione Lombardia, l'articolo 3 della legge 31 ottobre 1986, n. 46, della regione Friuli-Venezia Giulia, l'articolo 12 della legge 8 gennaio 1996, n. 4, della regione Sicilia, l'articolo 10 della legge 8 marzo 1976, n. 10, della regione Emilia-Romagna, l'articolo 15 della legge 27 giugno 1979, n. 22, della regione Liguria, l'articolo 5 della legge 18 agosto 1978, n. 37, della regione Basilicata, eccetera);

            con la modifica all'articolo 28 si stabilisce l'inoperatività dell'obbligo del collaudo "in corso d'opera" nei casi in cui sia previsto il certificato di regolare esecuzione. La modesta entità degli appalti in cui viene utilizzato il certificato di regolare esecuzione dovrebbe, infatti, di per se stessa escludere la necessità di un collaudo in corso d'opera che generalmente si prevede per opere di particolare complessità. La norma proposta elimina in tal modo l'incertezza che deriva dal fatto che la lettera a) del comma 7 dell'articolo 28 della legge n. 109 del 1994 prevede l'obbligatorietà del collaudo in corso d'opera quando la direzione lavori sia affidata all'esterno o al progettista incaricato;

            con la modifica all'articolo 37-bis si fornisce una doverosa specificazione della norma, per renderla completa.




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