XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 1645




        Onorevoli Colleghi! - Premessa.

        L'Italia ha già ratificato la Convenzione per la protezione delle Alpi. Si tratta ora di ratificare alcuni importanti Protocolli attuativi già concertati a livello internazionale.
        L'idea di una Convenzione delle Alpi ha origine con la Conferenza dei Ministri dell'ambiente degli Stati alpini, che si è tenuta a Berchtesgaden, in Germania, nell'ottobre del 1988. Qui, infatti, per la prima volta, le Alpi sono state riconosciute come spazio unitario in una prospettiva globale, cioè dell'insieme e dell'interdipendenza tra natura, economia e cultura, la cui specificità nella diversità rappresenta un'identità che, proprio perché si distingue come territoriale e quindi regionale, al di là dei confini statali, diventa sovranazionale; nella stessa Conferenza, in prima applicazione del principio dello "sviluppo sostenibile", è stato inoltre sancito che il crescente sfruttamento da parte dell'uomo minaccia, in misura sempre maggiore, le funzioni ecologiche dell'intera area alpina.
        Tale consapevolezza ha indotto i Ministri dell'ambiente dei Paesi dell'Arco Alpino (Austria, Svizzera, Italia, Germania, Francia, Slovenia e Liechtenstein) ed il Commissario per l'ambiente della Comunità europea, Carlo Ripa di Meana, a sottoscrivere, nella II Conferenza dei Ministri, tenuta il 7 novembre 1991 a Salisburgo, la Convenzione per la protezione delle Alpi, poi definita Convenzione delle Alpi, alla quale il 20 dicembre 1994, a Chambery, nella III Conferenza dei Ministri, ormai Conferenza delle Alpi, ha aderito anche il Principato di Monaco. Per l'Italia la firma è stata posta dal Ministro Giorgio Ruffolo. Successivamente è iniziata la procedura delle ratifiche nazionali. L'Italia è stata l'ultima (degli otto firmatari) a ratificare dopo che il disegno di legge presentato dal Governo nella XII legislatura non è stato mai assegnato alla Commissioni e che nella XIII legislatura il Governo ha ripresentato il disegno di legge il 1^ agosto 1996 (poi divenuto legge con l'approvazione del Senato il 25 febbraio 1997, della Camera con modifiche il 27 maggio 1999 e definitiva del Senato il 28 settembre 1999).


La Convenzione per la protezione delle Alpi.

        La Convenzione per la protezione delle Alpi (entrata in vigore il 9 marzo 1995, prima della ratifica italiana) rappresenta un accordo quadro che fissa gli obiettivi per una corretta politica ambientale, poiché si prefigge la salvaguardia a lungo termine dell'ecosistema naturale delle Alpi ed il loro sviluppo sostenibile, nonché la tutela degli interessi economici delle popolazioni residenti, stabilendo i principi cui dovrà ispirarsi la cooperazione tra i Paesi dell'Arco Alpino in alcuni settori prioritari:

            pianificazione territoriale;

            salvaguardia della qualità dell'aria;

            difesa del suolo;

            idroeconomia;

            protezione della natura e tutela del paesaggio;

            agricoltura di montagna;

            foreste montane;

            turismo ed attività di tempo libero;

            trasporti;

            energia;

            economia dei rifiuti.

        Come si vede tutti i settori hanno un riferimento diretto o indiretto alle politiche ambientali.
        Le misure necessarie all'attuazione di tali interventi vengono adottate attraverso specifici Protocolli di settore, predisposti da gruppi di lavoro insediati ad hoc dai Paesi contraenti la Convenzione, come previsto dall'articolo 3 della stessa.
        La Presidenza della Convenzione viene assunta, a rotazione per un periodo di due anni, dagli Stati partecipi. Attualmente la presidenza è dell'Italia.
        La Conferenza delle Parti contraenti, o Conferenza delle Alpi, di rappresentanza governativa, è l'organo deliberante della Convenzione. Si riunisce di norma ogni due anni presso la Parte che detiene la Presidenza della Convenzione. Alla Conferenza partecipano, in qualità di osservatori, anche altre istituzioni europee e organizzazioni non governative.
        Il Comitato Permanente è l'organo esecutivo della Convenzione e si riunisce due, tre volte l'anno. Fino ad oggi l'Italia è stata rappresenta del Servizio conservazione della natura del Ministero dell'ambiente.
        La Convenzione prevede anche la possibilità di creare un Segretariato, organo tecnico di segreteria, la cui eventuale istituzione sarà all'ordine del giorno della prossima Conferenza delle Alpi.
        E' importante sottolineare come la Convenzione sia diventata anche il riferimento ideale e il quadro di indirizzo per tutta una serie di iniziative collaterali nel territorio alpino che ad essa si richiamano. Dalla Rete delle aree protette alpine, che permette lo scambio informativo tra decine e decine di aree protette nazionali e regionali, all'associazione di comuni "Alleanza nelle Alpi", che prevede interessanti ricadute attuative, al Forum Alpino, appuntamento, con cadenza biennale, dedicato alla ricerca scientifica in ambito alpino, previsto quest'anno proprio in Italia, a Bergamo.


Il territorio alpino.

        La superficie del territorio interessata dalla Convenzione alpina è di 190.912 chilometri quadrati. Comprende parte del territorio di Austria, Francia, Germania, Italia, Slovenia e Svizzera, nonché l'intero territorio nazionale del Liechtenstein e del Principato di Monaco.
        In questo territorio ricadono complessivamente 5934 comuni, così suddivisi: per l'Italia, 1764 comuni; Francia, 1750; Austria, 1135; Svizzera, 967; Germania; 283; Slovenia, 23; Liechtenstein, 11; Monaco, 1.
        Le province italiane ricadenti nei territori della Convenzione sono: per la Liguria, la provincia di Imperia; per il Piemonte, le province di Torino, Cuneo, Vercelli e Novara; la regione autonoma Valle d'Aosta; per la Lombardia le province di Varese, Como, Sondrio, Bergamo e Brescia; la provincia autonoma di Trento; la provincia autonoma di Bolzano; per il Veneto, le province di Verona, Vicenza, Treviso e Belluno; per il Friuli Venezia-Giulia, le province di Udine, Pordenone e Gorizia.
        Al censimento del 1991 risultava una popolazione residente nel territorio della Convenzione di 13.183.901 abitanti, distribuita per paese: per l'Italia, 4.454.923 abitanti; Austria, 3.136.493; Francia, 2.198.802; Svizzera, 1.625.824; Germania, 1.333.082; Slovenia, 375.773; Liechtenstein, 29.032; Monaco, 29.972.


I Protocolli attuativi.

        Nella III Conferenza delle Alpi, tenutasi a Chambery, in Francia, sotto il periodo di presidenza francese, il 20 dicembre 1994 vengono sottoscritti i primi Protocolli di settore: protezione della natura e tutela del paesaggio, pianificazione territoriale e sviluppo sostenibile e agricoltura di montagna, nonché quello di adesione del Principato di Monaco.
        La presidenza del gruppo di lavoro che ha predisposto il Protocollo agricoltura di montagna era stata affidata all'Italia e la firma sui tre Protocolli è stata apposta, per l'Italia, dal Ministro Altero Matteoli.
        La Conferenza ha deliberato inoltre l'istituzione di un altro strumento attuativo, il Sistema di osservazione ed informazione delle Alpi (SOIA), per lo svolgimento di un'attività comune in materia di ricerca, osservazione sistematica, collaborazione e scambio di informazioni nel settore giuridico, economico, scientifico e tecnico (articolo 4 della Convenzione). La presidenza del gruppo di lavoro preposto a tale attività è stata affidata all'Italia per il triennio 1997-1999.
        Nella IV Conferenza delle Alpi, tenuta a Brdo (Slovenia), il 27 febbraio 1996, sotto la presidenza slovena, è stato sottoscritto il Protocollo foreste montane, per l'Italia dal Sottosegretario di Stato Gerelli.
        Nella V Conferenza delle Alpi, che si è riunita a Bled, in Slovenia, il 16 ottobre 1998, presente per l'Italia il Sottosegretario di Stato Calzolaio, al quale era stata attribuita dal Ministro Ronchi la delega in materia di Convenzione delle Alpi, si sono conclusi i lavori dei Protocolli turismo, difesa del suolo ed energia, che sono stati presentati per la firma degli Stati presenti. Per il Protocollo "Energia", su proposta dell'Italia, si è deliberato di istituire un gruppo di lavoro per l'aggiornamento del Protocollo secondo gli impegni assunti nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sulle modificazioni climatiche (Kyoto 1997).
        In questa sede l'Italia, ha approvato ma non ha formalmente sottoscritto i Protocolli "Difesa del suolo" ed "Energia" e si è astenuta dall'approvazione del Protocollo "Difesa del suolo", che è stato sottoposto a verifica, alla luce del decreto-legge n.180 del 1998 relativo alle misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico. Successivamente sono state trasmesse alla presidenza dei Comitato permanente le proposte di modifica e integrazione al Protocollo in questione.
        L'Italia ha chiesto, inoltre, che i gruppi di lavoro istituiti all'occorrenza per l'attuazione dei protocolli si occupino anche di predisporre eventuali emendamenti agli stessi.
        La Conferenza si è espressa favorevolmente per l'avvio dell'attuazione e della loro entrata in vigore ancor prima della loro ratifica.
        Sempre la V Conferenza delle Alpi ha anche deciso di istituire un gruppo di lavoro ad hoc per descrivere lo stato attuale dell'elaborazione e dell'applicazione degli standard di qualità dell'ambiente (obiettivi di qualità e soglie di attenzione) specifici per la montagna, nell'ambito degli interventi da realizzare, in particolare per il settore dei trasporti e un altro gruppo di lavoro, sotto la presidenza dell'Austria, per l'elaborazione del procedimento di consultazione e di composizione delle liti e divergenze che potrebbero sorgere nell'interpretazione delle disposizioni della Convenzione delle Alpi e dei Protocolli.


La legge di ratifica della Convenzione.

        La legge n.403 del 1999 consente finalmente all'Italia la ratifica della Convenzione per la protezione delle Alpi. Il nostro Paese era rimasto l'unico degli otto contraenti a non aver ratificato la Convenzione. Il voto finale del Senato della Repubblica ha concluso un iter iniziato nel febbraio 1997 e che ha visto l'originale disegno governativo rimanere in discussione alla Camera dei deputati dal febbraio 1997 all'aprile 1999.
        Precedentemente la cura degli adempimenti della Convenzione è stata affidata al Ministero dell'ambiente che, attraverso il Servizio conservazione della natura, è presente nel Comitato permanente, nonché partecipa alle varie conferenze delle Parti (Paesi firmatari), nella persona del Ministro dell'ambiente o del Sottosegretario di Stato, curando anche il coinvolgimento di tutte le amministrazioni competenti nei lavori per la stesura dei testi dei Protocolli.
        Le Parti interessate sono spesso state chiamate dal Servizio conservazione della natura ad esprimere parere sui testi dei vari Protocolli via via elaborati e prima di ogni sessione della Conferenza delle Alpi. Forte coinvolgimento è stato inoltre chiesto alle regioni anche nel programma di lavoro del SOIA, attraverso la designazione di un rappresentante regionale e periodici incontri. Certamente ha finora gravemente pesato sulle possibilità operative del citato servizio la mancanza di una adeguata sede di concertazione.
        Questa sede è oggi realizzata nella Consulta Stato-regioni dell'Arco alpino, prevista dalla legge n. 403 del 1999, composta da rappresentanti delle regioni e delle provincie autonome, della Conferenza dei Presidenti delle regioni, dell'UNCEM, dell'UPI, dell'ANCI e da alcune amministrazioni centrali coinvolte nei seguiti della Convenzione.
        La soluzione adottata dal Parlamento è molto positiva, originale e significativa. La Consulta è divenuta nel 2000 l'organo permanente di indirizzo e di verifica politica, con un protagonismo diretto delle regioni e degli enti locali interessati, sperimentando un reale federalismo. E' rilevante che all'insediamento abbia partecipato il Presidente del Consiglio: nella XIII legislatura il Governo ha fortemente voluto responsabilizzare regioni e forze sociali decentrando poteri e funzioni dalla Presidenza alle altre amministrazioni, dallo Stato centrale al territorio.
        Alla Consulta la legge affida vari compiti. In primo luogo quello di concorrere a dare esecutività alla Convenzione mediante l'intesa con il Ministero dell'ambiente e con le altre amministrazioni centrali interessate agli specifici Protocolli. Inoltre, la Consulta è chiamata a esprimere un proprio parere sui Protocolli attuativi in fase di negoziazione prima della loro approvazione in sede internazionale e a individuare le strutture regionali e locali preposte all'attuazione della medesima Convenzione. Delicato è il problema finanziario: all'onere dell'attuazione della convenzione la legge assegna solo 97 milioni per il 2000 (114 erano per il 1999 e saranno per il 2001), una cifra proposta dal Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, su un testo che non prevedeva la Consulta, per coprire le missioni di pochi funzionari a poche riunioni. La questione andrà affrontata e risolta al più presto.
        Con la ratifica della Convenzione, l'Italia si è trovata infatti nelle condizioni di poter accogliere la proposta di assumere la presidenza della Conferenza delle Alpi per il prossimo biennio, già avanzata nel 1998.
        Ma il nostro Paese, come le altre Parti contraenti, è oggi chiamato soprattutto a dare maggiore impulso all'esecutività e all'attuazione della Convenzione e dei Protocolli, affinché i principi della Convenzione e le linee guida dei Protocolli si traducano in precisi atti normativi e programmatori.
        Nell'ipotizzare un percorso attuativo delle azioni previste dalla Convenzione, si può fare riferimento, anche alla luce della attività di programmazione finalizzata all'indirizzo del Quadro comunitario di sostegno 2000-2006, alla visione integrata degli interventi di conservazione e valorizzazione delle risorse naturali emersa nell'ambito della rete ecologica nazionale.
        Per l'attuazione degli interventi e delle attività previste dalla Convenzione è possibile prevedere una fase iniziale, da avviare in tempi molto rapidi, strutturata secondo un accordo di programma definito, ai sensi della legge n. 426 del 1998 (che ha individuato il "sistema territoriale dei parchi naturali dell'arco alpino" quale peculiare ambito di intervento), con i soggetti istituzionali di riferimento per l'individuazione del programma d'azione e delle modalità di attuazione di ciascuna fase operativa. Il 25 gennaio 1999 si è svolta una prima riunione di coordinamento dei parchi dell'arco alpino (quasi quaranta!).


La VI Conferenza delle Alpi di Lucerna.

        A Lucerna, il 30 e 31 ottobre 2000, si è concluso il faticoso iter per la redazione del Protocollo attuativo per il settore dei trasporti avviato nel lontano 1994, più volte arrestatosi e poi ripreso per le grandi difficoltà a trovare un accordo su un tema di tale importanza e delicatezza sotto il profilo ambientale del territorio alpino e con importanti risvolti sul piano degli scenari di sviluppo socio-economico.
        Il tema, con le sue forti implicazioni sia di carattere ambientale sia di carattere economico, data la centralità del sistema geografico alpino rispetto alle direttrici di traffico di tutta Europa, si impone come uno dei più importanti e delicati al tempo stesso per tutta la Convenzione. Basti ricordare che ogni anno attraversano le Alpi 110 milioni di tonnellate di merci, di cui 70 milioni transitano su gomma. Sempre il trasporto merci mobilita circa 5 milioni di Tir l'anno, mentre le auto che passano i valichi sono quasi 54 milioni.
        Dopo anni di impasse, nel 1999 un nuovo gruppo di lavoro produce un testo che trova un faticoso equilibrio tra le posizioni dei vari partner e che viene inviato alle Parti contraenti a fine 1999.
        L'Italia - per mezzo del nuovo ed originale strumento istituzionale rappresentato dalla Consulta Stato-regioni dell'arco alpino - solleva alcune eccezioni al testo presentato e, a marzo del 2000, appone alcune riserve per l'approvazione. Ma l'iter di redazione è ormai in fase avanzata e non tutte le osservazioni italiane possono venire accolte.
        Dopo un lungo e paziente lavoro di tutti i componenti della Consulta si riesce, il 26 settembre 2000, a raggiungere un pieno accordo Sulla bozza di Protocollo presentata, apportando alcune piccole ma significative correzioni linguistiche di traduzione che fanno salve alcuni tra i più importanti rilievi mossi dal nostro Paese.
        Con l'intesa raggiunta in Consulta, il Sottosegretario all'ambiente, Calzolaio, ha potuto sottoscrivere il Protocollo "Trasporti" a Ginevra.
        Congiuntamente, l'Italia ha ottenuto l'istituzione di un nuovo g ruppo di lavoro per l'attuazione e l'aggiornamento del Protocollo medesimo.
        Altri punti di interesse della Conferenza sono stati: la presentazione di un rapporto relativo agli "Obiettivi di qualità ambientale", un importante lavoro di studio per individuare standard e soglie di attenzione specifici per il delicato ecosistema alpino; la presentazione di un rapporto relativo alla "caduta di valanghe", che vuole essere un primo tentativo di coordinamento delle politiche alpine sul tema in risposta ai drammatici e luttuosi avvenimenti valanghivi dell'inverno 1999; la definizione dei princìpi per l'attuazione della Convenzione, all'interno dei quali ogni Paese dovrà indicare le proprie priorità nazionali per l'attuazione della Convenzione; l'impegno a rafforzare la collaborazione transnazionale nell'ambito del Programma di intervento comunitario Interreg III B "Alpine Space"; la proposta di istituzione del Segretariato permanente e il rilancio del SOIA.
        Della sottoscrizione dei vari Protocolli la Consulta Stato - regioni dell'arco alpino è stata informata sin dalla sua prima seduta di insediamento del 20 gennaio 2000. Con la sottoscrizione anche da parte dell'Italia si potrà finalmente dare avvio al processo di ratifica legislativa di tutti i Protocolli già sottoscritti e dare concreto avvio all'attuazione dei contenuti degli stessi, obiettivo concretizzato con la presente proposta di legge.


La presidenza italiana della Convenzione per il biennio 2001-2002.

        Già nel 1998 al nostro Paese era stata offerta la presidenza di turno della Convenzione. In quella occasione il nostro Paese non aveva potuto accettare mancando la legge di ratifica nazionale della Convenzione.
        Le sfide cui è chiamata la Convenzione delle Alpi nel prossimo biennio possono così sintetizzarsi:

            dare un impulso all'attuazione della Convenzione e dei Protocolli principalmente attraverso lo strumento della ratifica nei vari Stati;

            dare avvio alla realizzazione di "progetti concreti" di attuazione (ad esempio, accordi ad hoc, sperimentazioni, eccetera);

            procedere all'istituzione del Segretariato permanente;

            dare visibilità alle Alpi in occasione del 2002, "anno internazionale delle montagne".

        Sul piano nazionale, alla luce delle novità introdotte dalla legge n. 403 del 1999 di ratifica della Convenzione - in primo luogo dell'originale creazione di una sede istituzionale per le questioni inerenti le problematiche alpine - la presidenza della Convenzione può costituire ulteriore stimolo e catalizzatore per una rinnovata attenzione allo spazio alpino.
        L'accordo di programma di cui alla legge n. 426 del 1998 potrebbe essere l'idoneo strumento operativo, in grado, attraverso un'ampia concertazione con la Consulta (e, quindi, le altre amministrazioni centrali, le regioni e le autonomie locali) e altri soggetti pubblici-privati (Federparchi, organizzazioni non governative) di intercettare e incanalare le necessarie risorse pubbliche (comunitarie, statali, regionali) e private in una iniziativa comune per lo sviluppo sostenibile nell'area alpina.


Le finalità del provvedimento.

        La presente proposta di legge reca la ratifica di Protocolli alla Convenzione per la protezione delle Alpi, già approvati e firmati, che prevedono una serie di impegni volti ad adottare specifiche misure a carico delle Parti sia strategiche che specifiche e di monitoraggio e controllo.
        Oltre agli obblighi, generali e specifici, tutti i Protocolli (fatta eccezione per il Protocollo "Composizione delle controversie"), prevedono anche una serie di impegni miranti alla ricerca, all'osservazione sistematica, alla formazione dell'informazione (capitolo III), nonché ad una serie di controlli idonei a valutare l'attuazione dei trattati in esame (capitolo IV).
        Infine, i capitoli V dettano le disposizioni finali, comuni a tutti i Protocolli della Convenzione, riguardanti la validità formale dei Protocolli e le modalità di firma e ratifica. In tal senso è opportuno ricordare che i Protocolli entreranno in vigore il terzo mese successivo al deposito del terzo strumento di ratifica, ad eccezione del "Protocollo di adesione del Principato di Monaco alla Convenzione", per la cui entrata in vigore è richiesta la ratifica da parte di tutti gli altri Paesi (Parti contraenti) della Convenzione (Austria, Svizzera, Italia, Germania, Francia, Slovenia, Liechtenstein).
Esame dell'articolato.

A) Protocollo "Protezione della natura e tutela del paesaggio"

        Obiettivo del Protocollo in esame è quello di stabilire norme internazionali, in attuazione della Convenzione delle Alpi e tenuto conto anche degli interessi della popolazione locale, al fine di proteggere, curare e ripristinare, se necessario, lo stato naturale ed il paesaggio, in modo da assicurare l'efficienza funzionale degli ecosistemi, la conservazione degli elementi paesaggistici e delle specie animali e vegetali selvatiche insieme ai loro habitat naturali.
        Per raggiungere tale obiettivo il Protocollo fissa una serie di impegni fondamentali che le Parti si impegnano a rispettare, ed in particolare:

            cooperare a livello internazionale per il rilevamento cartografico, la delimitazione, la gestione ed il controllo delle aree protette e di altri elementi del paesaggio naturale e rurale meritevoli di protezione;

            cooperare al fine dell'interconnessione a rete dei biotipi, la definizione di modelli, programmi e/o piani paesaggistici, la prevenzione ed il riequilibrio di compromissioni della natura e del paesaggio;

            cooperare al fine dell'osservazione sistematica della natura e del paesaggio, per la ricerca scientifica e per la protezione delle specie animali e vegetali selvatiche.


B) Protocollo "Agricoltura di montagna"

        L'obiettivo generale del Protocollo (Capitolo I), che le Parti contraenti si impegnano a perseguire, prevede:

            la conservazione e l'incentivazione dell'agricoltura di montagna adatta ai siti e compatibile con l'ambiente in modo da riconoscere e garantire nel tempo il suo contributo sostanziale (articolo 1, comma 1), mediante: la permanenza della popolazione e il mantenimento di attività economiche sostenibili; la salvaguardia delle basi naturali della vita; la prevenzione dei rischi naturali; la conservazione della bellezza e del valore ricreativo del paesaggio naturale e rurale; la cultura nel territorio alpino;

                lo sviluppo ottimale dei compiti multifunzionali dell'agricoltura di montagna (articolo 1, comma 2).

        Il Protocollo inoltre, prevede una serie di impegni volti all'adozione di specifiche misure (Capitolo II) a carico delle Parti. In particolare: incentivazione dell'agricoltura di montagna (articolo 7); pianificazione territoriale e paesaggio rurale (articolo 8); sviluppare metodi di produzione e prodotti tipici conformi alla natura (articolo 9); idoneità degli allevamenti ai siti e diversità genetica (articolo 10); commercializzazione a favore dei prodotti di montagna (articolo 11); sviluppo di un'economia agricola e forestale come unità (articolo 13); creazione di ulteriori fonti di reddito (articolo 14); miglioramento delle condizioni di vita e lavoro (articolo 15).


C) Protocollo "Pianificazione territoriale e sviluppo sostenibile"

        L'obiettivo "generale" previsto dal Protocollo, che le Parti contraenti si impegnano a perseguire, è:

                a) riconoscere la peculiarità delle Alpi nel quadro delle politiche nazionali e europee;

                b) armonizzare l'uso del territorio con le esigenze e con gli obiettivi ecologici;

                c) gestire le risorse in modo misurato e compatibile con l'ambiente;

                d) riconoscere gli interessi specifici della popolazione del territorio alpino mediante un impegno rivolto ad assicurare nel tempo le loro basi di sviluppo;
                e) favorire contemporaneamente uno sviluppo economico e una distribuzione equilibrata della popolazione nel territorio alpino;

                f) rispettare le identità regionali e le peculiarità culturali;

                g) favorire le pari opportunità della popolazione residente nello sviluppo sociale, culturale e economico, nel rispetto delle competenze territoriali;

                h) tener conto degli svantaggi naturali, delle prestazioni d'interesse generale, delle limitazioni dell'uso delle risorse e del loro valore reale nella determinazione dei relativi prezzi.


D) Protocollo "Foreste montane"

            Obiettivo del Protocollo che le Parti contraenti si impegnano a perseguire è quello di conservare le foreste montane come habitat quasi naturale e, quando ciò sia necessario, di svilupparle o di incrementarle e di migliorare la loro stabilità.
        In particolare le Parti contraenti si impegnano a provvedere affinché soprattutto:

                a) siano adottati metodi di rinnovazione forestale naturale;

                b) sia perseguita una costituzione del patrimonio forestale ben strutturata e graduata con specie arboree adatte al sito;

                c) sia impiegato un materiale di riproduzione forestale autoctono;

                d) siano evitate erosioni e compattazione del suolo, mediante metodi di uso e di prelievo rispettosi dell'ambiente.


E) Protocollo "Difesa del suolo"

        Le disposizioni previste dal Protocollo mirano a far adempiere ed attuare gli impegni concordati per la difesa del suolo tra le Parti contraenti nell'ambito della Convenzione Alpi, al fine di mantenere efficiente il suolo in modo sostenibile nelle sue funzioni naturali e nella sua funzione di archivio della storia naturale e culturale. Primo obiettivo del Protocollo è quindi quello di garantire e mantenere nel lungo periodo, in senso quantitativo e qualitativo, le funzioni ecologiche del suolo come parte essenziale dell'equilibrio naturale e promuovere il ripristino dei suoli compromessi (articolo 1).
        Per conseguire tale risultato il Protocollo fissa una serie di impegni fondamentali che le Parti si sono impegnate a rispettare, ed in particolare:

            adottare le misure giuridiche ed amministrative, sotto il controllo e la responsabilità delle autorità nazionali, necessarie ad assicurare la difesa dei suoli nel territorio alpino;

            privilegiare, laddove sussiste il pericolo di compromissione grave e duratura della funzionalità dei suoli, gli aspetti della protezione rispetto a quelli dell'utilizzo;

            considerare gli obiettivi del Protocollo anche in tutte le altre politiche che possono interessare il territorio alpino;

            cooperare a livello internazionale con le varie istituzioni competenti, soprattutto nella realizzazione di catasti del suolo, nel monitoraggio del suolo e nel controllo delle aree con suoli protetti, di quelle con suoli compromessi e delle aree a rischio;

            predisporre ed armonizzare data-base allo scopo di coordinare l'informazione e la ricerca per la difesa del suolo nel territorio alpino.


F) Protocollo "Turismo"

            L'obiettivo "generale" previsto dal Protocollo, che le Parti contraenti si impegnano a perseguire, è quello di contribuire, nell'ambito dell'ordinamento istituzionale vigente, ad uno sviluppo sostenibile dell'area alpina grazie ad un turismo che tuteli l'ambiente, mediante specifici provvedimenti e raccomandazioni che tengano conto degli interessi della popolazione locale e dei turisti (articolo 1).
G) Protocollo "Energia"

            Obiettivo del Protocollo è quello di creare condizioni quadro condizioni quadro e di assumere concrete misure in materia di risparmio energetico, produzione, trasporto, distribuzione ed utilizzo dell'energia nell'ambito territoriale di applicazione della Convenzione atte a realizzare una situazione energetica di sviluppo sostenibile, compatibile con i limiti specifici di tolleranza del territorio alpino, al fine di contribuire alla protezione della popolazione e dell'ambiente, alla salvaguardia delle risorse e del clima (articolo 1).
        Per raggiungere tale risultato, il Protocollo fissa una serie di impegni fondamentali che le Parti si sono impegnate a rispettare, ed in particolare:

            armonizzare la pianificazione energetica alla pianificazione generale di assetto del territorio alpino;

            finalizzare i sistemi di produzione, trasporto e distribuzione dell'energia con riguardo alle esigenze di tutela all'ambiente;

            perseguire la minimizzazione del carico ambientale di origine energetica nel quadro di un obiettivo di ottimizzazione della fornitura di servizi energetici all'utente finale;

            contenere gli effetti negativi delle infrastrutture energetiche sull'ambiente e sul paesaggio, incluse le infrastrutture relative alla gestione dei loro rifiuti attraverso l'adozione di misure di carattere preventivo, per le nuove realizzazioni, ed il ricorso, ove necessario, ad interventi di risanamento nel caso di impianti esistenti;

            verificare la compatibilità con l'ambiente alpino di eventuali costruzione di nuove grandi infrastrutture, valutandone l'impatto e gli effetti territoriali e socio-economici.


H) Protocollo "Composizione delle controversie"

        L'obiettivo del Protocollo, che le Parti contraenti si impegnano a perseguire, è quello di creare una procedura da seguire nel caso in cui, tra due o più Parti contraenti, insorga una controversia relativamente all'interpretazione oppure all'applicazione della Convenzione o di un suo Protocollo attuativo.
        Questo relativo alla composizione delle controversie, è un Protocollo aggiuntivo ai dodici già previsti, che nasce dall'idea di colmare il vuoto lasciato dal dettato normativo della Convenzione per la protezione delle Alpi proprio in relazione alla possibilità che tra due o più Parti contraenti nasca una controversia rispetto all'interpretazione o all'attuazione della Convenzione stessa.


I) Protocollo "Trasporti"

        L'obiettivo "generale" previsto dal Protocollo, che le Parti contraenti si impegnano a perseguire è l'attuazione di una politica sostenibile dei trasporti (articolo 1), tesa a:

                ridurre gli effetti negativi e i rischi derivanti dal traffico intraalpino e transalpino ad un livello che sia tollerabile per l'uomo, la fauna, la flora ed i loro habitat (articolo 1, comma 1, lettera a);

                contribuire allo sviluppo sostenibile dello spazio vitale e delle attività economiche (articolo 1, comma 1, lettera b);

                limitare per quanto possibile l'impatto che possa compromettere il ruolo e le risorse del territorio alpino nonché la conservazione dei suoi paesaggi naturali e culturali (articolo 1, comma 1, lettera c);

                garantire il traffico intraalpino e transalpino incrementando l'efficacia e l'efficienza dei sistemi di trasporto e favorendo i vettori meno inquinanti e con minor consumo di risorse ad un costo economicamente sopportabile (articolo 1, comma 1, lettera d);

                assicurare condizioni di concorrenza equilibrata tra i singoli vettori (articolo 1, comma 1, lettera e);

                osservare i principi di precauzione, prevenzione e causalità (articolo 1, comma 2).


Quantificazione degli oneri finanziari recati dal provvedimento

        In generale, l'attuazione dei Protocolli alla Convenzione per la protezione delle Alpi comporta un duplice ordine di implicazioni, per promuovere:

                a) gli adempimenti che rientrano nell'ordinaria attività delle pubbliche amministrazioni dello Stato interessate, ed in generale:

                promozione e scambio di tecnologie;

                sviluppo di strategie, politiche e programmi;

                scambi di informazione;

                b) gli adempimenti che non sono previsti nell'ambito della legislazione vigente:

                partecipare alle riunioni negoziali nel corso di un anno organizzate dalle Parti al fine di prendere, d'intesa, importanti decisioni nei diversi settori previsti dai Protocolli (costi stimati: 96 milioni di lire);

                promuovere progetti pilota tesi all'attuazione di programmi tecnologici sostenibili; promuovere e armonizzare in stretta collaborazione, la ricerca e l'osservazione sistematica; redigere rapporti periodici al Comitato permanente circa le misure adottate per implementare i Protocolli e la loro efficacia (costi stimati: 600 milioni di lire);

                provvedere affinché i risultati nazionali della ricerca e dell'osservazione sistematica siano raccolti in un sistema comune d'osservazione e informazione permanenti e siano resi accessibili al pubblico; predisporre un inventario sullo stato di fatto dei settori in tal senso disciplinati dai Protocolli; creazione di siti allo scopo di informare ed aggiornare la pubblica opinione in relazione alle misure prese per attuare i Protocolli (conti stimati: 200 milioni di lire).


Aspetti tecnico-normativi.

        Numerosi provvedimenti sono stati già adottati dall'Italia, anche nel contesto del quadro normativo comunitario, negli anni scorsi, al fine della protezione della natura e del paesaggio, della difesa del suolo, della pianificazione territoriale, dello sviluppo sostenibile, del miglioramento della situazione energetica, della salvaguardia delle foreste, della valorizzazione del turismo, dell'ambiente e della salute umana.
        Tra questi provvedimenti, in relazione a ciascun Protocollo, in particolare si ricordano i seguenti.


Protezione della natura e tutela del paesaggio.

            Decreto del Presidente della Repubblica del 1^ dicembre 2000: regolamento recante norme di attuazione della direttiva 97/49/CE che modifica l'allegato I della direttiva 79/409/CEE, concernente la protezione degli uccelli selvatici;

            decreto del Ministero dell'ambiente del 3 agosto 2000: modalità di presentazione delle proposte relative al programma finanziario europeo LIFE-Ambiente per l'anno 2000.

            regolamento (CE) n. 2724/2000 del 30 novembre 2000: regolamento della Commissione che modifica il Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, relativo alla protezione di specie della flora e fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio.

            delibera n. 60 della giunta regionale del Veneto del 15 novembre 2000: piano per il Parco nazionale dolomiti bellunesi;
            delibera della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 20 luglio 2000: approvazione del III aggiornamento dell'elenco ufficiale delle aree naturali protette, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 3, comma 4, lettera c), della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e dell'articolo 7, comma 1, allegato A, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

            delibera n. 2014 della giunta regionale del Veneto del 30 giugno 2000: interventi per la conservazione e la tutela della natura nelle aree naturali protette;

            legge della regione Valle d'Aosta n. 12 del 25 maggio 2000: disposizioni in materia di cartografia e di sistema cartografico e geografico regionale;

            delibera CIPE n. 202 del 21 dicembre 1999: convenzione n. 187/90. Progetto per il sistema di arredo di ambiente, l'organizzazione delle funzioni, la tutela del paesaggio a supporto della attività turistica, dello sport e del tempo libero;

            legge 14 ottobre 1999 n. 403: ratifica ed esecuzione della Convenzione per la protezione delle Alpi, con allegati e processo verbale di modifica del 6 aprile 1993, fatta a Salisburgo il 7 novembre 1991;

            decreto del Ministero dell'ambiente del 20 gennaio 1999: modificazioni degli Allegati A e B annessi al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, in attuazione della direttiva 97/62/CE del Consiglio, recante adeguamento al progresso tecnico e scientifico della direttiva 92/43/CEE;

            decreto del Ministero per le politiche agricole del 30 novembre 1998: disciplina delle zone di tutela biologica;

            decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 8 settembre 1997: regolamento di attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e fauna selvatiche;

            regolamenti (CEE) n. 938/97 e 939/97 della Commissione del 26 maggio 1997: regolamenti che modificano il regolamento (CEE) n. 338/97 del Consiglio, relativo alla protezione di talune specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio;

            decreto del Ministero per i beni culturali e ambientali del 18 dicembre 1996: decentramento dei poteri di tutela ambientale e paesaggistica.


Agricoltura di montagna.

            Regolamento (CEE) n. 2078, del 30 giugno 1992, relativo a metodi di produzione agricola compatibili con le esigenze di protezione dell'ambiente e con la cura dello spazio naturale;

            regolamento (CEE) n. 2080, del 30 giugno 1992, n. 2080, che istituisce un regime comunitario di aiuti alle misure forestali nel settore agricolo;

            legge regionale (Lombardia) del 6 aprile 1993, relativa a disposizioni attuative della legge regionale 30 novembre 1991, n. 30: "Interventi finalizzati all'agricoltura in montagna";

            legge regionale (Veneto) del 18 gennaio 1994, relativa a provvedimenti per il consolidamento e lo sviluppo dell'agricoltura di montagna e per la tutela e la valorizzazione dei territori montani;

            legge del 31 gennaio 1994, n. 97, relativa alle norme per la salvaguardia e la valorizzazione delle zone montane. Tali norme promuovono azioni di sviluppo e tutela della montagna negli interessi della collettività nazionale anche attraverso la diffussione di servizi sul territorio montano. La legge rappresenta un importante strumento di incentivazione e sostegno allo sviluppo economico montano istituendo politiche di agevolazione economica e di intervento sulle attività produttive, favorendo la permanenza dei residenti nelle aree montane anche attraverso la promozione di attività imprenditoriali locali, allo scopo di contrastare lo spopolamento causato dalla mancanza di opportunità di lavoro e dalla carenza di servizi e infrastrutture;

            regolamento (CEE) n. 950, del 20 maggio 1997, relativo al miglioramento dell'efficienza delle strutture agricole;

            regolamento (CE) n. 951, del 20 maggio 1997, n. 951, relativo al miglioramento delle condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli;

            decreto leggislativo 30 aprile 1998, n. 173, relativo a disposizioni in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole, a norma dell'articolo 55, commi 14 e 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449;

            legge regionale (Trentino Alto Adige - provincia autonoma di Trento) del 23 novembre 1998, relativa a interventi per lo sviluppo delle zone montane e disposizioni urgenti in materia di agricoltura.


Pianificazione territoriale e sviluppo sostenibile.

            Legge della regione Friuli-Venezia Giulia 12 novembre 1997, n. 34: modifiche alla legge regionale 19 novembre 1991, n. 52, in materia di pianificazione territoriale e urbanistica; alla legge regionale 31 ottobre 1986, n. 46, in materia di opere pubbliche e di interesse pubblico, alla legge regionale 13 maggio 1988, n. 29, in materia di protezione delle bellezze naturali; alla legge regionale 1^ marzo 1988, n. 7, in materia di organizzazione degli uffici regionali e alla legge regionale 8 aprile 1982, n. 22, in materia di forestazione;

            legge regionale Valle D'Aosta 1^ ottobre 1996: norme in materia urbanistica e di pianificazione territoriale;

            legge regionale Friuli-Venezia Giulia 19 agosto 1996 n. 32: disposizioni concernenti norme integrative, di modificazione e di proroga di termini di provvedimenti legislativi in materia di viabilità, trasporti, pianificazione territoriale e tutela della flora;

            decreto del Ministero dell'ambiente del 18 dicembre 2000: bando relativo al co-finanziamento di programmi di sviluppo sostenibile e di attuazione di Agende 21 locali.


Foreste montane.

            Decreto del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica 7 novembre 2000: cofinanziamento nazionale del programma degli interventi relativi alla protezione delle foreste contro gli incendi per l'anno 2000 di cui al regolamento CEE n. 2158/92, e successive modificazioni, ai sensi della legge n. 183 del 1987;

            delibera CIPE del 5 novembre 1999, n. 183: cofinanziamento del programma degli interventi relativi alla protezione delle foreste contro l'inquinamento atmosferico, di cui al regolamento (CEE) n. 3528/86, modificato dal regolamento (CE) n. 307/97, per l'anno 1999;

            decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 26 giugno 1997: istituzione degli organi del coordinamento territoriale del Corpo forestale dello Stato per l'ambiente;

            decreto del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali 22 novembre 1994, n. 750: regolamento recante disposizioni relative all'organizzazione e al funzionamento del Comitato permanente delle politiche agro-alimentari e forestali.


Difesa del suolo.

            Legge 18 maggio 1989, n. 183: essa prevede norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo, che ha come scopo quello di assicurare la difesa del suolo, appunto, il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale, la tutela degli aspetti ambientali ad essi connessi (articolo 1, comma 1). Per ottenere questi risultati, si avvale del piano di bacino, strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa ed alla valorizzazione del suolo e la diretta utilizzazione delle acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato;

            decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 1990: costituisce un atto di indirizzo e coordinamento ai fini dell'elaborazione e dell'adozione degli schemi revisionali e programmatici di cui all'articolo 31 della legge n. 183 del 1989, recante norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo;

            legge 7 agosto 1990, n. 253: inserisce nell'ordinamento delle disposizioni integrative alla legge n. 183 del 1989, stabilendo norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo;

            decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1992: rappresenta un atto di indirizzo e coordinamento per determinare i criteri di integrazione e di coordinamento tra le attività conoscitive dello Stato, delle autorità di bacino e delle regioni per la redazione dei piani di bacino di cui alla legge n. 183 del 1989; esso introduce, infatti, norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo;

            decreto del Presidente della Repubblica 14 aprile 1993: anch'esso costituisce un atto di indirizzo e coordinamento alle regioni recante criteri e modalità per la redazione dei programmi di manutenzione idraulica e forestale;

            decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 236 del 1993: fissa le modalità da seguire negli interventi urgenti a sostegno dell'occupazione;

            decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 493 del 1993: "Disposizioni per l'accelerazione degli investimenti a sostegno dell'occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia";

            legge 5 gennaio 1994, n. 37: stabilisce norme per la tutela ambientale delle aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque pubbliche;

            decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 1995, concernente l'approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento relativo ai criteri per la redazione di piani di bacino.


Turismo.

            Delibera CIPE n. 24 del 19 febbraio 1999: cofinanziamento nazionale del programma operativo "Sviluppo e valorizzazione del turismo sostenibile nelle regioni dell'obiettivo 1", di cui al regolamento (CEE) n. 2081/93, per le annualità 1997-1999 e rimodulazione finanziaria degli interventi per gli anni 1995 e 1996;

            delibera CIPE n. 39 del 25 maggio 2000: progetto per il sistema di arredo di ambiente, l'organizzazione delle funzioni, la tutela del paesaggio e supporto dell'attività turistica, dello sport e dei tempo libero - Proroga della convenzione n. 187/90;

            decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 settembre 1998: recepimento della direttiva 95/57/CE del Consiglio, del 23 novembre 1995, relativa alla raccolta di dati statistici nel settore del turismo;

            delibera CIPE n. 216 del 21 dicembre 1999: approvazione dei criteri di riparto e della relativa ripartizione tra le regioni del Fondo nazionale per la montagna per l'anno 1999;

            decreto del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 17 febbraio 1999, n. 72: regolamento recante istituzione dell'Istituto nazionale per la ricerca scientifica e tecnologica sulla montagna.

            legge 29 novembre 1995, n. 513: modifica all'articolo 18 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, recante nuove disposizioni per le zone montane.
Energia.

            Legge 9 gennaio 1991, n. 9: "Norme per l'attuazione del nuovo Piano energetico nazionale (PEN): aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia, autoproduzione e disposizioni fiscali". Ha introdotto i primi elementi per liberalizzare la produzione dell'energia in Italia. Infatti ha disposto la regolamentazione di numerosi settori, tra i quali ricordiamo gli impianti idroelettrici e gli elettrodotti, gli idrocarburi e la geotermia, gli autoproduttori e le imprese elettriche locali;

            legge 9 gennaio 1991, n. 10: "Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia"; fissa i principi generali idonei a rendere operativo il PEN ed, in modo specifico, per conseguire il risparmio energetico, demandando ad una serie di decreti attuativi la definizione di strumenti normativi per il conseguimento dei seguenti obiettivi:

            migliorare i processi di trasformazione dell'energia;

            ridurre i consumi di energia;

            migliorare i consumi di energia;

            legge 25 agosto 1991, n. 282, che reca norme per la riforma dell'ENEA;

            decreto ministeriale 15 febbraio 1992, recante "agevolazioni fiscali per il contenimento dei consumi energetici negli edifici";

            decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 476: ha dato attuazione alla direttiva 89/336/CEE del Consiglio, del 3 maggio 1989 in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica, modificata dalla direttiva 92/31/CEE del Consiglio, del 28 aprile 1992;

            decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412: "Regolamento recante norme per la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia, in attuazione dell'articolo 4, comma 4, della legge 9 gennaio 1991, n. 10";

            legge 31 gennaio 1994, n. 97, "Nuove disposizioni per le zone montane". In particolare la legge stabilisce che l'energia elettrica prodotta nei territori montani da piccoli generatori comunque azionati, come aerogeneratori, piccoli gruppi elettrogeni, piccole centraline idroelettriche, impianti fotovoltaici, con potenza elettrica non superiore a 30 chilowatt, o da gruppi elettrogeni funzionanti a gas metano biologico, è esentata dalla relativa imposta erariale sul consumo;

            decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 484, "Regolamento recante la disciplina di conferimento dei permessi di prospezione o ricerca e di concessione di coltivazione di idrocarburi in terraferma ed in mare";

            decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 485, "Regolamento recante la disciplina dei procedimenti di rilascio di permesso di ricerca e concessione di coltivazione delle risorse geotermiche di interesse nazionale";

            decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 526, "Regolamento recante norme per disciplinare la valutazione dell'impatto ambientale relativa alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi". In particolare, stabilisce che il permesso di prospezione di cui all'articolo 3 della legge n. 9 del 1991 è subordinato alla pronuncia di compatibilità di cui all'articolo 6 della legge n. 349 del 1986;

            decreto legislativo 12 novembre 1996, n. 615: ha dato attuazione alla direttiva 89/336/CEE del Consiglio, del 3 maggio 1989 in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica, modificata ed integrata dalla direttiva 92/31/CEE del Consiglio, del 28 aprile 1992, dalla direttiva 93/68/CEE del Consiglio, del 22 luglio 1993 e della direttiva 93/97/CEE del Consiglio, del 29 ottobre 1993;
            decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625: ha dato attuazione alla Direttiva 94/22/CEE relativa alle condizioni di rilascio o di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi;

            regolamento (CEE) n. 701 del 14 aprile 1997: impone l'adozione di un programma destinato a promuovere la cooperazione internazionale nel settore energetico (Programma Synergy);

            legge 10 novembre 1997, n. 415: ratifica del trattato sulla Carta europea dell'energia, con atto finale, Protocolli e decisione, firmato a Lisbona il 17 dicembre 1994;

            decreto del Presidente della Repubblica 1^ febbraio 1998, n. 53: "Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di impianti di produzione di energia elettrica che utilizzano fonti convenzionali" a norma dell'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59;

            decreto del Presidente della Repubblica 9 marzo 1998, n. 107: "Regolamento recante norme per l'attuazione della direttiva 92/75/CEE concernente le informazioni sul consumo di energia degli apparecchi domestici";

            decreto ministeriale 2 aprile 1998, recante modalità di applicazione delle etichettatura energetica a frigoriferi domestici, congelatori e relative combinazioni;

            decreto ministeriale 7 ottobre 1998, recante una disciplina sulle modalità di applicazione dell'etichettatura a lavatrici, asciugabiancheria e lavasciuga ad uso domestico.


Trasporti.

            Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1995: recepisce la direttiva 93/12 CEE relativa al tenore dello zolfo di taluni combustibili liquidi, vieta l'immissione sul mercato di gasolio con contenuto di zolfo superiore a 0.2 per cento in peso e di gasolio per autotrazione con contenuto di zolfo superiore a 0.05 per cento in peso.

            decreto ministeriale 16 maggio 1996: riguarda l'attivazione di un sistema di sorveglianza di inquinamento da ozono ed ha come scopo quello di "instaurare un sistema di sorveglianza, di scambio di informazioni, di gestione degli stati di attenzione e di allarme per la popolazione finalizzato al controllo dell'inquinamento da ozono" (articolo 1). Lo stesso decreto prevede anche quali devono essere, per la misura delle concentrazioni d'ozono, i metodi di riferimento (in primis quello dell'allegato III), e poi anche altri metodi al primo equivalenti, sulla base dei criteri stabiliti dal CENIA;

            decreto del Ministero dei trasporti 8 ottobre 1996: contiene disposizioni relative all'autotrasporto di merci tra Italia-Austria per l'anno 1997;

            legge 4 novembre 1997, n. 413, recante: "Misure urgenti per la prevenzione dell'inquinamento atmosferico da benzene";

            decreto del Ministero dei trasporti 14 novembre 1997: recepisce ed attua la direttiva 96/69/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'8 ottobre 1996, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle misure da adottare contro l'inquinamento atmosferico da emissioni di veicoli a motore;

            decreto del Presidente della Repubblica 11 dicembre 1997, n. 496: "Regolamento recante norme per la riduzione dell'inquinamento acustico prodotto dagli aeromobili civili". Stabilisce le tecniche di rilevamento e di misurazione dell'inquinamento da rumore (previste nell'allegato B), in attuazione dell'articolo 3 comma 1, lettera c), della legge 26 ottobre 1995, n. 447;

            decreto del Ministero dell'ambiente 27 marzo 1998: prevede una normativa relativa alla "mobilità sostenibile nelle aree urbane", ponendo a carico delle regioni (entro il 30 giugno 1999) l'adozione dei piano regionali per il risanamento e la tutela della qualità dell'aria, di cui al decreto del Ministero dell'ambiente del 20 maggio 1991.

            direttiva 7 luglio 1998, relativa al controllo dei gas di scarico dei veicoli (Bollino blu): prevede il potere di attribuire ai sindaci dei comuni inseriti nelle zone a rischio di episodi acuti di inquinamento (individuate dalle regioni ai sensi dell'articolo 9 del decreto del Ministero dell'ambiente 20 maggio 1991), il potere di vietare la circolazione, entro i centri abitati, agli autoveicoli che non sono in grado di attestare il contenimento delle emissioni inquinanti;

            decreto del Presidente della Repubblica 18 novembre 1998, n. 459: "Regolamento recante norme di esecuzione dell'articolo 11 della legge 26 ottobre, n. 447, in materia di inquinamento acustico derivante da traffico ferroviario". Stabilisce appunto una serie di norme idonee a prevenire e a contenere l'inquinamento da rumore nascente dall'esercizio delle infrastrutture ferroviarie e delle linee metropolitane di superficie, con esclusione delle tramvie e delle funicolari;

            decreto del Ministero dell'ambiente 21 aprile 1999, n. 163: prevede un regolamento recante norme per l'individuazione dei criteri ambientali e sanitari in base ai quali i sindaci adottano le misure di limitazione della circolazione;

            decreto del Ministero dei trasporti del 13 maggio 1999: ha recepito la direttiva 98/77/CE della Commissione, del 2 ottobre 1998, la quale adegua al progresso tecnico la direttiva 70/220/CE del Consiglio relativa all'inquinamento atmosferico prodotto dalle emissioni dei veicoli a motore;

            decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 1999, n. 250: reca norme idonee alla rilevazione degli accessi di veicoli ai centri storici e alle zone a traffico limitato, a norma dell'articolo 7, comma 133-bis, della legge 15 maggio, n. 127;

            decreto del Ministero dei trasporti del 7 luglio 1999: prevede la concessione di incentivi per il trasporto combinato ai sensi dell'articolo 5 della legge 23 dicembre 1997, n. 454;

            decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351: ha dato attuazione alla direttiva 96/62/CE in materia di valutazione e di gestione della qualità dell'aria ambiente ed ha modificato il decreto del Presidente della Repubblica n. 203 del 1988;

            decreto del Ministero dell'ambiente del 3 dicembre 1999: prevede le procedure antirumore e identifica le zone di rispetto negli aeroporti;

            decreto ministeriale 10 febbraio 2000: "Metodiche per il controllo del tenore di benzene e di idrocarburi aromatici totali nelle benzine". Stabilisce, ai sensi dell'articolo 13 della legge 4 novembre 1997, n. 413, le metodiche per il campionamento, per le analisi e per la valutazione dei risultati relativi ai controlli sul tenore di benzene e di idrocarburi aromatici totali nelle benzine destinate all'immissione in consumo (articolo 1).

        Pertanto, nel contenuto dei Protocolli non si rilevano aspetti di incompatibilità con l'ordinamento comunitario.
        Inoltre, per quanto riguarda l'impatto sul sistema normativo interno, non si prevede la necessità di emanare norme di adeguamento o di effettuare modifiche alla legislazione nazionale, né sembrano necessari nuovi provvedimenti di natura amministrativa.




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