XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 1634
Onorevoli Deputati! - Il lavoro come valore
fondamentale già posto a base della Repubblica nella
Costituzione del 1948, diritto e dovere di ogni persona per
concorrere al progresso materiale e spirituale della società,
va inteso non solo come modalità per procurarsi i mezzi
necessari ad una esistenza libera e dignitosa, ma
essenzialmente come riconoscimento che proprio nel lavoro
ciascuno riesce ad esprimere le potenzialità in lui racchiuse:
pertanto esso non è un fine in se stesso né mero strumento di
guadagno, ma strumento di affermazione della personalità del
singolo uomo.
Vanno certamente considerati gli aspetti di tutela della
salute e di limitazione della fatica eccessiva, ma occorre
anche nel contempo prestare attenzione alla garanzia di
sviluppo delle capacità, del loro pieno impiego ed alla
necessaria acquisizione di professionalità; solo in questo
modo si garantisce l'effettività del diritto al lavoro, come
adeguato alle attitudini e capacità del soggetto e idoneo a
svilupparle, non limitandosi semplicemente al diritto
all'occupazione.
Se il lavoro è un valore, il non lavoro, da intendersi
come il venire meno della prospettiva di un'attività adeguata
alla persona, o addirittura di ogni tipo di lavoro, può essere
visto come un pregiudizio per la dignità della persona e per
il progresso materiale e spirituale della società. Si tratta
pertanto di creare condizioni generali e particolari per una
piena realizzazione della persona umana nel lavoro: non
limitandosi a porre regole e vincoli alla costituzione e allo
svolgimento del rapporto di lavoro, ma preoccupandosi di
garantire una effettiva uguaglianza e libertà nel
completamento della personalità, con possibilità di elevazione
professionale e quindi di scelta tra diverse prospettive
professionali.
L'orizzonte dell'intervento normativo non può esaurirsi
nella garanzia di un posto di lavoro, di una occupazione
qualsiasi (condizione comunque preliminare), bensì deve
concepire il lavoro come una esperienza corretta, non
frustrante, né emarginante o priva di responsabilità per la
persona. In quest'ottica "libertà di impresa" e "libertà
personale del lavoratore nell'impresa" si misurano attraverso
il confronto tra la flessibilità necessaria alla prima e il
codice protettivo del lavoro indispensabile per la seconda,
risolvendosi in un diverso assetto ed equilibrio dei vari
interessi e profili di tutela. Cosicché l'impresa trova
l'argomentazione centrale a difesa della propria libertà e
flessibilità (seppure limitata dal rispetto della sicurezza,
libertà e dignità umana) proprio nel riconoscimento di essere
il luogo in cui si esercita il diritto al lavoro delle singole
persone.
Invece di destinare risorse ad impieghi in posti non
direttamente produttivi, occorre pensare all'impresa come
luogo di presenza ed impiego del fattore lavoro, sì da rendere
centrale quest'ultimo e non più la semplice occupazione,
favorendone lo sviluppo insieme a quello produttivo.
Occorre dunque il pieno riconoscimento della centralità
delle risorse umane come determinante per assicurare il
mantenimento e lo sviluppo delle aziende e della società nel
suo complesso; investimento sull'uomo con professionalità
sempre più elevate in una società in cui la maggior parte dei
servizi e di molte altre attività sono ormai personality
intensive, nel senso che la qualità del prodotto dipende
dalla qualità della prestazione lavorativa.
Nel lavoro subordinato in azienda non si tratta più solo
di riconoscimento del rispetto della persona e di suoi diritti
rispetto all'organizzazione, ma del bisogno stesso da parte
dell'organizzazione della libertà e dell'autonomia della
persona. Persone più autonome e libere, creative, capaci di
trovare soluzioni, cambiare i termini dei problemi, investire
in una migliore conoscenza e capaci anche di rischio
personale, cosicché la differenza fra lavoro autonomo,
considerato oggi, soprattutto dai giovani, come "un di più"
rispetto a quello dipendente per le caratteristiche di
quest'ultimo di inferiorità o debolezza socio-economica e
quindi alienante, tenderebbe a scomparire.
Si deve eliminare il divario fra "rischio" e "sicurezza"
quando quest'ultima tende ad essere rinuncia all'ideale di
costruttività di sé e della realtà e finisce per identificarsi
con la pretesa all'assistenzialismo.
Flessibilizzare il lavoro subordinato ed evitare nel
contempo di rendere più rigido quello autonomo, come avviene
oggi nella legislazione sui lavori atipici, non significa
rinuncia a certi diritti o a certe discipline, ma una maggiore
libertà nella subordinazione, una valorizzazione della
persona, l'individuazione di modelli di coinvolgimento e di
partecipazione all'operatività e alla decisionalità
dell'impresa: ciò corrisponderebbe di più a una manodopera più
consapevole che così potrebbe tornare a vedere come creativo
anche il lavoro manuale e dipendente.
Tutto ciò implica:
1) nuovi modelli di rappresentanza sindacale per una più
diretta partecipazione dei lavoratori e cioè della persona
alla definizione delle politiche del lavoro e all'approvazione
degli esiti della contrattazione collettiva, conciliando la
frammentazione degli interessi della base con il modello
confederale;
2) forme di maggiore liberalizzazione del mercato del
lavoro, con meno vincoli, condizioni, requisiti selettivi per
quanto riguarda il sistema di collocamento, visto come un
sistema integrato fra pubblico e privato e il lavoro
interinale. Semplificazione "a monte" del mercato del lavoro,
per disincentivare il lavoro "nero" che diviene così non più
conveniente per nessuno;
3) premiare la qualità dell'impiego di lavoro,
ristabilendo condizioni di competitività abbinate a questo
fattore, alle forme di utilizzo e valorizzazione del lavoro
delle persone all'interno delle organizzazioni;
4) semplificazione e innovazione della formazione
professionale. Sostegno non organizzato in modo rigido e
indifferenziato, salvaguardia della specificità e autonomia
della formazione; definizione del mercato formativo e
dell'accreditamento e qualificazione degli attori; formazione
come supporto ad un cammino di sviluppo del sistema sociale;
raccordo con le politiche del lavoro;
5) previdenza sociale. Un sistema di intervento
coordinato in modo da garantire a chi gode di una minima
capacità contributiva di auto-organizzarsi solidalmente,
concorso dello Stato per integrare l'insufficienza dei mezzi,
previdenza privata come solidarietà libera, anche nella forma,
con l'eliminazione dell'eccesso di vigilanza e controlli sui
fondi pensione.
Tutto questo spinge a presentare una proposta di legge che
detti delle norme per la disciplina di un sistema integrato
pubblico-privato di servizi per l'impiego.
Nell'articolo 1 della proposta di legge vengono illustrati
i criteri e i princìpi generali della legge, riaffermando le
competenze in materia conferite alle regioni e alle province
dalla legge n. 59 del 1997 e dal decreto legislativo n. 469
del 1997, e stabilendo i criteri per individuare i soggetti
pubblici e quelli privati.
La funzione certificativa e di accreditamento dello
status di disoccupato o inoccupato, così come stabilito
dall'articolo 2, spetta ai soggetti pubblici.
L'articolo 3 definisce le competenze dei soggetti privati
per l'impiego, mentre l'articolo 4 stabilisce i requisiti
necessari affinché il soggetto privato possa ottenere
l'autorizzazione a svolgere l'attività di servizio per
l'impiego.
L'articolo 5 stabilisce l'assoluta gratuità dei servizi
offerti ai prestatori di lavoro, fatta eccezione per la
formazione professionale.
L'articolo 6 prevede l'istituzione in ogni regione o
provincia di un servizio informatico al quale possono accedere
tutti i soggetti operanti nel sistema integrato. A questo
proposito il Governo, entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore della legge, emana un atto di indirizzo che determina
gli standard tecnici per garantire la comunicazione
delle informazioni su tutto il territorio nazionale.
L'articolo 7 abroga tutte le disposizioni in contrasto con
la legge, in particolare l'articolo 10 del decreto legislativo
23 dicembre 1997, n. 469, come modificato dalla legge 23
dicembre 2000, n. 388.