XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 1600
Onorevoli Colleghi! L'attività di ricerca del tartufo
vanta una tradizione secolare all'interno del nostro Paese ed
ancora oggi i cercatori di tartufi sono circa 200.000.
Tale materia è disciplinata dalla legge quadro 16 dicembre
1985, n. 752, che all'articolo 3, primo comma, recita
testualmente: "La raccolta dei tartufi è libera nei boschi e
nei terreni non coltivati". La raccolta dei tartufi, invece è
riservata quando viene circoscritta alle tartufarie coltivate
e controllate da parte di coloro che le conducono, ovvero dai
soci di consorzi volontari per la difesa del tartufo
costituiti dai titolari di aziende agricole e forestali,
ovvero da coloro che a qualsiasi titolo le conducono.
Tale norma utilizza una terminologia impropria poiché
definisce la suddetta attività come "raccolta" quando, invece,
si tratta di "ricerca", essa, infatti, necessita di
specializzazione tanto che può essere svolta soltanto previo
superamento di un esame che accerti l'idoneità del ricercatore
(al quale viene rilasciato un "tesserino autorizzativo di
idoneità") e può essere praticata solo con l'ausilio di cani
addestrati.
La legge quadro all'articolo 2 fornisce un elenco
dettagliato delle specie di tartufi destinate al consumo nel
nostro Paese, mentre all'articolo 6 stabilisce i periodi in
cui ne è consentita la ricerca; sia il tartufo bianco (specie
più pregiata) sia il tartufo nero possono essere "cercati"
anche nelle ore notturne ma, mentre per il primo tale ricerca
va senz'altro mantenuta perché garantisce una diluizione dei
"tartufai", per quanto riguarda il tartufo nero sarebbe
auspicabile mantenere solo la ricerca diurna perché, visto il
colore scuro e la maturazione a poca profondità, per esso si
rendono difficili le operazioni di scavo e di ricolmatura
delle buche, nonché il recupero dei tartufi scagliati lontano
dai cani durante la ricerca. Si rende, quindi, necessaria una
ristrutturazione dei periodi di ricerca dei tartufi, in modo
tale da tenere conto degli effettivi periodi di maturazione
delle varie specie.
In attuazione della legge n. 725 del 1985 le diverse
legislazioni regionali configurano tre tipologie principali di
attività di ricerca dei tartufi. Ognuna di queste tipologie
identifica una diversa fattispecie che, secondo l'esistenza o
meno di determinati presupposti d'imposta, può avere un
trattamento fiscale diverso per espressa disposizione di
legge.
Ricerca e raccolta di tartufi per usi propri e limitati
all'autoconsumo familiare: in questo caso il ricercatore di
tartufi svolge la propria attività per mero scopo hobbistico
senza fine di lucro, per cui non è ravvisabile alcuna
soggettività fiscale passiva poiché non svolge nessuna
attività di impresa.
L'unico adempimento a carattere fiscale è la tassa sulla
concessione regionale per l'abilitazione alla ricerca e
raccolta dei tartufi ai sensi degli articoli 5 e 17 della
legge n. 752 del 1985.
Ricerca e raccolta dei tartufi principalmente destinati
all'autoconsumo ed occasionalmente alla commercializzazione:
in questa ipotesi il ricercatore di tartufi è soggetto passivo
di imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) ma vi è
comunque esclusione dal versamento dell'imposta sul valore
aggiunto (IVA) e dell'imposta sulle attività produttive
(IRAP).
Ricerca, raccolta e produzione finalizzate al mercato o
comunque alla commercializzazione: in questo caso si tratta di
una vera e propria professione abituale sottoposta, pertanto,
all'IVA: il ricercatore dovrà munirsi di partiva IVA, tenere
la regolare contabilità, nonché procedere alle liquidazioni
periodiche e rendere le prescritte dichiarazioni annuali; sarà
inoltre assoggettato alle imposte sul reddito e, pertanto,
dovrà versare l'IRPEF e l'IRAP; dovrà iscriversi presso la
competente camera di commercio, industria, artigianato e
agricoltura, versando i relativi diritti annuali, nonché
iscriversi, eventualmente, presso l'ente previdenziale come
lavoratore autonomo.
Dalle considerazioni esposte emerge che il tartufo non è
considerato (ai fini fiscali) prodotto agricolo, pertanto i
ricercatori non possono beneficiare dei regimi speciali
previsti per i produttori agricoli.
Onorevoli colleghi, la normativa vigente che disciplina la
vendita dei tartufi è lacunosa, di difficile applicazione e
noncurante delle spese sostenute dai tartufai (mantenimento
dei cani, spese veterinarie, spese relative all'automezzo
utilizzato, nonché spese relative al tesserino regionale che
autorizza la raccolta).
Inoltre, la stessa disciplina, oltre a considerare solo i
guadagni dei ricercatori, prevede un prelievo del 40-60 per
cento sui ricavi relativi alla vendita dei tartufi, in quanto
questi introiti vanno ad accumularsi a quelli già
denunciati.
Va sottolineata, poi, la notevole importanza rivestita dal
ricercatore dal punto di vista socio-ambientale; egli,
infatti, provvede ad effettuare attività di tutela ambientale
che altrimenti graverebbero sul già precario bilancio statale;
ci si riferisce al reimpianto di alberi, alla pulitura di
fossi e alla salvaguardia del sottobosco, attività tutte di
considerevole importanza per il nostro Paese.
Tale attività, svolta volontariamente e costantemente dai
cercatori, costituisce pertanto un notevole beneficio per la
comunità ed un risparmio evidente per le casse statali.
La proposta di modifica alla normativa fiscale consiste
nel riconoscere alla categoria un "bonus fiscale" (sino
al limite di lire 10 milioni), che consentirebbe la
realizzazione di un duplice obiettivo, ossia permettere ai
cercatori di esprimere adeguatamente la loro energia e
riconoscere al tempo stesso alle finanze nazionali le giuste
richieste che esse attendono dal commercio del tartufo.
Al fine, inoltre, di fugare dubbi su problemi di
costituzionalità della modifica legislativa invocata, si
precisa che la nostra legislazione fiscale prevede già diverse
forme di agevolazioni indirizzate a specifiche categorie
commerciali e imprenditoriali.
A solo scopo esemplificativo si rammmentano alcuni casi di
cosiddetti "regimi speciali": raccolta e rivendita di rottami
ferrosi; regime agevolato IVA per le agenzie di viaggi per
prestazioni avute al di fuori del territorio dell'Unione
europea; regimi del "margine" per i beni usati; commercio dei
fiammiferi realizzato dal Consorzio industria fiammiferi;
prestazioni di gestori dei telefoni pubblici; vendita al
pubblico di biglietti del trasporto pubblico.
Onorevoli colleghi, la presente proposta di legge merita
un urgente esame se è vero, come è vero, che l'attuale
disciplina fiscale è meritevole di revisione.