XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 1308
Onorevoli Colleghi! - Una Nazione come la nostra ha la
necessità di organizzare la sua vita intorno a valori
unanimemente condivisi, anche per evitare di essere preda di
periodiche convulsioni difficilmente controllabili e
gestibili. La condivisione dei valori civili non può che
fondarsi sull'acquisizione della verità dei fatti che circa
cinquant'anni fa divisero brutalmente gli italiani. Al di là
degli specifici episodi di guerra, ed in particolare di quelli
verificatisi tra il 1943 ed il 1945, dopo la fine delle
ostilità, si registrarono barbari eccidi motivati dal furore
ideologico dell'epoca sui quali ancora non sono stati compiuti
i doverosi accertamenti al fine di individuare con chiarezza
le responsabilità morali, se non quelle materiali, di quei
crimini.
L'Italia non può portarsi dietro il pesante fardello
dell'oblio, mentre dai settori più sensibili dell'opinione
pubblica e della classe politica s'invoca una pacificazione
reale e non di "maniera" tra gli italiani.
Continuare ad ignorare i frutti avvelenati della guerra
civile non aiuta a compiere significativi passi avanti sulla
via della concordia e lascia nelle generazioni future il
dubbio che la nostra Patria attuale sia l'eredità di una sola
parte di italiani.
Come rappresentanti della Nazione, abbiamo il dovere di
provvedere ad illuminare gli angoli più bui della nostra
storia collettiva, con gli strumenti consentiti dalle leggi,
perché venga ristabilita la verità nell'interesse esclusivo
degli italiani di domani ed in ossequio alla memoria di chi
venne falciato dall'odio in anni terribili e tumultuosi.
Nel 1990 l'ex-partigiano Otello Montanari chiese a gran
voce che si facesse luce sui crimini avvenuti subito dopo il
25 aprile 1945: fatti di sangue commessi in gran parte da
comunisti non soltanto nel cosiddetto "triangolo della morte"
tra Campagnola, Correggio, San Martino in Rio, nell'Emilia, ma
in tutta l'Italia del nord. Non è stato possibile conoscere il
numero esatto degli assassinati, quasi mai l'identità degli
esecutori e dei mandanti. I non molti processi celebrati non
hanno mai dato risposte adeguate. Le inchieste degli organi di
polizia sono sempre state ostacolate. Ed anche coloro che
furono raggiunti dalla giustizia hanno poi usufruito, in
numerosi casi, dell'amnistia di Togliatti o di provvedimenti
di grazia come quello di cui è stato beneficiario, da parte
del Presidente della Repubblica Pertini, il partigiano "rosso"
Mario Toffanin, comandante della banda che il 7 febbraio 1945
compì la strage di Malga Porzus, uccidendo 17 partigiani
bianchi della "Osoppo", tra i quali Guido Alberto Pasolini,
detto Ermes, fratello del noto scrittore e poeta.
Per quanto riguarda la tragedia delle foibe, non possiamo
dimenticare, onorevoli colleghi, che le cosiddette "stragi
dimenticate" ebbero inizio a Fiume, in Istria, nella Venezia
Giulia e in Dalmazia già durante la seconda guerra mondiale.
Dalla fine del 1943 sino a tutto il 1947 in questi territori
che, proprio cinquant'anni fa con il diktat
(eufemisticamente definito "Trattato di pace") furono ceduti
alla Jugoslavia, si scatenò, con odio e violenza, la caccia
all'italiano o a chi, anche solo potenzialmente, poteva
apparire contrario all'annessione e alla conseguente
slavizzazione forzosa. Degli eccidi, in tutti questi anni, si
è saputo poco. Nulla sui libri di scuola, quasi nulla è emerso
a livello giudiziario. La cultura ufficiale si è
disinteressata totalmente di questa e altre atrocità commesse
dai titini.
Già nell'autunno del 1943 in Istria i partigiani jugoslavi
utilizzarono le foibe per gettarvi dentro uomini e donne,
spesso ancora vivi, legati l'uno all'altro per i polsi con del
filo di ferro, che avevano la sola colpa di essere e di
sentirsi italiani. In Dalmazia vennero usati altri mezzi per
far scomparire gli avversari, come l'affogamento (talvolta
anche di massa) nelle acque dell'Adriatico. Nel Quarnaro
assassinii, torture, sparizioni furono, dal maggio 1945,
all'ordine del giorno. A Fiume vennero uccisi (e ancora oggi
non si conoscono ufficialmente i luoghi di sepoltura) due
senatori del Regno, Bacci e Gigante; furono torturati
ex-legionari dannunziani (ricordiamo Adolfo Landriani);
centinaia di carabinieri, finanzieri e poliziotti sparirono
letteralmente nel nulla.
Dopo la fine della guerra, nel maggio 1945, i marò della X
Mas del battaglione "Gabriele D'Annunzio" che si trovavano tra
Fiume e Laurana furono addirittura tagliati a pezzi. E
altrettanto accadde agli uomini della X di stanza a Pola, a
Lussinpiccolo e in altre località istriane. Il terrore scese
così, come una nube nera, offuscando pietà, verità e giustizia
su tutto il territorio dell'Istria e del Quarnaro. A Trieste,
durante il breve periodo dell'occupazione jugoslava, le foibe
di Basovizza e Monrupino si riempirono di corpi di italiani e
di italiane, di soldati tedeschi e perfino di militari
australiani facenti parte del corpo d'occupazione. Solo
recentemente la magistratura italiana ha dato l'avvio alla
fase istruttoria contro assassini che vivono tranquillamente
in Croazia e in Slovenia, spesso beneficiari di pensioni
concesse loro dallo Stato italiano per mezzo dell'Istituto
nazionale della previdenza sociale. Il tribunale del riesame
di Roma, occupandosi degli eccidi delle foibe titine, nel non
escludere a priori il delitto di genocidio, è ricorso a
tale configurazione per poter punire i responsabili di delitti
tanto atroci, i più gravi previsti dal nostro codice
penale.
Dopo il capitolo delle foibe si va già aprendo quello dei
campi di prigionia allestiti in Italia dagli alleati, in
particolare quelli di Coltano e Taranto, mentre prendono
sempre più corpo racconti di avvenimenti consumati in
violazione della Convenzione relativa al trattamento dei
prigionieri di guerra fatta a Ginevra l'8 dicembre 1949,
ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 27 ottobre
1951, n. 1739, ed in dispregio dell'inalienabile diritto alla
tutela ed alla dignità dei singoli soggetti.
Le motivazioni del Tribunale penale internazionale de
L'Aja per i crimini commessi nell'ex Jugoslavia per l'arresto
dei leader serbi, Karadzic e Mladic, configuranti il
genocidio e la "pulizia" etnica, delineano quanto già
ricordato nella Venezia Giulia e in Dalmazia tra il 1943 ed il
1947.
La Commissione parlamentare di inchiesta bicamerale che
con la proposta di legge si chiede di istituire, dovrebbe
avere il preciso scopo di realizzare completi e rigorosi
accertamenti sui capitoli più inquietanti ed oscuri della
storia italiana degli ultimi cinquant'anni; non per fare ciò
che i tribunali della Repubblica non hanno saputo o potuto
fare, ma per restituire ai morti la giustizia che è stata loro
negata, attraverso l'impegno di un libero Parlamento ad
approfondire le ragioni dei crimini commessi mezzo secolo fa
e, possibilmente, trovare le risposte alle domande che da
tempo l'opinione pubblica si pone.
La rimozione nuoce al rinsaldarsi delle motivazioni
identitarie della Nazione. L'Italia ha bisogno di ricordare
per potersi ridefinire come comunità. E' questo lo scopo
ultimo cui tende la presente proposta di legge il cui spirito
non è quello di cercare postume ed inutili vendette, ma di
contribuire alla creazione di nuovi legami di identità
nazionale nel quadro di una pacificazione fondata sulla
verità.