XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 1307




        Onorevoli Colleghi! - La legge 29 novembre 1990, n. 366, ha previsto uno stanziamento di lire 110 miliardi per realizzare, principalmente, il completamento e l'adeguamento delle strutture del laboratorio di fisica nucleare, sito all'interno del massiccio montuoso del Gran Sasso d'Italia. E' prevista la realizzazione di due nuove sale laboratorio in sotterraneo, una galleria carrabile di accesso e servizio per il collegamento autonomo del laboratorio dell'Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) con l'esterno sul versante aquilano e l'ampliamento ed adeguamento del centro direzionale-laboratorio esterno, sito in località Assergi (L'Aquila).
        Le opere si aggiungono alle gallerie parallele autostradali esistenti, che hanno una lunghezza di poco più di 10 chilometri, i cui lavori furono iniziati nel 1969 ed ultimati nel 1980. Vi è stata la pronuncia positiva di compatibilità ambientale del Ministero dell'ambiente, formulata dall'apposita commissione, a seguito di istruttoria sul progetto di massima presentato dall'Ente nazionale per le strade (ANAS) in data 16 novembre 1991.
        Durante la XIII legislatura la Commissione ambiente della Camera dei deputati ha approvato nella seduta del 13 dicembre 2000, in sede referente, l'articolato che viene proposto, risultato dell'unificazione dei testi delle proposte di legge atto Camera n. 4584 e atto Camera n. 4724, e dei vari emendamenti accolti. Il testo ha riportato i pareri favorevoli della VII Commissione (Cultura), della XI Commissione (Lavoro pubblico e privato) e della I Commissione (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) della Camera dei deputati. Inoltre il Governo, in più occasioni, in risposta a diverse interrogazioni parlamentari ed in particolare in data 24 settembre 1998 da parte del sottosegretario all'ambiente ha ritenuto: "opportuna una nuova pronuncia di compatibilità ambientale (omissis) con il fine di ottemperare in merito a tutte le prescrizioni impartite contenute nel decreto VIA (DEC/VIA/1169 del 12 agosto 1992 (...)". Successivamente il Governo, alla risoluzione 7-00882 (Gerardini ed altri) avente per oggetto: "Attuazione della legge 366/1990 (...)", approvata nella seduta della VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici) del 10 maggio 2000, rispondeva che "(...) la verifica di ottemperanza al citato decreto VIA del 1992, non può ritenersi comunque soddisfatta (omissis) ricorrendo ad una nuova pronuncia di compatibilità ambientale".
        La regione Abruzzo, con due risoluzioni del consiglio regionale, aveva proposto al Governo ed alla Commissione ambiente della Camera dei deputati di non approvare la realizzazione degli interventi previsti dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 366 del 1990, ed aveva invitato conseguentemente la giunta regionale a sottoscrivere un protocollo d'intesa con l'INFN. Sull'opportunità di realizzare o no le infrastrutture suddette si sono pronunciati numerosi enti locali abruzzesi.
        Con deliberazione n. 32 del 28 ottobre 1999 del consiglio direttivo dell'Ente parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, avente per oggetto: "Progetto di completamento ed adeguamento delle strutture del laboratorio di fisica nucleare del Gran Sasso", lo stesso ha espresso parere contrario sentita anche la commissione tecnico-urbanistica e territoriale dell'Ente. Conseguentemente, con la nota del 15 dicembre 1999 del presidente dell'Ente, dottor Giuseppe Rossi, si comunicava all'INFN di "(...) non concedere l'autorizzazione per eseguire i lavori (...)". Si ritiene che con tale parere, ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394, recante "Legge quadro sulle aree protette", l'opera non può essere realizzata, essendo il parere dell'Ente Parco un parere obbligatorio e vincolante.
        L'ANAS è l'ente preposto alla realizzazione delle opere che, come recita l'articolo 1, comma 3, della legge n. 366 del 1990, sono soggette all'esito positivo della valutazione di impatto ambientale, alle indicazioni del Ministero dell'ambiente nonché ad "eventuali alternative" indicate.
        Lo stesso Ente (ufficio del direttore generale per le autostrade romane ed abruzzesi), ha avviato con nota del 15 febbraio 2000, protocollo n. 338, le procedure della conferenza di servizi, ai sensi dell'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, riunendola il 19 aprile 2000 presso la sede della direzione centrale ANAS a Roma ed ascoltando i pareri dei vari enti interessati, alcuni dei quali però non sono stati convocati. La riunione è stata aggiornata e alla data attuale non si è a conoscenza di nuovi incontri ufficialmente convocati.
        E' necessario, altresì, ricordare le conseguenze determinatesi a seguito della realizzazione delle gallerie autostradali esistenti.
        La struttura idrogeologica del Gran Sasso rappresenta la più importante fonte di alimentazione idropotabile dell'intero Abruzzo (le acque convogliate ed immesse nei due principali acquedotti delle province di Teramo e de L'Aquila sono destinate al fabbisogno idrico di circa 800 mila abitanti), è caratterizzata dalla presenza di varie successioni litostratigrafiche con brusche variazioni laterali e verticali di facies e di spessore che rendono la geologia della catena del Gran Sasso molto complessa ed è difficile prevedere con esattezza gli effetti idrogeologici di nuovi interventi.
        La realizzazione delle gallerie autostradali ha incontrato nei lavori di scavo in sotterraneo enormi difficoltà, a causa delle complesse condizioni idrogeologiche, in particolare per la presenza di notevoli carichi idrostatici (fino a 64 atmosfere) e di faglie marcate da spesse fasce di cataclasiti sotto forti pressioni idriche.
        Il rilevante drenaggio operato dagli scavi del traforo ha determinato, sulla verticale delle gallerie un abbassamento di circa 600 metri della superficie piezometrica della falda di fondo (all'incirca da 1.600 metri sulla superficie del livello del mare fino alla quota del piano autostradale). Il progetto originario, redatto per la realizzazione delle gallerie autostradali e dei laboratori, non prevedeva la captazione delle acque sorgive per scopo idropotabile ma solo un loro rudimentale convogliamento. Le acque drenate dagli scavi, che hanno raggiunto inizialmente portate con punte massime di 750 litri/secondo sul versante aquilano e di 2150 litri/secondi sul versante teramano, si sono progressivamente ridotte fino ad una portata media di circa 1,5 metri cubi/secondo e sono state successivamente utilizzate per usi idropotabili sia dall'ACAR nel teramano (1000 litri/secondo) sia dall'acquedotto La Ferriera nell'aquilano (480 litri/secondo).
        Le cattive forme di captazione e convogliamento delle acque drenate all'interno dei cameroni adibiti a laboratorio, nonché la scarsa sensibilità dimostrata successivamente nell'utilizzo della preziosa risorsa (ad esempio l'utilizzo di acqua di ottima qualità per il raffreddamento degli impianti), ha indotto l'Istituto superiore di sanità a negare la possibilità di utilizzo delle stesse a scopi acquedottistici. L'aver sottovalutato la possibilità dello sfruttamento delle acque sorgive, per esigenze idropotabili, sia in fase di progettazione sia durante la fase di cantiere dei cameroni-laboratorio, ha comportato quindi l'impossibilità permanente dell'utilizzo di circa 100 litri/secondo di acqua di ottima qualità, quantitativo che rappresenta oltre il 10 per cento della risorsa disponibile sul versante teramano e che sarebbe sufficiente a servire una cittadina di 50 mila abitanti. La depressione della superficie della falda ha causato, oltreché la scomparsa di diverse sorgenti poste alle quote più alte e prossime al traforo, anche consistenti effetti sul sistema delle sorgenti basali con rilevanti riduzioni di portata: del 10 per cento circa la sorgente del Pescara, del 40 per cento circa le sorgenti di Tempera, del Chiarino e di Rio Arno, del 50 per cento le sorgenti di Capodacqua del Tirino e della Vitella d'Oro-Mortaio d'Agri, del 70 per cento le sorgenti del Ruzzo e di Capo Vera. In conclusione, gli enormi volumi idrici mobilizzati dal drenaggio degli scavi in sotterraneo che per numerosi anni sono fuoriusciti dalle gallerie sono stati quindi sottratti in parte alle sorgenti ed in gran parte (centinaia di milioni di metri cubi) alle riserve geologiche determinandone un consistente ed irreversibile impoverimento.
        Tutto ciò è stato anche evidenziato nel "giudizio di compatibilità ambientale" del Ministero dell'ambiente - Servizio valutazione impatto ambientale, del 20 febbraio 1992, che conferma "(...) le rilevanti modificazioni della falda (...)" a seguito della realizzazione delle gallerie e dei laboratori sotterranei. Alle considerazioni circa le conseguenze dovute alla realizzazione delle gallerie è opportuno aggiungere alcune valutazioni di carattere idrogeologico sulle opere da realizzare.
        In merito all'ipotesi di ampliamento del laboratorio dell'INFN, previsto dalla legge n. 366 del 1990, consistente nella realizzazione di una nuova galleria di circa 6 chilometri di lunghezza (diametro di scavo di 5,40 metri) per il collegamento diretto tra il centro direzionale di Assergi ed i laboratori sotterranei e di due nuove sale sotterranee adiacenti alle tre già realizzate, alcuni studi ritengono che, dal punto di vista geologico-ambientale, non sia prudente effettuare ulteriori nuovi scavi, per i motivi che di seguito sono brevemente sintetizzati:

            1) i dati idrologici e le conoscenze idrogeologiche del massiccio dei Gran Sasso, attualmente disponibili, non sono sufficienti per prevedere con assoluta certezza gli effetti idrogeologici che i previsti nuovi scavi in sotterraneo avranno sull'acquifero carbonatico. Le informazioni pluviometriche ed i dati relativi alle portate delle sorgenti e dei corsi d'acqua, appartenenti a fonti diverse (servizio idrografico, ex Cassa per il Mezzogiorno, Sara, ANAS, eccetera), sono carenti e quasi sempre privi della necessaria continuità cronologica. In particolare, i dati pluviometrici, relativi a 28 stazioni pluviometriche installate nell'area della struttura idrogeologica ed in zone attigue, non sono ritenuti quantitativamente e qualitativamente sufficienti, per due motivi: il primo perché il numero dei pluviometri alle quote più alte del massiccio, dove si estendono le principali aree di ricarica degli acquiferi e dove le precipitazioni sono presumibilmente più elevate, appaiono del tutto insufficienti (solo otto stazioni per un'area di circa 570 chilometri quadrati posta al di sopra dei 1.000 metri di quota); il secondo perché alle alte quote, nella stagione invernale, sono prevalenti le precipitazioni nevose e queste non possono essere adeguatamente misurate con i comuni pluviometri, poco adatti allo scopo. L'insufficienza dei dati idrologici comporta un'insufficiente attendibilità dello studio di impatto ambientale eseguito nel 1991 che afferma, per esempio, che l'acquifero del Gran Sasso ha già raggiunto (nel 1991) nuove condizioni di equilibrio idrogeologico. Invece un recente monitoraggio delle sorgenti di Tempera e Capo Vera nell'aquilano, eseguito dal dipartimento di scienze ambientali dell'università de L'Aquila, ha consentito di accertare che le sorgenti, nel periodo 1994-1996, hanno raggiunto il minimo storico di portata (complessivamente 930 litri/secondo contro i 1.760 litri/secondo del periodo pre-traforo) e che tale notevole decremento delle portate non può assolutamente essere giustificato con la sola diminuzione delle precipitazioni meteorologiche effettivamente registrate sul massiccio del Gran Sasso nello stesso periodo, ma deve essere attribuito anche al drenaggio del traforo autostradale che pertanto, nel periodo 1994-1996, ancora influenzava la portata delle sorgenti. Valutazioni attendibili relative al bilancio della struttura idrogeologica del Gran Sasso saranno possibili solo fra diversi anni quando completata la realizzazione, in atto da parte del consorzio di ricerca del Gran Sasso, della rete di monitoraggio idrologico che prevede l'installazione di 8 nuove stazioni pluviometriche alle alte quote e di 14 stazioni idrometriche lungo le maggiori sorgenti ed i più importanti corsi d'acqua, saranno stati raccolti ed elaborati i dati relativi a diversi anni di misurazioni;

            2) gli scavi in sotterraneo previsti dai nuovi lavori comporteranno complessivamente un ulteriore drenaggio dell'acquifero che, verosimilmente, solo in parte avverrà con una diminuzione delle acque già captate dall'esistente sistema drenante. Contemporaneamente ai lavori di scavo si verificherà una diminuzione di portata dell'acquedotto del Ruzzo. Gli effetti idrogeologici più significativi, allo stato attuale delle conoscenze, saranno osservabili nelle seguenti fasi di scavo:

                a) il nuovo tunnel, che dovrebbe svilupparsi al di sopra delle due gallerie autostradali già realizzate, interesserà un'area già drenata e determinerà pertanto il drenaggio delle sole acque di percolazione verticale circolanti lungo i vari sistemi di fratturazione che interessano l'ammasso roccioso soprastante la sezione di scavo. Nella parte terminale del tracciato, però, dalla progressiva 4800 circa (dove la galleria dei servizi sovrapassa la galleria autostradale sinistra per raggiungere i laboratori), l'opera di scavo interferirà sicuramente con l'acquifero;

                b) nell'attraversamento della faglia di Fontari, sulla verticale di Campo Imperatore, sarà necessario abbattere i livelli piezometrici, ancora piuttosto elevati (20-25 atmosfere) nonostante il drenaggio operato dal traforo autostradale;

                c) lo scavo delle due nuove sale sotterranee interesserà l'area compresa tra il laboratorio esistente e la faglia di sovrascorrimento, e quindi i calcari (calcari bioclastici superiori e scaglia) del cretaceo mediosuperiore, dove c'è da attendersi un consistente afflusso idrico e quindi un ulteriore abbattimento dell'acquifero locale;

            3) la geologia di questa parte della catena del Gran Sasso complica notevolmente il quadro idrogeologico e ciò rende difficile prevedere con esattezza gli effetti idrogeologici degli interventi progettati. In particolare, la notevole complessità strutturale e le brusche variazioni laterali e verticali della litologia delle formazioni carbonatiche del massiccio del Gran Sasso, condizionano, anche nel dettaglio, la circolazione idrica sotterranea e pertanto non si può escludere, durante le varie fasi di scavo in sotterraneo, l'eventualità di significative interferenze con l'acquifero profondo;

            4) durante le varie fasi di cantiere, sarà necessario un consolidamento delle faglie di Valle Fredda e di Fontari, con iniezioni nell'ammasso roccioso di soluzioni composte da cemento, silicati ed additivi, che comporterà un'alta possibilità di inquinamento delle acque di percolazione e di falda e comunque la modificazione dei caratteri di qualità delle acque immesse nelle reti acquedottistiche, con un aumento del rischio igienico-sanitario, aspetto del tutto trascurato dallo studio di impatto ambientale come è evidenziato anche dai tecnici dell'ACAR di Teramo;

            5) recentemente la Società italiana di geologia ambientale (sezione Abruzzo), ha tenuto a Teramo, il 18 novembre 2000, un simposio scientifico sul tema: "Gran Sasso d'Italia: terzo traforo, ampliamento dei laboratori sotterranei e tutela della risorsa acqua", che ha avuto lo scopo di analizzare l'attuale stato delle conoscenze scientifiche di natura geologica, strutturale, idrologica ed idrogeologica del massiccio del Gran Sasso e quindi di valutare la possibilità o meno di prevedere con certezza gli effetti idrogeologici che gli scavi previsti dal progetto potrebbero avere sulle risorse idriche sotterranee del Gran Sasso. Il simposio ha concluso i suoi lavori con un ordine del giorno che in sintesi richiede alte autorità competenti: "(...) ulteriori indispensabili indagini, per la corretta definizione di un sicuro modello idrogeologico (...)".

        Alla luce di quanto precede, pertanto, occorre definire un nuovo contesto legislativo e proposte alternative per l'utilizzo dei finanziamenti.
        L'attuale massiccio montuoso del Gran Sasso costituisce il cuore del Parco nazionale Gran Sasso e Monti della Laga, istituito con decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1995, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 181 del 4 agosto 1995, in attuazione dell'articolo 34, comma 1, lettera c), della legge 6 dicembre 1991, n. 394. Il Massiccio del Gran Sasso è una risorsa comune, unica e decisamente non rinnovabile. Le aree ricadenti all'interno del perimetro sono da considerarsi, pertanto, di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico e culturale. La realizzazione di una nuova galleria non può che essere considerata in contrasto con le attuali finalità perseguite dall'ente parco che presuppongono prioritariamente la tutela dell'integrità idrogeologica del complesso montuoso, già compromessa con i lavori autostradali.
        I nuovi lavori andrebbero inoltre a cumularsi agli effetti idrogeologici degli scavi in sotterraneo fino ad oggi eseguiti, rappresentando un ulteriore sacrificio che non può essere richiesto ad una montagna che ha già subito un forte ed irreversibile depauperamento delle sue risorse idriche sotterranee. Inoltre, la realizzazione di un sistema integrato di aree protette costituisce per l'Abruzzo, regione verde d'Europa, una scelta strategica sul "piano economico-ambientale" e di "immagine eco-turistica". Le nuove opere previste dalla legge n. 366 del 1990 sono pertanto in netto contrasto con la scelta fondamentale e definitiva di uso del territorio e in particolare delle aree interne abruzzesi che presuppongono la "sostenibilità ambientale" degli interventi nonché la tutela della "peculiarità" dell'immagine di aree protette ed incontaminate, incompatibili quindi con il proseguire delle megainfrastrutture e con la manomissione dei sistemi idrici sotterranei.
        E' necessario destinare diversamente i fondi previsti per la realizzazione delle nuove opere per interventi più labour intensive, capaci di attivare un ciclo virtuoso per nuovo sviluppo e nuova occupazione e per finanziare le importanti attività di ricerca del laboratorio dell'INFN e del consorzio promosso dal Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. Inoltre, si può senz'altro affermare che le attività dell'INFN, seppure di alto profilo scientifico, hanno finora avuto scarse ricadute sull'economia e sul livello scientifico-culturale della regione Abruzzo. E' vero che il processo di radicamento di questa realtà scientifica ed occupazionale va misurato in tempi lunghi, ma sarebbe utile un maggiore collegamento con la realtà universitaria e magari finalizzare le attività anche ad una ricerca "diffusa" per individuare, per esempio, i criteri di sostenibilità che dovranno indirizzare il modello di sviluppo della regione Abruzzo e per comprendere le dinamiche geoclimatiche che determineranno le abitudini e gli stili di vita delle generazioni future. Un laboratorio che realizzi una sinergia tra monitoraggio ambientale ed elaborazione teorica non solo nelle discipline tecniche, ma anche in quelle economiche e sociali, una sorta di laboratorio della sostenibilità e del global change.
        Sulle problematiche connesse alla realizzazione delle opere previste dalla legge n. 366 del 1990 si sono registrate nel corso degli anni iniziative promosse da enti ed associazioni, l'ultima delle quali svoltasi a Teramo il 17 giugno 2001 dal titolo: "Un Gran Sasso da primato", con l'obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica sui pericoli che corre il massiccio del Gran Sasso in caso di realizzazione del terzo traforo, ha visto la partecipazione di oltre un migliaio di cittadini che hanno provveduto a disegnare una tela lunga circa un chilometro. Un vero evento internazionale!
        La presente proposta di legge individua i seguenti nuovi interventi alternativi alle opere previste dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 366 del 1990:

            a) interventi di recupero e valorizzazione dei centri storici interni al perimetro del Parco nazionale Gran Sasso-Monti della Laga anche ai fini di prevenzione sismica;

            b) interventi di restauro e miglioramento ambientale nonché per la compensazione del dissesto idrogeologico, nelle zone interessate dalle opere già realizzate;

            c) completamento della rete di rilevamento e controllo ambientale nella regione del Gran Sasso per lo studio di fenomeni geofisici, delle acque sotterranee e delle risorse idrogeologiche nonché delle trasformazioni dell'ambiente naturale;

            d) realizzazione del museo della fisica e dell'astrofisica, previsto dall'articolo 4, comma 7, della legge n. 366 del 1990, destinando finanziamenti ulteriori rispetto a quelli previsti, perché possa essere un'istituzione in grado di valorizzare anche la storia geologica, ambientale e climatica della regione del Gran Sasso;

            e) rifinanziamento delle attività del consorzio (INFN, regione Abruzzo, università de L'Aquila, Consiglio nazionale delle ricerche, Telespazio Spa ed altri) per lo sviluppo e la promozione scientifica ed ambientale;

            f) interventi per il miglioramento degli impianti di sicurezza dei laboratori e l'adeguamento dell'attuale accesso agli stessi nella galleria autostradale nord.

        Si auspica pertanto, nell'interesse della tutela ambientale e della ricerca scientifica che la proposta di legge possa essere discussa ed approvata in tempi brevi.




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