XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 1087
Onorevoli Colleghi! - La campagna lombarda, spesso a
torto identificata nell'immaginario collettivo di una società
prevalentemente urbana come la prosecuzione di una monotona
periferia cittadina, povera e carente di attrattive dal punto
di vista storico-artistico, culturale e ambientale, è, al
contrario, più di quanto comunemente si creda, zona ricca di
testimonianze d'arte e di storia di ogni epoca, che nella
varietà del suo paesaggio (dalla Brianza al Lodigiano al
Pavese, dalle rive dell'Adda a quelle del Ticino) custodisce e
riflette una sua propria identità culturale, dei suoi propri
valori, il passato dei suoi abitanti.
Le "cascine lombarde", patrimonio architettonico rurale
peculiare di tale zona, fenomeno complesso e di grande
interesse, ma a tutt'oggi scarsamente descritto e valutato
nella sua importanza, rappresentano di questa realtà, ancora a
molti sconosciuta, uno degli aspetti più rilevanti e
significativi: l'emblema di una civiltà, di un'architettura,
di un tessuto di insediamenti agricoli tipicamente lombardi ma
sempre più compromessi, che per trascuratezza, ignoranza, più
sovente per lucro, sono dissennatamente attaccati ogni giorno
da una catena di aggressioni e che poco sinora si è fatto, o
comunque non a sufficienza, per preservare.
L'organismo della cascina è saldamente ancorato al
territorio e alla sua storia in virtù di quel legame stretto
di mutua dipendenza tra uomo e ambiente che si è spezzato con
l'avvento della civiltà industriale. Le aziende agricole nella
loro attuale configurazione sono il prodotto di lunghe
mutazioni economico-sociali e di svariate forme di connubio
tra uomo e territorio, che si sono succedute nei secoli dando
origine a tipologie differenti di insediamento e di conduzione
della terra. Esse sono dunque non solo un bene architettonico
di intrinseco valore artistico, ma espressione e documento
storico di un modo di vita, dell'ambiente in cui l'uomo ha
operato e opera, dell'uso e della gestione del suolo che
caratterizzano l'economia di una zona.
Terreni di natura diversa da un lato, sviluppo
storico-sociale ed economico dall'altro, determinano forme
abitative e di organizzazione del territorio diverse. Così la
"cascina lombarda" di pianura si discosta in modo radicale
dalla tipologia insediativa dell'Italia meridionale, dove per
effetto di particolari condizioni ambientali e produttive
(scarsità d'acqua, latifondo, coltivazione estensiva,
pastorizia) non esistono dimore agricole isolate, ma grossi
centri rurali compatti, di anche 15/20 mila abitanti.
La pianura padana è caratterizzata, invece, da una
tipologia insediativa "a corte", con abitati in prevalenza
sparsi nella campagna, che solo in rari casi, e in zone
circoscritte, si aggregano a formare comunità più ampie quali
il paese o il villaggio.
Dal punto di vista planimetrico le cascine tendono ad
organizzarsi attorno ad uno o più ampi cortili, di norma
quadrati o rettangolari, con funzioni varie: l'aia per la
lavorazione e l'essiccazione delle granaglie, il deposito
temporaneo dei foraggi, lo spazio di manovra di tutte le
attrezzature dell'azienda. Cuore della cascina è pertanto lo
spazio vuoto della "corte" (in alcune province, per
sineddoche, sinonimo della cascina stessa), dotata di uno o
due ingressi chiudibili e sorvegliabili, attorno alla quale si
dispongono i nuclei abitativi e i rustici (stalle, fienili,
porticati, magazzini, eccetera).
In armonia con le differenze ambientali e i diversi
assetti del territorio, si riscontra tuttavia nella tipologia
edilizia una marcata dicotomia tra zona a nord e zona a sud di
Milano.
Nella cosiddetta "bassa" e nel Lodigiano, a sud della
linea dei fontanili, dove gli appezzamenti della grande
proprietà fondiaria sono suddivisi da filari di alberi lungo i
fossi secondo la tipica modalità della "piantata padana",
prevale l'ampia cascina "a corte" monoaziendale, spesso
gestita in affittanza: bassa, di impianto industriale, con
servizi comuni per i salariati e ala residenziale padronale,
situata al centro del territorio di pertinenza con funzione di
presidio, quasi a sottolineare un senso di proprietà.
A nord della suddetta linea di demarcazione, dove prevale
la piccola proprietà o proprietà frazionata e non sono
possibili le colture industriali, si trovano invece cascine
pluriaziendali multiformi, più alte e raccolte, con spazi
differenziati per ogni colono e aie interne indipendenti.
L'organismo architettonico di tale specie raramente si colloca
nella campagna aperta: di preferenza tende a raggrupparsi con
altri organismi consimili in una sorta di agglomerato rurale,
lasciando a presidio dei singoli appezzamenti dei "casott"
sparsi fra le colture, adibiti a deposito degli attrezzi
(strutture lignee con tetto a capanna di origine gallica che
si trovano lungo il Lambro o l'Adda).
Più esigue sono le testimonianze di questa seconda
tipologia edilizia. Il minore valore agricolo dei terreni
dell'alta pianura milanese asciutta, già fattore determinante
per lo sviluppo di forme di organizzazione comunitaria, ha
favorito infatti nella seconda metà del secolo scorso una più
massiccia industrializzazione di queste zone, concorrendo in
maniera rilevante alla scomparsa di gran parte
dell'architettura rurale.
Dal punto di vista storico i vari insediamenti agricoli
che rientrano nella tipologia delle cascine documentano le
profonde trasformazioni subite nei secoli dalla campagna
lombarda in relazione, oltre che allo sfruttamento delle
risorse da parte dell'uomo, all'evoluzione sociale.
Tre momenti storici fondamentali scandiscono tale
evoluzione e, di riflesso, la metamorfosi del paesaggio: il
periodo medievale, con l'elaborazione del sistema curtense e
lo sviluppo dell'incastellamento rurale nella sua fase più
alta, ma soprattutto con la grande rinascita agricola a
decorrere dall'XI secolo e la riorganizzazione del territorio
ad opera degli ordini monastici, mediante la creazione di
vaste aziende agricole abbaziali ed un forte impulso alla
canalizzazione e alla bonifica; l'età della signoria
visconteo-sforzesca e del patriziato milanese, durante la
quale furono realizzate importanti opere d'infrastruttura
quali i navigli e introdotte nuove colture e metodi di
lavorazione (risaie, marcite, stabulazione) con conseguenze
rilevanti sulla struttura architettonico-distributiva degli
insediamenti rurali; l'età dell'illuminismo e della
dominazione austriaca, segnata dal passaggio ad un'economia
borghese di tipo capitalistico e dall'avvio
dell'industrializzazione agricola, nonché da un generale
processo di sistemazione del territorio dal punto di vista
idraulico e di razionalizzazione, controllo, sfruttamento
delle risorse resi possibili dall'istituzione del catasto.
Di ognuno di questi periodi è rimasta traccia
nell'architettura rurale.
Di origine medievale è la tipologia della cascina
fortificata, eretta a protezione dell'azienda e delle aree
agricolo-boschive, ottenuta aggiungendo alla corte rustica i
più consueti elementi di difesa. Si tratta di un fortilizio
molto simile ad un castello, piuttosto basso ma esteso, con
torri agli angoli e fossati attorno: archetipo della cascina
lombarda a corte chiusa, munita di uno o due ingressi talora
guardati da una piccola torre, con aperture verso la corte e
finestre ridotte verso l'esterno in difesa da ladri e
malintenzionati.
Hanno aspetto semifortilizio anche le strutture medievali
della grangia e dell'abbazia umiliata: della prima, complesso
rurale dipendente da un centro monastico, si è persa la
peculiarità originaria di grande azienda agricola autonoma;
mantengono invece aspetto agreste e funzione di azienda
agricola le abbazie superstiti degli Umiliati (Monluè,
Mirasole del XIII secolo): abbazie-cascine con grande corte al
centro e presenza di edifici "colti" all'interno (chiese,
cappelle, palazzi).
Tipico dell'età signorile è invece il modello della "villa
agreste", luogo di piacevoli soggiorni, ritrovo di caccia e
centro agricolo, il cui schema di cortile, porticato e
loggiato, fu poi adottato dai palazzi privati cittadini del
Rinascimento. Gli esemplari conservati che a tutt'oggi
mantengono vocazione agricola (La Sforzesca - Vigevano)
ricalcano chiaramente la struttura edilizia del castello. Del
resto la tipologia stessa del castello rurale lombardo, di
pianta quadrangolare con torri quadrate agli angoli e torre
all'ingresso (la provincia di Pavia ne è ricchissima), è assai
sfumata e presenta un'ampia gamma dimensionale: si va da
misure assai cospicue non diverse da quelle dei castelli
ducali (Sartirana Lomellina) fino al semplice cascinale
fortificato o comunque difendibile. Spesso anzi si tratta di
edifici chiamati in loco "castelli" per la presenza di
una torre o di elementi difensivi, ma che in realtà
appartengono a tutti gli effetti alla categoria delle
cascine.
Dopo il '500 le cascine si allontanano definitivamente dal
filone "colto" per stabilizzarsi nella forma tradizionale
dianzi descritta. La maggior parte di esse risale al XVIII-XIX
secolo, epoca dell'industrializzazione e della conduzione
capitalistica, e si distingue per un'attenta e razionale
distribuzione degli spazi. Solo in alcuni casi si rinvengono
elementi ornamentali neogotici di gusto romantico, come in
alcuni rustici merlati o con torre merlata all'ingresso.
Nel '900 l'aspetto del territorio e dell'architettura
rurale viene stravolto da una profonda rivoluzione sociale che
assume i connotati di un progressivo inurbamento e di un esodo
massiccio dalle campagne. Le cascine continuano ad esistere
sotto il profilo formale come fenomeno
urbanistico-architettonico, ma ormai svuotate del loro
contenuto oltre che di persone: considerate come potenziali
aree di sviluppo urbano anziché come aree produttive primarie
ed essenziali, aggredite dalla speculazione edilizia e
dall'inquinamento ambientale, in molti casi fatiscenti e prive
di tutela.
La presente proposta di legge vuole essere una prima
risposta ad un problema complesso ed urgente che investe
questioni come la salvaguardia di un immenso patrimonio
storico-architettonico e culturale, la difesa del suolo e del
paesaggio agrario, la necessità di un'organica pianificazione
territoriale che, garantendo contemporaneamente produttività
ed ambiente, renda possibile un'equilibrata crescita economica
e sociale.
Obiettivo fondamentale è quello di consentire il recupero,
il restauro e la valorizzazione nell'originaria destinazione
d'uso di quegli edifici della campagna lombarda comunemente
denominati "cascine" che, per il loro valore storico,
architettonico, culturale e ambientale, possono considerarsi a
pieno titolo "monumenti regionali" di civiltà contadina.
D'altra parte, a fronte di un crescente deterioramento
dello spazio agricolo e dell'ormai impellente necessità di un
riequilibrio territoriale, il recupero di detta tipologia
edilizia non può prescindere da un'attenta connessione con
l'ambiente e con le strutture socio-economiche esistenti, ma
deve offrire, mediante un uso socialmente valido,
un'alternativa concreta all'urbanizzazione.
Obiettivo non secondario è, dunque, quello di sanare una
sempre più grave frattura tra città e campagna, riportando per
quanto possibile l'uomo sul territorio con il miglioramento
delle condizioni di vita, la salvaguardia dell'ambiente e la
promozione di attività agricole, commerciali e produttive che
siano compatibili con la tradizione culturale delle
cascine.
Scendendo nel dettaglio, l'articolo 1 riconosce la
qualifica di "cascina lombarda" a quegli insediamenti agricoli
della campagna lombarda, edificati tra il XIII ed il XIX
secolo, caratterizzati tradizionalmente da un complesso di
fabbricati rurali raccolti a delimitare la grande corte
rettangolare su cui affacciano i nuclei abitativi, le stalle,
i fienili, i depositi e quanto necessario per le coltivazioni
e gli allevamenti zootecnici del fondo di pertinenza.
L'articolo 2 affida il recupero, il restauro e la
valorizzazione del patrimonio ambientale e storico delle
"cascine lombarde" ad un piano generale di indirizzo di durata
triennale, predisposto da un'apposita conferenza di servizi
presieduta dal presidente della regione Lombardia, nel quale
vengono individuati gli interventi prioritari per importanza
ed urgenza.
L'articolo 3 istituisce uno speciale fondo dal quale si
attingono i capitali necessari a finanziare gli interventi
attuativi del piano generale di indirizzo. Alla formazione del
fondo concorrono il Ministero delle politiche agricole e
forestali con una quota di lire 15 miliardi per ciascuno dei
tre anni di durata del piano generale di indirizzo, una quota
pari al 10 per cento dell'8 per mille che, in sede di
dichiarazione dei redditi, i cittadini della regione Lombardia
assegnano annualmente allo Stato e i proventi di
sponsorizzazioni, lasciti ed erogazioni liberali, finalizzati
alla tutela dei beni culturali e ambientali.
L'articolo 4 regola la concessione dei contributi per gli
interventi previsti dal piano generale di indirizzo e
l'articolo 5 disciplina in particolare gli interventi
riguardanti la conservazione, il restauro e la valorizzazione
di beni di proprietà dello Stato o comunque di enti pubblici.
L'articolo 6 concede per un periodo di dieci anni, a decorrere
dalla data di entrata in vigore della legge, particolari
agevolazioni agli insediamenti agricoli di proprietà privata
con le caratteristiche tipiche delle "cascine lombarde", anche
se non inclusi nel piano generale di indirizzo.
Infine l'articolo 7 assicura la copertura finanziaria
della legge.