XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 895
Onorevoli Colleghe, Onorevoli Colleghi! - La presente
proposta di legge sul riconoscimento e la tutela delle
minoranze rom, sinte e caminanti vuole essere anzitutto un
doveroso atto di solidarietà verso quelle popolazioni zingare
che, da tempo immemorabile, vivono con il loro patrimonio
culturale e spirituale nel territorio della Repubblica e che
oggi si trovano segregate nei cosiddetti "campi nomadi",
spesso in condizioni totalmente disagiate.
La società zingara è centrata sulla famiglia, coesa e
solidale, dove ancora oggi si attua una trasmissione per
"contagio psicologico" di valori e criteri di giudizio, dove
l'oralità e l'apprendistato rappresentano ancora il sistema di
comunicazione culturale e materiale dei modi di vita e delle
tecniche lavorative. Tra gli zingari, i rom (il gruppo più
numeroso) comunicano attraverso una lingua, il romanè, che ha
molti punti di contatto con il sanscrito e si tramanda per via
orale.
Gli zingari sono in Europa da quasi mille anni e la loro
cultura, la loro storia, la loro lingua fanno parte integrante
della storia e della cultura dei Paesi europei. Non
dimentichiamo che essi sono in Italia da seicento anni. Lungo
i secoli in cui la società italiana ha mantenuto una
organizzazione in parte rurale, le popolazioni nomadi hanno
svolto un ruolo importante, pur mantenendosi separate e
autoreferenti rispetto alla società italiana. L'attività dei
calderai e dei fabbri, il commercio e l'addestramento di
cavalli, la produzione di vasellame di rame, l'artigianato del
cuoio e dei vimini, le attività itineranti dei circhi e delle
giostre, la loro arte, la loro musica hanno apportato un
contributo significativo all'economia e alla cultura del
nostro Paese.
Quando l'industrializzazione, l'urbanizzazione, la
diffusione dei mezzi di comunicazione di massa,
l'informatizzazione hanno permeato la società italiana le
funzioni svolte dagli zingari sono diventate obsolete. La
rapidità con cui il cambiamento si è verificato, aggravata
dalle forme di emarginazione e di isolamento poste in atto nei
confronti degli zingari, non ha consentito loro di percepire
quanto andava accadendo. Spinti fuori dal processo produttivo,
espulsi dagli spazi in cui sostare, dai processi di
urbanizzazione e di trasformazione del territorio, estraniati
dal processo di cambiamento, essi sono oggetto di pregiudizi
sociali e atteggiamenti di esclusione, che talvolta si
traducono in manifestazioni aggressive nei loro confronti.
Per secoli queste popolazioni hanno subìto persecuzioni e
sono state vittime dello sterminio nazista, ma, nessuno ne
parla e ancora oggi, indesiderati e male sopportati, vengono
emarginati, impediti di sostare, respinti e criminalizzati. In
tale senso, più volte il Parlamento europeo ha esortato gli
Stati membri ad attivarsi per la conservazione e la tutela del
popolo e della cultura zingari.
Oggi le popolazioni zingare presenti in Italia si aggirano
sulle 100 mila persone, di cui quasi il 50 per cento ha meno
di quindici anni di età e solo l'1 per cento supera i
sessanta. Da stime approssimative si calcola che il 60 per
cento degli zingari abbia scelto una vita sedentaria, il 30
per cento semisedentaria (con 10-30 spostamenti all'anno) e
che il restante 10 per cento pratichi il nomadismo con
spostamenti di 30-50 volte l'anno.
Tra le discriminazioni di cui sono vittime, la più grave è
quella dell'habitat. A decorrere dagli anni ottanta la
tendenza alla sedentarizzazione comincia ad estendersi in modo
considerevole, mettendo le amministrazioni locali di fronte ai
bisogni primari di queste popolazioni, habitat, permessi
di soggiorno, scolarizzazione, lavoro.
Dodici leggi regionali, oltre la legge della provincia
autonoma di Trento, sanciscono, almeno sulla carta, la tutela
della diversità culturale dei rom, dei sinti e dei
caminanti.
Rispetto all'habitat, i comuni sono stati
sollecitati ad adottare iniziative tese a favorire l'accesso
alla casa alle famiglie zingare che hanno optato per la
sedentarizzazione. In realtà, la politica attuata è quasi
sempre quella dell'area di sosta attrezzata in modo precario e
insufficiente, sia dal punto di vista dell'organizzazione
interna, sia rispetto al fabbisogno di insediamenti. Così
moltissimi rom e sinti sono costretti a vivere sul greto dei
fiumi, vicino alle discariche, lontano dal tessuto urbano e in
condizioni che aumentano le possibilità di infortuni (negli
ultimi anni si contano più di quaranta bambini morti per la
precarietà dell'habitat).
Significative a questo proposito la sentenza del tribunale
per i minorenni di Roma del 30 giugno 1992 (presidente Fadiga,
pubblicata su "Il Diritto di famiglia e delle persone"
anno 1994, pagina 251): "In presenza di un valido e comprovato
rapporto affettivo e di una condotta parentale tesa a
salvaguardare ed onorare le esigenze primarie della prole, non
sussistono le condizioni per la decadenza della potestà sui
figli dei genitori e per l'avvio della procedura di
adottabilità nei confronti di un minore, appartenente ad una
comunità di nomadi, non rilevando che gli insediamenti
abitativi riservati a costoro, e nei quali il minore e la sua
famiglia sono costretti a vivere, non assicurino, per mancanza
dei requisiti igienici minimali e delle necessarie strutture,
un livello di vita decente, poiché tali condizioni di disagio
e di degrado non sono imputabili alla comunità dei nomadi, ma
alle carenze ed ai ritardi dell'intervento pubblico, non
potendosi, peraltro, discriminare sistemi di vita diversi per
usanze e per valori culturali ed esistenziali quali sono
quelli dei nomadi, ma dovendosi, invece, assicurare anche ai
minori appartenenti alle comunità di nomadi il diritto di
preservare la propria identità etnica, e, quindi, di
conservare la propria vita culturale ed i propri usi".
Già nel 1969, con la raccomandazione n. 563, l'Assemblea
parlamentare del Consiglio d'Europa esortava gli Stati membri
a mettere a disposizione un numero sufficiente di terreni
attrezzati e forniti di fabbricati, e ad offrire insediamenti
stabili per chi lo desiderasse.
Con la risoluzione del 1989 si raccomandava di prendere
provvedimenti adeguati ricordando che "gli zingari e i
girovaghi formano attualmente nella comunità una popolazione
che supera il milione di persone, e che la loro cultura, la
loro lingua fanno parte da più di 500 anni del patrimonio
culturale e linguistico della comunità".
La raccomandazione n. 1203 del 1993 dell'Assemblea
parlamentare del Consiglio d'Europa sulla tutela delle
minoranze nomadi in Europa, partendo dal riconoscimento degli
zingari come minoranza (pur se non inquadrabile nella
definizione di minoranza nazionale, in quanto sprovvista di
territorio) sottolinea il contributo delle popolazioni zingare
alla diversità culturale europea, attraverso la lingua, la
musica e le attività artigianali.
Pertanto, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa
raccomanda al Comitato dei ministri di sollecitare i governi
nazionali e le autorità locali, ad assumere iniziative
generali e nei settori della cultura, dell'educazione,
dell'informazione, dell'uguaglianza dei diritti, della vita
quotidiana.
La presente proposta di legge intende ovviare
all'assenteismo delle istituzioni nei loro confronti, avviando
a soluzione i gravi e annosi problemi delle minoranze rom,
sinte e caminanti, alle quali non possono essere disconosciuti
gli indeclinabili diritti fondamentali della persona
proclamati dagli articoli 2 e 6 della Costituzione. Circa la
metà degli appartenenti a queste popolazioni sono cittadini
italiani, cui deve essere riconosciuta pari dignità sociale e
giuridica senza distinzione di razza, lingua, religione,
condizioni personali e sociali, rimuovendo gli ostacoli di
ordine economico e sociale che impediscono lo sviluppo della
persona umana (articolo 3 della Costituizione), contribuendo
anche a recuperare alla legalità atteggiamenti di devianza,
spesso dovuti alle condizioni in cui gli zingari sono
costretti a vivere. Nel capo I della proposta di legge si
enunciano le finalità di tutela e di assistenza per la
fruizione di tutti i servizi idonei a garantire l'autonomia
culturale, nonché la salute e il benessere personale e
sociale.
Il capo II prevede interventi, anche di carattere
finanziario, per assicurare sia il diritto alla
sedentarizzazione e all'abitazione stabile, sia il diritto al
nomadismo, con la costruzione di aree di insediamento
attrezzate e dotate delle necessarie infrastrutture e di
servizi per lo svolgimento di una vita civile, libera e
dignitosa.
Degne di particolare segnalazione sono le norme dettate
dall'articolo 8, in tema di soggiorno e cittadinanza, nelle
quali si tiene conto del fatto che la posizione giuridica
delle popolazioni zingare, rom e sinte non può essere
ricondotta ed accomunata a quella degli immigrati, poiché, a
differenza di questi ultimi che provengono da una nazione che
li esprime e li rappresenta, i rom e i sinti sono popoli senza
territorio, senza Stato. Per tali ragioni, proponiamo che le
norme in materia di soggiorno e di cittadinanza tengano conto
della specificità delle minoranze rom, sinte e caminanti
rispetto agli immigrati e agli altri stranieri, e, in
particolare, che siano previste agevolazioni per il
riconoscimento della cittadinanza italiana per il minore
nomade nato in Italia, rispetto alla disciplina vigente
dettata in via generale per gli stranieri (nella cui nozione
non rientrano i nomadi).
Le disposizioni del capo III ribadiscono il diritto e
l'obbligo di frequenza scolastica, in conformità alla
legislazione vigente in materia, nonché il dovere delle
competenti istituzioni di realizzare corsi annuali di
preparazione professionale per attività di lavoro consone alle
richieste delle utenze delle etnie zingare.
I capi IV e V, rispettivamente, prevedono l'istituzione di
un ente per il censimento delle presenze dei nomadi, per
attivarne le varie forme espressive (capo IV) e l'istituzione
di una consulta regionale (capo V).
Infine, il capo VI è dedicato alla disciplina del
commercio e dell'artigianato.
La normativa proposta intende svolgere un efficace
intervento per favorire l'inserimento dei rom, sinte e
caminanti, nel pieno rispetto delle diversità culturali, e per
scoraggiare comportamenti devianti peraltro attinenti in
genere a reati di lieve entità.