XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 794
Onorevoli Colleghi! - Il progetto di una riforma delle
norme in materia di cognome nasce dall'esigenza di garantire
una maggiore libertà nell'attribuzione del cognome, eliminando
quelle forme di discriminazione che sussistono al riguardo nei
confronti della donna, sulla base della normativa vigente in
Italia, tutt'ora ancorata ad una anacronistica concezione
della famiglia. E' questa una materia particolarmente
nevralgica per la pluralità degli interessi coinvolti: non si
tratta, infatti, soltanto di un problema di parità fra i
coniugi, ma occorre altresì considerare e salvaguardare il
principio dell'unità della famiglia e soprattutto il
fondamentale interesse dei figli, ritenuto comunque prevalente
su ogni altro interesse, in caso di conflitto.
Secondo l'ordinamento giuridico italiano, la donna,
all'atto del matrimonio aggiunge al proprio cognome quello del
marito (articolo l43-bis del codice civile, introdotto
dalla legge n. 151 del 1975, recante la riforma del diritto di
famiglia). Invece, prima della riforma del diritto di
famiglia, la donna "assumeva" il cognome del marito. La donna,
in caso di rottura del matrimonio, perde il cognome aggiunto,
ma può essere autorizzata, su richiesta, a conservarlo,
nell'interesse proprio o dei figli.
I figli legittimi assumono il cognome del padre, sebbene
in effetti non esista nel nostro diritto di famiglia alcuna
espressa disposizione che attribuisca il cognome paterno ai
figli nati dal matrimonio. Siamo di fronte, allora, ad un
patto culturale, ad una regola ormai talmente radicata nel
costume, da essere applicata pedissequamente, pur senza essere
scritta (come se si trattasse di una legge della natura).
Quanto ai figli naturali, il legislatore della riforma ha
cercato di assicurare loro la parità, rispetto ai figli
legittimi, accogliendo la regola generale secondo cui essi
assumono il cognome del genitore che li ha per primo
riconosciuti ed, in caso di riconoscimento contestuale, quello
del padre. Se poi l'affiliazione da parte del padre è avvenuta
successivamente al riconoscimento materno, il figlio naturale
può assumere il cognome del padre aggiungendolo o
sostituendolo a quello della madre (articolo 262 del codice
civile).
Non esiste, invece, nel nostro diritto positivo la
previsione di un "cognome della famiglia", cioè di un unico
nome comune ai coniugi, da trasmettere poi ai figli nati
all'interno del matrimonio. Ciò a differenza dell'ordinamento
tedesco che conferisce ai coniugi la facoltà di scegliere di
comune accordo un unico Familienname (se ciò non avviene
ciascun coniuge conserva il cognome che aveva al momento del
matrimonio ed i figli, in questa ipotesi, assumono il cognome
scelto dai genitori entro un mese dalla nascita. In mancanza
di una dichiarazione in tale senso è il tribunale che
attribuisce il diritto di scelta ad uno solo dei due
coniugi).
In Austria l'articolo 93 del codice civile stabilisce che
i coniugi devono portare lo stesso cognome (in mancanza di una
scelta comune prevarrà il cognome del marito).
La questione del cognome comune della famiglia si
riallaccia a quella della modifica del cognome dei coniugi
(rectius di quello della moglie) per effetto del
matrimonio. In base alla riforma del diritto di famiglia
l'aggiunta del cognome del marito non costituisce comunque un
reale cambiamento del nome della donna, quale obbligo
giuridicamente esigibile, bensì essa va considerata alla
stregua di un diritto opzionale della donna sposata di farne
uso.
L'opzione del doppio cognome, qui delineata, consente in
definitiva di realizzare una transizione morbida verso un
sistema più democratico di attribuzione del cognome, che
riconosca la pari dignità dei genitori e l'imprescindibilità
del ruolo di entrambi. Essa infatti presenta il pregio di non
discriminare tra figli legittimi e naturali (sintomatica al
riguardo è l'utilizzazione della moderna denominazione di
"cognome parentale"), nonché il merito di segnare un ulteriore
allontanamento dal modello della famiglia patriarcale, ormai
privo di significato.
Con la proposta di legge si introduce dopo l'articolo 314
del codice civile il titolo VIII-bis del libro I,
intitolato "Del cognome parentale", con il quale verrebbe
realizzata la tanto auspicata svolta normativa in tema di
cognome dei figli. La soluzione prospettata è quella spagnola
del doppio cognome (articolo 53 della Ley del
Registro Civil) composto dal primo cognome di ciascuno
dei genitori (articolo 314-bis) sulla base dei seguenti
criteri:
1) i coniugi, all'atto della celebrazione del matrimonio
(oppure i genitori che effettuano il riconoscimento congiunto)
dovrebbero accordarsi su quale cognome attribuire per primo ai
figli (articolo 314-ter), dal momento che poi soltanto
il primo cognome si trasmetterà alle generazioni future;
2) in caso di mancato accordo avrà la prevalenza il
cognome della madre; è questo un importantissimo elemento di
novità perché contrassegna il ruolo essenziale della madre
nella filiazione e dunque il definitivo superamento della
pregressa disparità.
Tuttavia il problema della scelta del cognome dei figli
non può, come accennato, essere ascritto esclusivamente al
capitolo dell'eguaglianza fra i coniugi. Si tratta, infatti,
soprattutto di proteggere la sfera giuridica del minore, cioè
di colui che dovrà portare quel cognome. In linea di principio
il diritto di scegliere il cognome dovrebbe appartenere
proprio a costui, ma poiché è chiaro che il figlio non potrà
mai fare questa scelta al momento della nascita o durante
l'infanzia, si opta allora per l'attribuzione di un cognome,
per così dire provvisorio, che il figlio sarà libero di
cambiare al raggiungimento di una certa età. Così, in virtù
dell'articolo 3 (che sostituisce il comma 1 dell'articolo 89
del regolamento di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 3 novembre 2000, n. 396) è previsto che, al
compimento del diciottesimo anno di età, il figlio può
modificare il proprio cognome parentale invertendo l'ordine
dei due cognomi, mediante ricorso alla procedura disciplinata
dalla legge sullo stato civile, per il cambiamento del
cognome. Anche quest'ultima possibilità è già nota
all'ordinamento spagnolo (articolo 190 del Codigo
Civil), dove però è predeterminato l'ordine - originario -
del doppio cognome (prima il cognome paterno e poi quello
materno).
Questo diritto di assumere autonome decisioni in ordine al
proprio cognome trova puntuale, benché circoscritto
riconoscimento anche nella vigente legislazione italiana,
laddove nell'articolo 262, secondo comma, del codice civile, è
attribuito al figlio naturale che porti il cognome materno il
potere di acquisire, in aggiunta od in sostituzione, quello
del padre che abbia effettuato postumamente il
riconoscimento.
Quanto ai figli naturali, l'articolo 314-quater
prevede, nel caso in cui non vi sia riconoscimento congiunto,
che vengano assunti entrambi i cognomi del genitore che
riconosce per primo (altrimenti il figlio naturale avrebbe un
solo cognome e sarebbe perciò discriminato). Se la filiazione
avviene da entrambi i genitori, ma non contestualmente, rimane
la regola per cui il primo cognome del figlio è quello del
genitore che per primo lo ha riconosciuto. Tuttavia il
successivo riconoscimento dell'altro genitore implicherà
l'aggiunta del primo cognome di quest'ultimo in sostituzione
dell'originario secondo cognome del figlio (si ha cioè la
sostituzione del secondo cognome del genitore che per primo ha
riconosciuto).
Il primo cognome del figlio naturale è sempre quello del
genitore che per primo lo ha riconosciuto; in caso di
successiva filiazione si aggiungerà quello dell'altro. Fermo
restando che, anche in questo caso, il figlio naturale, una
volta raggiunta la maggiore età, può invertire l'ordine del
doppio cognome.
Per quanto riguarda la disciplina del cognome parentale
dell'adottato maggiore di età, enunciata nell'articolo
314-quinquies, la scelta seguita è stata sostanzialmente
quella di riscrivere l'articolo 299 del codice civile,
adattando la disciplina ivi prevista alla novità introdotta
dal cognome parentale. La norma generale prevede che il
cognome parentale dell'adottato sia costituito dal primo
cognome dell'adottante e dal primo proprio cognome (articolo
314-quinquies, primo comma). Nel caso che l'adottato sia
figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori, è
prevista la piena assunzione del cognome parentale
dell'adottante, che permane, anche nel caso di riconoscimento
successivo. Parimenti, nel caso che l'adottato sia figlio
naturale, riconosciuto dai propri genitori, il cognome
parentale assunto è quello dell'adottante (articolo
314-quinquies, secondo comma).
Nell'ipotesi che l'adozione venga effettuata da coniugi è
previsto che l'adottato assuma il primo cognome di ciascuno
dei coniugi adottanti, secondo l'ordine dal medesimo indicato
al momento di esprimere il consenso all'adozione (articolo
314-quinquies, terzo comma).
Per quanto riguarda l'adozione ordinaria è stato
necessario riscrivere - con la norma dell'articolo 2 -
l'articolo 27 della legge 4 maggio l983, n. 184, sostituendolo
con un nuovo testo che, in analogia a quanto disposto per i
figli nati dal matrimonio, prevede che il cognome parentale
sia composto dal primo cognome di ciascuno dei genitori
adottanti, secondo l'ordine da essi stessi indicato nella
domanda di adozione. In mancanza di accordo decide il
tribunale per i minorenni.
Nel caso l'adozione venga disposta nei confronti della
moglie separata, l'adottato assume il cognome parentale della
donna.
Una specifica norma - l'articolo 4 - prevede l'ipotesi
residuale in cui il figlio naturale sia riconosciuto o
adottato da un solo genitore o da una sola persona privi di
cognome parentale. In tale caso il cognome parentale sarà
formato dal cognome del genitore che lo riconosce o lo adotta
e da quello dell'ascendente prossimo di quest'ultimo.
La disciplina definitiva prefigurata nell'articolato trova
applicazione a partire dai figli nati da matrimoni celebrati
dopo la data di entrata in vigore della legge (oppure da atti
di adozione successivi alla medesima data) e quindi è
destinata ad una lunghissima fase transitoria. Di qui
l'esigenza di regolare la fase transitoria in modo da
consentire l'accesso al cognome parentale anche a coloro che
non rientrano nelle norme a regime. Ciò sia al fine di
assicurare tendenzialmente l'unità del cognome dei membri
della stessa famiglia sia al fine di garantire a coloro che ne
avvertano il bisogno, sotto il profilo del costume sociale, la
possibilità di ottenere il nuovo riconoscimento di identità
che deriva dal cognome parentale.
A questo riguardo la norma transitoria di cui all'articolo
5, comma 1, prevede la possibilità per tutti di aggiungere al
proprio cognome quello della madre, attraverso una procedura
estremamente agevole, mediante una semplice dichiarazione
all'ufficiale dello Stato civile. L'inversione dei due cognomi
sarà, invece, possibile nei casi in cui sia necessario
garantire l'identità del cognome parentale tra i figli nati
prima e dopo la data di entrata in vigore della legge. In
questo caso - ricorrendovi un interesse superiore - sarà
necessario utilizzare la procedura prevista dalle norme sullo
stato civile in materia di cambiamento del cognome (articolo
5, comma 2).
Per i figli legittimi nati dopo la data di entrata in
vigore della legge, è prevista la possibilità dei coniugi di
scegliere l'ordine dei due cognomi, mediante una semplice
dichiarazione congiunta, da inserire nella dichiarazione di
nascita di cui all'articolo 30 del regolamento di cui al
decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000. Nel
caso in cui la dichiarazione non sia effettuata, il cognome
della madre precede quello del padre (articolo 6).
Nei matrimoni contratti prima della data di entrata in
vigore della legge, per quanto riguarda il cognome della
moglie, è prevista l'ultrattività delle norme sull'aggiunta e
sull'uso del cognome del marito di cui agli articoli
143-bis e 156-bis del codice civile e dell'analoga
norma in tema di scioglimento del matrimonio (articolo 7).
Infine è previsto (articolo 8), per la coerenza del
sistema, che ogni disposizione normativa in materia di cognome
deve intendersi estesa anche al cognome parentale.