XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 722
Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge
muove dalla presa d'atto della necessità di introdurre alcuni
correttivi all'attuale normativa sui sequestri di persona a
scopo di estorsione, introdotta dal decreto-legge 15 gennaio
1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15
marzo 1991, n. 82.
Tale disciplina, che prevede, tra l'altro, il cosiddetto
"blocco dei beni" dei familiari dell'ostaggio, ha posto fine a
una situazione di assoluta discrezionalità, in virtù della
quale i congiunti del rapito potevano contare o meno sulla
disponibilità del proprio patrimonio a seconda
dell'orientamento della procura della Repubblica competente.
In assenza di una espressa previsione legislativa, infatti,
diverse procure ritenevano applicabile l'articolo 321 del
codice di procedura penale (sequestro preventivo), in forza
del quale il giudice può disporre, a richiesta del pubblico
ministero, il sequestro di una "cosa pertinente al reato",
qualora la sua libera disponibilità "possa aggravare o
protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la
commissione di altri reati". In tal modo non soltanto si
verificava una disparità di trattamento a seconda
dell'orientamento del singolo magistrato titolare
dell'inchiesta, ma soprattutto si creavano situazioni tali da
compromettere il rapporto di collaborazione tra i familiari
del sequestrato, da un lato, e l'autorità giudiziaria e di
polizia, dall'altro, con il conseguente rischio di rallentare
od ostacolare l'attività investigativa e dunque di favorire di
fatto le organizzazioni criminali. Proprio al fine di evitare
tali inconvenienti l'articolo 1 del citato decreto-legge 15
gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge
15 marzo 1991, n. 82, prevede in ogni caso il sequestro, da
parte del giudice su richiesta del pubblico ministero, dei
beni appartenenti alla persona sequestrata, al coniuge e ai
parenti e affini conviventi. Lo stesso articolo prevede la
punizione, ai sensi dell'articolo 379 del codice penale, di
chiunque si adoperi per far conseguire agli autori del delitto
il prezzo della liberazione della vittima, e ai sensi
dell'articolo 361 del codice penale di chiunque ometta di
riferire fatti o circostanze relative al delitto, di cui sia a
conoscenza. Il rigore di tale disciplina è temperato dalla non
punibilità dei prossimi congiunti della persona sequestrata e
dalla possibilità, per l'autorità giudiziaria, di autorizzare
il pagamento del riscatto ove ciò sia necessario ai fini
dell'acquisizione di elementi probatori o comunque utili
all'individuazione e alla cattura dei responsabili del
delitto.
Senza voler in questa sede entrare nella polemica tra chi
è favorevole al "blocco" dei beni e chi, invece, ha
manifestato la sua contrarietà, non si può fare a meno di
rilevare un dato oggettivo, e cioè che - dalla data di entrata
in vigore dell'attuale normativa, che prevede, oltre al blocco
dei beni, altre importanti norme finalizzate ad un più
efficace contrasto della criminalità che si arricchisce con
questo odioso e disumano delitto - sono sensibilmente
diminuiti i sequestri di persona, è aumentato il numero delle
persone liberate e, salvo rare occasioni, si è arrivati
all'individuazione dei responsabili del reato. Il numero dei
sequestri che, prima del 1991, era dell'ordine di diverse
decine all'anno (settantacinque nel 1977, cinquantanove nel
1979) è sensibilmente diminuito (sette nel 1992, nove nel
1993, cinque nel 1994, due nel 1995, uno nel 1996, due nel
1997), dimostrando l'efficacia deterrente dell'insieme delle
norme introdotte con il citato decreto-legge n. 8 del 1991. Né
bisogna dimenticare che, purtroppo, quasi la metà delle
persone sequestrate prima del 1991 e per le quali è stato
pagato il riscatto non è mai tornata dai propri familiari.
L'efficacia dell'impianto dell'attuale normativa e i
risultati positivi che si sono ottenuti non significa che non
si possano prospettare modifiche migliorative che tengano
conto dell'esperienza di questi anni e, soprattutto, che
abbiano come presupposto il fatto che la vita di una persona
deve essere considerato il bene essenziale che un Paese civile
deve salvaguardare. E' essenziale però, nel contempo, che si
faccia tutto quanto possibile affinché, anche quando si è
costretti a subire il ricatto criminale, si renda almeno
difficile che le somme pagate per ottenere la liberazione
dell'ostaggio possano essere utilizzate per commettere altri
reati e in particolare per organizzare ulteriori sequestri di
persona. L'unico modo per conseguire tali risultati è quello
di ricorrere, nei casi sopra indicati, al pagamento con denaro
contrassegnato o di cui sia comunque registrato il numero di
serie, in modo che ne sia più difficile l'utilizzo e si
possano più facilmente individuare i canali di riciclaggio e
dunque risalire ai responsabili del delitto.
La presente proposta di legge mira a introdurre alcune
modifiche all'attuale disciplina, senza stravolgerne
l'impianto complessivo. In primo luogo si propone l'estensione
della non punibilità anche a coloro che agiscono su incarico o
comunque con il consenso dei familiari dell'ostaggio e al solo
fine di proteggerne l'incolumità e di conseguirne la
liberazione. Essa prevede inoltre il ricorso
all'autorizzazione al pagamento del riscatto anche nel caso in
cui ciò sia indispensabile - oltre che a fini probatori o per
la cattura dei responsabili del delitto - per salvare la vita
del sequestrato, tutelare la sua incolumità o conseguirne la
liberazione.
La proposta di legge contiene, inoltre, una disposizione
volta a rafforzare il coordinamento fra le diverse forze di
polizia, attribuendo al procuratore nazionale antimafia il
compito di coordinare i nuclei interforze previsti
dall'articolo 8 del citato decreto-legge n. 8 del 1991.
Si propongono altresì alcune modifiche sostanziali e
processuali della disciplina del delitto di sequestro di
persona a scopo di estorsione. Sul piano sostanziale, si
prevede che esso non sia più considerato reato contro il
patrimonio, bensì contro la persona; sul piano processuale, si
prevede che il giudice competente sia quello del luogo in cui
è iniziata la consumazione del reato (ossia del luogo in cui è
avvenuto il sequestro). Ciò al fine di evitare che
l'applicazione dei princìpi generali sulla connessione tra
reati possa comportare, in situazioni particolari, il
trasferimento della titolarità delle indagini a una procura
diversa da quella del luogo in cui è avvenuto il sequestro,
con il conseguente rischio di dispersioni o di rallentamenti
dell'attività investigativa.
Con la presente proposta di legge si intende dare un
contributo affinché sia definitivamente sconfitto un fenomeno
che tanti lutti, tanto dolore e tanta angoscia ha portato nel
nostro Paese. Forte è l'auspicio che, anche partendo da
opinioni diverse, si possa affrontare questo tema senza
posizioni aprioristiche e in un confronto sereno, per arrivare
a una normativa il più efficace possibile sia a livello
preventivo che a livello repressivo.