XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 719
Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge
nasce dalla constatazione che tutte le politiche di lotta alla
droga e di recupero dei tossicomani, fino ad oggi sperimentate
in Italia - e le relative leggi - non solo non hanno sortito
effetti positivi nel recupero di chi abusa di sostanze
stupefacenti o da tali sostanze è dipendente, ma anzi hanno
sortito effetti diametralmente opposti a quelli voluti e
auspicati.
Esperienze diverse e legislazioni diverse, invece, hanno
ottenuto effetti positivi, non solo nella riduzione della
tossicodipendenza, ma anche in relazione ai danni subìti e
causati da chi è ormai dipendente, dal punto di vista fisico e
psicologico, da sostanze stupefacenti.
Sulla base di esperienze di altri Paesi europei - e, in
particolare, delle città di Amsterdam, Liverpool e Zurigo - si
è sviluppato, anche in Italia, un serio ed approfondito
dibattito che ha avuto la sua tappa più importante nella prima
Conferenza nazionale sulla droga, organizzata dal Dipartimento
per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei
ministri (Palermo, 24-26 giugno 1993). In quella conferenza è
emerso che, a fronte della constatazione del fallimento delle
precedenti opzioni legislative in tema di tossicodipendenza,
era giunto il momento di fare alcuni passi avanti nella
strategia della "riduzione del danno" (Harm Reduction):
prospettiva di lavoro da tempo portata avanti da alcuni
servizi sanitari della regione di Liverpool e che costituiva,
sin dal 1988, l'obiettivo, considerato "essenziale", dal
rapporto su AIDS e droga all'agenzia pubblica britannica
Advisory Council on the Misure of Drugs.
Lo sviluppo di quella ispirazione e di quella impostazione
ci consente di assumere, come premessa di un'adeguata
strategia nel campo delle tossicodipendenze, la possibilità di
sottrarre il consumatore di droghe illegali a due convergenti
forme di pressione: quella, di tipo giudiziario, rappresentata
dal sistema delle sanzioni e delle pene, e quella di tipo
sanitario, che subordina l'aiuto, l'assistenza e la cura a una
decisione di totale astinenza. Dietro tale pressione c'è una
paradigma rigido, che impone un'alternativa secca: o
l'astinenza o una vita di dolore e di marginalità, che
comporta - per 900/1200 individui all'anno - la morte per "
eroina di strada ". Sottrarre il tossicomane a tale
alternativa - assai simile a una tenaglia senza scampo - e
offrirgli un'altra possibilità: è questo l'obiettivo, e la
condizione primaria, di una strategia di riduzione del danno.
Essa prevede due forme diverse di intervento, tra loro
integrabili, differite nel tempo o contestuali: terapia,
finalizzata all'interruzione del consumo di droghe che
comportano dipendenza; trattamento, finalizzato non
immediatamente all'astinenza, ma al miglioramento dei
comportamenti di tossicodipendenti sul piano della salute e
delle relazioni sociali.
Dunque, se il tossicodipendente, in un determinato luogo e
in un determinato momento della sua vita, non è in grado di
scegliere l'astinenza - perché non può o non vuole, perché non
ha incontrato don Ciotti o uno psicoterapeuta, un adeguato
sistema di rapporti o un progetto di vita gratificante -
occorre metterlo in condizioni di non morire. Questo è il
primo compito terapeutico e sociale, e il primo imperativo
morale. Di conseguenza, occorre consentire a quel
tossicodipendente di assumere sostanze nelle condizioni
sociali, igieniche, sanitarie e giuridiche le meno pericolose,
afflittive e oppressive possibili. Da qui la proposta della
somministrazione, quando necessario, di eroina o di morfina
sotto controllo medico, all'interno di strutture sanitarie
pubbliche. E' questa la precondizione affinché, in un altro
luogo e in un altro momento della sua vita, quel
tossicodipendente possa scegliere l'astinenza e possa
rivolgersi a un servizio pubblico o a una comunità, a uno
psicoterapeuta o a un diverso progetto di vita. Se sarà morto
di overdose, se sarà malato di AIDS, se sarà in carcere,
se sarà spacciatore o scippatore o rapinatore, se sarà
prostituto o prostituta, non potrà arrivare a quella
scelta.
Si tratta di operare, pertanto, per evitare o ridurre, per
controllare o limitare, il realizzarsi di situazioni di
pericolo e i danni a esse correlati, quali:
1) intossicazione da adulteranti presubilmente presenti
nell'eroina illegale;
2) uso promiscuo di siringhe e conseguente rischio di
infezione da HIV (nonché rischi di epatite virale,
endocardite, flebite, eccetera);
3) overdose, dovuta all'instabilità e
all'imprevidibilità dei dosaggi della " droga di strada ";
4) stile di vita irregolare e marginale, mancata
integrazione sociale e precario stato di salute, dovuti alla
ricerca della droga sul mercato illegale e alle condizioni del
mercato illegale;
5) comportamenti indotti dai costi elevati delle "
droghe di strada "; prostituzione e conseguenti rischi di
malattie veneree e di infezione da HIV; ingresso nel circuito
dello spaccio di sostanze stupefacenti; atti criminali
finalizzati all'acquisizione della dose e del denaro per la
dose;
6) stato di detenzione conseguente a quei comportamenti
illegali.
Tali considerazioni valgono, in primo luogo, per
l'universo degli " anonimi "; non va dimenticato che - tra
quanti assumono droghe - solo un tossicodipendente su cinque
frequenta strutture di assistenza, pubbliche o private.
Dunque, i programmi di somministrazione controllata di
sostanze stupefacenti intendono allargare il ventaglio delle
possibilità e il numero delle chances offerte a quegli "
anonimi ", per sottrarre una parte di essi all'alternativa
brutale prima indicata: o astinenza o " eroina di strada "
(alle condizioni stabilite dalla criminalità organizzata e con
tutti i rischi conseguenti, sopra ricordati).
La proposta di legge parte dal presupposto che sia
opportuno, e necessario - oltre che razionale e morale -
proporre altre vie per consentire a quei tossicodipendenti -
oggi incapaci di smettere per le più diverse ragioni - di
assumere sostanze, senza che ciò comporti il subire le
condizioni e i terribili rischi del mercato clandestino. Solo
così, in futuro, quei tossicodipendenti - se saranno in grado
e se lo vorranno, se avranno l'occasione e gli strumenti -
potranno scegliere l'astinenza.
Negli ultimi anni, molto si è fatto - in altri paesi - al
fine di perseguire tali obiettivi. Il Merseyside Drug
Training and information centre (Mdtic) di Liverpool si è
fatto promotore delle conferenze mondiali sulla riduzione del
danno, che si sono succedute dal 1989 a oggi, e gode del
sostegno dell'OMS, dell'attenzione dell'ONU e di agenzie
influenti e autorevoli, come l'International Council on
Alcohol and Addiction (Icaa).
L'elaborazione, anche in Italia, di un programma e di una
normativa che si pongano i medesimi obiettivi può prendere le
mosse dal rapporto Gerstein-Lewin, pubblicato negli Stati
Uniti dalla National Academy of Science (settembre
1990), a conclusione di una ricerca commissionata, fra gli
altri, dal National Institute on Drugs Abuse (NIDA), un
organismo governativo. In questa, che è la più accurata
indagine fino a oggi realizzata su costi e benefici dei
programmi di trattamento, si legge: " La ricerca iniziale di
droghe e il loro uso occasionale dipendono largamente da un
scelta volontaria, sebbene questo comportamento sia
profondamente influenzato dall'ambiente. La progressione
nell'uso di droghe non è inevitabile: una minoranza di
consumatori progredisce verso l'abuso e ancora di meno arriva
alla dipendenza".
Dunque, per la maggioranza dei consumatori la dipendenza
dalla droga non è una condanna a vita, tanto meno a morte.
Essa occupa " una fase temporanea dell'esistenza", che può
essere superata più o meno rapidamente attraverso un processo
di maturazione personale, incentivato e sostenuto
dall'esterno. Decisivo diventa, allora, il ruolo delle norme
giuridiche, delle politiche sanitarie e dei servizi sociali.
Le leggi sulla droga devono facilitare quel processo evitando
di trasformare i tossicodipendenti in tossidelinquenti, in
criminali indotti al crimine dalla necessità di procurarsi la
dose e il denaro per la dose e di compromettere ogni
possibilità di integrazione sociale e di efficace terapia
medica.
Ecco perché diventa prioritario l'obiettivo della
"riduzione del danno" e la necessità di proporre programmi di
trattamento diversificati: così come ogni soggetto è arrivato
alla droga attraverso un suo percorso individuale e per - o a
causa di - esperienze del tutto soggettive, così diventa
indispensabile, se si vuole seriamente e concretamente
affrontare il fenomeno, proporre diverse vie di uscita dalla
situazione in cui versa il tossicodipendente.
Numerose istituzioni sanitarie pubbliche - in Inghilterra,
in Svizzera e in Olanda - hanno iniziato progetti di
sperimentazione di distribuzione di farmaci sostitutivi, e
anche (se assolutamente necessario) di eroina, purchè sotto
stretto controllo medico. Tali esperienze si sono rivelate
positive: in Svizzera, per esempio, sul totale dei
partecipanti al programma sperimentale di somministrazione
controllata, oltre la metà non fa più uso di eroina, e il 20
per cento neppure di sostanze sostitutive; il 90 per cento ha
una normale vita sociale e lavorativa. Sono inoltre diminuiti
dell'80 per cento i reati "da strada" connessi alla
tossicodipendenza e non si sono segnalati, tra i soggetti
sottoposti alla sperimentazione, nuovi casi di trasmissione
dell'infezione da HIV.
Nel settembre 1991, le autorità sanitarie di Ginevra si
esprimevano come segue: "Colui che desidera smettere deve
trovare tutte le istituzioni disponibili ad aiutarlo ad
abbandonare l'uso della droga. Chi non riesce a smettere deve
trovare tutte le istituzioni disponibili ad aiutarlo a
sopravvivere".
Da qui un notevole impulso alle strategie di riduzione del
danno, tese a rendere "la condizione di tossicodipendenza
compatibile con la vita sociale": non bisogna lasciare alla
piazza, agli spacciatori, alla morte (per AIDS, per
overdose) chi ancora non ha fatto, o non ha avuto la
forza di fare, una consapevole scelta di uscire dalla
dipendenza da sostanze stupefacenti. Solo evitando la morte, o
malattie che porterebbero alla morte, rimane una possibilità
di recupero e di reinserimento.
Questo - e non altro - è l'obiettivo della presente
proposta di legge, redatta con il contributo degli avvocati
Mirko Mazzali e Dario Ciarletta, e alla quale hanno
contribuito - in un confronto costruttivo - medici, psicologi
e operatori che ogni giorno cercano di affrontare e risolvere
i gravi problemi che incontra chi non riesce, autonomamente, a
liberarsi dalla dipendenza della droga. Questa proposta si
inserisce in una strategia, sociale e terapeutica, che è
l'opposto della resa e rappresenta, soprattutto, lo sforzo e
la volontà di chi non intende abbandonare tutti coloro che non
sono liberi di scegliere.