XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 691
Onorevoli Deputati! - E' da tempo assai avvertita, presso
ampi settori della società, l'esigenza di una migliore tutela
degli interessi delle persone che a causa di gravi malattie e
menomazioni permanenti o temporanee, legate ai più diversi
fattori (stati comatosi, handicap psichici, età
avanzata, eccetera), non siano in grado di provvedervi
personalmente; l'urgente necessità di un intervento è stata
ripetutamente segnalata, anche in qualificate sedi
scientifiche, da associazioni che operano nei settori della
tutela delle persone con handicap, in particolare
psichici, e degli anziani ed è certamente condivisa dagli
operatori (magistrati, psichiatri, medici, assistenti sociali,
eccetera), che più spesso, nelle rispettive competenze, si
trovano di fronte al problema.
Emerge, pur nella generale portata del problema, con
speciale evidenza la necessità di un sollecito intervento in
favore di soggetti quali le persone con handicap
psichici e gli anziani, le cui problematiche sono da tempo al
centro di molteplici iniziative sul piano normativo ed
amministrativo, iniziative che con la presente proposta di
legge trovano un significativo sviluppo.
Ciò premesso, va sottolineato, in via generale, che gli
strumenti predisposti al riguardo dal codice civile e dalle
altre leggi appaiono del tutto insufficienti.
Per quanto concerne il codice civile gli istituti
astrattamente utilizzabili, cioè quelli dell'interdizione e
dell'inabilitazione, costituiscono rimedi che solo
parzialmente possono sopperire alle necessità di salvaguardia
della grande maggioranza dei soggetti impossibilitati a curare
i propri interessi.
L'interdizione, infatti, può talvolta apparire un
provvedimento eccessivamente severo, frutto di concezioni
ormai superate in sede psichiatrica, funzionale
prevalentemente agli interessi dei familiari o dei terzi, che
finisce per comprimere o per annullare alcuni tra i diritti
fondamentali della persona, sottraendo la capacità di
agire.
L'inabilitazione, in quanto è volta ad integrare la
manifestazione di volontà del soggetto parzialmente incapace
nel caso in cui si debbano compiere atti di straordinaria
amministrazione, può avere una sua funzione limitata e
settoriale nei casi di prodigalità, ma non risulta efficace
per risolvere molte situazioni dei soggetti incapaci.
A ciò si aggiunge che i procedimenti in sede
giurisdizionale volti all'emanazione dei citati provvedimenti
appaiono lunghi, complessi e talvolta anche estremamente
dispendiosi.
Né ulteriori efficaci soluzioni vengono offerte da altre
norme; attualmente quindi la situazione giuridica delle
persone impossibilitate a curare i propri interessi che non
siano sottoposte ad interdizione o a inabilitazione non è
disciplinata da alcuna norma, salvo, quando ne ricorrono gli
estremi, l'applicazione delle disposizioni relative ai negozi
giuridici compiuti da incapaci naturali (articolo 428 del
codice civile). Unica disposizione (in particolare per quanto
concerne le persone con handicap psichici) relativamente
recente che soccorre è quella di cui all'articolo 35, sesto
comma, della legge n. 833 del 1978, che consente al giudice
tutelare di adottare provvedimenti urgenti per
l'amministrazione e la conservazione del patrimonio del
soggetto sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio; va
sottolineato che, comunque, tale norma risulta in concreto
inapplicabile tutte le volte in cui non sia in corso un
trattamento sanitario obbligatorio.
Dunque, è apparso necessario intervenire in tutte le
ipotesi di gravi malattie o menomazioni fisiche o mentali,
anche non riconducibili a situazioni di handicap in
senso stretto, che rendono impossibile la tutela dei propri
interessi, neanche mediante la predisposizione di valida
procura.
Con la presente proposta di legge si vuol tentare, quindi,
di colmare il ricordato vuoto normativo, introducendo una
disciplina che comprime al minimo i diritti e le possibilità
di iniziativa della persona disabile o temporaneamente
incapace alla quale si garantiscono, con procedure
semplificate e tempi ridotti, tutti gli strumenti di
assistenza o di sostituzione necessari nei momenti più o meno
lunghi di crisi, di inerzia o di inettitudine; il tutto senza
modificare preesistenti istituti di diritto civile
(interdizione, inabilitazione, annullabilità degli atti
compiuti da persona incapace di intendere e di volere) che
conservano la propria vigenza ed applicabilità.
Si è quindi ritenuto opportuno, anche considerata la
positiva esperienza di altri Paesi europei (ad esempio, la
Francia), ove esistono analoghi istituti, creare la figura
dell'"amministratore di sostegno", prevedendo che possa
compiere solo gli specifici atti indicati dal giudice nei
propri provvedimenti e ciò senza che il beneficiario
dell'amministrazione perda la capacità di agire; si tratta di
caratteristiche che segnano in modo netto la differenza
dell'istituto rispetto all'interdizione.
Si ritiene, infatti, che l'istituto dell'amministrazione
di sostegno, avente le salienti caratteristiche testé
segnalate, possa costituire, in sostanza, un efficace rimedio
per tutti i casi di incapacità, tipologicamente assai
variegati, nei quali non si possa o, comunque, non si ritenga
opportuno ricorrere all'interdizione o all'inabilitazione;
esso, si pone, quindi, come strumento di integrazione dei
preesistenti istituti di tutela giuridica degli incapaci.
Va posto in luce, tra l'altro, che, per quanto concerne
l'ambito di persone entro il quale può essere nominato
l'amministratore di sostegno, si è inteso valorizzare il ruolo
della famiglia del beneficiato, giacché i primi soggetti
indicati sono proprio, a parte la persona eventualmente
designata dal genitore superstite, il coniuge non legalmente
separato, la persona stabilmente convivente, la madre, il
padre, il figlio, il fratello e i parenti entro il quarto
grado.
All'istituto in esame è stata data una formulazione
improntata alla più ampia facoltà di iniziativa, alla massima
snellezza e celerità della procedura, unitamente alla più
rigorosa garanzia di controllo sull'operato
dell'amministratore, al fine di soddisfare le opposte esigenze
di libertà e di protezione del soggetto interessato; si è
cercato di assicurare a costui la più ampia sfera di libertà,
offrendogli tutta la protezione necessaria, ma evitandogli
quella protezione che potrebbe risultare di volta in volta
superflua, dannosa o ingiusta.
Ciò giustifica la scelta in favore della competenza del
giudice tutelare e della forma del decreto motivato, nonché
delle possibilità che tale decreto prefiguri la soluzione più
adatta al singolo caso concreto, semplificando e controllando
l'attività dell'amministratore di sostegno.
Nel capo I, l'articolo 1 individua come primaria finalità
della legge quella di garantire la qualità della vita, la
dignità, i bisogni e gli interessi delle persone in tutto o in
parte prive di autonomia.
Il capo II apporta una serie di modifiche al codice
civile.
Più in particolare, l'articolo 2 sostituisce la attuale
rubrica del titolo XII del libro primo del codice civile
("Dell'infermità di mente, dell'interdizione e
dell'inabilitazione"), con una più ampia e atta a
ricomprendere, al suo interno, la nuova figura
dell'amministratore di sostegno ("Delle misure di protezione
delle persone prive in tutto o in parte di autonomia").
L'articolo 3 disciplina la figura dell'amministratore di
sostegno, creando un apposito capo da introdurre nel codice
civile. Si definiscono le condizioni personali che possono
rendere opportuna la nomina di un amministratore di sostegno
da parte del giudice tutelare (articolo 413-bis). Si
determinano il contenuto del decreto di nomina
dell'amministratore, le modalità per la sua adozione (articolo
413-ter) e le forme di pubblicità prescritte per lo
stesso (articolo 413-quater). Si individuano i soggetti
che possono chiedere l'istituzione dell'amministratore
(articolo 413-quinquies). Si delinea l'iter del
procedimento di nomina, sottolineando i poteri del giudice
tutelare, che può intervenire in qualsiasi momento a
modificare o a integrare le decisioni assunte precedentemente
(articolo 413-sexies). Sono individuati i soggetti tra i
quali il giudice tutelare è chiamato a scegliere
l'amministratore di sostegno con riguardo esclusivo alla cura
e agli interessi del beneficiario di tale provvedimento
(articolo 413-septies). Si definiscono gli effetti
dell'amministrazione di sostegno, precisando che, a differenza
di quanto avviene con l'interdizione e l'inabilitazione, il
beneficiario conserva la capacità di agire e può compiere
personalmente gli atti necessari a soddisfare le proprie
necessità (articolo 413-octies). Si chiarisce che i
bisogni e le aspirazioni del beneficiario devono costituire un
costante punto di riferimento per l'amministratore di
sostegno, su cui grava un obbligo di informazione verso il
beneficiario circa gli atti da compiere nel corso della
gestione, obbligo funzionale all'eventuale ricorso al giudice
tutelare in caso di atti o scelte in contrasto con gli
interessi del beneficiario (articolo 413-nonies). Si
richiamano, inoltre, come applicabili all'amministratore di
sostegno una serie di disposizioni codicistiche relative al
tutore (articolo 413-decies), prevedendosi espressamente
l'annullabilità degli atti compiuti dal beneficiario o
dall'amministratore di sostegno in violazione di norme di
legge o delle disposizioni del giudice (articolo
413-undecies). Si dispone, infine, la possibilità di
revoca dell'amministrazione di sostegno, su istanza motivata
del giudice tutelare o d'ufficio, da parte di quest'ultimo, a
seconda, rispettivamente, che si ritengano venuti meno i
presupposti della stessa o che l'istituto si sia rivelato
inidoneo alla piena tutela del beneficiario, con possibilità,
in tale ultimo caso, di informare il pubblico ministero della
necessità di promuovere un giudizio di interdizione o di
inabilitazione (articolo 413-duodecies).
L'articolo 4 prevede l'introduzione del capo I-bis
("Dell'interdizione, dell'inabilitazione e dell'incapacità
naturale") del titolo XII e introduce una modifica sostanziale
nell'istituto dell'interdizione (articolo 414) che diviene una
forma residuale, e non più necessaria, di tutela
dell'incapace.
L'articolo 5, modificando l'articolo 417 del codice
civile, conferisce la legittimazione a promuovere il giudizio
di interdizione e di inabilitazione, oltre che al coniuge,
anche alla persona stabilmente convivente con l'incapace,
nonché allo stesso interdicendo o inabilitando.
Gli articoli da 6 a 9 si muovono nell'ottica di un
coordinamento del nuovo istituto con quelli dell'interdizione
e dell'inabilitazione.
L'articolo 6 amplia il testo dell'articolo 418 del codice
civile, prevedendo l'attivazione del giudice tutelare,
d'ufficio o ad istanza di parte, qualora l'opportunità di
ricorrere all'amministratore di sostegno emerga nel corso del
giudizio di interdizione o di inabilitazione ovvero nel corso
della tutela o della curatela.
L'articolo 7, intervenendo sul testo dell'articolo 424 del
codice civile, estende anche alla scelta del tutore
dell'interdetto e del curatore dell'inabilitato i criteri
individuati per la scelta dell'amministratore di sostegno.
L'articolo 8, ampliando la previsione dell'articolo 427
del codice civile, dispone che l'autorità giudiziaria possa
autorizzare l'interdetto e l'inabilitato al compimento di
alcuni atti senza l'intervento del tutore e senza l'assistenza
del curatore.
L'articolo 9, in un comma aggiuntivo all'articolo 429 del
codice civile, prevede la possibilità di attivazione del
giudice tutelare, d'ufficio o ad istanza di parte, qualora nel
corso di un giudizio di revoca dell'interdizione o
dell'inabilitazione, emerga l'opportunità di ricorrere
all'amministratore di sostegno per il periodo successivo alla
revoca.
Il capo III della proposta di legge, recante "Norme di
attuazione, di coordinamento e finali", adegua le disposizioni
per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie
relative alla tutela e alla curatela e le norme
dell'ordinamento giudiziario al nuovo istituto
dell'amministratore di sostegno.